Con la partecipazione di decine di
migliaia di persone ai comizi dei principali partiti politici, si è
chiusa ieri in Messico la campagna elettorale per le presidenziali di
domenica.
In vantaggio, secondo gli ultimi
sondaggi, resta l’oppositore Enrique Peña Nieto, ex governatore dello
stato di México e candidato del Partido Revolucionario Institucional
(Pri, centro) che ha governato il Messico per 71 anni, fino al 2000. Il
suo comizio finale si è tenuto a Toluca, la capitale dello Stato di cui è
stato governatore. Davanti a decine di migliaia di sostenitori Peña
Nieto ha ribadito di ritenere cruciali i problemi dell’insicurezza,
della povertà, della mancanza di crescita economica e della
disoccupazione.
Andrés Manuel López Obrador ha invece
scelto Città del Messico e la Plaza de la Constitución per salutare i
suoi sostenitori. Il candidato del Movimiento Progresista, che riunisce
diversi schieramenti dell’opposizione di sinistra, ha sottolineato di
voler imprimere un cambiamento al paese, svincolandolo da interessi di
parte e definendo il popolo “il motore del vero cambiamento”. Amlo (come
è anche chiamato in Messico dalle iniziali del suo nome) ha affrontato a
sua volta la questione sicurezza, cruciale per un paese teatro di un
conflitto tra cartelli della criminalità organizzata e forze dello
Stato, e sul fronte economico ha promesso una crescita annua del 6% con
la creazione di sette milioni di nuovi posti di lavoro nell’arco del
mandato.
Josefina Vázquez Mota, del Partido Acción
Nacional (Pan, conservatore) al potere da 12 anni, ha invece chiuso la
campagna elettorale a Guadalajara, la seconda città del paese. Data da
tutti i sondaggi al terzo posto, secondo molti osservatori Vázquez Mota
paga la politica del presidente uscente Felipe Calderón e i suoi
fallimenti sul piano economico e su quello della sicurezza.
Ciononostante, al suo comizio finale la candidata del Pan ha annunciato –
se eletta – l’intenzione di nominare Calderón procuratore generale
della Repubblica.
Oltre al presidente, che in Messico viene
eletto a turno unico e con la maggioranza relativa, il 1° luglio gli
aventi diritto dovranno anche rinnovare la composizione della Camera dei
deputati, del senato e scegliere i governatori di una decina di Stati,
tra cui il sindaco della capitale.
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