di Mario Lombardo, Altrenotizie
Con la vittoria del discusso imprenditore miliardario Horacio Cartes
nelle elezioni presidenziali di domenica scorsa, il Partito Colorado
conservatore è tornato al potere in Paraguay dopo la sconfitta nel voto
del 2008 che aveva interrotto 61 anni consecutivi di dominio assoluto
nel secondo paese più povero di tutto il Sudamerica. Cartes ha ottenuto
il 46% dei consensi contro il 37% andati all’altro favorito della
vigilia, il senatore Efraín Alegre, candidato di un altra formazione
politica di destra, il partito Radicale Liberale.
Il 56enne neo-presidente appartiene alla ristrettissima élite
paraguayana ed è entrato a far parte del Partito Colorado soltanto nel
2009. Tra le sue svariate proprietà spiccano banche, fondi di
investimento, aziende agricole, piantagioni di tabacco e una delle più
importanti squadre di calcio del paese.
I due candidati conservatori hanno staccato nettamente gli aspiranti
alla presidenza di centro-sinistra. L’ex presentatore TV Mario Ferreiro
dell’alleanza Avanza País si è fermato al 5,5%, mentre il candidato del
Fronte Guasú, Aníbal Carrillo, ha raccolto appena il 3,5%. Quest’ultima
coalizione è guidata dall’ex presidente e neo-senatore Fernando Lugo, in
grado cinque anni fa di sconfiggere per la prima volta dopo oltre sei
decenni il Partito Colorado.
Proprio la vicenda dell’ex vescovo paraguayano nell’estate del 2012
aveva posto le basi per il ribaltamento degli equilibri politici ad
Asunción. Alleandosi con il Partito Radicale Liberale, nel 2008 Lugo
aveva conquistato la presidenza grazie all’entusiasmo suscitato dalla
promessa di riforme sociali e, soprattutto, di mettere mano alla riforma
agraria in un paese dove l’1% della popolazione controlla il 77% delle
terre coltivabili.
La presidenza Lugo era apparsa però da subito problematica. Alla
mancanza di una vera e propria maggioranza politica in Parlamento si
erano aggiunti ben presto i ripetuti scandali scoppiati in seguito alle
rivelazioni di alcune donne che avevano sostenuto di avere dato alla
luce figli illegittimi dell’ex vescovo cattolico.
Nonostante
i modesti risultati concreti ottenuti dal suo governo, Lugo ha dovuto
fare i conti inoltre con l’irriducibile opposizione dei poteri forti
paraguayani e degli Stati Uniti, entrambi responsabili della sua
rimozione dalla guida del paese lo scorso anno.
Utilizzando come pretesto i violenti scontri tra le forze di polizia e
un centinaio di contadini che avevano occupato alcune terre di
proprietà di un membro del Partito Colorado, nel giugno del 2012 la
maggioranza di centro-destra del Parlamento aveva infatti aperto un
rapido procedimento di impeachment contro Fernando Lugo, estromettendolo
dal potere in quello che da molti è stato definito come un “golpe
legislativo”, portato a termine con il tacito consenso di Washington.
Al posto di Lugo venne così installato il suo vice, Federico Franco,
del Partito Radicale Liberale e il Paraguay, su iniziativa dei governi
di sinistra al potere nei paesi vicini, è stato subito sospeso dalle
organizzazioni latino-americane Mercosur (Mercato Comune del Sud),
UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) e CELAC (Comunità degli Stati
Latinoamericani e dei Caraibi) di cui è membro.
