Lo stato centroamericano firma il primo contratto per la loro costruzione. Sono veramente la panacea di tutti i mali dei paesi in via di sviluppo? Assassinato l’avvocato Antonio Trejo, che aveva presentato ricorso contro il progetto delle ’aree modello’ e difensore delle comunità contadine
Aggiornamento dell'ultima ora: il presidente della
Corte Suprema dell’Honduras ha convocato una riunione plenaria per il prossimo
17 ottobre per decidere rispetto alla costituzionalità o meno
delle città modello dopo che una sentenza non all’unanimità della Sala
Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia ha dichiarato incostituzionale
il progetto.
di Annalisa Melandri per L’Indro*
Sono comunemente conosciute come ’città modello’ o ’città private’, il
governo honduregno più tecnicamente le definisce
invece Regiones Especiales de Desarrollo (RED) e cioè Regioni
Speciali di Sviluppo, presentandole come “l’alternativa
di richiamo di investimenti internazionali e di creazione di posti di
lavoro più innovativa mai applicata da qualsiasi paese in America
Latina negli ultimi anni”.
Il 4 settembre scorso, la Commissione per la Promozione
del Partenariato Pubblico-Privato(Coalianza), statale, e dirigenti della
compagnia statunitense NKG (rispetto alla quale tuttavia trapelano ben poche
informazioni), hanno firmato il contratto per la
costruzione della prima città modello nel paese.
Il progetto sta ovviamente scatenando
numerose polemiche tra critici e sostenitori, ma di cosa si tratta
veramente? L’idea di costruire ’città private’ trae origine dalle ’charter cities’ di Paul Romer,
economista ed imprenditore statunitense fuori dagli schemi, “abile
a camminare lungo la linea sottile che separa il rivoluzionario dal folle”,
secondo la rivista’Time’ uno dei 25 americani più influenti, che ha
recentemente rinunciato alla sua cattedra di economia presso
la Stern School of Business di New York per portare avanti il suo ambizioso
progetto.
Paul Romer le definisce come “zone di riforma speciali che
permettono ai governi di poter adottare rapidamente sistemi di regole nuovi e
innovatori; regole che siano notevolmente diverse da quelle adottate
nel resto del paese”. Le zone di riforme speciali possono essere di
diverso tipo e
gli attori in gioco devono essere necessariamente tre: il paese
anfitrione che mette a disposizione il terreno e ospita la costruzione
della città, il paese fornitore della massa umana che
le abiterà (chiamato anche ’paese d’origine’) e il paese
garante che farà in modo di far rispettare lo statuto amministrativo della
città.
In alcuni casi paese anfitrione, paese garante e paese
d’origine possono coincidere (come avviene in certi casi in Cina con
alcuni esperimenti di città a statuto speciale) o in altri casi possono
coincidere il paese anfitrione e il paese garante, ospitando intere comunità di
persone o di migranti provenienti da un’altra regione, possono
infine coesistere diversi paesi garanti che saranno a loro volta anche
paesi d’origine. In ogni caso i requisiti principali del
progetto devono essere tre:
1. Avere a disposizione terreni disabitati della grandezza di
una città, concessi volontariamente da un governo anfitrione. Le
dimensioni del terreno preferibilmente devono essere non inferiori a mille
chilometri quadrati che permetteranno di costruire una città di circa 10
milioni di abitanti.
2. La città deve necessariamente contare su un sistema normativo
speciale, uno statuto che quindi costituirà la base della sua
amministrazione.
3. I residenti della città, gli investitori e coloro che offriranno il
lavoro avranno piena libertà di decidere se vivere all’interno della
zona di riforma o al di fuori di essa e quindi piena libertà di
movimento.
Paul Romer ipotizza che la città debba essere interamente costruita
da investitori privati stranieri i quali riceveranno introiti per i
servizi offerti, mentre la proprietà del terreno rimarrà nelle mani del
paese anfitrione che finanzierà la spesa pubblica con gli
incrementi del valore del medesimo. I terreni inoltre saranno affittati agli
investitori stranieri privati i quali saranno proprietari delle strutture ma non
degli stessi.
