MISNA, Racconti
C’era una volta una ragazza che si chiamava Naciribwa; il suo secondo nome era Kiyo. Il suo corpo era splendido e la pelle era bronzea e liscia. Gli occhi erano di un
nero splendente, bellissimi a vedersi. Vestiva una pelle adornata di
magnifiche perline. Il suo capo era adorno di fili multicolori di
perline e attorno al collo portava una collana di bianche scaglie di
uova di struzzo. Naciribwa era ricca e sana.Un giorno venne data una grande festa e tutti correvano per
parteciparvi. Naciribwa vi si recò col fratello. Si pettinò
magnificamente e mise un campanellino alla caviglia destra. Lungo la
strada si divertì tantissimo in compagnia delle altre ragazze che
andavano alla festa. A sera, i giovani del posto cominciarono a corteggiare le ragazze, cercando tra loro la
più bella. Ma nessuna eguagliava in bellezza Naciribwa che conquistò
tutti, compreso il fratello. Tornato a casa, il ragazzo raccontò ai
genitori come erano andate le cose e come anch’egli si fosse innamorato
pazzamente della sorella al punto di volerla in moglie. A sentire questo, tutti rimasero male e Naciribwa andò fuori di sé
dalla vergogna. Decise di scappare di casa e la sua amica del cuore andò
con lei.
Pur slanciata e di un bel colore nero, l’amica non era bella come
Naciribwa e, temendo che i nemici si sarebbero interessati solo di lei,
magari battendosi tra loro per averla, cercò di trovare una soluzione al
problema. Mentre
stava pensando a ciò, s’imbatterono in una femmina d’elefante che stava
partorendo. L’amica prese la placenta dell’ animale e con essa rivestì
Naciribwa che divenne sporca e brutta. Ora, l’amica pareva veramente
bella. Trovarono un tamarindo e lo salirono portando con sé la zucca
d’acqua. I nemici si stavano avvicinando e vennero a sedersi proprio
sotto l’albero. Naciribwa sputò di sotto e uno degli uomini guardò in su
ma non vide le ragazze che erano salite molto in alto.
Naciribwa sputò di nuovo e l’uomo pensò che fosse lo spirito e lo
disse agli amici. Mentre tutti guardavano in su, le ragazze lasciarono
cadere la zucca dell’acqua. Grande fu lo spavento degli uomini che ben
presto si accorsero delle ragazze. Naciribwa, con la placenta secca addosso, appariva veramente brulla e
gli uomini si dettero ben presto da fare per raggiungere l’amica.
Uno di loro riuscì a prenderla, mentre gli altri decisero di
ammazzare Naciribwa tanto era brutta. Ma uno ebbe compassione di lei e
volle tenerla con sé per custodire il bestiame. Furono condotte al kraal
di quella gente. L’amica di Naciribwa trovò tutti i favori di questo
mondo, mentre Naciribwa fu considerata come una schiava. Il suo lavoro
consisteva nel badare alle vacche assieme ad un pastore e si cibava di
ciò che veniva gettato ai cani.
Quando
andava a fare il bagno, Naciribwa si toglieva la placenta di dosso . Un
giorno il pastore la vide e rimase incantato dalla sua bellezza. Nel kraal
non c’era nessuna ragazza che potesse starle alla pari. La sera stessa
il giovane corse dal padre e raccontò il fatto, ma nessuno gli credette.
Mentre Naciribwa stava mangiando con i cani, il giovane improvvisò un
canto per declamarne la bellezza: a Kiyo vien dato da mangiare con cani,
Kiyo! a Naciribwa Kiyo con i cani, Kiyo! Kiyo dai bianchi denti, con i cani, Kiyo! Kiyo dalle belle mani, con cani, Kiyo! A Kiyo vien dato da mangiare con i cani, Kiyo!
Il ragazzo ripeté la cosa al padre che finalmente si decise ad andare
a vedere con i suoi occhi. Naciribwa andò a bagnarsi, si tolse le pelli
di placenta e incominciò a versarsi acqua sul corpo. Mentre stava per
rimettersi la pelle della placenta, il padre del ragazzo corse verso di
lei e riuscì a trattenerla. Era certamente la più bella ragazza che si
fosse mai vista. Venne portata al kraal e tutti rimasero
meravigliati della storia. Da quel momento non dovette più mangiare con i
cani perché tutti le volevano bene. Sposò il giovane che l’amava ed
ebbe figli bellissimi.
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