C'è un asse argentino-brasiliano che sorprendentemente è andato al
governo nella Chiesa di Roma la sera del 13 marzo. Necessità storiche,
provvidenza, contingenze del momento o comunque lo si voglia chiamare, è
un fatto che il Papa appena eletto è figlio di quest'alleanza fra i due
grande Paesi del cono sud dell'America. Qualche elemento lo ha dato in
proposito lo stesso Francesco ieri mattina nel corso dell'incontro con
la stampa di tutto il mondo quando ha ricordato i momenti culminanti
della sua elezione.
"Nell'elezione - ha detto - io avevo accanto a me l'arcivescovo emerito di San Paolo, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico"."Quando la cosa è diventata un po' 'pericolosa', lui mi ha confortato. E quando i voti sono saliti a due terzi c'è stato il consueto applauso perché è stato eletto il Papa" Allora "lui mi ha abbracciato, mi ha baciato e mi ha detto: 'Non dimenticarti dei poveri!'". Quella parola, ha proseguito Bergoglio, mi è entrata nella testa: "i poveri, i poveri". Il nome stesso, scelto dal Pontefice, oltre al santo di Assisi, ha dunque un'altra ascendenza: Hummes infatti è un francescano, rappresentante di una Chiesa, quella brasiliana, dove l'ordine ha una storia di presenza nelle favelas e nelle regioni più povere del Paese. Hummes del resto ha convogliato su Bergoglio, il primo papa dell'America Latina, molti dei voti del suo Paese de dell'intero continente, un lavoro che ha condiviso con i cardinali americani e tedeschi.
L'ex arcivescovo di San Paolo ha poi rilasciato un'intervista non formale alla "Folha do Sao Paulo", grande quotidiano brasiliano, nella quale ha detto senza mezzi termini: "la chiesa così non funziona". Quindi ha spiegato che sì, Bergoglio è stato eletto anche per cambiare le cose in Vaticano. Fra i cardinali, ha spiegato il porporato, si è parlato anche di questo: "della Curia romana, che deve essere riformato strutturalmente. E' troppo grande, ma bisogna studiare come, non abbiamo molte coordinate". "La Chiesa - ha aggiunto - non funziona più. Tutto quanto è accaduto di recente mostra come questo sia vero". Inoltre una volta fatto questo nuovo disegno per la Curia, è necessario cercare le persone adatte al governo".
Infine Hummes ha rilevato che la teologia della liberazione apparteneva a una certa fase storica e che però ha rafforzato la coscienza della necessità della giustizia sociale in favore dei poveri. Un doppio messaggio, dunque, arriva dalle parole del cardinale che è stato anche prefetto della congregazione del clero qualche anno fa. Da una parte la conferma che il tema del ridimensionamento della centralità romana è stato al centro del dibattito fra i cardinali, dall'altra è stato posto l'accento sui temi di un'evangelizzazione aperta ai temi sociali più caldi. Hummes, in proposito, ha spiegato che tuta la Chiesa ha bisogno "di nuovi metodi" a cominciare dall'evangelizzazione.
Così uno dei leader della più grande chiesa cattolica del continente americano, quella del Brasile, ha abbracciato il papa argentino, il che ha anche un significato politico non irrilevante. Il conflitto fra Bergoglio e la presidenza Kirchner in Argentina, infatti, va avanti da diversi anni. E' cominciato sotto il mandato di Néstor e proseguito con la moglie Cristina che gli è succeduta la quale vedrà Papa Francesco lunedì prossimo. Si è trattato di uno scontro fra personalità forti segnato da una lunga offensiva di Bergoglio sui temi sociali, della prostituzione, del narcotraffico. Le contestazioni sono state respinte dalla coppia presidenziale che ha definito l'arcivescovo di Buenos Aires il "capo dell'opposizione" in anni passati. Poi l'approvazione dei matrimoni omosessuali da parte del Parlamento argentino ha di nuovo rinfocolato la polemica, e ora il Papa e la presidente si troveranno faccia a faccia per cercare di trovare un accordo. Nel frattempo, però, Bergoglio è stato 'adottato' dal Brasile - dove andrà quest'estate per la giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro - e da Hummes che è stato fra gli educatori religiosi e sociali di Ignacio Lula da Silva, l'ex presidente di tradizione sindacale del Paese latinoamericano.
