Cacciabombardieri, corazzate, bombe, munizioni.
Tutte le armi distruttive vengono spostate nella contabilità del Pil, da
un capitolo all'altro: e nel passaggio, acquistano valore. Così sale il
Pil dei paesi più armati. Parola di Eurostat
Metti un turbo nel Pil. Le nuove direttive
statistiche internazionali, con l'aggiornamento dei manuali a cui si
attengono i sistemi nazionali di statistica in tutto il mondo,
porteranno dal 2014 una sorpresa, cambiando i metodi di
contabilizzazione delle spese militari. A essere “premiati”, con un
salto in avanti del prodotto interno lordo, saranno soprattutto i paesi
con maggior produzione di armamenti di tipo puramente offensivo; cioè
quelle armi che si distruggono nel loro uso bellico, non appena
raggiungono l'obiettivo per cui sono state costruite: ammazzare e
distruggere.
Non che finora le armi siano state messe fuori dal
Pil. Come denunciava Robert Kennedy nel celebre discorso del '68
all'università del Kansas, sull'inadeguatezza di un indice che “misura
tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”,
il Pil cresce anche “con la produzione di napalm, missili e testate
nucleari”. Solo che adesso si assisterà a un salto di qualità nella
misurazione dei sistemi d'arma.
Tutto parte dall'aggiornamento del
manuale di contabilità nazionale (sistema europeo dei conti SEC95), che
entrerà in vigore nei paesi dell’Unione Europea dal 2014 (1): lì ci
sono tutte le indicazioni sui nuovi metodi statistici di
contabilizzazione delle grandezze economiche e finanziarie di ogni
paese. Regole e metodi su cui si basa tutto il sistema europeo dei
conti, e ai cui risultati fanno poi riferimento i governi, le politiche
di convergenza, i giudizi degli analisti, la verifica degli obiettivi
dei trattati europei (da Maastricht al fiscal compact).
Una delle
novità riguarda proprio le spese militari. Novità metodologiche, ma con
effetit sostanziali importanti. Attualmente, le spese militari sono
considerate in modi diversi nella contabilità nazionale a seconda che
siano passibili anche di un utilizzo civile (per esempio, una
portaerei), oppure destinate a scopi esclusivamente distruttivi (per
es., un missile). In questo secondo caso, non vanno ad arricchire il
capitale di un paese, ma vengono classificate tra i “consumi intermedi”.
Con i nuovi metodi invece, tutti gli acquisti di sistemi d’arma e dei
relativi sistemi di supporto, purché utilizzati per un periodo superiore
a un anno, saranno contabilizzati come investimenti in beni durevoli;
anche le munizioni, le bombe e i pezzi di ricambio vengono spostati dai
consumi intermedi per essere collocate fra le scorte.
Lo
spostamento da un capitolo all'altro non è di poco conto. Evidente la
sua implicazione simbolica e politica: i sistemi d'arma sono capitale
fisso, che a tutti gli effetti contribuisce alla ricchezza e al
benessere di un paese. Il che ha una immediata traduzione concreta: chi
spende di più in armi, ad esempio per una guerra, aumenta la propria
ricchezza e aumenta il volume di prodotto interno lordo. Con l'entrata
in vigore dei nuovi criteri contabili, aumenteranno gli aggregati di
capitale fisso dei vari paesi, e con essi cambierà il prodotto interno
lordo. Il tutto, con l'aggiunta di una clausola di riservatezza dei
dati: quelli militari saranno divulgati solo come valori aggregati – con
scarso o nullo beneficio, dunque, per la comunità scientifica.
A
beneficiare dei nuovi manuali di contabilità nazionale, saranno
soprattutto i paesi con maggior spesa militare: Stati Uniti, Russia,
Cina. Ma il premio statistico a uno sviluppo weapon based avrà
importanti ripercussioni sull'Europa martoriata dalla speculazione sui
debiti sovrani e sullo spread: la revisione statistica migliorerà come
d’incanto, i conti di molti paesi. Eurostat
sottolinea come l’impatto positivo delle armi distruttive sul Pil, in
seguito alla revisione, cambi di molto da paese a paese con una media di
mezzo punto di Pil. Per l'Italia, si tratterebbe di un aumento
“contabile” del Pil di 800 milioni di euro.
Stima anche troppo prudente, secondo l’istituto nazionale di statistica olandese Cbs,
che giunge a valutare un impatto positivo sul Pil olandese, dovuto al
cambiamento di contabilizzazione, compreso fra i 725 e gli 826 milioni
di euro. Per l’Italia – che ha una spesa militare pari al triplo di
quella olandese, e un Pil del 30% superiore - non è ancora disponibile
alcuna stima ufficiale: ma un confronto anche grossolano con i numeri
forniti dal Cbs fa capire che la posta in gioco, in termini di revisione
del Pil, è abbastanza alta.
E crescerebbe ancora se dovesse
passare, negli accordi europei, la proposta da molte parti avanzata in
passato di escludere dal rapporto debito/Pil le spese per investimenti
pubblici: se le spese pubbliche in armamenti distruttivi vengono
considerate investimenti, e per di più esclusi dalle tagliole di
Maastricht, i ministeri della difesa europei avranno buon gioco a
trovare la copertura finanziaria per i loro sistemi d’arma.
Anche
se la revisione dei conti scatterà in Europa nel 2014, i vari istituti
di statistica si sono già attrezzati per soddisfare tutti i nuovi
requisiti dei manuali contabili. Dunque, è più che probabile che tra
poco più di un anno assisteremo al doppio decollo dei chiacchierati
cacciabombardieri F35 assieme a quello di un Pil inflazionato dalla
spesa militare. Se qualcuno non si muoverà prima, magari tirando fuori
dagli archivi il Bob Kennedy del 1968.
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