“Per una
nuova finanza pubblica”
appello
per un percorso comune, Marco BERSANI
Le
crisi - finanziaria, economica, sociale ed ambientale -
sono ormai arrivate ad un punto critico, soprattutto in Europa. A cinque anni
dallo scoppio della bolla dei sub-prime negli USA, la crisi bancaria, sintomo
della finanziarizzazione strutturale dell'economia e della società attuata negli
ultimi decenni, è stata trasformata in una crisi del debito pubblico dei governi
con il fine di imporre ulteriori riforme liberiste (politiche di austerità e
conseguente svendita del patrimonio pubblico).
Si
accelera la crisi democratica nell'Unione europea ma anche
in Italia, dove l'imposizione di un governo tecnocratico apprezzato dai mercati
ha tolto potere ai cittadini e a chi sta pagando l’ impatto della crisi. Intorno
alla questione della finanza ruota il futuro di una rinascita politica così come
la possibilità di pensare una nuova democrazia dei diritti e dei beni comuni ben
oltre l'attuale fallimentare modello di sviluppo.
Le
proposte messe in campo negli ultimi anni si sono rivelate
tutte fallimentari. Il salvataggio sistemico delle banche ha solo foraggiato
ulteriore speculazione, salvato i bonus dei banchieri e privato di risorse
l'economia reale (famiglie e piccole imprese) in recessione. A livello europeo i
meccanismi promossi per aiutare gli stati in difficoltà (EFSF, ESM) si basano
tutti sulla logica di non alterare il funzionamento dei mercati finanziari,
consegnandogli ancora più potere. Per altro le risorse mobilitate da questi
meccanismi, e reperite in gran parte sugli stessi mercati finanziari, sono
irrisorie rispetto alle necessità.
Si continua a
parlare di stimolo per la crescita economica, ma con
misure inadeguate e soprattutto stereotipate : un Mito della crescita ancora
legato alle grandi infrastrutture (TAV in
primis) da sostenere tramite nuove alchimie finanziarie sui mercati
di capitale e con nuovi pesanti indebitamenti per lo Stato.
Ci stiamo
avvicinando al punto di non ritorno con conseguenze
imprevedibili. Lo scenario greco, dove i creditori pilotano il default in
maniera machiavellica a danno dei debitori, si può ripetere per altri paesi
europei. Perfino le misure di “socializzazione” del debito a livello europeo
(eurobond e transfer union), e di intervento della
Banca centrale europea come prestatore di ultima istanza, se anche superassero
gli attuali contrasti politici, potrebbero rivelarsi inadeguate a fronte di una
esuberanza devastante e sistemica dei mercati finanziari.
Per
interrompere questo ciclo devastante di politiche di
austerità depressive, svendita del patrimonio pubblico e messa sul mercato dei
beni comuni ad esclusivo vantaggio di pochi interessi privati; per fermare
salvataggi a vuoto di banche e stati in difficoltà, nonché illusorie politiche
di ripresa economica e sociale, è necessario prendere il toro per le corna ed
affrontare due questioni chiave:
-
come emanciparsi
dalla dittatura dei mercati finanziari, sottraendo la finanza pubblica
all'estrazione di valore da parte di questi e definanziarizzando, ossia
riducendo, il volume di questi mercati sempre più pieni di capitali in cerca di
beni patrimoniali altamente profittevoli su cui investire.
-
come riappropriarsi
di nuove forme e strumenti di governo della finanza pubblica per uscire dalla
crisi promuovendo un altro modello di economia e di società, con un nuovo
intervento pubblico partecipativo che subordini gli interessi privati a quelli
collettivi.
E’
necessario un progetto politico di rilancio e
ridefinizione della finanza pubblica che affronti alla radice tre questioni
centrali: il debito pubblico, il sistema bancario, e le politiche
fiscali.
