“Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di
Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure, considerato
che faceva il falegname e maneggiando chiodi si procurava spesso degli
incidenti sul lavoro. Perché parlava in pubblico e per vizio si
dissetava con l´aceto, perché perdeva al gioco e i suoi vestiti finivano
divisi tra i vincenti a fine di partita.“
”I colpi
riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta
riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non
idonea e la ferita al petto non proviene da lancia in dotazione alla
gendarmeria, ma da tentativo di suicidio, che infine il detenuto è
deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado
l’ambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal
Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato.”
Erri de Luca, scrittore
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Violenze e crimini senza colpevoli, nel buio delle carceri
Troppo spesso sono le forze dell'ordine a macchiarsi di abusi e violenze contro i detenuti. Troppe le morti sospette, segnate dal silenzio delle istituzioni. Perché l'Italia non ammette la pena di morte e la tortura, ma forse le tollera quando avvengono dietro le sbarre
di Samanta Di Persio - Cadoinpiedi, 6 Giugno 2013
Da "La pena di morte italiana". Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi sono morti in circostanze oscure dopo l'arresto da parte delle forze dell'ordine. Casi ormai emblematici che grazie allo sforzo delle famiglie sono arrivati in tribunale. Ma per poche storie che hanno conquistato le prime pagine dei quotidiani, ce ne sono molte altre che l'opinione pubblica ha dimenticato o ignorato. Come quella di Niki Aprile Gatti, arrestato per una frode informatica in cui è coinvolta la società dove lavora. Unico tra i 18 accusati, accetta di collaborare, e cinque giorni dopo viene trovato impiccato in prigione. Come può un laccio da scarpe aver retto il peso di un ragazzo di 92 chili? E Fabio Benini, morto a trent'anni di infarto alle Vallette di Torino: soffriva di anoressia, aveva perso 50 chili e collassava due volte al giorno, perché nessuno ha saputo intervenire? Non bastano il sovraffollamento e l'inadeguata assistenza psicologica e sanitaria a spiegare queste storie: spesso sono proprio le forze dell'ordine a macchiarsi di omissione di soccorso, abusi e violenze contro i detenuti che dovrebbero proteggere e rieducare. Troppe le morti sospette, segnate dal silenzio delle istituzioni. Perché l'Italia per legge non ammette la pena di morte e la tortura, ma forse le tollera quando avvengono dietro le sbarre.
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