venerdì 30 marzo 2012

Aysen: tu problema es mi problema


Le lotte sociali che percorrono il Cile, e che hanno in molti casi saldato le rivendicazioni studentesche con quelle dei lavoratori, già da mesi hanno il loro centro nella regione di Aysen, Patagonia, diventata simbolo del disagio e della protesta con l’efficace slogan, creato dal vescovo mons. Luis Infanti de la Mora, e diffusosi rapidamente in tutta la nazione con l’appoggio anche di intellettuali e artisti (tra cui il gruppo Inti Illimani "Nuevo") :"Aysen-tu problema es mi problema".
Le rivendicazioni di Aysen, che lamenta una condizione di isolamento e di disattenzione da parte del governo, partono dalla richiesta di infrastrutture, sussidi per la piccola e media impresa, migliori condizioni di lavoro, per arrivare alla possibilità di essere dichiarata zona franca con agevolazioni tra cui riduzione del costo della benzina,- come è avvenuto in altri Paesi per regioni in qualche modo più isolate e "svantaggiate" geograficamente anche se dotate di bellezze naturali..
Il 15 marzo 2012 il portavoce del governo Andrés Chadwick, accusando i manifestanti di blocchi stradali ed episodi di violenza, ha giustificato gli interventi anche pesanti dei carabineros avvertendo che il Governo avrebbe valutato l'applicazione della “Ley de Seguridad” -cosa che puntualmente si è poi verificata nei confronti di 22 abitanti della regione.
La reazione della Chiesa cilena rappresentata dalla Confederazione dei Religiosi del Cile, è stata di dura condanna:
“Siamo indignati per quello che accade ad Aysen e denunciamo qualsiasi tipo di azione violenta contro i cittadini, qualsiasi negazione dell'esercizio del dialogo pacifico. Siamo contrari ad ogni eventuale applicazione di leggi (anti-terrorismo, di sicurezza nazionale, per esempio) che non hanno niente a che fare con questi problemi”. Il testo conclude con una nota di speranza: "E' possibile costruire la grande ‘tavola per tutti’, ascoltando l'altro e dimostrando empatia verso i fratelli più deboli" (fonte: Radio Vaticana.org).
Il 20 marzo i dirigenti del Movimiento Social de Aysén inviano al ministro e vicepresidente Rodrigo Hinzpeter una lettera con la proposta di ritirare i blocchi stradali in cambio della rinuncia del Governo ad applicare la Ley de Seguridad del Estado ai 22 abitanti della Regione implicati.
La lettera -firmata dai dirigenti della Mesa Social Aysen tra cui Ivan Fuentes e Misael Ruiz.-chiede anche di "ritirare le Forze Speciali dei Carabineros la cui presenza "è una chiara provocazione alla violenza", e di "onorare gli accordi ottenuti nelle riunioni con il ministro dell' Energia, Rodrigo Álvarez, in cui questi si è impegnato a implementare una zona franca, inclusi i combustibili, e a realizzare altri punti concordati".
Ma mercoledì 21 marzo, mentre ancora si aspetta una risposta, la violenza esplode. Fonti del luogo attraverso i blog denunciano che le "forze speciali" dei carabineros entrano fin dentro le case picchiando i lavoratori anche non partecipanti alle manifestazioni, e che si segnalano almeno 27 lavoratori feriti da colpi di bastone. Un vero e proprio combattimento di 23 ore con le Forze speciali, con incendi, danneggiamento di immobili, feriti da entrambe le parti.
"Mai visto niente di simile a Coyhaique.." dichiara il governatore della zona ."Il centro sembra una zona di guerra. Ci sono danni per milioni"
La Agrupación Nacional de Empleados Fiscales (ANEF) di Aysén riferisce che le Forze Speciali dei Carabineros avrebbero attaccato con bombe lacrimogene la sede regionale dell’Associazione in Coyhaique, al cui interno si trovavano persone ferite che venivano soccorse da personale medico.
Il presidente regionale dell' organizzazione, Julio López, dichiara :"La polizia ha circondato la sede, e lanciato bombe lacrimogene pur sapendo che qui c'erano feriti e infermieri che prestavano loro soccorso".
In un documento di denuncia la ANEF (Agrupación Nacional de Empleados Fiscales de la Región de Aysén) ha quindi redatto e inoltrato una dura protesta sugli avvenimenti del 21 marzo in cui si afferma:
"A fronte della crudele repressione ordinata dal Governo contro la nostra regione di Aysen e oggi contro la popolazione di Coyhaique, che include percosse ai manifestanti, violenza inusitata contro le persone con uso di proiettili ad aria compressa, bombe lacrimogene, irruzione nelle case, negazione di informazioni sui detenuti, violazioni dei principii umanitari elementari come fornire cure ai feriti,attacchi alla sede Anef e all'ospedale di Coyhaique,
ESIGIAMO:
-il ritiro immediato delle Forze Speciali dei Carabineros che si comportano come truppe di occupazione in Aysen.
-il ritorno immediato di Piñera in Cile (dal Vietnam,.n d r) per aprire il dialogo coi dirigenti regionali.
-la rinuncia del Generale dei Carabineros Gustavo González a ordinare la esecuzione della repressione violenta e brutale contro il popolo del Cile e della Regione di Aysén perpetrata nell'ultimo periodo.
-ANNUNCIAMO azioni legali contro il Ministro degli Interni Rodrigo Hinzpeter che ha abusato
dei suoi poteri contro persone che, come primo dovere, egli deve proteggere.
FACCIAMO APPELLO alle forze democratiche del Cile e del mondo perchè dirigano la loro attenzione alla Regione di Aysén che sta subendo la più crudele aggressione di cui si abbia memoria. Siamo alle soglie di una tragedia che deve essere evitata.”
MOVIMIENTO AYSEN - Tu problema es mi problema

venerdì 23 marzo 2012

ENEL, power less green

NO ALL'ENEL E AI SUOI MEGAPROGETTI
Da Marsiglia 2012 verso la costruzione della giornata mondiale contro la multinazionale italiana che nel mondo esporta conflitti e distruzione ambientale

Il 30 aprile ci sarà il consiglio di amministrazione dell'Enel,  multinazionale per l'energia con sede in Italia – c'è la partecipazione del Ministero per l'Economia al 30% - e con progetti praticamente in ogni parte del mondo: dal carbone al nucleare, dall'idroelettrico alla geotermia.
Il 30 aprile sarà la giornata di mobilitazione mondiale contro l'Enel. La multiutility che ha da poco sdoganato il marchio “green power” forse proprio per strizzare l'occhio alla sempre più diffusa sensibilità ambientale e una serie di campagne pubblicitarie dove il rispetto della Natura e dei diritti paiono essere le priorità di questo colosso finanziario, è responsabile di disastri ambientali e delle violenze connesse che vedono vittime le comunità locali. Ecco perchè dal FAME di Marsiglia 2012 e dal convegno su acqua e dighe tenutosi lunedì scorso a Roma presso l'Ex Snia organizzato fra gli altri da Patagonia Senza Dighe e Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, esce l'appello alla mobilitazione per contrastare le dinamiche aggressive che accomunano i progetti di Enel in Italia e nel Mondo.
Cinque i Paesi coinvolti, cinque le situazioni drammatiche prese a simbolo: il Cile per la costruzione in Patagonia del progetto HydroAysèn, che vedrebbe lo spostamento dei fiumi Pascua e Baker, lo spostamento di quasi 6000 ettari di terra e la costruzione di cinque megadighe, con gravi minacce per il fragile equilibrio ambientale; il Guatemala per quella di Palo Viejo nella regione maia del Quichè, in Colombia la distruzione di Quimbo, con la deviazione del Rio Magdalena e lo sbancamento di 8000 ettari di terreno fertile, ammazzando la sostenibilità economica di migliaia di persone che nella zona vicono di agricoltura e pesca; e in Brasile fra le altre, la diga di Belo Monte, terza diga al mondo per grandezza. Oltre all'Italia con alcuni casi simbolici, come lo sfruttamento idroelettrico nelle Alpi trentine e venete, la geotermia sul monte Amiata in Toscana, le dighe in Calabria, l'estrazione del carbone.
Al fianco di questi Paesi, il 30 ci saranno anche quelli dell'Est Europa dove l'Enel ha avviato importanti processi nucleari.

Minimo comun denominatore dei megaprogetti latinoamericani, sono le violenze e la distruzione ambientale. Lunedì 20 a Roma c'erano come ospiti il guatemalteca Baltazar de la Cruz, sindaco indigeno della comunità di San Felipe Chenla: “Siamo da 7 anni in lotta contro l'Enel. Il mio popolo si chiama Ixiles, siamo maia e da sempre abitiamo le zone al Nord del Paese. Resistiamo dal 1530, da quando arrivarono i primi invasori cercando oro. Continua la spogliazione del nostro popolo dalle sue risorse” . Baltazar racconta come questa grande diga dalla capacità di 84 k/h, abbia sconvolto la vita di questo popolo pacifico che vive di agricoltura:” Nel 2005 arriva Enel nel nostro territorio. Non viene fatta nessuna consulta previa con i nostri rappresentanti, in barba alla risoluzione 169 che impone di consultare le popolazioni indigene qualora si entri nei loro territori. Nono avendo nessuna risposta, nel 2009 inizia una resistenza pacifica della mia comunità ed iniziano anche le violenze: in gennaio entra l'esercito e spara a donne e bambini, muoiono due ragazzi. Per comprare il silenzio delle famiglie, Enel dona 45.000 euro ad ognuna. Enel comincia poi a costruire qualche scuola e compra alcune comunità dividendoci. L'anno dopo però, anche chi aveva accettato i regali di Enel, si ricrede, si riarticola la lotta e iniziamo a bloccare le principali strade d'accesso. La risposta è ancora l'esercito ma in dosi massiccie, con elicotteri e lacrimogeni. Il Governo è comprato da Enel. La diga produrrà elettricità per altri: delle nostre 36 comunità, solo 8 hanno luce elettrica. Noi pretendiamo che smettano le violenze, e di essere consultati”. Fanno eco a Baltazar i racconti degli attivisti brasiliani del MAB, il movimento contro le dighe nato negli anni '80”. Ivanei Farina dalla Costa e Youri Chrales Paolino raccontano come in Brasile non esista una poltica nei confronti della popolazione in caso di megaprogetti. Vengono spostate letteralmente intere comunità senza che sia previsto alcun indennizzo. L'Amazzonia rischia fortemente di essere danneggiata per sempre da sistemi di dighe che interrompono il ciclo vitale degli ecosistemi. “La produzione idroelettrica in Brasile è assorbita dalle industrie minerarie. Multinazionali straniere che vengono nel nostro Paese per estrarre risorse con pieno disprezzo delle comunità locali. Il modello energetico brasiliano è in mano ad industrie non brasiliane ed è strettamente connesso con la privatizzazione delle risorse idriche”, racconta Youri. “La concessione dei fiumi è trentennale – gli fa eco Ivanei – questa energia non è pulita!”. Yvanei sta svolgendo anche uno studio sulle donne che vivono vicino alle dighe ed i loro disagi. Dalla Colombia, il giornalista italiano Federico Bruno racconta della resistenza a Quimbo, che proprio negli ultimi giorni è stato considerato sito militare e ci sono state gassificazioni violente della popolazione, mentre Teresa Marisano di Patagonia senza dighe appena tornata dal Cile, ha portato la sua testimonianza dalla remota regione patagonica, dove sono iniziate intimidazioni mai viste verso gli abitanti che si stanno opponendo alla costruzione delle cinque dighe di HidroAysen.

