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venerdì 28 giugno 2013

Bisignani e l'Italia occulta

L'uomo che sussurra ai potenti”, edizioni Chiarelettere, è in testa alla classifica dei saggi italiani. L'autore è il vicentino Paolo Madron, 57 anni tra due giorni, milanese d'adozione, giornalista economico di vaglia, già vice a Panorama, ora direttore del quotidiano on line Lettera43. Con lui Luigi Bisignani, 59 anni, faccendiere, amico dei potenti, a sua volta potentissimo: sa di Grillo e degli Usa, di tangenti, di P2 e P4, di Ior e congiure. 
Quasi più dei contenuti, incuriosce il fatto che Luigi Bisignani abbia deciso di parlare. Come è accaduto?

Con Bisignani ci conosciamo da quando era alle relazioni esterne del gruppo Ferruzzi. L'ho rivisto l'estate scorsa, alla fine degli arresti domiciliari per l'inchiesta P4: gli ho detto “sono 30 anni che sei al centro delle vicende economiche e politiche, avrai qualcosa da raccontare”. Mi rispose un no secco. Dopo due giorni mi richiamò e ammise che non era una cattiva idea.
Che cosa lo ha spinto... catarsi o la voglia di essere di nuovo al centro delle trame?
Credo che sia finito per lui il tempo in cui stare dietro le quinte. «Era uno sport nazionale ogni volta che c'era un intrigo chiamarmi in causa, adesso basta, racconto io» mi ha spiegato. È in fondo il bilancio di un sistema arrivato al capolinea, Bisignani fa i conti con 30 anni di poteri prendendone le distanze. Oggi fa il consulente, credo alla luce del sole.
Avete registrato tutto, visto che si tratta di materiale così delicato?
Abbiamo lavorato su appunti che lui mi passava e io rivedevo e sistemavo in forma di intervista: in realtà il libro in una prima stesura era di 500 pagine, ne abbiamo eliminate oltre 150... C'era tanto altro da scrivere, forse preludio a “L'Uomo che sussurra 2”. A fine marzo abbiamo chiuso il testo, ma non abbiamo fatto in tempo a presentarci al Salone di Torino perchè tre studi legali hanno voluto più tempo per esaminare tutto.
Nella prima presentazione lei e l'editore Chiarelettere avete parlato di pressioni per non farlo uscire.

In realtà minacce non ne sono arrivate, qualche telefonata a lui sì del tipo “ma che senso ha”, “perchè parlate di quella cosa”. Dopo la trasmissione su La7 con Mentana si è fatto vivo l'aministratore delle Ferrovie invitandoci alla prudenza. Un libro che dà fastidio ma che Bisignani ha certamente usato per lanciare messaggi. Lo si ascolta e si pensa: «Sa molto più di quel che dice».
Sicuramente il libro si presta a molte interpretazioni e ci saranno messaggi rivolti a qualcuno. Se mi ha usato non lo so, ma questo è un problema che ogni giornalista ha quando gestisce delle fonti di un certo tipo. Devo dire che avere Bisignani ex giornalista come partner di scrittura e per di più come mia fonte per anni è stato un gioco scoperto. Spesso questi personaggi li usi, altrettanto si viene usati. Un rischio da correre.
Un giornalista come lei non si sorprende di nulla, ma ci saranno episodi sui quali le rilevazioni le hanno fatto più effetto...

Sicuramente il racconto dei fatti di sesso in Vaticano, oppure le rivelazioni sullo Ior, sul caso di Emanuela Orlandi così come la congiura interna al Pdl contro Berlusconi ordita da Alfano e Schifani. Molto interessante la parte sui servizi segreti, su come funzionano... lì siamo proprio bordeline. Ho avuto la sensazione di scrivere un centesimo di quello che si potrebbe.
Quarta edizione, 70 mila copie in un mese. Chi compra questo libro?

