Fernando Lugo, il vescovo dei poveri che non ha saputo difenderli
Un massacro di contadini orchestrato dalla
multinazionale Monsanto è stata infine l’occasione per le oligarchie paraguayane
per far fuori il presidente Fernando Lugo, usando i poteri peculiari dei quali
dispone il Senato di quel paese, che può rimuovere il capo dello Stato
semplicemente con un giudizio politico
Tecnicamente, solo tecnicamente, non è un colpo di Stato ma nella sostanza ci troviamo di fronte all’ennesimo passo della storia dell’ignominia delle classi dirigenti paraguayane e latinoamericane in sinergia con i grandi interessi economici internazionali. Nella sostanza, come si legge nel comunicato di Unasur, la legittimità continua a risiedere in Lugo (che pure ha accettato la destituzione con poche e deboli parole) e nel popolo e il nuovo governo non sarà riconosciuto.
Quello paraguayano, per ora
senza sangue, ricorda non solo il 2009 hondureño, quando cavilli legali
differenti eppure simili giustificarono il golpe. Allora però l’assalto al cielo
del presidente Manuel Zelaya era tale: un referendum per una nuova Costituzione
partecipativa che portasse il paese centroamericano. Adesso perché cade Lugo?
Lui, che senz’altro conosce San Paolo, cade come conseguenza di una sorta di
cupio dissolvi, un lungo stallo nel quale sono infine state le destre a giocare
la carta decisiva. Allora Zelaya era disponibile a dar battaglia in una
resistenza democratica che sta cambiando l’Honduras. Adesso Lugo appare ritrarsi
in un atteggiamento non certo combattivo per una resistenza necessaria.
Ricorda anche il rovesciamento
di Jacobo Arbenz in Guatemala. In quel golpe di oramai quasi sessant’anni fa gli
interessi dell’oligarchia locale e delle multinazionali si coniugarono con
quelli dell’Ambasciata contro un governo non certo rivoluzionario ma che aveva
la colpa di essere degno del popolo che l’aveva eletto.
È, è stato, un governo appena
dignitoso, quello dell’ex-vescovo Lugo. Non aveva mai attaccato direttamente gli
interessi delle oligarchie ma non per questo avevano smesso di complottare
contro di lui. La sua colpa era quella di stare aprendo spazi di democrazia
intollerabili nel paese più isolato del Sud America. S’è fatto spolpare giorno
per giorno in questi quattro anni Fernando Lugo, incapace di affidarsi ai
movimenti sociali che lo avevano portato al governo ma non al potere, alla
piazza che invocava per poi dissolverla, placarla, rinviando a domani necessità
di oggi. Non aveva saputo affrontare, come invece da altre parti s’è fatto, quel
nodo di complicità tra media e classi dirigenti. Dalle tivù, dalle radio, dai
giornali, avevano continuato a bombardarlo giorno per giorno, senza che potesse
difendersi. Aveva anche evitato di affidarsi pienamente all’America latina
integrazionista Fernando Lugo, come testimonia la vicenda indecorosa
dell’ancorare per quattro anni al voto di quello stesso infame, corrottissimo
Senato che lo ha destituito, il voto per il pieno ingresso del Venezuela nel
Mercosur. Una vicenda che testimonia la diretta dipendenza di quel Senato
dall’Ambasciata statunitense.
Non si era reso conto Lugo, e
forse non si renderà mai conto, della sostanza delle cose, di quel crinale tra
democrazia formale e democrazia sostanziale che l’ha irretito in mille minuetti
parlamentari senza capire che solo dai movimenti sociali derivava la sua stessa
legittimità e che solo appoggiandosi pienamente a questi –e giammai nella
pattuizione defatigante col nemico- avrebbe potuto salvare il processo popolare.
Non si era reso conto, o forse n’è semplicemente stato sconfitto, che le
oligarchie sono irredimibili, irriconducibili a processi democratici. Li usano,
usano le elezioni, usano i voti parlamentari, usano i media come hanno usato la
sua pazienza che non ha portato a nulla e adesso lo destituiscono per
“inettitudine e mancanza di decoro” in quella che è di fatto l’unica
(pseudo)democrazia parlamentare del Continente. “Legale ma non legittima” hanno
detto della destituzione. Vero: e per il cambiamento necessario Lugo in questi
anni ha scelto la legalità leguleia piuttosto che la legittimità e ora viene
spazzato via da questa stessa legalità illegittima. Come nel 2009 con Manuel
Zelaya in Honduras, gli azzeccagarbugli delle destre hanno di nuovo trovato dei
cavilli che fanno apparire legale quello che è illegittimo.
La Monsanto, l’Ambasciata, i
narcos, le oligarchie locali festeggiano per essere riusciti a irretire prima e
liberarsi ora di quella speranza chiamata Latinoamerica che aveva osato
spingersi fino ad Asunción. Adesso Unasur, una sorta di consiglio di sicurezza
delle democrazie integrazioniste latinoamericane, dovrà decidere quali sanzioni
prendere verso il governo presieduto da Federico Franco, che ha giurato
stanotte, e che non riconoscerà. La schiena dritta dei governi integrazionisti
latinoamericani in queste ore continua ad essere la certezza ma in queste
periferie d’America, Asunción come Tegucigalpa, il tempo scorre più lentamente e
neanche l’escatologia cristiana del vescovo Lugo ha potuto accelerarlo.
Gennaro Carotenuto
http://www.gennarocarotenuto.it
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