Infine, sul fronte ecclesiale, le organizzazioni ultraconservatrici della Chiesa latinoamericana, che hanno preso piede nei lunghi anni del pontificato wojtyliano, vivono oggi una stagione di attesa e rischiano ora di subire una decisa messa in discussione del loro ruolo e del potere che ancora esercitano in diversi Paesi dell'area.
"Nell'elezione - ha detto - io avevo accanto a me l'arcivescovo emerito di San Paolo, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico"."Quando la cosa è diventata un po' 'pericolosa', lui mi ha confortato. E quando i voti sono saliti a due terzi c'è stato il consueto applauso perché è stato eletto il Papa" Allora "lui mi ha abbracciato, mi ha baciato e mi ha detto: 'Non dimenticarti dei poveri!'". Quella parola, ha proseguito Bergoglio, mi è entrata nella testa: "i poveri, i poveri". Il nome stesso, scelto dal Pontefice, oltre al santo di Assisi, ha dunque un'altra ascendenza: Hummes infatti è un francescano, rappresentante di una Chiesa, quella brasiliana, dove l'ordine ha una storia di presenza nelle favelas e nelle regioni più povere del Paese. Hummes del resto ha convogliato su Bergoglio, il primo papa dell'America Latina, molti dei voti del suo Paese de dell'intero continente, un lavoro che ha condiviso con i cardinali americani e tedeschi.
L'ex arcivescovo di San Paolo ha poi rilasciato un'intervista non formale alla "Folha do Sao Paulo", grande quotidiano brasiliano, nella quale ha detto senza mezzi termini: "la chiesa così non funziona". Quindi ha spiegato che sì, Bergoglio è stato eletto anche per cambiare le cose in Vaticano. Fra i cardinali, ha spiegato il porporato, si è parlato anche di questo: "della Curia romana, che deve essere riformato strutturalmente. E' troppo grande, ma bisogna studiare come, non abbiamo molte coordinate". "La Chiesa - ha aggiunto - non funziona più. Tutto quanto è accaduto di recente mostra come questo sia vero". Inoltre una volta fatto questo nuovo disegno per la Curia, è necessario cercare le persone adatte al governo".
Infine Hummes ha rilevato che la teologia della liberazione apparteneva a una certa fase storica e che però ha rafforzato la coscienza della necessità della giustizia sociale in favore dei poveri. Un doppio messaggio, dunque, arriva dalle parole del cardinale che è stato anche prefetto della congregazione del clero qualche anno fa. Da una parte la conferma che il tema del ridimensionamento della centralità romana è stato al centro del dibattito fra i cardinali, dall'altra è stato posto l'accento sui temi di un'evangelizzazione aperta ai temi sociali più caldi. Hummes, in proposito, ha spiegato che tuta la Chiesa ha bisogno "di nuovi metodi" a cominciare dall'evangelizzazione.
Così uno dei leader della più grande chiesa cattolica del continente americano, quella del Brasile, ha abbracciato il papa argentino, il che ha anche un significato politico non irrilevante. Il conflitto fra Bergoglio e la presidenza Kirchner in Argentina, infatti, va avanti da diversi anni. E' cominciato sotto il mandato di Néstor e proseguito con la moglie Cristina che gli è succeduta la quale vedrà Papa Francesco lunedì prossimo. Si è trattato di uno scontro fra personalità forti segnato da una lunga offensiva di Bergoglio sui temi sociali, della prostituzione, del narcotraffico. Le contestazioni sono state respinte dalla coppia presidenziale che ha definito l'arcivescovo di Buenos Aires il "capo dell'opposizione" in anni passati. Poi l'approvazione dei matrimoni omosessuali da parte del Parlamento argentino ha di nuovo rinfocolato la polemica, e ora il Papa e la presidente si troveranno faccia a faccia per cercare di trovare un accordo. Nel frattempo, però, Bergoglio è stato 'adottato' dal Brasile - dove andrà quest'estate per la giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro - e da Hummes che è stato fra gli educatori religiosi e sociali di Ignacio Lula da Silva, l'ex presidente di tradizione sindacale del Paese latinoamericano.
Infine, sul fronte ecclesiale, le organizzazioni ultraconservatrici della Chiesa latinoamericana, che hanno preso piede nei lunghi anni del pontificato wojtyliano, vivono oggi una stagione di attesa e rischiano ora di subire una decisa messa in discussione del loro ruolo e del potere che ancora esercitano in diversi Paesi dell'area.
Francesco Peloso, articolo apparso anche sul Secolo XIX
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