Non solo gli addetti ai lavori, ma anche il grande pubblico che vuole addentrarsi nei mille misteri italiani. C'è poco gossip nel senso tradizionale: si raccontano i vezzi di Gheddafi, quello che c'è sulla tavola del Papa, gli hobby du Andreotti... ma niente olgettine. Bisignani è divertente nel raccontare le abitudini private dei suoi interlocutori ma ad esempio è stato fermo sulle cene di Arcore, non ne ha voluto parlare. Io chiedevo di sapere, non c'è stato verso.
Il capitolo più complesso?
Forse la maxi tangente Enimont. Alla fine viene da concludere che è proprio Bisignani a rappresentare meglio l'Italia degli ultimi 30-40 anni, quella che si regge sui poteri occulti. Credo che il libro faccia percepire con chiarezza come in questo Paese a livello pubblico si continui a ripetere che bisogna premiare il merito e le capacità ma in realtà nessuno lo pratica. Dalla prima alla terza Repubblica continua a funzionare diversamente: vale solo il sistema di relazioni di cui si fa parte, la copertura dei poteri che uno ha, a tutti i livelli. Anche manager apparentemente solidi mostrano di dover appartienre a gruppi e logiche trasversali per poter restare al loro posto o in primo piano. È un mutuo soccorso di società segrete, di patti, di logge, di una rete, di amicizie e favori. Bisignani parla più del passato remoto e prossimo che del presente. È stato reticente su molti aspetti ma ha voluto svestirsi di quell'anima nera che gli hanno sempre attribuito. Dice: non sono un lobbista, non sono un faccendiere. Ha certamente esercitato un grandissimo potere con abilità ed intelligenza, attraversando governi diversi da Berlusconi a D'Alema a Prodi, rimanendo praticamente nell'ombra. Fino al funerale di Andreotti non c'erano sue foto recenti in circolazione. Il fatto di fare regìa è molto cardinalizio. Del resto lui è stato vicinissimo ad Andreotti e ad alcune personalità vaticane: c'è molta romanità nel libro, qualcosa avrà pur imparato.
Reazioni dal Vaticano?
 In alcuni passaggi “L'uomo che sussurra ai potenti” sembra il proseguimento di “Vaticano Spa” e “Sua Santità” di Nuzzi.
Che io sappia nessuna reazione. Intanto è cambiato il Papa.
Reazioni dal Corriere della Sera? Il direttore De Bortoli non sarà stato felice di essere indicato tra quelli che consultavano regolarmente Bisignani..
Avevo informato De Bortoli, per questioni di amicizia personale, una settimana prima dell'uscita del libro di quanto lo riguardava. So che alcuni colleghi del Corriere si sono ben guardati dal portare il libro in redazione ed hanno preferito consultarlo fuori. Non c'è l'indice dei nomi in fondo: è quasi fatto apposta, tutti devono cercarsi nelle pagine.
Si è reso conto dell'effetto delle rivelazioni?
Ho chiuso con la consapevolezza che sarebbe stato un libro importante e col sollievo di un libro rapido da scrivere... molto di più di quello con Cesare Romiti.


Nicoletta Martelletto,
Giornale di Vicenza del 28.06.2013

lunedì 7 gennaio 2013

Venerandi vs Venerabili...


Licio Gelli archivia Berlusconi e fa la sua previsione: “A settembre di nuovo alle urne”

licio gelli e1357208438425 Licio Gelli archivia Berlusconi e fa la sua previsione: A settembre di nuovo alle urne“Berlusconi è venuto meno rispetto a quei principi che noi pensavamo lui avesse. E ricordi che l’ho avuto per sette anni nella loggia, quindi credo di conoscerlo. L’ho anche aiutato, quando ho potuto”. Così Licio Gelli, un anno fa, commentava l’Italia di Silvio Berlusconi e le sue vicende giudiziarie. “Ma pensi anche questo puttanaio delle ultime settimane. Sia chiaro, è vero che può fare ciò che gli pare e piace, come e quanto vuole, ma bisogna anche avere la capacità di ‘saperlo fare’, e poi esiste pur sempre un limite. Invece lui continua. Ha prima disfatto la famiglia, ora sta disfacendo l’Italia. Ma nessuno gli dice nulla. Ha commesso un reato? Se è vero ciò che gli viene attribuito (e credo che almeno in parte sia vero), allora sì: non avrebbe dovuto farlo, o, quantomeno, avrebbe dovuto utilizzare sistemi più riservati”.
Adesso Berlusconi è tornato – occupa radio, televisioni e giornali – ma il Venerabile, fondatore della loggia massonica P2, pare non curarsene troppo. Quell’interlocutore di cui un anno fa parlava usando la prima persona plurale, manca. Anzi, non viene nemmeno citato. Il governo prossimo venturo appare a Gelli come un insieme indefinito di movimenti e partiti, per lo più ingestibili. “Dal mio studio – ha dichiarato ieri – vedo il cielo molto buio. È scuro. Molto. Anche se ci sono i monti. Oltre i monti, però, bisogna vedere quello che ci sarà….”. Una lettura, in realtà, nemmeno troppo imprevista, data la giungla di candidati premier – o presunti tali – di discese e salite in campo poi smentite, di grillini, di Bersani e berluschini. Il difficile sarà far reggere il sistema, a partire dal minuto successivo alla chiusura delle urne. Per tacer di Gelli e del suo studio...