Le charter cities vengono presentate quindi come la panacea
adatta a risolvere tutti i mali e le disfunzioni croniche dei paesi in via di
sviluppo, dove ad amministrazioni corrotte ed incapaci si
aggiungono sistemi economici al limite del collasso. Infatti,
sono state pensate proprio per questo tipo di paesi, che sono anche quelli che
posseggono più terreni disabitati da poter offrire al libero mercato.
Romer spiega che le Nazioni Unite prevedono che nei prossimi
decenni circa 3 miliardi di persone migreranno nelle zone urbanizzate
del pianeta, andando ad affollare ulteriormente i cinturoni di miseria
che già esistono intorno alle città più grandi, o affollando al limite
della sopportazione umana quelle delle zone più industrializzate del
pianeta con flussi migratori imponenti ormai totalmente fuori
controllo.
Il fenomeno della crescente urbanizzazione, particolarmente
grave in America latina e nei paesi del terzo mondo, può essere ridotto
notevolmente creando proprio nuove città dove queste enormi masse umane potranno
trovare lavoro e potranno avere accesso garantito ai servizi basici
essenziali dei quali adesso non beneficiano. Praticamente, come
affermaRomer, “invece di espandere le baraccopoli negli attuali centri
urbani, nuove charter cities potrebbero offrire sicurezza, alloggi a
basso costo e nuovi posti di lavoro”.
Il futuro, ipotizza e immagina l’economista, è proprio nelle città e nel
desiderio innato delle persone di vivere una accanto all’altra per avere più
opportunità. Opportunità che — rispondendo perfettamente all’ideologia
neoliberista espressa in forma così allettante da Romer - stanno proprio
negli scambi commerciali e nel business.
Perché mai milioni di persone dovrebbero “essere disposte a pagare
affitti elevati solo per vivere e lavorare vicino ad altri milioni di persone
che a loro volta pagano affitti elevati?”.“Solo per
ottenere benefici che derivano dallo scambio e dalle interazioni con
molte altre”, risponde Paul Romer all’interrogativo, forse un poco
banale.
La cosa sembrerebbe affascinante, una specie
di neo-colonizzazione del pianeta organizzata a tavolino che
risolverebbe per incanto anche i problemi delle migrazioni; pensiamo per esempio
agli haitiani che potrebbero avere, ipotizza il
visionario Romer, in Brasile lapossibilità di vivere in una charter
city pensata per loro, dal momento che il colosso latinaomericano
ha investito notevoli risorse economiche ed umane nella missione MINUSTAH ad
Haiti, che non ha affatto risolto la situazione del piccolo paese caraibico.
Sembra uno scenario da film post apocalittico: la
ricolonizzazione del pianeta pensata dopo una grande catastrofe, enormi
masse umane di indigenti che vengono ricollocate e rese funzionali al grande
capitale mondiale. Nessuno spreco, né di uomini nè di risorse,
perchétutto sarà gestito dalle élites mondiali imprenditoriali.
Gli uomini saranno solo ingranaggi necessari per permettere il corretto
funzionamento di quelle che sembrano grandi macchine per produrre
ricchezza. Come gli schiavi (con qualche diritto in più) di una
volta?
Al modello coloniale si rifà in certa misura infatti Paul Romer. Egli stesso
afferma: “un percorso più veloce [per lo sviluppo di alcuni paesi ndr.]
sembrerebbe essere quello di imporre da parte di un paese
sviluppato nuove regole con la forza, come successo nel periodo
coloniale. Alcune ex colonie oggi sono più prospere grazie alle norme
stabilite durante la colonizzazione”.
L’esperimento delle charter cities è stato già realizzato, pur se
con modalità diverse in alcune aree del mondo. La più nota e forse
meglio riuscita ad oggi rimane Hong Kong, seguita da Macao, ambedue
città con regimi di amministrazioni speciali. Songdo, in Corea del Sud è per
esempio un distretto imprenditoriale autonomo la cui costruzione si prevede
terminera nel 2015, mentre in Mozambico era stata firmata una bozza di
accordo per la costruzione di una charter city, saltata poi in seguito
ad un colpo di Stato.
In Honduras, come dicevamo, il progetto e gli accordi per la costruzione
di charter cities sono a un livello già avanzato. Probabilmente è
proprio in questo paese dell’America centrale - territorio nei decenni
scorsi di dominio economico (e politico) incontrastato delle Standard Fruit
Company e della United Fruit Company, giganti statunitensi per la
produzione e commercializzazione di frutta tropicale, soprattutto banane — che
un progetto del genere può funzionare.