Enzo Vitalesta, dell'associzione Yaku che coordinava l'incontro, ha annunciato che con la sua associazione ed in accordo con le associazioni colombiane Censat e Carlos Fonseca ed i movimenti locali, il 30 di aprile sarà a Quimbo per appoggiare la mobilitazione.
Una critica collettiva dai movimenti per l'acqua di tutto il mondo è uscita dalle 5 giornate di Marsiglia, dove il FAME, Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua, ha ufficialmente condannato la costruzione indiscriminata di megadighe anche in occasione della giornata mondiale contro le dighe, il 14 marzo.

redazione@yaku.eu


 ___________________________________________________________

La protesta degli indigeni in Ecuador
http://www.articolotre.com/2012/03/la-protesta-degli-indigeni-in-ecuador/72321

Migliaia di indigeni hanno manifestato fino a ieri (Giovedì ndr) a Quito, la capitale dell'Ecuador, per protestare contro il governo del Presidente Rafael Correa. In particolar modo, i manifestanti contestavano e continuano a contestare, un accordo firmato ad inizio marzo dal governo ecuadoriano con una compagnia mineraria cinese, pronta ad investire 1,4 miliardi di dollari in un progetto di estrazione del rame vicino a El Pangui, nella regione amazzonica del Paese. Da una parte il presidente Correa ha spiegato  ai manifestanti che il ricavato del progetto verrà utilizzato anche per finanziare strade, scuole, ospedali e sarà in parte ridistribuito agli abitanti di El Pangui. Dall'altra, la Confederazione degli indigeni dell’Ecuador (CONAIE) sostiene invece che le attività estrattive danneggeranno inevitabilmente l’ambiente e costringeranno le popolazioni locali ad abbandonare le loro terre.

giovedì 22 marzo 2012

Giornata mondiale dell'acqua


Comunicato Stampa

Acqua e cibo: diritto ancora da conquistare
Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’acqua Onlus 


Si celebra il 22 marzo in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell’acqua (World Water Day), istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 a conclusione della conferenza di Rio con l’intento di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica ma soprattutto degli Stati sulla situazione dell’accesso all'acqua nel mondo. 
Ogni anno le Nazioni Unite lanciano la riflessione su un aspetto particolare e questo anno si affronta il tema “Acqua e sicurezza alimentare”, quanto mai di attualità visto che nonostante gli impegni a livello di “Obiettivi del Millennio” di ridurre della metà la percentuale di persone senza accesso all'acqua e ai servizi igienici di base, le denunce che traspaiono dai rapporti delle stesse Nazioni Unite sono tutt’altro che rassicuranti.
Se l’agenzia Onu per l'infanzia e l'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarano che oltre 2 miliardi di persone hanno avuto accesso ad acqua potabile sicura tra il 1990 e il 2010, ciò significa che alla fine del 2010 è stato raggiunto solo 1% in più dell’obiettivo fissato dai leader mondiali al Vertice ONU del Millennio del 2000. Ancor oggi, infatti solo il 63 per cento del mondo ha accesso ai servizi igienici di base e la cifra salirà a solo il 67 per cento entro il 2015, ben al di sotto del 75 % previsto. Inoltre se sul piano dell’accesso all’acqua si registrano dei miglioramenti, ciò che peggiora è molto spesso la qualità dell’acqua a cui le comunità e i cittadini possono aver accesso, soprattutto nei paesi più poveri ma anche i in quelli di recente industrializzazione, si veda la Cina e i paesi ad alta industrializzazione.

Sulla base dell’attuale crescita demografica i futuri scenari non si presentano più rosei: entro il 2030, più della metà della popolazione vivrà nei grandi centri urbani e sarà costituita da popolazioni che abiteranno nelle baraccopoli e quindi senza accesso ai servizi idrici e servizi igienico-sanitari, mentre il rapporto della Banca Mondiale denuncia che entro il 2030, la domanda di acqua supererà l'approvvigionamento idrico del 40 per cento.
Acqua oltre che non accessibile a tutti, sta diventando una risorsa sempre più scarsa e nonostante i progressi tecnologici, ciò che ancora non si riesce a fare e produrre l’acqua. In compenso riusciamo ogni giorno ad utilizzare grandi quantità di acqua per bere, cucinare e lavare, ma ancor di più, in modo indiretto, per produrre il cibo che consumiamo. La riflessione legata al tema “Acqua e sicurezza alimentare” evidenzia che il 70% dei consumi di acqua dolce è impiegata nel settore agricolo, per la produzione di cereali che molto spesso non sono destinati per produrre cibo, ma ad esempio biocarburanti.
Dietro i pasti che consumiamo quotidianamente ci sono enormi consumi di acqua virtuale che molto spesso ignoriamo: circa 3600 litri per un’alimentazione a base di carne o 2.300 litri per una dieta vegetariana.
Accanto a queste considerazioni sull’accesso all’acqua ed ai consumi dell’acqua che chiamano in causa le nostre responsabilità come cittadini e abitanti del Pianeta Terra, è necessario evidenziare, in occasione della “Giornata Mondiale dell’acqua” alcune considerazioni sulle responsabilità della politica e quindi degli Stati e della Comunità Internazionale rispetto alla concretizzazione del “diritto all’acqua” sancito dalla risoluzione delle Nazioni Unite del Luglio 2010.

“Il Forum Mondiale dell’acqua, conclusosi da poco a Marsiglia e i lavori di preparazione del prossimo vertice Mondiale della terra “ Rio+20” promosso dalle Nazioni Unite, fanno emergere atteggiamenti contraddittori da parte della Comunità internazionale” - dichiara Rosario Lembo - Presidente del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’acqua che da oltre 12 anni è impegnato in Italia ed nel Mondo a difesa dell’acqua come bene comune e diritto umano. Nella dichiarazione conclusiva del Forum Mondiale di Marsiglia gli Stati si impegnano infatti ad un generico impegno ad accelerare la piena attuazione degli obblighi dei diritti umani in materia di accesso ad acqua potabile sicura e pulita e servizi igienici con tutti i mezzi appropriati nell’ambito degli sforzi per superare la crisi idrica a tutti i livelli, rifiutandosi di affrontare la "dimensione sociale" delle politiche idriche e di riaffermare l’impegno a concretizzare i diritti umani all'acqua e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dal generale delle Nazioni Unite nel 2010. In parallelo, nella bozza di risoluzione in preparazione della Conferenza di Rio +20 chiamata "Il futuro che vogliamo”, in fase di negoziazione a New York presso le Nazioni Unite, emergono posizioni ancora poco chiare da parte di alcune delegazioni che sono orientate a far sopprimere il riferimento al diritto umano all'acqua e ai servizi igienici nel testo base.
Alla luce di queste considerazioni non si può non prendere atto – constata Rosario Lembo - che ancora nel 2012 la Giornata Mondiale dell’acqua, si celebra solo a parole e proclami generici sull'accesso "universale” all'acqua potabile e servizi igienico-sanitari "di base" per tutti, senza mettere in atto impegni precisi sul piano della concretizzazione del diritto”.
Sono ormai quaranta anni che i leader dei Paesi che si oppongono al diritto umano all'acqua proclamano il loro impegno a garantirlo, prima nel 2000 e adesso rinviandolo nel 2030. Nella nostra Italia, infine non si può non rilevare che nonostante il pronunciamento da parte di 26 milioni di cittadini italiano che hanno dichiarato che l’acqua non è una merce sulla quale fare profitto, il Governo ed il Parlamento, a distanza di 9 mesi, si rifiutano di dare concretezza alla volontà popolare adottando un provvedimento legislativo che concretizzi il mandato referendario e riconosca il diritto all'acqua.
E’ forse arrivano il momento che i cittadini e le comunità facciano sentire con forza la loro indignazione. E’ questo il modo migliore per celebrare la Giornata Mondiale dell’acqua.

