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domenica 1 settembre 2019

[IRAN] #io_sono_il_quindicesimo

Aggiornamento sulle sentenze alle attiviste iraniane:
Saba Kord Afshar:
(ventenne), 24 anni di galera per aver protestato contro il velo obbligatorio, condannata per "diffusione della corruzione e della prostituzione, propaganda contro lo Stato e cospirazione nei confronti della sicurezza nazionale".
Saba sollevò l'hijab durante la protesta del "mercoledì bianco" ad inizio 2019. Il verdetto è stato emesso il 19 agosto dal Tribunale rivoluzionario di Teheran, ma l'avvocato della giovane è stato avvisato solo in questi giorni.
Kord Afshar è stata arrestata per la prima volta il 2 agosto del 2018 per aver partecipato ad una protesta pacifica in Iran. Liberata nel febbraio del 2019, è tornata in carcere a giugno per nuove manifestazioni.
Per lei si stanno mobilitando diversi difensori dei diritti civili fra cui la giornalista iraniana Masih Alinejad, in esilio tra Londra e New York dal 2009, per aver promosso delle iniziative contro il governo.

Atefeh Rangriz:
11 anni di galera e 74 frustate per aver difeso il diritto dei lavoratori lo scorso maggio (35 lavoratori arrestati durante una manifestazione di fronte al parlamento).




martedì 6 marzo 2018

[Iran] la fontana



Una vecchissima signora, credo abbia 90 anni, sale sul muretto della fontana (?) con molta fatica e si toglie il velo.
E lo sventola come fanno le ragazze della strada #Enghelab !


Ora la Fontana è così.
Succede -non nel medioevo ma nel 2018.
Tehran, IRAN


 



   
JASS.


sabato 3 marzo 2018

[Iran] Sono una delle ragazze di #Enghelab

WhiteWednesday: una manifestante

Dopo 30 anni di vita, solo recentemente sono venuta a conoscenza di alcuni miei diritti di donna, anche se possono essere definiti come diritti di ogni essere vivente, ma qui, in Iran, i diritti umani sono solo per gli uomini e i diritti per le donne sono sotto un’altra categoria.
Comunque non è di questo che voglio parlare (almeno non questa volta, per vostra fortuna)!

Io, da piccola, pensavo che il mio diritto di donna, dopo i 18 anni, sarebbe stato il permesso di cambiare la ricetta del brodo della bisnonna e non metterci più i piselli. Anche se i piselli ci sono ancora e dopo aver letto il libro “Ingoia il Rospo” li ingoio senza dire niente. Spero però di trovare il coraggio necessario per poterli almeno mettere da parte nel piatto, uno di questi giorni.
Devo confessare che l’arrivo delle parabole e dei canali satellitari, è stato un aiuto enorme alla mia trasformazione esistenziale e a quella di tante altre ragazze/donne iraniane.
Perché prima vedevamo solo le nostre mamme, zie, nonne. Tutte uguali, tutte sposate, tutte obbedienti e spesso incinte.
Ma avendo avuto accesso ai canali turchi e, anni dopo, a quelli europei, riuscimmo a vedere un mondo diverso dal nostro. Vedemmo le donne “vere”. Quelle belle, bionde, truccate, sexy, libere e felici.

Raggiunti i 18 anni, capii che i miei diritti erano decisamente superiori a quelli che pensavo.
Fino a quell’età, non avevo mai comprato gli occhiali da sole perché a mio padre non piacevano. Diceva che solo le “poco di buono” mettevano gli occhiali da sole e che era un modo per far capire agli uomini “poco di buono” che erano disponibili. Poi, in TV, vidi che, nel mondo, c’erano persino delle donne che compravano gli occhiali e li mettevano sui capelli mentre guidavano: straordinario!
Quando mi accorsi che avevo il diritto di comprarmi gli occhiali e metterli, anche fuori casa, fiera di questa scoperta che mi avrebbe cambiato la vita, feci un minuto di standing ovation per me stessa.