Si dice che queste imprese fossero un vero e proprio ’stato nello
stato’, nella patria diFrancisco Morazán e
probabilmente, almeno in Honduras, rappresentano forse l’embrione — con i dovuti
distinguo — delle prime charter cities che
l’attuale l’oligarchia honduregna, rappresentata da non più di dieci
famiglie, brama costruire oggi.
Le difficoltà, sia nella realizzazione pratica del progetto sia rispetto
alle proteste e al rifiuto da parte della società civile verso un
modello futuro che mette a rischio la sovranità nazionale e mina nelle
fondamenta il già traballante Stato di Diritto vigente nel paese sono tante.
Il 30 novembre del 2009 Porfirio Lobo venne eletto
presidente dell’Honduras a seguito di elezioni farsa realizzate dopo
il colpo di Stato del 28 giugno dello stesso anno, quandoil presidente
in carica Manuel Zelaya fu cacciato dal paese in pigiama dai militari.
Accusato di voler apportare modifiche costituzionali illegittime, in realtà
quello che aveva spaventato la recalcitrante oligarchia honduregna probabilmente
fu l’apertura a sinistra di Zelaya e le sue simpatie verso i governi
progressisti della regione.
Nel dicembre del 2011 Porfirio Lobo ha nominato l’economista
Paul Romer insieme ad alcuni suoi collaboratori del calibro
di George Akerlof (Nobel all’economia
nel 2001), NancyBirdsall (presidente del Center
of Global Development), Boon-Hwee Ong (manager
diBeyond Horizon Consulting -BHC) ed Harry Strachan (manager
di Mesoamerica Investments) nella Commissione Trasparenza prevista dalla
normativa delle Regioni Speciali di Sviluppo(RED nella sigla in
spagnolo) per sorvegliare la trasparenza del progetto della costruzione delle
città modello nel paese.
Proprio in questi giorni la notizia dei primi problemi. Paul Romer ha
infatti lasciato l’incarico nella Commissione Trasparenza denunciando,
per mezzo di una lettera inviata direttamente al presidente
Lobo, che quello che mancava nella realizzazione del progetto era
proprio la trasparenza.
La lettera, firmata dai 5 membri della Commissione e datata il 7 settembre
scorso, denuncia la “mancata pubblicazione del decreto formalizzante il loro
incarico sulla Gazzetta Ufficiale”. Quindi,
conclude, la “Commissione per la Trasparenza non è mai
stata legalmente costituita e non è mai stata in grado di esercitare
una delle sue funzioni in base allo Statuto costituzionale sulle Regioni
Speciali di Sviluppo”.
Da questo momento in poi il Congresso Nazionale si configura
pertanto come unico depositario della verità relativa ad un progetto di
interesse nazionale e di importanza strategica per il paese e che viene
portato avanti con assoluta segretezza.
Sullo stesso accordo, firmato dalla Commissione per la Promozione
del Partenariato Pubblico-Privato (COALIANZA) e dalla fantomatica
compagnia statunitense dal nome ancora poco chiaro (il Congresso nella sua pagina la
chiama prima MKG e poi NKG) vige il più assoluto riserbo. Allo stesso
Romer e ai suoi collaboratori è stata sempre negata la visione degli atti del
contratto.
L’’Heraldo’, quotidiano honduregno a diffusione
nazionale, fa notare che la compagnia MKG (o NKG) sembra una
compagnia fantasma. Nessun dato in rete, una scarna pagina web
realizzata in tutta fretta proprio nelle ultimissime ore, l’unico riferimento ai
dirigenti è a Michael Strong come firmatario dell’accordo con il
quale l’americana MKG si impegna ad investire 15 milioni di dollari
nella realizzazione dello stesso. Ad accrescere il mistero, il fatto
che Michael Strong non abbia esperienza di nessun genere nella realizzazione di
questo tipo di progetti, ma piuttosto appare come il fondatore di una
fantomatica corrente filosofica conosciuta come FLOW.
