I gestori dell’acqua, i capitali pubblici ed i profitti privati
Lorenzo Giroffi, firstlinepress
A Torino continuiamo a tracciare una mappatura della gestione acqua in Italia. Bisogna
farlo considerando lo scenario di questo bene comune come un qualcosa
da preservare e perseguire in qualsiasi angolo del mondo, affinché il
mercato non leda un diritto naturale, ricordando però che il servizio
idrico deve fare i conti con le singole realtà locali. Quella di Torino
si specchia nell’efficienza e nella cura rispettata nel centro della
città. Società Metropolitana Acque Torino, meglio conosciuta come SMAT,
può presentarsi come un’eccellenza per i servizi idrici che offre, per
la garanzia del recupero, della depurazione e dell’accesso a tutti.
Tuttavia quest’azienda, pur essendo di natura pubblica, si comporta come
un qualsiasi gruppo imprenditoriale, osservando l’acqua come un settore
commerciale dal quale poter trarre benefici economici, spostando il
proprio raggio d’azione da una gestione locale ad una imprenditoriale
extra-territoriale, che si scontra con la realtà della gestione acqua,
fatta di conoscenza del luogo in cui si opera e legame con esso. SMAT ha
però tutto il diritto di farlo e qui nasce il grosso equivoco.
I molti sostenitori del referendum 2011, che ha abrogato i decreti utili all’inserimento del bene acqua nel mercato,
restano spiazzati dinanzi alla conformazione dei gestori di natura
pubblica, ma non di diritto pubblico. Il comitato Acqua Pubblica Torino
chiede la trasformazione di SMAT da società per azioni, ad azienda
consortile di diritto pubblico. Il comitato dopo il referendum, sentendo
la responsabilità di quanto accaduto in Italia, divenuto anche esempio
in ambito internazionale, non ha mai abbassato la guardia. È stata
infatti chiesta all’Amministrazione Comunale di Torino una delibera
utile al compimento della mutazione giuridica di SMAT. Lo scorso lunedì 4
Marzo, il Comune di Torino ha avallato tale delibera, anche se la sua
attuazione sarà verificabile entro novanta giorni, nei quali saranno
adottate verifiche strutturali e di bilancio affinché si accerti
l’effettiva concretizzazione del processo. Il comitato cittadino Acqua Pubblica Torino,
dopo aver realizzato e portato avanti la proposta, sarà tenuto fuori da
questo controllo di fattibilità ed a scadenza dei tempi non potrà
incidere sulla decisione. Per questo motivo incontro Andrea Sacco,
appartenente al movimento.
Negli anni come sono nate le vostre iniziative e come quest’ultima delibera?
<<Il comitato nasce nel 2007, ancor prima del successo
referendario, ma da sempre ha avuto un grande sostengo popolare.
L’ultima delibera vuole che SMAT, gestore dell’area torinese di oltre
280 Comuni, passi da S.p.a. ad azienda speciale consortile, perché
riguardante tutto l’insieme delle Amministrazioni Comunali. Per questa
delibera sono state raccolte cinquecentomila firme, appartenenti a
cittadini per lo più spaesati rispetto al fatto che ancora oggi l’esisto
referendario non sia stato attuato. La nostra delibera è stata poi in
qualche maniera osteggiata dalle commissioni tecniche dei Comuni, che in
realtà dovrebbero essere imparziali, invece sono sempre apparse in
linea alle volontà politiche dei loro referenti, ponendo ostacoli alla
possibilità di un’azienda pubblica, interpretando in maniera fosca il
codice civile. Di fatti hanno dichiarato che non si poteva chiudere una
società per azioni, già esistente, per crearne una nuova, vista la
spending review. Il nostro intento però non è mai stato quello di
chiudere un’azienda. Semplicemente vogliamo trasformarla, senza mettere
in crisi i rapporti con i suoi attuali lavoratori>>.
Perché
un’azienda di capitale pubblico, come la SMAT, operante nella provincia
di Torino, può essere una minaccia per la privatizzazione del bene
pubblico acqua?
<<Bisogna chiarire la natura dell’azienda perché in questi anni
una società di diritto privato, seppur con capitali pubblici, non è mai
stata garanzia dell’acqua al riparo dal mercato e dagli speculatori.
Questo è confortato dai fatti. A Torino, subito dopo il referendum del
2011, che oltre all’acqua ha deciso l’impraticabilità di privatizzazione
per ogni servizio pubblico, è partita una campagna di dismissioni per
recuperare liquidità, come successo con la società TRN, di natura
pubblica, ma comunque società per azioni, gestore dell’inceneritore e
legata al ciclo dei rifiuti, che è stata messa sul mercato e venduta
all’80%: in pratica è stata persa dal pubblico. Così facendo magari
saniamo un anno di bilancio, ma riduciamo il patrimonio pubblico. Questo
è ad esempio in contrasto con quanto viene dichiarato dal vicesindaco
di Torino, Tom Dealessandri, che a parole vuole preservare i beni
pubblici, ma che in pratica è parte di una Giunta che li sta svendendo.