Dopo l’annuncio dei risultati del voto di domenica scorsa, Horacio
Cartes ha però ricevuto i complimenti, tra gli altri, dei presidenti di
Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela. Da Buenos Aires, in
particolare, Cristina Kirchner ha espresso al neo-presidente paraguayano
la speranza di vedere riammesso il suo paese nel Mercosur. Lo stesso
Cartes, da parte sua, ha già fatto sapere di essere entrato in contatto
con i vertici del Mercosur per ottenere la riammissione del Paraguay
prima del suo insediamento ufficiale, previsto per il prossimo 15
agosto. Si potrebbe obiettare che l’elezione di Capriles é comunque
stata la puntata finale di un film iniziato con il golpe istituzionale
contro Lugo, ma va evidenziato come il processo unitario latinoamericano
ha bisogno di non essere accusato di politicizzazione estrema nella
scelta dei paesi che lo compongono
Il Paraguay, comunque, non rappresentando nessun peso politico
particolare, all’interno dei fori della democrazia latinoamericana sarà
del tutto ininfluente e si limiterà a svolgere il ruolo di ventriloquo
di Washington, come già del resto già fa – e con molto maggior peso – il
Messico, senza che ciò possa mettere in discussione l’impianto politico
generale indipendentista del nuovo corso del subcontinente.
Per quanto attiene invece alla vicnda politica interna del Paraguay,
Cartes ha un passato non esattamente immacolato, dal momento che è stato
coinvolto in più di una vicenda giudiziaria ed è al centro di molti
dubbi e sospetti. Come hanno rivelato alcuni documenti diplomatici
pubblicati da WikiLeaks, ad esempio, Cartes venne identificato
dalla DEA americana (Drug Enforcement Administration) come il vertice di
un’organizzazione dedita al riciclaggio di denaro proveniente dal
narcotraffico e strettamente legata ai narcotrafficanti brasiliani. Nel
2000, inoltre, la polizia paraguayana sequestrò un aereo con un carico
di cocaina e marijuana che era atterrato su una delle sue proprietà. Già
nel 1989, invece, Cartes era finito in carcere per quasi un anno con
l’accusa, successivamente caduta, di riciclaggio.
Nel 2004, infine, era stato il governo brasiliano ad accusarlo di
essere a capo di un’organizzazione dedita al contrabbando di sigarette,
mentre la sua ascesa politica sarebbe dovuta al sostegno del senatore
del Partito Colorado, Juan Carlos Galaverna, coinvolto secondo le
polizie e i servizi di intelligence stranieri nelle attività delle reti
del narcotraffico attive in Paraguay.
Con
queste credenziali, Horacio Cartes ha avuto il sostegno di un partito
che è espressione dei grandi proprietari terrieri e del business
agricolo del paese. Con quasi il 40% della popolazione che vive al di
sotto della soglia ufficiale di povertà, il nuovo Presidente intende
dedicarsi ora alla trasformazione dello stato in uno strumento volto a
“creare le condizioni ideali perché il settore privato possa
prosperare”.
Un’agenda improntata al neo-liberismo quella di Cartes che rischia di
scontrarsi precocemente sia con i settori più tradizionalisti del
partito che fu del dittatore Alfredo Stroessner (1954-1989) sia con la
massa di contadini senza terra, alimentando uno scontro sociale già
esploso in numerosi episodi di violenza. Di Stroessner, del resto,
Capriles ha cantato le lodi a più riprese, a dimostrazione di come la
continuità tra la dittatura e la democradura paraguayana si dispiega
modificando solo la forma giuridica del suo dominio.
Il Presidente paraguayano potrà comunque contare sulla maggioranza
assoluta conquistata sempre domenica dal Partito Colorado nella Camera
bassa del Parlamento, mentre al Senato i seggi ottenuti dalla sua
formazione politica sono stati 19 sui 45 complessivamente in palio.
Il voto di domenica è stato monitorato da delegazioni inviate
dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), dall’Unione Europea e
dall’UNASUR, le quali, malgrado qualche isolato episodio, non hanno
rilevato significative irregolarità nell’accesso ai seggi.
Ciononostante, alla vigilia delle elezioni presidenziali molti giornali
avevano descritto il diffuso tentativo di comprare il voto degli
elettori paraguayani da parte del Partito Colorado e di quello Radicale
Liberale. Nulla che non fosse già ampiamente noto. Narcotrafficante,
padrone di mezzo paese e amico di dittatori agli ordini di Washington,
Cartes non poteva che vincere le elezioni.
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