Intanto Carlos Pineda, commissario di COALIANZA, fa trapelare che la
MKG starebbe terminando l’acquisizione dei primi lotti di terreno da
rivendere poi allo stato honduregno che a sua volta li affitterà agli
investitori.
Sono state identificate tre zone dove poter
costruire le città modello: alcune località del dipartimento di
Colón, nella valle di Cuyamel nel dipartimento di Cortés e nel Golfo di Fonseca,
tra Choluteca e Valle. Tutte sulla costa, perchè uno dei requisiti per
il successo delle città modello è proprio che abbiano a disposizione l’accesso
al mare per gli scambi commerciali.
Riserbo totale tuttavia, sulla quantità dei terreni, sul prezzo degli stessi
e anche sul tipo di investimenti che verranno portati avanti. E anche
sull’organizzazione amministrativa che avranno: le città modello
infatti, nell’idea originaria dovevano avere un governatore e un
proprio sistema normativo che Paul Romer avrebbe dovuto vigilare con la
sua Commissione di Trasparenza. Adesso, rimane tutto nelle mani del
Congresso.
Nonostante il presidente del Congresso Nazionale Juan
Hernandez assicuri che le città modello in Honduras
creeranno immediatamente 5mila posti di lavoro e nei prossimi anni
almeno altri 200mila, è comprensibile che a fronte di così poca
trasparenza il progetto abbia sollevato numerose perplessità,
che si sono aggiunte a quelle iniziali e meramente ideologiche.
Contro il progetto delle città modello sono stati presentati
infatti vari ricorsi di incostituzionalità (a oggi in tutto 24)
alla Corte Suprema di Giustizia honduregna da parte di ampi
settori organizzati della società civile. Tuttavia, probabilmente il
rifiuto più grande viene dalle comunità indigene e nere del paese riunite sotto
la sigla OFRANEH (Organizzazione Fraterna Negra
dell’Honduras).
In modo particolare la comunità garifuna, discendente dagli schiavi originari
dell’Africa occidentale, accusa il governo di voler “svendere intere
porzioni di territorio alle potenze straniere”. Denuncia la
coordinatrice generale di OFRANEH, Miriam Miranda che “in
diverse occasioni, tanto il potere esecutivo come il legislativo hanno indicato
che la prima RED in Honduras si troverà tra la Baia di Trujillo e il
fiume Sico, area che comprende 24 comunità garifuna considerate
santuario culturale. Inoltre – ha aggiunto– si è parlato di destinare
le RED alla produzione degli agrocombustibili, presumibilmente nei boschi della
Moskitiahonduregna”.
Le città modello, o città private o charter cities o come le si voglia
chiamare, pur presentandosi come soluzione post moderna agli squilibri
sociali derivati dalla fase odierna dello sviluppo
umano, mostrano tuttavia un inquietante paradosso.
Come le ’città ideali’ di rinascimentale memoria, hanno come
elemento centrale intorno al quale ruota tutta la loro organizzazione, l’uomo.
Ma mentre nel primo caso l’uomo era centrale nella sua essenza
spirituale, culturale e animica, nel caso delle charter
citiesinvece l’uomo riveste lo stesso ruolo di una macchina o
una fabbrica, esclusivamente quindi utilizzato come mezzo di produzione
di ricchezza, ragionando cioè in termini marxisti, esclusivamente come
forza lavoro.
Le masse necessarie a popolare le charter cities, i dieci milioni di abitanti
di una città modello ipotizzati da Romer cosa sono se non una enorme
forza lavoro da destinare alla produzione della ricchezza per alcuni grandi
gruppi economici? Gli haitiani che troverebbero posto nella loro città
modello in Brasile a cosa sarebbero funzionali visti da una prospettiva più
ampia? L’uomo viene usato perché il grande capitale economico e
finanziario per riprodursi ha bisogno di lui, ancora non può farne a
meno. Anzi, vista la massa di indigenti a disposizione perchè non
approfittarne?
Una notizia recente: l’avvocato Antonio Trejo, che aveva
presentato ricorso di incostituzionalità contro il progetto delle città
modello — e difensore delle comunità contadine che stanno lottando in Honduras
per difendere le loro terre dall’accaparramento dei grandi latifondisti - è
stato brutalmente assassinato alcuni giorni fa.
* per L’Indro il reportage é stato realizzato in due uscite:
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