Però devo dire che la svolta ci fu con i miei 21 anni, quelli che ricordo come pietra miliare della mia esistenza. Ero seduta con delle amiche sulle panchine fuori dall’università, tutte con i nostri occhiali da sole e un bicchiere di thè tra le mani, per scaldarci, quando venne una nostra amica molto trasgressiva e coraggiosa. Aveva una bibita colorata – di quelle senza zucchero che bevevano le donne fighe in TV – e disse con molto orgoglio: “Sapete che anche noi abbiamo il diritto di tornare a casa dopo il tramonto?”. Noi tutte pensammo che ci volesse solo prendere in giro: “Bugiarda! Mica siamo maschi!”. Lei però continuò seriamente: “Io torno a casa verso le 8, solo poche ore prima di mio fratello perché questo è un mio diritto”.
Pensai tra me e me: “Rivoluzionaria!! Ma di sicuro ci vuole far fare una brutta figura davanti ai nostri genitori con questo scherzetto…”. Ma lei mise i suoi occhiali sul velo e disse: “Questa è la verità, sfigate! Noi abbiamo quasi gli stessi diritti dei nostri fratelli”.
“Allora non sta scherzando! Chissà quant’è bello passeggiare da sola per le strade e guardare le vetrine” pensai con un velo di tristezza.
Quanto avrei voluto essere come lei.
La stessa sera decisi di comunicare alla mia famiglia questo mio nuovo diritto. Mentre cenavamo dissi: “Io ho il diritto di tornare a casa dopo il tramonto”.
Tutti si interruppero, mi guardarono con stupore, poi ripresero a mangiare, pensando che fosse solo una delle mie battute. Mio padre disse: “Passami l’acqua: ti ho detto mille volte che le donne non raccontano barzellette”. Gli risposi: “Padre, hai sentito cosa ho detto? È un mio diritto!”.
Lui sussurrò a mia madre: “Ha trovato il codice di quei canali lì?”. Mia madre arrossì e mi guardò con rabbia e mi fece capire con il movimento degli occhi e le sopracciglia, che dovevo stare zitta.
Rimasi zitta, per anni, ma rimasi convinta che c’era qualcosa di giusto in quello che avevo detto. E poi, di quali canali parlava mio padre?


A 26 anni, sentii una cosa che mi fece fissare il muro della mia stanza per 5 ore.
Non riuscivo a gestire tutti i pensieri e le sensazioni che bombardavano la mia esistenza: “Le donne hanno il diritto di viaggiare da sole come gli uomini”.
Pure adesso, a 30 anni, mentre lo scrivo, mentre lo penso, mi sento svenire da quanto mi suona folle e incredibilmente piacevole sapere di avere questo diritto.
Trovo così coraggiose le donne straniere che viaggiano da sole senza chiedere il permesso scritto di un loro parente maschio!
“Quanto vorrei essere come loro. Che ingiustizia essere nata qui!”.
Ma mi feci una promessa: “Prima di morire farò tutto quello che non mi hanno mai permesso di fare perché sono nata femmina e perché, per loro, sono una creatura inferiore e incapace di intendere e volere”.

Ho 30 anni. Poche settimane fa ci sono state proteste contro il regime totalitario in Iran, contro discriminazione, corruzione, povertà, censura. Stavamo cenando e al telegiornale parlavano delle ragazze arrestate per le strade della capitale, perché si erano tolte il velo dicendo che era un loro diritto scegliere il proprio abbigliamento. Mio padre arrabbiato commentava: “Svergognate! Vorrebbero pure il diritto di vivere da sole senza essersi sposate”.
Oh! Sarebbe bello! Perché non ci ho pensato prima? Dissi: “Non è che ho pure questo diritto e non me lo avete detto?”. Mio padre, nervoso, tossì e mia madre cambiò argomento: “Mangia i piselli e stai zitta”…
… No! Non è andata così! Avrebbe potuto, ma non è andata così!

Per tanti anni non ho saputo di avere dei diritti.
Ora ho 30 anni e so di avere dei diritti e lotto per averli.
Io sono una delle ragazze di #Enghelab .
Io tolgo il mio velo perché questo è un mio diritto.




