L’America latina del nuovo millennio continua a riprodurre scene di
miseria e sfruttamento, di governi incapaci e corrotti, di rivolte
popolari soppresse con la forza. Gli indici socioeconomici dei paesi
latinoamericani ci mostrano senza equivoci che una larga parte delle
popolazioni australi soffre ancora - e più di prima - di scandalose
ingiustizie sociali a causa dello strapotere di oligarchie e
multinazionali che seguitano a seminare dappertutto miseria e
disperazione. E se è vero che quasi ovunque in America latina sono
cadute le dittature militari, sostenute negli anni della Guerra Fredda
dal governo di Washington, le fragili democrazie che le hanno
sostituite non possono certamente proclamarsi “libere”: i brogli
elettorali, i ricatti del FMI e degli Usa, la repressione dei movimenti
popolari ostacolano quasi ovunque la piena affermazione dei diritti
civili. Per giunta, una politica basata sul dogma liberista sfrenato -
fin qui raccomandata dalle organizzazioni finanziarie internazionali -
ha portato il continente ad una delle sue peggiori crisi economiche. Ci
basti citare, come caso eclatante, il crollo dell’economia argentina del
2001, di fronte al quale lo stesso FMI è stato costretto
all’autocritica.
A dispetto del quadro generale piuttosto sconfortante, si possono però rilevare alcuni segnali di cambiamento che fanno ben sperare per il futuro. Nell'ultimo decennio la parziale affermazione di governi di stampo progressista in Argentina, Brasile, Uruguay, Salvador, Bolivia e Cile testimonia che il vento sta nuovamente cambiando direzione, ricominciando a spirare verso sinistra (ammesso che queste indicazioni d'orientamento abbiano ancora un senso). Molti di questi successi elettorali, come quello del Frente Amplio in Uruguay dopo 150 anni di governi truffaldini e corrotti, il consolidamento di Hugo Chavez alla guida del Venezuela bolivariano, o il trionfo del cocalero Evo Morales in una Bolivia ormai spolpata dall’avidità delle multinazionali, non si sarebbero mai realizzati senza la spinta dei movimenti popolari e di tutte quelle organizzazioni sociali - indios in testa - che da lungo tempo sostengono la lotta per i diritti delle popolazioni di questo meraviglioso continente dimenticato...
A dispetto del quadro generale piuttosto sconfortante, si possono però rilevare alcuni segnali di cambiamento che fanno ben sperare per il futuro. Nell'ultimo decennio la parziale affermazione di governi di stampo progressista in Argentina, Brasile, Uruguay, Salvador, Bolivia e Cile testimonia che il vento sta nuovamente cambiando direzione, ricominciando a spirare verso sinistra (ammesso che queste indicazioni d'orientamento abbiano ancora un senso). Molti di questi successi elettorali, come quello del Frente Amplio in Uruguay dopo 150 anni di governi truffaldini e corrotti, il consolidamento di Hugo Chavez alla guida del Venezuela bolivariano, o il trionfo del cocalero Evo Morales in una Bolivia ormai spolpata dall’avidità delle multinazionali, non si sarebbero mai realizzati senza la spinta dei movimenti popolari e di tutte quelle organizzazioni sociali - indios in testa - che da lungo tempo sostengono la lotta per i diritti delle popolazioni di questo meraviglioso continente dimenticato...
Andrea
'Chile' Necciai,
redattore di "AL Revés - America Latina alla rovescia",
foglio periodico di contro-informazione sulla storia e l'attualità del Nuovo Mondo,
il cui archivio storico (2003-2011) viene ospitato da oggi integralmente su [NSDT]Blog
redattore di "AL Revés - America Latina alla rovescia",
foglio periodico di contro-informazione sulla storia e l'attualità del Nuovo Mondo,
il cui archivio storico (2003-2011) viene ospitato da oggi integralmente su [NSDT]Blog