lunedì 28 febbraio 2011

Licio Gelli e l'anello

Il Venerabile torna sui poteri della prima Repubblica:
«Io avevo la P2, Cossiga Gladio e Andreotti l'Anello»

di Stefania Limiti
- CadoInPiedi

Se a parlare è Licio Gelli bastano anche poche parole ma l'effetto è sicuro: si va con la mente su e giù attraverso gli anni della Repubblica e vengono i brividi. Recentemente il Venerabile è tornato sulle vecchie dicerie che vogliono Andreotti capo della P2 e, conversando con una giornalista del settimanale Oggi, ha detto: «per carità...tutte storie, io avevo la P2, Cossiga Gladio e Andreotti l'Anello».... Poche parole che vogliono dare l'idea di una ripartizione precisa e 'democratica' delle strutture segrete e per la prima volta offrono la conferma da parte di un personaggio di calibro dell'esistenza dell'Anello, espressamente ricondotto all'influenza di Giulio Andreotti. Gli scettici, e quanti hanno tentato di contrastare la verità su questa struttura segreta, si mettano l'anima in pace: l'iceberg si è sciolto...anche se Gelli non dovesse aggiungere più nulla, quelle parole pesano come pietre.
Non sapremo mai se Gelli ha parlato sapendo che il suo vecchio amico Giulio non ha energie per replicargli ma questo ormai poco importa. Ed anche quella rigida divisione dei compiti convince poco: secondo Gelli ognuno godeva di fatto di un suo personale servizio segreto - perché questo sono state le tre strutture menzionate. Si può accettare che ognuno avesse una sua sfera d'influenza nella quale era più 'di casa' di quanto non lo fossero gli altri, per vicinanza agli uomini e alla loro storia. Ma non convince questa rappresentazione un po' casareccia di tre organismi che hanno influenzato dal sottosuolo, e attraverso l'influenza esterna, più di ogni altra cosa la dialettica democratica ed il corso degli eventi della nostra Repubblica; ancora meno, poi, l'estraneità di Andreotti alla P2.
Fascista e repubblichino, Gelli si era distinto come il più giovane volontario della guerra di Spagna: è forse lì che inizia il suo legame con il generale Mario Roatta, capo del Sim e padre del Noto Servizio? E' assai probabile, visto che dal '41-'42 Gelli è stato agente segreto del Sim e protagonista di una delle operazioni più eclatanti e ancor oggi misteriose, il trasporto dell'oro del Regno di Jugoslavia in Italia. Certo è che Gelli ebbe l'investitura direttamente dal Duce: nel 38 fu convocato a Roma, a Palazzo Venezia, dove in una immensa stanza ricevette l'abbraccio di Benito Mussolini e probabilmente l'indicazione della missione a cui era stato predestinato. Il capo della P2 non entra nei particolari di quella giornata particolare ma ammette che <> della sua lunga vita. Il suo curriculum lo rende senz'altro molto credibile quando parla di Anello e questo è ciò che più conta in quelle poche parole.
Molti si interrogano poi sul loro significato attuale: qui si entra nel piano inclinato delle deduzioni ma si possono mettere insieme alcuni elementi. Prima di quell'intervista, Gelli aveva anticipato al quotidiano "Il tempo" alcune analoghe considerazioni, senza fare ancora il nome esplicito dell'Anello: in entrambe le occasioni poche parole sul passato e tante considerazioni sull'oggi e sul suo amico Berlusconi verso il quale Gelli è stato assai severo. Gli ha rimproverato molte cose e sembra dirgli: caro mio, il tuo tempo è finito e a te ormai neanche la P2, Gladio o l'Anello posso cacciarti dai guai. Sembra che voglia rivendicare la sua venerabile parte di grande burattinaio. Una megalomania da grande vecchio? Può darsi ma Berlusconi per lui non è un estraneo, su di lui la P2 aveva puntato molto. Come sostiene il professore Giuseppe De Lutiis nell'introduzione a L'Anello della Repubblica forse Giuseppe Cabassi, uomo dell'Anello, nonché figlio del peccato, cioè di padre Zucca, era il cavallo sul quale aveva puntato la P2 (l'amministratore delegato del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, Bruno Tassan Din, aveva detto che Cabassi era della Loggia) prima di scegliere un uomo con maggiore carisma, cioè Silvio Berlusconi. Il nostro presidente del Consiglio è strettamente legato al passato della nostra Repubblica non solo attraverso stallieri e mafiosi: Berlusconi finanziò, ad esempio, la scissione del Movimento sociale italiano, nel 1976, operazione ampiamente sponsorizzata dall'Anello.
Nel 1977, ricordò solo recentemente Rino Formica, Berlusconi gli manifestò l'intenzione di fare il ministro degli Esteri: quali onorevoli meriti gli consentivano di osare tanto? L'anno successivo, durante i 55 giorni del caso Moro, una delle trattative avviate per la sua liberazione fu portata avanti da padre Zucca e comprendeva, oltre che un enorme pagamento in denaro, la liberazione di due terroristi della Raf che si trovavano nelle carceri di Tito: sapete che mise a disposizione dell'entourage della famiglia Moro il suo aereo personale per andare a fare la trattativa in Jugoslavia? Silvio Berlusconi.
Insomma, il Cavaliere è nato e cresciuto a pieno titolo nella prima Repubblica: e tra i fondatori dei circoli di Forza Italia, oltre ai mafiosi al Sud, ci sono al Nord uomini che ruotavano intorno all'Anello. Dunque, con le sue parole sembra quasi che Gelli voglia 'disattivare' il logoro Berlusconi. Proprio come furono disattivati anni fa gli agenti dell'Anello.