Tutti gli approfondimenti su Marsiglia 2012 e sull’andamento del processo di concretizzazione sul diritto all’acqua, così come molte altre notizie sull’acqua, sono disponibili sul nuovo sito del Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’acqua Onlus, online da oggi – www.contrattoacqua.it
Per informazioni:
segreteria@contrattoacqua.it, tel 02 89072057, cel 3274293815

martedì 20 marzo 2012

Siamostatiinvaldisusa #2


Impregilo NO tav, il cantiere è zona militare

by siamostatiinvaldisusa
Abbiamo scritto e diffuso il nostro testo per resistere all’impotenza. Lontano dalla gente che avevamo conosciuto, ascoltato, incontrato. Non riuscivamo a dormire, a stare fermi pensando a quello che stava accadendo. Manganelli, ossa rotte, vetrine spaccate. Abbiamo rapidamente messo insieme il blog ed il gruppo Facebook per cercare di raccontare la nostra esperienza e restituire alcune informazioni che avevamo raccolto. Era un testo per gli amici, i conoscenti, i colleghi. Una testimonianza di solidarietà nei confronti di chi ci ha accolto e mostrato una storia straordinaria dove gioia, fatica e resistenza si mescolano quotidinamente. Non pensavamo di ricevere in pochi giorni 33.000 visite e più di mille commenti. Invitiamo gli amici della valle a leggerli tutti d’un fiato nei momenti difficili. Quando la stanchezza di giorni passati in assemblea, davanti a un ospedale, in carcere o su un autostrada, comincia a farsi sentire. Leggerli fa bene. Qualcuno l’ ha tradotto autonomamente anche in inglese. http://strugglesinitaly.wordpress.com/2012/03/05/en-translation-what-we-have-understood-by-visiting-the-susa-valley/]
Grazie a tutti. Per aver aderito, condiviso, commentato ed averci incoraggiato a proseguire.

E allora andiamo avanti. …..
Venerdì scorso, eravamo di fronte la sede dell’ENEL per esprimere il nostro dissenso nei confronti della costruzione di una serie di dighe nella Patagonia Cilena, in Guatemala e in Colombia.
Storie lontane solo geograficamente, ma uguali nella sostanza, anche e soprattutto per quanto riguarda le mirabolanti imprese italiane. E’ infatti Impregilo la società alla quale è stato affidato il compito di costruire la diga di El Quimbo nel sud della Colombia. E’ curioso che Impregilo, invece di spiegare perché la polizia colombiana abbia utilizzato i suoi mezzi – e quelli di ENEL – per reprimere la resistenza contadina a colpi di candelotti ad altezza uomo [ http://www.youtube.com/watch?v=BFv4HG8ALeA ], si preoccupi solamente di precisare, in una nota rilasciata all’adnkronos, che la società «non è coinvolta nei lavori di realizzazione della Tav Torino-Lione in Val di Susa» [1]
Curiosa coincidenza.
Il fatto che l’impresa, ritenuta da tutti la più ovvia assegnataria del contratto di costruzione della Torino-Lione, si affretti a prendere le distanze dal progetto, è una notizia da annotare e tenere presente per il futuro. Forse la popolarità della TAV è veramente giunta al tramonto e la linea dura del governo è necessaria solo ad evitare intralci negli affari futuri..
A proposito di Impregilo una precisazione è doverosa. Nel precedente post, complice la fretta, abbiamo utilizzato informazioni un pò datate. L’assetto societario è infatti recentemente cambiato. La sostanza delle cose purtroppo non molto. Ligresti e Benetton hanno ceduto a Gavio. Il primo è uscito dalla società in cambio di denaro, mentre Benetton ha scambiato le sue azioni con 188 Km di autostrade del Cile.
La new entry che oggi detiene il 20% della società (contro il 30 di Gavio) è la Salini Costruttori, celebre per le sue decennali imprese africane realizzate con i soldi pubblici della cooperazione allo sviluppo. La società è uscita rafforzata dalla recente fusione con la Todini. E’ importante ricordare che Simonpietro Salini risulta essere il socio n.531 della loggia massonica P2. Margherita Todini invece, è stata europarlamentare di Forza Italia e temporaneamente in lizza come possibile governatrice della regione Lazio, prima che la Polverini avesse la meglio.
Ma torniamo a quello che è successo nella valle. Abbiamo impiegato questa settimana a cercare di capire a chi appartenevano le ruspe, guidate dalle forze dell’ordine (non ricorda un pò la Colombia?) , che hanno sgombrato il presidio e devastato il sito archeologico neolitico della Maddalena di Chiomonte a giugno 2011. E qual’era l’impresa che, scortata da un esercito, ha eseguito l’ampliamento del cantiere il 27 febbraio 2012. Non è stato per niente facile. E non ne siamo venuti completamente a capo. Abbiamo capito che fino all’estate scorsa, le imprese incaricate della perimetrazione del cantiere erano Italcoge, proprietà della famiglia Lazzaro, e la società Martina. Entrambe di Susa.
Italcoge, ad agosto del 2011, è fallita a causa di un debito di 4-5 milioni di euro con l’erario. Ovvero evasione fiscale. Da allora non è chiaro chi esattamente abbia realizzato la recinzione. Martina è sicuramente ancora in campo ma si parla anche di Itinera che guarda caso fa parte del gruppo Gavio. E qui si chiuderebbe il cerchio, ma c’è ancora da scavare, ci siamo incaponiti e ci arriveremo.
Intanto c’è da chiedersi perchè il cantiere ha inglobato la baita Clarea, terreno acquistato legalmente in maniera collettiva dagli abitanti della Val di Susa e “temporaneamente occupato” ai sensi dell’art 19 del decreto di stabilità [ http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/E3D420D5-A2E8-46E5-B3B9-DA059B889667/0/20111112_L_183.pdf ] che recita al comma 2 “Fatta salva l’ipotesi di più grave reato, chiunque si introduce abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale di cui al comma 1 ovvero impedisce o ostacola l’accesso autorizzato alle aree medesime è punito a norma dell’articolo 682 del codice penale”
E di cosa parla l’articolo 682 del codice penale?
“Ingresso arbitrario in luoghi, ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato”
[http://www.testolegge.com/codice-penale/articolo-682]
Un cantiere ferroviario è un luogo di interesse militare. Il grido di allarme che arriva dalla val di susa non ha bisogno di esser dimostrato… è semplicemente legge dello stato.
La storia viene raccontata sinteticamente nel post del blog di LTF (società partecipata fifty-fifty tra le reti ferroviarie italiana e francese responsabile di tutto il progetto) lanciato il 13 febbraio[ http://blogtorinolione.ltf-sas.com/ampliamento-del-cantiere-de-la-maddalena/]. Leggetelo con attenzione e studiate l’ordine delle azioni, prima si espropria poi si informa i proprietari.
Il blog ha un titolo romantico “Appunti di viaggio Nuova Linea Torino Lione”, consente i commenti anche se con moderazione ed educazione, quindi invitiamo tutti voi sagaci commentatori ad inoltrare pacatamente domande e considerazioni. Staremo a vedere quanti ne verranno pubblicati.
La ricerca prosegue…

CONTINUIAMO A COSTRUIRE L’INFORMAZIONE DAL BASSO, INOLTRA, DIFFONDI, CONDIVIDI, COMMENTA...
p.S: Gli autori del blog informano che Forza Nuova Milano ha pubblicato sul suo sito il post “Siamo stati in Val di Susa ed abbiamo capito” facendo proprio il testo omettendo i nomi dei primi firmatari. E’ la stessa storia del popolo valsusino a raccontarci il legame profondo che esiste tra la battaglia per la democrazia di oggi e la lotta antifascista di ieri.

[1] Il link è irreperibile in rete. Testo integrale del dispaccio

AMBIENTE: IMPREGILO, NESSUN COINVOLGIMENTO NELLA TAV IN VAL DI SUSA = LA PRECISAZIONE IN OCCASIONE DELLA MANIFESTAZIONE DAVANTI ALL ‘ ENEL Roma, 2 mar. (Adnkronos) – «Impregilo non è coinvolta nei lavori di realizzazione della Tav Torino-Lione in Val di Susa». Lo precisa un portavoce della società stessa, in una nota inviata all’Adnkronos, in merito al comunicato congiunto diffuso da alcune associazioni che manifestano oggi a Roma. Nel comunicato delle associazioni si legge infatti che «in Colombia, sul Rio Magdalena, la diga dell’ENEL viene costruita da Impregilo, nota impresa italiana specializzata in opere devastanti come la Tav in Val di Susa di cui è responsabile per il 75%». (Mst/Ct/Adnkronos) 02-MAR-12 15:43 NNN

La grande Multiutility del Nord

COMUNICATO STAMPA




Un appello, quello pubblicato oggi su www.acquabenecomune.org, che viene lanciato da Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua in difesa dei referendum di giugno e contro il progetto della grande multiutility del Nord. Tra i primi firmatari nomi della cultura e dello spettacolo come Mondi Ovadia, Dario Fo, Stefano Rodotà, Elio e Mangoni, Nando Dalla Chiesa, Guido Cavalli, Franca Rame, Loris Mazzetti, Paolo Rossi, Basilio Rizzo, Guido Viale, Alberto Lucarelli, Vittorio Agnoletto, Luigi Ferraioli, Ugo Mattei, Bruno Bosco, Andrea Di Stefano, Elio Veltri, Luca Nivarra, Gaetano Azzariti, Roberto Biorcio, Emilio Molinari, Paolo Bisio, Daniele Silvestri, Paolo Jannacci, Ale e Franz, Mario Agostinelli, Maso Notarianni, Diego Parassole, Alberto Patrucco, Silvano Piccardi, Pietro Raitano, Luca Martinelli, Renato Sarti, Bebo Storti, Jole Garuti, Luca Koblas, Leonardo Manera, Nadia Volpi, Rita Pelusio, Henry Zaffa, Paolo Cacciari, Gianni Tamino...

“La proposta di creare una grande multiutility del Nord ci ripropone l'idea di vendere servizi essenziali per coprire buchi di bilancio e punta a superare i debiti delle aziende attraverso economie di scala. E’ un’operazione lobbistica e verticistica di istituzioni, manager e correnti di partiti, estranea alle città interessate, che espropria i consigli comunali dei loro poteri e allontana le decisioni dal controllo democratico. Oggi serve una gestione dell'acqua, dei rifiuti, del TPL, dell'energia prossima ai cittadini e alle Amministrazioni locali, per garantire la trasparenza e la partecipazione nella gestione dei servizi".