 JASS.
(
articolo pubblicato su syndromemagazine.com)
 

venerdì 9 febbraio 2018

[Iran] un sacco

Dunque... la campagna del mercoledì bianco va avanti (White Wednesdays: ogni mercoledì ci vestiamo di bianco e, dove possiamo, ci togliamo il velo), ma, grazie alle ragazze di Enghelab (VIDEO), ora siamo viste e ascoltate anche dall'estero.
Proprio per questa visibilità che abbiamo ora, la reazione del regime iraniano è più violenta; ma proprio per non avere di nuovo problemi con "Human Rights", stanno iniziando ad usare il cervello e fanno propaganda contro chi si toglie il velo dicendo che sono "spie pagate da organizzazioni internazionali", e quindi nemici della terra e del popolo (l'accusa per cui sono stata arrestata nel 2010).
 

Vedete questi qua nella foto? Sono apparentemente due
giovani che protestano contro chi protesta per la legge del velo obbligatorio. Ma quando andate a vedere chi sono realmente, trovate che tutti e due vengono pagati da Sepah-e Pasdaran (i Guardiani della Rivoluzione) dal 2014!!!
Cioè... una ragazza normale, pagata da nessuno, mamma di un bambino di un anno, protesta, va in galera, ci rimane per più di un mese ed è nemico del popolo e questi qua fanno la stessa identica cosa (in più disturbando con quella bandiera enorme), sono pagati dal regime, diventato "eroi che salvano l'Islam dal male", vengono intervistati dalla tv nazionale…
Allora penso che è vero... più hai paura, più ti comporti in un modo assurdo e senza senso...

Il regime iraniano ha paura di noi!
E questo, a me, piace un sacco.



giovedì 1 febbraio 2018

[Iran] La protesta di Vida

Scarcerata la ragazza simbolo della lotta contro l'hijab, nelle stesse ore arrestata un'altra attivista.
Ad annunciarlo alcuni attivisti e la legale di Vida Movahed. La scarcerazione grazie alla pressione popolare e alle campagne internazionali


Aveva sfidato il potere sventolando il velo che le avrebbe dovuto coprire i capelli. Una protesta che da Teheran aveva fatto il giro del mondo e che le era costata la libertà. Ma ora, dopo un mese di carcere, la donna divenuta simbolo della lotta contro l’hijab obbligatorio è stata liberata.
A darne annuncio su Facebook è stata l’attivista e avvocatessa Nasrin Sotoudeh, che da subito si era interessata al suo caso. Le autorità di Teheran non hanno ancora commentato la notizia, ma sui social media attivisti e utenti a fatica contengono la gioia.




Felici anche di poter dare finalmente un’identità a quella che avevano ribattezzato “La ragazza della strada della Rivoluzione”. Solo di recente infatti si è scoperto che la donna si chiama Vida Movahed, ha 31 anni ed è madre di un bimbo di 19 mesi.
Le campagne per la liberazione. Per lei, di cui si erano perse le tracce dopo l’arresto del 28 dicembre, era stata organizzata una campagna social con l’hashtag #whereisshe: un tentativo di fare pressione sulle autorità iraniane affinché dessero informazioni sulle sorti della donna.

Il 26 gennaio era intervenuta anche Amnesty International per chiederne il rilascio. Nello stesso comunicato l'organizzazione internazionale ha chiesto alle autorità iraniane di porre fine alla persecuzione delle donne che protestano pacificamente contro l'obbligo di indossare il velo, una pratica che Amnesty ha definito "umiliante e discriminatoria".  

La preoccupazione. Secondo Masih Alinejad, fondatrice del movimento My Stealthy Freedom, che da anni rivendica il diritto delle donne di scegliere il proprio abbigliamento contro il dresscode imposto dal governo, Vida ora si trova a casa sua, in compagnia del figlio e non “è di buon umore”.

Su Facebook Nasrin Sotoudeh ha scritto: "Spero che non fabbrichino un caso legale per danneggiarla solo perché esercitato i suoi diritti di base. Non ha fatto nulla di male"



Aveva sfidato il potere sventolando il velo che le avrebbe dovuto coprire i capelli. Una protesta che da Teheran aveva fatto il giro del mondo e che le era costata la libertà. Ma ora, dopo un mese di carcere, la donna divenuta simbolo della lotta contro l’hijab obbligatorio è stata liberata.