1) Uscire dalla trappola del
debito
La creazione del debito pubblico è stata a vantaggio di
pochi e non della maggioranza delle persone. La mancata tassazione delle
rendite finanziarie, la mancata riforma fiscale in senso autenticamente
progressivo e l'utilizzo corrotto della spesa pubblica per il controllo sociale,
hanno beneficiato una classe ristretta di persone, e il divario tra ricchi e
poveri nel nostro paese è divenuto più profondo.
E' necessaria – tanto a livello nazionale quanto a
livello di enti locali - un'auditoria pubblica e partecipativa che valuti quali
debiti sono illegittimi e quindi da non riconoscere, e quali vadano invece
ripagati, ristrutturando la composizione del debito, a partire dall’immediato
congelamento del pagamento degli interessi e da una rinegoziazione equa,
democratica e trasparente con i creditori.
2) Riappropriarsi di una banca
pubblica per gli investimenti
La Cassa Depositi e Prestiti, che raccoglie il risparmio
postale dei cittadini e dei lavoratori, e che, dopo la sua privatizzazione nel
2003, è divenuta un vero e proprio “fondo sovrano” sui mercati finanziari
internazionali, deve essere risocializzata per tornare a finanziare – a tassi
agevolati e fuori dal patto di stabilità- gli investimenti degli enti locali per
i beni essenziali e il welfare territoriale; così come -a tassi agevolati e
fuori dal circuito bancario- interventi pubblici e per privati (PMI e
individui) finalizzati alla riconversione ecologica e sociale dell’economia.
Disaccoppiando Cassa Depositi e Prestiti dai mercati di
capitale diventerebbe inoltre possibile reincanalare alcune risorse private
nella Cassa, da gestire per finanziare interventi di interesse pubblico, così
come, in caso di difficoltà del sistema bancario privato, intervenire per
rinazionalizzare le banche salvate e gestirle fuori da logiche di
mercato.
3) Profonda riforma
fiscale
Le risorse economiche, al contrario di quanto afferma la
teoria dominante, ci sono e vanno recuperate laddove si trovano : per questo
diventa necessario tassare le rendite finanziarie, sottoporre a forte controllo
democratico i movimenti di capitale, redistribuire il prelievo fiscale a carico
dei redditi più alti e dell’uso di risorse
naturali.
Così come è necessario, a livello
internazionale,applicare subito una tassa sulle transazioni finanziarie,
partendo dai paesi europei interessati.
Mentre sul lato della spesa, oltre alla radicale rimessa
in discussione dell’attuale patto di stabilità, occorre da subito un taglio
drastico alle spese militari, con il rilancio di una campagna di massa per
l’obiezione alle stesse.
Appello a chi è
interessato
Per invertire la rotta in un momento cruciale della
crisi, il conflitto con i mercati finanziari e di capitale è inevitabile e va
combattuto ora prima che sia troppo tardi. Una nuova finanza pubblica può essere
l'argine ma anche lo strumento per disinnescare la crisi, rimettere sotto
controllo la finanza privata, e costruire un altro modello sociale, a partire
dal riconoscimento dei diritti collettivi, dalla riappropriazione sociale dei
beni comuni e dalla riconversione ecologica dell’economia.
Si tratta semplicemente di riappropriarsi della
democrazia.
Su queste riflessioni e questi temi, le reti SiD (Smonta il
Debito) e RiD (Rivolta il
Debito) e le associazioni Attac Italia, Re:Common
e Centro Nuovo Modello di
Sviluppo hanno deciso di lavorare comunemente per la costruzione
di un ampia coalizione sociale nel Paese che, ben oltre i prossimi appuntamenti
elettorali, promuova un progetto politico e di mobilitazione sociale per una
nuova finanza pubblica.
Per questo promuoveranno incontri con comitati
territoriali, reti di movimento e realtà associative, forze sindacali e
politiche interessate al percorso, proponendo loro un primo momento pubblico di
confronto collettivo durante il summit Firenze 10+10 del prossimo
novembre.
Attac
Italia, Centro Nuovo Modello di Sviluppo,
Re:Common,
Rivolta
il Debito, Smonta il Debito
Per informazioni : segreteria@attac.org
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