Con l'appello si contesta il progetto della grande multiutility sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché si tratta di un'operazione che non prevede dibattito pubblico che coinvolga le amministrazioni locali, le assemblee elettive, coloro che hanno promosso e vinto i referendum, le associazioni, i comitati, tutti coloro che vogliono preservare l’universalità dei diritti fondamentali, come l’acqua, e tutelare i diritti dei lavoratori. “Non si può accettare – si legge nell'appello – l'espropriazione delle condizioni minime per esercitare i diritti di cittadinanza, per garantire la riproducibilità della nostra vita associata in armonia con l'ambiente”. Nel merito perché “anni di privatizzazione lasciano aziende con miliardi di debito, aumento dei costi dei servizi per i cittadini, peggioramento delle condizioni dei lavoratori del settore, azzeramento degli investimenti in nuove reti, impianti e tecnologie, spreco di ingenti risorse naturali, finite e irriproducibili, e una drastica riduzione degli spazi di democrazia, di partecipazione e di trasparenza”.

“Chiediamo – conclude l'appello – a tutte le forze politiche, sociali e sindacali, in particolare quelle che hanno sostenuto i referendum, di prendere una posizione chiara opponendosi con decisione a questo progetto e portandolo alla discussione e al pubblico dibattito. Ci impegniamo a favorire tutti i possibili momenti informativi, di dibattito e di sensibilizzazione”.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua si mobiliterà a tutti i livelli per contrastare qualsiasi operazione che vada contro l'esito referendario di giugno e riproponga, come accadrebbe con questa enorme operazione finanziaria, la mercificazione di un bene comune essenziale e l’espropriazione della democrazia.

_____________________________________________________________________________

TORINO:
L'obbedienza civile non abita nei vertici SMAT 
Signor Sindaco (#2)...


SmatSignor Sindaco,
in questi giorni la Smat sta inviando una lettera ai Sindaci dei Comuni dell'ATO 3, firmata dal Presidente ma anche dall'Amministratore Delegato dell'Azienda.
Ben curiosa questa iniziativa di un Amministratore Delegato di inviare una raccomandata, con ricevuta di ritorno (!), ai soci dell'Azienda per cui lavora... Come le sarà noto l'esito referendario ha abrogato la remunerazione del capitale investito nel servizio idrico: secondo l'esplicita affermazione della Corte Costituzionale tale esito è immediatamente efficace nell'ordinamento giuridico. In conseguenza di ciò il ministro Clini ha invitato il Governo a intraprendere i dovuti passi successivi.
Totalmente diverso il comportamento della Smat (e di altri gestori). Di fronte alle iniziative, promosse dal Forum dei movimenti dell'Acqua, per far applicare concretamente la normativa quale risultante dal referendum, la Smat esercita una indebita pressione psicologica sui Sindaci.
La lettera Smat contiene, tra altre inesattezze, anche quella, macroscopica, di confondere la remunerazione del capitale con gli investimenti (perfettamente separati nella tariffazione normalizzata applicata nell'ATO 3 Torinese).
Siamo assolutamente consapevoli e sensibili di fronte al problema del finanziamento delle infrastrutture nel settore. La invitiamo pertanto a consultare i nostri siti, o meglio, a mettersi in contatto con questo Comitato, per conoscere le nostre analisi e le nostre proposte, frutto di un attento e documentato studio dei dati.
In tema di dati reali, non possiamo non ricordare, quanto meno, l'improvvida "impresa palermitana" che si è pesantemente riflessa sui bilanci Smat.
A breve il Forum darà, a livello nazionale, un'argomentata e meditata risposta a queste discutibili iniziative dei gestori, Smat tra le prime.
Nell'immediato ci auguriamo che Ella, nell'interesse della cittadinanza che rappresenta, si schieri a favore del rispetto della volontà popolare e della legalità.

Cordiali saluti e buon lavoro.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Comitato Provinciale Acqua Pubblica Torino -
www.acquapubblicatorino.org - tel. 388 8597492
Torino, 8 marzo 2011

sabato 17 marzo 2012

Acqua, divergenze tra ministeri

L'acqua è orfana di controllori
Non riuscendo a mettersi d'accordo si è deciso di non far nulla

di Michele Arnese (ItaliaOggi, 16/3/2012)

Sulla regolazione e sulle tariffe del settore idrico regna sovrana l'incertezza per alcune beghe ministeriali ancora irrisolte e le imprese del comparto sbuffano per la confusione e l'incertezza normativa. Vediamo quali sono le divergenze attuali fra ministero dell'Ambiente e dicastero dello Sviluppo economico. Ma, prima, serve inquadrare bene il tema.

Nei tre anni del governo Berlusconi la posizione del ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha impedito, di fatto, che il settore idrico fosse sottoposto alla regolazione di un'Autorità indipendente. Secondo le leggi allora in vigore, il settore era sottoposto a una forma debole di regolazione esercitata dal Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche (Coviri) che istituiva il Servizio idrico integrato e dettava le norme di riassetto che ancora oggi sono sostanzialmente in vigore.
Nel 2009 il Coviri si è trasformato in Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche (Conviri) senza che ciò modificasse in misura apprezzabile tanto le funzioni quanto i limiti dell'impostazione istituzionale che continuava a non garantire l'autonomia dell'ente rispetto al potere politico, l'adeguatezza delle risorse umane e finanziarie necessarie allo svolgimento di compiti di regolazione economica del settore, perseverando nella commistione di ruoli del ministero dell'Ambiente e della Commissione in materia di determinazione delle tariffe e di controllo del servizio.

Nel frattempo il governo Berlusconi aveva avviato, su iniziativa del ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, che aveva delega ai servizi pubblici locali, una riforma del settore che aveva determinate, per reazione, l'avvio di una campagna referendaria sull'acqua pubblica. Con la raccolta delle firme per i referendum su nucleare e acqua pubblica, si erano infittiti i tentativi di assegnare il settore dell'acqua alla regolazione di un'autorità pubblica ed indipendente al pari di quello che accade per l'energia elettrica ed il gas o per le telecomunicazioni.
Questa era anche una risposta, nelle intenzioni di Palazzo Chigi e di Fitto, alla demagogica campagna referendaria, in quanto rafforzava, rendendola trasparente, la funzione di controllo nella formazione delle tariffe e di regolazione delle attività svolte dai gestori, pubblici o privati che fossero. Non se ne fece nulla e sappiamo poi come il referendum sull'acqua andò a finire: con l'abrogazione integrale dell'articolo 23-bis del decreto 112/2008 e l'azzeramento della riforma dei servizi pubblici locali poi ripresa con il decreto di ferragosto del 2011.

Ancora a luglio 2011 con il decreto legge n. 70 (decreto Sviluppo), all'esito di un braccio di ferro fra il ministro Prestigiacomo e quanti, Fitto tra questi, proponevano invece il passaggio delle funzioni di regolazione sull'idrico all'Autorità per l'energia e il gas (Aeeg), il Conviri viene soppresso e, al suo posto, viene istituita l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua.
Ancora una volta una soluzione pasticciata (secondo la maggioranza dei tecnici dell'esecutivo) che, pur avvicinandosi alla figura di autorità indipendente, non scioglieva del tutto i rapporti con l'autorità politica (ministro per l'Ambiente) e non era dotata delle risorse di personale e finanziarie adeguate all'importanza e complessità del ruolo. L'Agenzia non è però mai nata, vittima anche del ruvido trattamento riservato alla Prestigiacomo dall'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (più diplomaticamente si direbbe lunghezze burocratiche per l'approvazione degli atti amministrativi da parte della Ragioneria) e dell'insofferenza della Lega rispetto al tema.

Arriviamo quindi al governo Monti che con l'articolo 21 del decreto 201/2011 (Salva Italia) dispone, nell'ordine, la soppressione dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua e il passaggio delle competenze relative a regolazione e controllo dei servizi idrici all'Aeeg.
Tutto bene? No, perché l'ultimo passo del comma 19, aggiunto in sede parlamentare su pressione del ministero dell'Ambiente, stabilisce che «le funzioni da trasferire sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.»
Ma i 90 giorni sono ormai trascorsi senza che il Dpcm abbia visto la luce. Eppure, notano i tecnici, il decreto è semplicissimo, per certi versi finanche inutile, dovendosi limitare a definire quali delle funzioni elencate nell'articolo 10 del decreto legge 70 devono passare dalla soppressa Agenzia all'Aeeg. Il dicastero dell'Ambiente retto da Corrado Clini ha redatto una bozza di Dpcm, che ItaliaOggi ha letto, che è stato anche sottoposto alla valutazione della Conferenza delle Regioni.

Il giudizio unanime di quanti hanno studiato il testo e si interessano di regolazione è negativo. Sulla stessa linea sarebbe anche il sottosegretario Caludio De Vincenti che, per il ministero dello Sviluppo, segue tutta la partita delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali. La bozza di Dpcm conterrebbe disposizioni illegittime quando assegna nuove funzioni al ministero dell'Ambiente; inoltre, verrebbe a delinearsi un quadro confuso in cui la competenza di regolazione della tariffa risulta condivisa tra ministero e Autorità generando confusione e commistione di ruoli.
In una situazione nella quale finanche le imprese del settore chiedono di essere regolate da un'autorità indipendente e «autorevole», in cui si attende, da oltre 15 anni, una revisione del metodo tariffario introdotto nel lontano 1996, in cui uno tra i principali elementi di criticità che impediscono lo sviluppo di un mercato di fornitura dei servizi idrici efficiente e comparabile come quello dei paesi europei più avanzati è proprio la mancanza di un sistema di regolazione e controllo indipendente e dotato di adeguate competenze specifiche, possiamo continuare ad attendere il dirimersi di questioni di attribuzione di competenze anche in presenza di una legge che è chiara?