A darne annuncio su Facebook è stata l’attivista e avvocatessa Nasrin Sotoudeh, che da subito si era interessata al suo caso. Le autorità di Teheran non hanno ancora commentato la notizia, ma sui social media attivisti e utenti a fatica contengono la gioia.




Felici anche di poter dare finalmente un’identità a quella che avevano ribattezzato “La ragazza della strada della Rivoluzione”. Solo di recente infatti si è scoperto che la donna si chiama Vida Movahed, ha 31 anni ed è madre di un bimbo di 19 mesi.
Le campagne per la liberazione. Per lei, di cui si erano perse le tracce dopo l’arresto del 28 dicembre, era stata organizzata una campagna social con l’hashtag #whereisshe: un tentativo di fare pressione sulle autorità iraniane affinché dessero informazioni sulle sorti della donna.


Iran, altre donne protestano contro il velo: "Hanno arrestato lei, ma noi siamo tante"


La lotta continua.
E’ giorno di festa per le donne iraniane, una vittoria che festeggiano tornando a sventolare i veli in strada. Un gesto ormai simbolo della voglia di libertà.
Il secondo arresto
Una seconda iraniana è stata arrestata a Teheran per aver protestato contro l'obbligo di indossare il velo, salendo su una una centralina telefonica nella capitale, togliendosi l'hijab bianco e appendendolo al ramo di un albero lì accanto.
Una forma di protesta ricalcata su quella della manifestante arrestata il mese scorso per un'azione analoga, nello stesso luogo. La notizia del secondo arresto, riportata dal Guardian, è stata data dal corrispondente del New York Times nella Repubblica islamica, Thomas Erdbrink, senza però rivelare la sua identità. 

martedì 23 gennaio 2018

[Iran] il mercoledì bianco


Allora...
Vi ricordate le proteste in Iran di qualche settimane fa? Ecco!
Sono state arrestate tante persone, tra loro giornalisti, blogger, attivisti, studenti e gente normale. Una di queste persone è la ragazza (di cui non si sa ancora il nome), diventata il simbolo delle proteste. Di lei si sa che ha 31 anni e un figlio di 19 mesi. È stata arrestata poche ore dopo essersi tolta il velo in una delle strade principali di Tehran -il centro delle proteste anche nel 2009- che si chiama "Enghelab" (Enghelab vuol dire Rivoluzione). Poi rilasciata e di nuovo arrestata qualche giorno dopo; a oggi è ancora e di nuovo in galera. Mentre io stessa ero sottoposta ad interrogatorio a Tehran (Centro Khark), ho visto lei lì; e appena sono uscita ho avuto la fortuna di incontrare uno dei miei idoli -forse la persona che ammiro di più a questo mondo- l'attivista e avvocatessa (!) Nasrin Sotudeh. Lei sta facendo tutto il possibile per farla uscire.


Mentre tutto questo succedeva a Tehran, a Londra un'altra amica attivista, Masih Alinejad, ha fatto partire un trend sui social:
" #dove_è_la_ragazza_di_Enghelab " (دختر_خیابان_انقلاب_کجاست#) e tutti hanno iniziato a fare le foto come lei o a parlare di lei... Pure Mana Neyestani ha fatto questo disegno per lei e per tutte le donne che lottano contro il velo obbligatorio in IRAN.

Ora... Voi come potete darci una mano??
Semplice: parlate il più possibile del "Mercoledì Bianco" (White Wednesdays o, in persiano, چهارشنبه های سفید) che è la nostra lotta: i mercoledì ci vestiamo di bianco (spesso solo il velo bianco) e dove possiamo togliamo il velo in pubblico. Nei prossimi giorni ne parlarò meglio con voi e scriverò qualcosa per poter avere più attenzione dall'estero sull'argomento "velo obbligatorio in Iran".



la ragazza della strada Enghelab durante le manifestazioni
Nasrin Sotudeh ed il marito