Tre giorni di pugilato, insulti e occupazioni in Campidoglio. Il sindaco Alemanno tenta di far passare senza votazione la vendita del 21% di Acea, tra le proteste e l’irruzione del Movimento per l’Acqua Pubblica. Decidere a porte chiuse senza dibattito è calpestare lo spirito del referendum: anche perché alla privatizzazione di Acea non corrisponde un miglior servizio per il cittadino. La prima battaglia del referendum è al culmine e riguarda l’intera Italia.
Adesso è Acea, ma poteva essere l’Iride a Torino, o Hera a Bologna. Il problema delle privatizzazioni dei beni comuni riguarda tutta l’Italia, e quel milione e 200mila di sì al Referendum del 12/13 giugno. A Roma, la municipalizzata di acqua e luce Acea sta per diventare privata: il Comune vuol vendere il 21% del capitale, cedendone la maggioranza. Non verrà indetta gara pubblica,
per mantenere i privilegi di “inciucio” tra giunta comunale e
amministrazione dell’azienda. Di trasparente e di concorrenziale, non
c’è nulla. Lo stesso Caltagirone, editore-costruttore-speculatore azionista di punta di Acea, ne gestisce l’iter di vendita. A proprio vantaggio.
Pugni in Campidoglio. Lo scontro in Campidoglio è frontale. Dopo settimane di rinvii e dibattiti a porte chiuse, lunedì la Giunta ha tentato di forzare la mano, rimandando a giochi fatti le obiezioni dell’opposizione. Ne è risultata una votazione piena di violazioni del regolamento comunale e aggressioni personali (video). Il Movimento è riuscito ad entrare in sala consiliare con il contagocce, per poi inscenare un’occupazione-blitz durante la sospensione della seduta: da qui la situazione è degenerata in una scazzottata
tra consiglieri del Pd, di Action e de La destra, con spintonate e
sgambetti dei manifestanti intervenuti in aula. Tutti ammoniti, ma la votazione
(avvenuta non si sa come, prima con 30 favorevoli, poi 42 favorevoli,
poi di nuovo 30, ma senza conteggio per astenuti e contrari) pare non verrà ripetuta: o almeno così assicura il presidente Marco Pomarici.
Al di là dell’Aula (dove oggi si torna alle 11 a votare, ma a porte chiuse e con un doppio cordone di sicurezza), resta il vero dramma di Acea e delle altre municipalizzate italiane. Le risorse idriche sono gestite male, e con grande spreco di risorse: la posizione di monopolio lo consente. Nessuna gara pubblica arriva fino in fondo, i Comuni continuano a preferire l’affidamento diretto o la vendita “sottobanco”. A fronte di un servizio pessimo, la fatturazione, sia per l’acqua che per la luce, diventa una truffa per il cittadino: conteggi non verificabili, rinvii di bollette e pagamenti esorbitanti.
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