L'esito referendario ha sancito l'eliminazione del riferimento al rendimento del capitale investito tra le voci di costo che la tariffa deve coprire e ciò determina incertezza dell'applicabilità di tutte le tariffe in vigore sulla base delle quali sono stati costruiti i piani di investimento su 20-30 anni. Urge, notano le società del settore, una revisione rapida del metodo tariffario già molto vecchio ed ora stravolto dal referendum. Le imprese del comparto stimano in 60 miliardi gli investimenti sulla rete nei prossimi 20-30 anni. Le banche sono sempre più restie a considerare bancabili piani di investimento soggetti a tale incertezza regolatoria e tariffaria.









venerdì 16 marzo 2012

Il processo dell'Isolotto di Firenze

Il processo dell’Isolotto
Saggio introduttivo di Enzo Mazzi
prefazione di Mario Capanna
Manifestolibri 2011

Quella della comunità fiorentina dell’Isolotto fu, alla fine degli anni Sessanta, una partecipata esperienza religiosa e laica, sociale, politica e culturale. E su di essa si abbattè una reazione tra le più immediate, virulente e indicative di quanto la presa di parola dal basso avesse allarmato i poteri costituiti. Nel processo del 1971 furono coinvolte quasi mille persone. Nel saggio introduttivo di Enzo Mazzi, attraverso l’esercizio della memoria, che accosta fatti e valutazioni, si mostra come il processo contro la comunità dell’Isolotto sia stato un passaggio esemplare verso una drammatica stagione di depistaggi, trame eversive e repressione sulla quale ancora oggi non è stata fatta chiarezza. Oltre alla ricostruzione dei fatti, il volume è completato dall’arringa di Lelio Basso durante il dibattimento, che costituisce un documento inedito di straordinario valore storico e giuridico, nonché dalle testimonianze che importanti personaggi quali Pietro Ingrao, Ernesto Balducci, Hans KÜng, Franco Cordero, Lucio Lombardo Radice e altri resero al tempo dei fatti.

Comunicato della Comunità Anni "70"  il processo alla comunità dell'Isolotto: un intero quartiere a giudizio per non aver chinato il capo e non aver accettato passivamente l'annientamento di una esperienza e di una identità. La memoria di ieri per leggere i fatti dell'oggi.
Abbiamo riedito quella esperienza in una nuova pubblicazione che verrà presentata giovedì 22 marzo alle ore 17 alla "biblioteca delle Oblate" in via dell'Oriuolo 26 a Firenze


Estratti dal libro:


(Da "Il processo dell'Isolotto", Premessa della Comunità dell'Isolotto, pp.13-18) Manifestolibri ed. 2011,  passim).
1 - voi non andate a giudicare solo noi nove, voi non andate a giudicare neppure il popolo dell’Isolotto. Giudicate una tendenza, una forza viva che oggi c’è nella società, nella storia. Hanno detto gli avvocati che la vostra sarà una sentenza storica. Noi crediamo che questo sia vero proprio perché l’Isolotto è una parte, una piccola parte di un movimento molto più ampio”. 
2 - Questa dichiarazione concluse il dibattimento del processo contro l’Isolotto prima della sentenza del Tribunale, il 5 luglio 1971. Fu letta da una delle nove persone sotto giudizio: quattro laici della Comunità Isolotto e cinque preti di cui due fiorentini e tre di altre città italiane. Rappresentava i sentimenti, le emozioni, le preoccupazioni di tutti, non solo di coloro che erano giudicati in quel processo ma anche dei quasi cinquecento che erano stati inizialmente rinviati a giudizio e poi amnistiati e soprattutto era espressione dell’intera comunità. 
3 - La nostra rivisitazione non è pura riesumazione di un passato sepolto ma è“memoria storica” che ha senso per l’oggi. Perché la memoria è creativa, generativa di presente e di futuro.  
4 - La dichiarazione fu fatta anche a nome di un’intera società civile che vedeva nel processo dell’Isolotto un momento particolare ma forte ed emblematico di quell’imponente processo storico di trasformazione globale della società che era stato ed era ancora il ’68. 
5 - Tant’è vero che quando si tirano le somme della repressione giudiziaria del movimento complessivo del ‘68-‘69, si trovano accomunati in decine di migliaia di denunce e processi studenti, operai, preti e laici, insegnanti, psichiatri, medici, ecc. 
6 - Riteniamo di trovarci sulla stessa lunghezza d’onda dello storico statunitense Howard  Zinn: “Se la storia ha da essere creativa in modo da anticipare un possibile futuro senza negare il passato, essa dovrebbe mettere in evidenza nuove possibilità mettendo in luce quegli episodi del passato che sono stati tenuti nascosti, quando, anche se in brevi sprazzi, la gente dimostrò la sua capacità di resistere, di mettersi insieme, e qualche volta di saper vincere. 
7 - Siamo preoccupati, indignati per quello che sta succedendo nella vita politica e nella stessa vita ecclesiale. Soprattutto siamo disorientati. Come abbiamo potuto ridurci in questo stato? Come se ne esce? Forse abbiamo cercato soluzioni girando intorno all'asse del potere, lottando o facendo il tifo per chi lottava con gli stessi metodi e con gli stessi schemi culturali dei centri di potere, convinti che una volta raggiunto il mitico potere lo avremmo usato diversamente. Non vogliamo dire che bisogna abbandonare la lotta politica. Ma che occorre rovesciare lo schema di pensiero. Partire dal basso, dalla vita, dalle relazioni essenziali, dalla solidarietà strutturale e fondamentale, dalle piccole cose, invece che dall'alto. 
8 - Luis Macas, intellettuale quichua ecuadoriano, afferma:
“La politica organizza l’esistente: non crea realtà nuove. L’unica cosa che può cambiare in profondità l’esistente consiste nel creare e nel porre nella realtà data realtà nuove, che mettono in discussione l’esistente e con la loro presenza lo portano a ristrutturarsi. La principale e decisiva attività trasformatrice è l’attività creativa, quella capace di introdurre effettive novità storiche”.
 Qualche altro ha scritto: “Non si possono risolvere i problemi con gli stessi schemi di pensiero con cui sono stati creati”.  
9 - Barach Obama al Parlamento del Ghana: “Il mondo sarà come voi lo costruite. Voi avete la forza per chiamare il vostri leader a render conto del proprio operato, per costruire istituzioni che siano a servizio del popolo. Potete sconfiggere le malattie, mettere fine ai conflitti e creare il cambiamento partendo dal basso. Potete farlo. Sì, voi potete. Perché ora la storia sta cambiando”.    
(Da “la frontiera della memoria” di Enzo Mazzi, pp.19-62 del libro, passim)
La “Chiesa dei poveri”, la Chiesa delle comunità di base e della teologia della liberazione, la Chiesa di ispirazione conciliare, la Chiesa del dialogo deve essere repressa, in America Latina, come nelle Filippine, come nel Nord del mondo.  Va fermata anch’essa“con ogni mezzo”: finché è possibile con gli strumenti del Diritto Canonico, ma se non basta ci vuole il braccio secolare.  Viene perciò finanziata, sostenuta e potenziata la parte di Chiesa conservatrice, assistenzialista, autoritaria, spiritualista, anticomunista, per aiutarla a emarginare e reprimere al suo interno le esperienze conciliari. Ma ove, come nel Terzo Mondo, non sia sufficiente la repressione intraecclesiale, la strategia repressiva dovrà usare mezzi violenti come i massacri di preti, vescovi, leader laici di comunità di base.
La personalità, il messaggio e l’uccisione di mons. Romero sono ormai note in tutto il mondo. C’è perfino una causa di beatificazione che giace in Vaticano in attesa di tempi opportuni. Tempi che arriveranno, perché  il potere ecclesiastico ha fame di santi. La mitizzazione/santificazione di soggetti umani che emergono per il loro eroismo crea nella massa sensi di frustrazione morale di fronte a modelli di santità irraggiungibile, genera in tutti noi sensi di colpa, produce personalità insicure, dipendenti e quindi inclini alla eterodirezione e alla ubbidienza. Ecco il motivo profondo della santificazione ufficiale: favorire il dominio. Noi, le formiche, i comuni mortali, la povera gente del popolo, ci sentiamo insignificanti, bisognosi della protezione del potere, come bambini indotti dalla loro insicurezza a gettarsi nelle braccia della mamma. San Romero d’America servirà a far dimenticare che egli quando era in vita è stato ostacolato, combattuto e ucciso da quegli stessi poteri che poi hanno favorito la sua santificazione. È vero che mons. Romero è stato fatto santo dal popolo di El Salvador e di tutta l’America latina già subito dopo l’uccisione. Anche il popolo ha bisogno di santi. È un bisogno che ha molte motivazioni e che però presenta anche rilevanti contraddizioni. Un potente, uno della casta sacrale, un vescovo che si fa popolo può diventare simbolo della capacità della lotta di liberazione di essere efficace e di penetrare fin dentro i palazzi per sgretolare il sistema del dominio oppressivo. Romero santo può significare il riscatto della santità del popolo. Ma il potere non sta a guardare. E con i suoi riti potenti, che penetrano fin dentro l’intimo delle coscienze, sradica il simbolo del riscatto dalla lotta del popolo, lo eleva sugli altari, ne fa oggetto di culto anziché di ispirazione, lo rende strumento di alienazione. Meno noti e meno recuperabili per la santificazione sono le centinaia di preti e teologi della liberazione che furono uccisi in America Latina come Romero perché erano a fianco del popolo e ne favorivano la coscientizzazione. La teologia della liberazione che essi elaboravano e diffondevano costituisce la versione centroamericana di una teologia incarnata nella storia della liberazione dei poveri, degli sfruttati, degli oppressi. La parola “teologia” può portare fuori strada perché può indurre a pensare a una teorizzazione accademica e dottrinale. In realtà si tratta di una riflessione che parte dalla vita, dalla lotta, dalle esperienze pratiche e a queste sempre riconduce. Si tratta di una teologia che di fondo, non certo direttamente né in tutti i suoi aspetti, ha ispirato papa Giovanni XXIII, ha dato anima al Concilio Vaticano II e poi si è diffusa in tutto il mondo prendendo vari indirizzi e nomi nei diversi contesti culturali.
Ritengo che forse questo tempo della notte fonda, della nebbia fitta, è il tempo che richiede lo sguardo attento ai segni minimi dell’avvento di una nuova stagione. Forse è il tempo di una solidarietà rinnovata negli obiettivi e nei metodi che privilegi le relazioni più che le realizzazioni, che faccia crescere la consapevolezza complessiva più che indicare un preciso nemico, che crei identità collettive di gente consapevole della propria dignità più che addormentare con promesse salvifiche dall’alto, che tenti esperienze nuove di relazione, comunità oltre i confini, mentre si oppone alle relazioni e alle comunitarietà chiuse, fondate sul dominio del danaro e sulle sue istituzioni.
Ha espresso con la sensibilità consueta queste stesse cose Pietro Ingrao in una Tavola rotonda sulla Violenza del sacro, svoltasi a Firenze in un gremitissimo salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, nell’ambito del Convegno del 1987 delle comunità di base sulla Laicità. Alla fine dell’intervento volle regalarci una sua poesia di tre versi:
 “Mordi musica, anima, vita,/
 domanda, parla, grida il desiderio deriso, le fragili comunioni,/
leva in alto la sconfitta”.
E poi spiegò: Levare in alto la sconfitta vuol dire che quello che appare impossibile matura però nel grembo delle cose. E le fragili comunioni, pur essendo fragili e non ancora vittoriose, recano in sé, sia pure esposto, debole, ma in una misura che preme, il germe di un altro rapporto fra esseri umani, un rapporto dove ceda il dominio ed entri in campo la comunicazione, dove ciascuno di noi non sia più possessore, proprietario, vincitore, non più chiuso nella gabbia del dominio incomunicante, ridotto solo ad essere parte,soltanto parte. Levare in alto la sconfitta vuol dire sperare di entrare in una connessione che valorizzi ma anche oltrepassi l’enorme straordinarietà del singolo, ne superi i limiti e i confini, ne scavalchi anche la frantumazione e l’accaduto irrimediabile e la lacerante solitudine nella folla e finalmente apra una strada per una vita che abbia come primo senso il comunicare…”.