Per questo noi invochiamo una società che sia di diritto pubblico, con
capitali pubblici e la partecipazione dei vari Comuni, che in questo
caso sono più di 280. Così si esce proprio dal rischio del mercato.
Negli anni abbiamo evitato le varie ventate di privatizzazioni della
SMAT, ad esempio nella scheda di presentazione di questa società, sul
sito del Comune di Torino, c’era scritto che era una società con un
capitale inizialmente pubblico, siamo poi riusciti a sbarazzarsi
dell’avverbio inizialmente>>.
Allo stato attuale quante possibilità ha SMAT di divenire azienda di diritto pubblico?
<<Noi pensavamo che i comitati promotori di questa delibera
potessero partecipare alle discussioni in Consiglio Comunale, invece,
una volta passata, non abbiamo più titolo per parlare o difendere tale
iniziativa, proprio come successo col referendum del Giugno 2011. In
Consiglio Comunale sono stati proposti emendamenti utili solo a far
slittare l’attuazione, perché è stata chiesta l’istituzione di un
soggetto che faccia le verifiche tecniche per gli aspetti patrimoniali e
di bilancio inerenti alle ripercussioni di questa trasformazione sulle
casse del Comune. Il fatto è che noi abbiamo fatto tutti questi studi
nei mesi passati e si potevano compiere accertamenti durante le riunioni
avute con gli uffici tecnici, che sappiamo già essere dotati di queste
documentazioni, tenute però nascoste. Siamo felici perché certamente
questa delibera, approvata, pone una strada verso la resa pubblica di
SMAT, ma ora vogliamo sapere chi farà queste indagini, visto che gli
uffici tecnici si sono già dimostrati in male fede nei nostri
riguardi>>.
Negli anni come sono state
recepite dalla classe politica italiana le spinte popolari sul tema
acqua pubblica? A Torino il gestore idrico come ha risposto al
referendum?
<<Il secondo quesito referendario, ovvero quello inerente alla
non remunerazione del capitale investito per i gestori dei servizi
idrici, non è stato ottemperato dalla SMAT, che attende, dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, ulteriori
indicazioni sul recupero dei soldi necessari, insomma il solito
scaricabarili. Io noto un’incoerenza politica all’interno dello stesso
Partito Democratico, maggioranza nel Comune di Torino, ma che sembra più
propenso a politiche liberiste rispetto invece ad un altro sindaco del
Pd, Graziano Delrio, che amministra a Reggio Emilia, il quale ha
proposto un nuovo consorzio, tutto pubblico, togliendo la concessione ad
IRE>>.
Potrebbe essere rischioso
destabilizzare un gestore che comunque opera bene sul territorio,
affidandosi ad un soggetto completamente pubblico? Cosa si rischia con
un gestore a capitale pubblico, ma di diritto privato?
<<Noi riconosciamo il fatto che SMAT a livello locale gestisca
bene e che dia garanzie ai cittadini di tariffe basse, però contestiamo
che abbia atteggiamenti deleteri ed in linea con la concezione
dell’acqua come merce. Basti vedere gli investimenti che SMAT ha fatto
nella gestione dell’acqua a Palermo, dove ne è uscita con le ossa rotta e
non si capisce ancora con esattezza quanto le nostre stesse casse siano
state afflitte da quest’operazione, a volte si parla di 1 milione di
euro, altre volte di 14. C’è inoltre da ricordare che SMAT, con la
compartecipata Acque Potabili, fa gestione anche in Calabria e ciò è
incoerente con una conduzione oculata. Dunque noi vogliamo che la SMAT
mantenga le sue professionalità, visto che funziona sia il monitoraggio
delle acque, che la depurazione, senza aggravi sulla bolletta, come in
altri posti d’Italia, dove invece vengono aggiunti costi per servizi di
fognatura che non esistono. Però vogliamo che venga cambiata la politica
e l’essenza di quest’azienda, che deve reinvestire gli utili nel
pubblico e non in altro>>.
Nella sostanza cosa rischia il bene acqua se gestita dal privato?
<<Quando il soggetto è privato si riducono gli investimenti per
ottimizzare il profitto, inoltre si alzano le tariffe e si perde il
diritto di un bene comune, stabilito anche da una risoluzione ONU.
L’acqua è poi collegata all’igiene pubblica. Storicamente, osservando le
documentazioni, si è rilevato che quando si sono costruite le reti
idriche nelle città, le fontane e quant’altro, si è fatto soprattutto
per l’accesso all’acqua potabilizzata, utile alla riduzione di epidemie.
Le fontane a moneta, come la SMAT vorrebbe realizzare, mi fanno
rabbrividire. Il prototipo del soggetto privato ha già dimostrato di
aver aumentato bollette, perdendo inoltre il controllo di un servizio
locale. Quando una società francese o come la stessa torinese va in giro
per il mondo, è chiaro che non ha la conoscenza del territorio in cui
opera, del sistema delle fonti, delle sue reti e le sue sorgenti.
L’utente poi per qualsiasi malfunzionamento non potrebbe avere un
contatto diretto con il gestore, lontano dal Comune e dalle
caratteristiche del territorio>>.
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