Info
Comunità dell’Isolotto – via degli aceri, 1 – 50142 Firenze  tel. 055 711362      .
E-mail comis@videosoft.it, bibliotecadelleoblate@comune.fi.it

sabato 10 marzo 2012

Acqua, tre appuntamenti internazionali per metterla al sicuro


acqua

Nel mondo sono attualmente sette miliardi le persone da sfamare e le stime parlano di nove miliardi entro il 2050. Al fine di garantire cibo per tutti, è necessario mettere al sicuro l'oro blu, di cui il Pianeta è sempre più a corto. È questo il messaggio che lancia la Fao in occasione di tre importanti appuntamenti previsti nel 2012: dal sesto Forum mondiale dell'acqua alla Giornata mondiale, fino alla Settimana mondiale dell'acqua di Stoccolma, prevista quest'estate.
Il prossimo Forum mondiale dell'acqua si terrà a Marsiglia dal 12 al 17 marzo prossimo e vedrà riunite migliaia di persone da 150 Paesi per discutere un piano d'azione globale per preservare questa preziosa fonte vitale. Saranno presenti all'appuntamento premier e ministri, parlamentari e rappresentanti di enti locali, ma anche organizzazioni internazionali come Fao, Unesco e Banca mondiale, istituti tecnici e di ricerca, imprese private, associazioni e organizzazioni non governative dagli ambientalisti alle associazioni di consumatori.
Obiettivo della riunione è la mobilitazione globale sul tema dell'acqua, affinché questa diventi una priorità nell'agenda internazionale, come ha spiegato il vicepresidente del comitato internazionale del sesto Forum mondiale dell'acqua Guy Fradin.
La prima sfida per tutti, ha spiegato Fradin, è quella di preservare la risorsa, dal punto di vista della quantità e della qualità. Altre sfide sono l'accesso alle nuove risorse attaverso le tecnologie, ad esempio con la desalinizzazione e il riuso, ma anche una maggiore equità tra i diversi settori domestico, industria e agricoltura. Quest'ultima é quella che consuma di più, ma produce anche cibo.
Per salvare l'oro blu, è necessario in primo luogo proteggere la natura. Questo il messaggio che l'Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) porterà al prossimo Forum mondiale dell'acqua di Marsiglia.
“Se è vero lo slogan del Forum, cioé che per l'acqua 'é tempo di soluzioni', allora la prima soluzione è semplicemente 'la natura'”, ha affermato Mark Smith, direttore del programma globale Acqua dell'Iucn. Secondo Smith, infatti, se tuteliamo la natura, diventa più facile affrontare il problema della scarsità d'acqua, le inondazioni sono meno gravi, le comunità e le economie sono più pronte a rispondere ai cambiamenti climatici.
Secondo Smith il Forum di Marsiglia dimostrerà che allo stato attuale delle cose, l'acqua costituisce un problema serio per la salute, il cibo, la sicurezza energetica, la biodiversità e la prosperità.
E per sensibilizzare la popolazione mondiale sull'importanza di questa risorsa, si celebrerà il 22 marzo prossimo la Giornata Mondiale dell'acqua il cui tema quest'anno sarà “l'acqua e la sicurezza alimentare”. A coordinare l'evento sarà la Fao che spiega come le principali sfide di oggi riguardino l'aumento della popolazione, ma anche dei profitti e dell'urbanizzazione, che si prevede aumenteranno la domanda di cibo fra il 70% e il 100% per il 2050.
A ciò va aggiunto il costante degrado delle risorse di suolo e acqua. Secondo l'agenzia Onu, un quarto delle terre del Pianeta sono degradate e diversi grandi fiumi si inaridiscono durante parte dell'anno, con gravi impatti sulla biodiversità acquatica. In crescita è così il numero di regioni nel mondo che non è in grado di soddisfare le necessità basilari alimentari delle loro popolazioni. In particolare, il degrado delle terre colpisce la costa occidentale delle Americhe, la regione mediterranea dell'Europa meridionale e del Nord Africa, il Sahel, il Corno d'Africa e tutta l'Asia.

venerdì 9 marzo 2012

Inceneritore del Gerbido (Egr. Sig. Sindaco...)

ricevo e diffondo per in/formazione la lettera (con link ai relativi allegati ospitati dal magazzino del sito SantaMoniGAS) inviata dal Coordinamento No Inceneritore RifiutiZero a tutti i sindaci e gli amministratori comunali di Torino e cintura.
Luca

====================================

Egr. Sig. Sindaco,
Siamo un gruppo di cittadini molto preoccupati per il modo in cui le amministrazioni della Provincia di Torino e dei suoi Comuni hanno deciso di risolvere il problema del trattamento dei rifiuti.
Siamo preoccupati perché, praticamente all'unanimità, tutte le forze politiche si sono ritrovate d'accordo su un sistema di gestione che comporterà l'incenerimento di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti. Comporterà la costruzione di un impianto (o forse di più) destinato a creare problemi alla collettività, a tutt'oggi non ancora nemmeno esattamente calcolabili, con dei costi economici molto più alti di quelli di soluzioni alternative già adottate in altre regioni italiane europee e nel mondo. Questo aggravio di costi risulta inoltre ancora più intollerabile in un momento come questo in cui vengono chiesti dei grossi sacrifici a tutti a causa della crisi.
Siamo preoccupati perché ci viene il dubbio che molti amministratori, come Lei, in buona fede, abbiano presi per buoni dati forniti in modo interessato da chi poteva trarre dei vantaggi economici dalla costruzione dell'inceneritore. Di fronte ad una relazione tecnica, magari proveniente da un'università prestigiosa è probabile che molti si siano sentiti garantiti sia dal punto di vista legale che da quello etico.
Ci piacerebbe poterLa informare sia sulle alternative che potrebbero essere adottate per una gestione dei rifiuti più sicura e più economica e per questo alleghiamo alla presente una serie di documenti che forse non ha mai potuto esaminare e che dimostrano quanto sia urgente fare una decisa inversione di rotta per evitare delle ricadute molto negative sul nostro territorio.
Dato che siamo cittadini responsabili non ci limitiamo a chiedere lo stop alla costruzione dell'inceneritore, ma proponiamo un piano efficace di gestione dei rifiuti che può essere realizzato con uno sforzo comune, come dimostrano le esperienze di altre realtà nazionali ed internazionali.
Nel primo allegato troverà una serie di miti che noi cerchiamo di sfatare che spesso sono stati alimentati da chi ha deciso di gestire i rifiuti distruggendoli con gravi conseguenze per l'ambiente e per i cittadini.
Nel secondo allegato troverà la petizione che stiamo portando in tutte le piazze e per la quale abbiamo raccolto in pochi mesi diverse migliaia di firme. Ogni giorno che passa ci accorgiamo di quanto siano stati tenuti all'oscuro i cittadini soprattutto sull'esistenza di alternative valide e sulla pericolosità dell'impianto che si vuole costruire. La nostra impressione è che per ignoranza, per interessi particolari o soltanto per pigrizia si sia presa una decisione e poi si sia iniziata una campagna per convincere le persone che così andava fatto. Molto spesso incontriamo dei cittadini rassegnati che quando parliamo loro di trattamento a freddo dei rifiuti, di raccolta differenziata spinta, quando spieghiamo che si può risolvere il problema dei rifiuti senza mettere in pericolo i nostri figli, si accorgono con rabbia di essere stati raggirati!
Nell'ultimo allegato troverà una serie di studi scientifici che dimostrano che costruire un inceneritore è un rischio, farlo nel cuore di una zona tra le più densamente popolate d'Italia è una follia!
La Costituzione Italiana riconosce come INALIENABILE il DIRITTO ALLA SALUTE e crediamo che le Istituzioni per prime debbano evitare di aggravare quella che a detta di molti esperti è già una situazione compromessa. Parliamo ovviamente delle condizioni ambientali di Torino e dei comuni limitrofi che sono già messe duramente alla prova da numerose altre realtà industriali e dal traffico veicolare.
Riteniamo soprattutto che debba prevalere sempre, nel valutare i progetti di pubblico interesse, il principio di precauzione come tra l’altro le direttive europee ci impongono. In pratica nel caso in cui ci siano dei dubbi fondati sulla salubrità di un'opera o di un impianto ci si dovrà astenere dalla loro realizzazione.
In questo momento le evidenze scientifiche ci dicono che i vecchi impianti di incenerimento sono sicuramente pericolosi per la salute umana e per gli impianti di nuova generazione non vi sono ancora studi che ne scagionino la nocività….noi NON VOGLIAMO FUNGERE DA CAVIE per la loro verifica!. E' di questi giorni la sentenza sulla nocività degli stabilimenti Eternit atti alla produzione delle fibre d’amianto; un caso lampante nel quale gli interessi economici hanno portato a commettere dei crimini gravissimi verso la collettività. Non è nostra intenzione paragonare la gravità dei due problemi ma sicuramente vogliamo mettere in evidenza le analogie legate alle conoscenze scientifiche e alle strade intraprese nei due casi.

Di fronte a questa analisi crediamo che Lei si sentirà in dovere quanto meno di riflettere sulla portata delle Sue decisioni e di quelle dei Suoi colleghi amministratori pubblici. Saprà sicuramente che l'inceneritore verrà costruito con i soldi prestati dalle banche e che questi soldi dovranno essere restituiti nei prossimi 20 anni. Questo ulteriore fatto condannerà la Provincia di Torino per almeno 4 lustri, a bruciare i suoi rifiuti e a rimanere completamente tagliata fuori da tutti gli sviluppi futuri delle tecnologie alternative e sicure (DAVVERO). Inoltre non è da sottovalutare l’ipotesi che l’impianto possa trattare anche rifiuti provenienti da altre provincie/regioni per ragioni di emergenza e/o opportunità economica.

Il Coordinamento No Inceneritore RifiutiZero Torino , al quale noi apparteniamo, sta cercando di dare ai cittadini quell'informazione che purtroppo i media hanno sempre negato, sta organizzando dei comitati nei vari comuni per richiedere un ripensamento delle strategie per la gestione dei rifiuti anche attraverso una petizione popolare.
Un'altra importantissima iniziativa è quella che richiede il rimborso, tramite apposita causa civile, dei contributi energetici (CIP6) alle energie alternative e/o assimilate che tutti i cittadini e le pubbliche amministrazioni hanno devoluto, negli ultimi 10 anni, nella percentuale del 7% sul totale della bolletta elettriche versate. Questi contributi sono stati erogati indebitamente anche agli impianti di incenerimento, e per questa ragione la Comunità Europea ha condannato l’Italia . Ogni comune potrebbe richiedere questo rimborso, come recentemente fatto dal comune di Venaria, con un ritorno economico stimabile in diverse centinaia di migliaia di euro.
Per tutti questi motivi ci piacerebbe poter incontrare, attraverso apposita audizione, le commissioni Ambiente e Bilancio (magari in forma congiunta) del suo comune, per poter presentare le nostre proposte.
Nel caso in cui ritenga possibile un incontro di questo genere La preghiamo di contattarci per poter organizzare l'audizione.
Restiamo ovviamente a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e per fornire tutta la documentazione che riterrà necessaria per lo svolgimento del suo lavoro di rappresentante del Popolo Italiano.

Il Coordinamento No Inceneritore RifiutiZero Torino

--
NO INCENERITORE - SI RIFIUTI ZERO
==============================================================
Regola 5R (Riduci, Ripara, Riusa, Ricicla e Riprogettazione) verso l’obiettivo Rifiuti Zero
http://www.rifiutizerotorino.org/
SPAZIO WEB PER DOCUMENTAZIONE CATALOGATA
www.zumodrive.com/share/cQnQODQzYT
ISCRIVITI AI GRUPPI FACEBOOK: NO INCENERITORE TORINO e ARIA BENE COMUNE
www.facebook.com/groups/noinceneritoretorino?ap=1
www.facebook.com/groups/ariabenecomune?ap=1

lunedì 5 marzo 2012

L’accaparramento delle terre

17 aprile: la terra per chi la lavora!
Il 17 aprile è la giornata internazionale delle lotte contadine che ricorda il massacro, in Brasile, di 19 contadini che lottavano per terra e giustizia (1996). Ogni anno si celebra questo giorno in tutto il mondo, a difesa dei contadini e delle contadine che lottano per i loro diritti. 
Durante gli ultimi anni abbiamo sofferto per l’attuazione di nuove politiche e di un nuovo modello di sviluppo basato sulla espropriazione di terre, conosciuto come ‘accaparramento di terre’ (land grabbing). L’accaparramento di terre è un fenomeno stimolato da investitori e persone di potere su scala locale, nazionale e internazionale, con la connivenza di governi e autorità del territorio, per controllare le risorse più preziose del mondo. 
L’accaparramento di terre ha portato alla concentrazione della terra e delle risorse naturali nelle mani di grandi investitori, padroni di piantagioni, imprese che trattano legname, idroelettriche e minerarie, impresari turistici e immobiliari, autorità responsabili di porti e infrastrutture ecc. La conseguenza è stata l’espulsione e l’allontanamento delle popolazioni locali – generalmente contadine – la violazione dei diritti umani delle donne, l’aumento della povertà, la divisione sociale e la contaminazione dell’ambiente.

L’accaparramento di terre va al di là della divisione imperialista Nord/Sud: le corporazioni transnazionali coinvolte hanno sede negli USA, in Europa, in Cile, Messico, Russia, India, Cina, Sudafrica, Thailandia, Malesia, Indonesia e Corea del sud, ecc.
Le istituzioni finanziarie, come le banche private, i fondi pensione e altri fondi di investimento sono diventati potenti agenti di accaparramento di terre, mentre si continua a intraprendere guerre per assumere il controllo delle ricchezze naturali. La Banca Mondiale e alcune banche regionali di sviluppo stanno facilitando l’accaparramento di terre e acque attraverso la promozione di misure e legislazioni che favoriscono le corporazioni, come la fornitura di capitali e di garanzie per gli investitori corporativi e lo stimolo a un modello economico di sviluppo distruttivo e estrattivista. 
Nel frattempo la Banca Mondiale e altre istituzioni hanno proposto sette principi per l’Investimento Agricolo Responsabile (IAR) che dovrebbero prevenire gli abusi, mentre in realtà danno legittimità all’accaparramento di terre da parte di investitori pubblici e privati. 

La Via Campesina insieme con i suoi alleati ha protestato contro questa iniziativa durante gli ultimi due anni.
L’accaparramento di terre è un fenomeno globale basato sul dominio dell’agricoltura da parte delle corporation, attraverso il controllo della terra, dell’acqua, dei semi e di altre risorse. Molti governi e gruppi di pressione lo giustificano sostenendo che l’agroindustria modernizzerà le pratiche agricole arretrate e garantirà la sicurezza alimentare per tutti. Nonostante queste affermazioni abbiano grande diffusione è stato dimostrato che nella realtà sono completamente false. 
I protagonisti dell’accaparramento delle terre danno la priorità al profitto piuttosto che al benessere delle persone: producono agrocombustibili quando questo porta a un lucro maggiore rispetto alla produzione di alimenti ed esportano i prodotti alimentari se questo è più conveniente rispetto al venderli sul mercato locale. In questa corsa al profitto, l’agroindustria sta accrescendo il suo controllo dei sistemi di produzione degli alimenti, monopolizzando le risorse e dominando nei processi di assunzione di decisioni. I gruppi di pressione corporativi possiedono una forte influenza politica che schiaccia le istituzioni democratiche. Inoltre, agiscono con la complicità delle classi dirigenti locali e nazionali (operatori finanziari, politici e leader di comunità) che non proteggono il proprio popolo dal saccheggio.
 
L’accaparramento di terre ha espropriato contadini e contadine, popoli indigeni, in particolare donne e giovani delle loro risorse e mezzi di sussistenza. Sta anche gravemente danneggiando l’ambiente. I popoli indigeni e le minoranze etniche si vedono espulsi dai loro territori dalle forze armate, il che aumenta la loro vulnerabilità e in certi casi porta anche a condizioni di schiavitù.
Le false soluzioni al cambiamento climatico, basate sul mercato, come il concetto che va di moda di “economia verde” (green economy) stanno cercando di separare per sempre le comunità locali dalle loro risorse agricole e naturali.

 Quindi, La Via Campesina chiama tutti e tutte i suoi membri e alleati, movimenti di pescatori, organizzazioni di lavoratori agricoli, gruppi di studenti e organizzazioni ambientaliste, movimenti a favore della giustizia sociale ad organizzare azioni in tutto il mondo il giorno 17 aprile per realizzare una massiccia dimostrazione di resistenza popolare contro l’accaparramento di terre e dare voce alla lotta contro il controllo delle risorse agricole e naturali da parte delle corporation.

Uniamoci e lottiamo:
* Per fermare l’accaparramento di terre e rivendicare la terra che ci è stata sottratta. La terra deve stare nelle mani di chi la lavora!
* Per realizzare una riforma agraria integrale e portare la giustizia sociale nelle zone rurali.
* Per porre fine al controllo della vita di miliardi persone da parte di pochi investitori e imprese transnazionali.
* Per opporsi ai principi degli “investimenti agricoli responsabili” (IAR) proposti dalla Banca Mondiale poiché non ci può essere niente di “responsabile” nel fatto che investitori e imprese si impadroniscano di terre agricole
* Per rafforzare il sistema di produzione agricola basato sull’agricoltura contadina e la sovranità alimentare.

Invitiamo tutti i movimenti, le organizzazioni, i gruppi a organizzare il 17 aprile un’azione diretta, la proiezione di un video, un mercato contadino, una occupazione di terre, una discussione, una protesta, una mostra d’arte o qualsiasi altra azione finalizzata a sostenere i nostri obiettivi

(Jakarta, 2 marzo 2012) 
LA VIA CAMPESINA

domenica 4 marzo 2012

NO-TAV vs VAT-ON


In questi giorni si fa un gran parlare di quanto sta succedendo in Val di Susa.
Hanno avuto prevalente attenzione mediatica le vicende di chi cade da un traliccio o insulta un carabiniere; sappiamo tutto o quasi sulle sigle delle cellule anarco-insurrezionaliste o dei Centri Sociali, meno le ragioni del sì o del no all’opera in se’, ragioni che spaccano ormai in due l’opinione pubblica...
Intanto Monti, la sua squadra, il Parlamento, Cota & Fassino ribadiscono all’unisono che "il buco s'ha da fare"; c’è un disperato bisogno di rilanciare la crescita, e in fretta: il 2012 è visto in recessione e lo Stato per spingere sull'economia deve investire in Opere Pubbliche, ma queste hanno bisogno di tempo per essere approvate ed i Professori di tempo non ne hanno.
Rimane “il buco” che ha il vantaggio di essere già approvato ed in parte finanziato dalla UE. Monti da questo punto di vista non ha scelta (seppure, per altre pratiche "ereditate" dai precedenti governi, ha saputo opporre anche dei fermi NO -si pensi alle Olimpiadi a Roma-).

Autorevoli e non confutati studi, sconosciuti ai più, paiono però dimostrare ed argomentare quanto la TAV sia economicamente inutile e gravemente dannosa.
ATTENZIONE: non si tratta di pareri partigiani o opinioni da bar, ma di ricerche ed analisi di referenziati studiosi (si potrebbe dire “opera di Professori", ma ora sembra che siano stati tutti cooptati al governo...)

Alcuni selezionati articoli (mettetevi comodi):

POLITECNICO DI TORINO
Interventi scientifici e studi relativi all’Alta Velocità Torino-Lione e argomenti correlati
(Il sito si limita ai contributi di ricercatori del Politecnico di Torino o che hanno partecipato a Conferenze al Politecnico):

Contributo del Professore Angelo Tartaglia a confutazione di alcuni luoghi comuni pro-Tav: 


POLITECNICO DI MILANO:
Analisi economica del Prof. Marco Ponti:
Ricerca sull’alta velocità in Italia:

Analisi degli studi condotti da LTF in merito al progetto Lione-Torino eseguiti da COWI 
(studio di consulenza che lavora stabilmente per le istituzioni europee): http://ec.europa.eu/ten/transport/priority_projects/doc/2006-04-25/2006_ltf_final_report_it.pdf

Rapporto sui fenomeni di illegalità e sulla penetrazione mafiosa nel ciclo del contratto pubblico (a cura del CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ ECONOMIA E DEL LAVORO - OSSERVATORIO SOCIO-ECONOMICO SULLA CRIMINALITÀ):
Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., RFI, TAV e ISPA per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema “Alta velocità” (a cura della CORTE DEI CONTI):

Presentazione dell'Ing. Zilioli, in relazione a “EFFETTI TAV - STUDI EUROPEI/buone pratiche e cattivi esempi”:

Alcuni commentatori (apparentemente neutrali e disinteressati) e -ovviamente- diverse lobbies di potere si sono spese anche propagandisticamente per sostenere la bontà dell'opera; basta scorrere l'elenco delle maggiori ditte appaltatrici per scoprire alcuni nomi eccellenti e taluni intrecci insospettabili (Grillo commenterebbe -sarcastico- che in economia e sulla strada non esistono verginelle); alcuni esempi bypartisan:

*Cmc (Cooperativa Muratori e Cementist), coop rossa, quinta impresa di costruzioni italiana, al 96°esimo posto nella classifica dei principali 225 «contractor» internazionali. Vanta un ex-amministratore illustre, Pier Luigi Bersani, si è aggiudicata l’incarico (affidato senza gara) di guidare un consorzio di imprese (Strabag AG, Cogeis SpA, Bentini SpA e Geotecna SpA) per la realizzazione del cunicolo esplorativo a Maddalena di Chiomonte. Valore dell’appalto 96 milioni di Euro.
*Rocksoil s.p.a., società di geoingegneria fondata e guidata da Giuseppe Lunardi il quale ha ceduto le sue azioni ai suoi familiari nel momento di assumere l’incarico di ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Nel 2002, la Rocksoil ha ricevuto un incarico di consulenza dalla società francese Eiffage, che a sua volta era stata incaricata da Rete Ferroviaria Italiana (di proprietà dello stato) di progettare il tunnel di 54 Km della Torino-Lione che da solo assorbirà 13 miliardi di Euro. Il ministro si è difeso dall’accusa di conflitto di interessi dicendo che la sua società lavorava solo all’estero.
*Impregilo, la principale impresa di costruzioni italiana. È il general contractor del progetto Torino-Lione e del redivivo a corrente alternata Ponte sullo stretto di Messina. Appartiene a:
33% Argofin: Gruppo Gavio. Marcello Gavio è stato latitante negli anni 92-93 in quanto ricercato per reati di corruzione legati alla costruzione dell’Autostrada Milano-Genova. Prosciolto successivamente, come va di moda in questi tempi, per prescrizione del reato.
33% Autostrade: Gruppo Benetton, tristemente sotto accusa per lo sfruttamento dei lavoratori nelle fabbriche di tessile in Asia e per aver sottratto quasi un milione di ettari di terra alle comunità Mapuche in Argentina e Cile.
33% Immobiliare Lombarda: Gruppo Ligresti. Salvatore Ligresti è stato condannato nell’ambito dell’inchiesta di Tangentopoli pattuendo una condanna a 4 anni e due mesi dopo la quale è tornato alla sua attività di costruttore-finanziere (ExpoMilano e dintorni).
(da: Siamostatinvaldisusa)

Ho letto gli scritti di Oscar Margaira, amministratore comunale valsusino dal 1996, consigliere ed ex assessore nel gruppo Indipendenti Valsusa, autore di "Adesso o mai più" e "Una bella storia" sulla questione TAV. Ha approfondito la questione Torino-Lione sotto gli aspetti economici attraverso la raccolta puntuale di tutta la documentazione ufficiale dei 3 diversi progetti finora abortiti e dei 2 progetti preliminari oggi oggetto di Variante tecnica. Collabora con tecnici e studiosi alle procedure di ricorso legale presso il TAR riguardante i progetti: Tunnel geognostico di Maddalena, Tratta Internazionale, Tratta Nazionale.
Afferma:
"Quello che manca in questa vicenda è solo una cosa, semplice: la matematica. Il ministro Cancellieri, che dice: "Sì al dialogo, ma noi andiamo avanti", probabilmente non ha mai visto un conto, uno straccio di piano economico di questa linea. E' grave che un Ministro pro-tempore, oltretutto non competente in materia economica, faccia affermazioni senza conoscere i numeri; e ancora, è strano che un Ministro come Passera, che di numeri dovrebbe intendersene, non tiri fuori il taccuino e metta giù due cifre. Non è serio un Paese in cui non si ragiona sulla base dei dati. Le cifre presentate dall'osservatorio Virano sul piano economico del rapporto costi/benefici, non hanno alcuna base logica di ragionamento. Si figuri che a un certo punto, per dimostrare che quest' opera è utile, si è sostenuto che tutti gli immobili della valle si sarebbero rivalutati in ragione dell'arrivo del Tav: 26 Euro in più al metro quadrato. Questo è falso, perché da quando ho fatto io questo calcolo ad oggi, il prezzo delle case è già diminuito di 200 Euro al metro quadrato! Nel bilancio redatto da Virano, viene previsto addirittura un aumento del numero di panini venduti agli operai! Ci rendiamo conto? Io ho letto tutti i progetti, perché come amministratore pubblico ho il dovere di farlo. Se in Comune avessimo fatto dei progetti così, probabilmente, e a ragione, saremmo stati mandati a casa."
E ancora:
"Qui la gente è determinata e credo che anche altrove in Italia, le persone che si sono informate hanno capito che abbiamo ragione. Nessuno di noi è contro le ferrovie, qui abbiamo già una linea utilizzata al 25% delle sue potenzialità, ci passano 3,9 milioni di tonnellate di merci invece dei 20 milioni previsti. Allora io dico che dobbiamo sederci tutti insieme a ragionare sui dati. Se invece, come credo, non vogliono ragionare, perché gli interessi sono altri, hanno una possibilità sola, mandarci tutti fuori dalla nostra valle. Questa è la soluzione che propugnava Maroni, ma credo che potrebbe funzionare per 15 giorni... I Ministri hanno il dovere di prendere in mano i conti, di guardarli, senza ascoltare i vari Cota e Fassino, che di queste cose non sanno nulla e hanno solo l'interesse da sempre a fare quest'opera. Dicono: "bisogna farla". Ma che vuol dire 'bisogna farla' se non serve? La linea è intasata a Torino, non sul valico. La galleria è ammodernata, e i treni ci passano tranquillamente. Il problema, appunto, è il nodo di Torino.
Si facciano i lavori e si spendano i soldi dove servono: con 300/400 milioni il nodo di Torino è sistemato, non c'è bisogno di spendere 20 miliardi di Euro distruggendo tutta la valle. Quando la linea già esistente sarà satura, come dicono i trattati internazionali, si potrà ragionare di una nuova linea, prima non ha nessun senso. Il problema però, è che non si saturerà mai, perché prima deve crescere il traffico di 6/7/8 volte! Non è possibile ascoltare proclami da persone che non sanno le cose. Lo sa un cittadino qualsiasi, l'amministratore di un paesino, non lo sa il Ministro?"

Parole che inquietano, affermazioni che scuotono e turbano.
A mio parere, ora e ancora, comunque la si pensi,

non si deve tacere
Luca