di Marta FERRI,
Antropologa del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di
Capannori
“La maggior parte delle persone a Torino non sa che c’è un inceneritore,
perchè non lo vede”, mi dice Valeria, studentessa al Politecnico e attivista del
Coordinamento. “Anche in passato, abbiamo faticato per farci ascoltare, persino
nelle zone vicino il sito di costruzione. La gente ha iniziato a seguirci quando
ha visto ultimato il camino, ed ha iniziato a chiedersi, ‘cosa uscirà da lì’?”.
In questo articolo gli attivisti del Coordinamento No inceneritore Rifiuti Zero di Torino si
raccontano, tramite le loro azioni di protesta, ricerca scientifica,
informazione e formazione che stanno contribuendo alla creazione di una
consapevolezza diffusa riguardo le diverse tematiche ambientali legate
all’accensione di un impianto in una comunità.
Le
originiNel 1995 il Comune di Torino decretò la costruzione di un
inceneritore per rifiuti ospedalieri al Gerbido, per far fronte la chiusura del
più vecchio impianto di Molinette. La zona è ritenuta tattica poichè, ancora
sotto l’amministrazione di Torino, si estende come una penisola – “il ramo secco
della città” – in mezzo ai primi comuni periferici, lontana dagli occhi dei
torinesi. Si creò così un comitato spontaneo di cittadini, soprattutto delle
zone limitrofe, che raccogliendosi nei locali parrocchiali del Gerbido iniziò a
studiare il da farsi. “Ci chiamammo Salvambiente Gerbido”, mi racconta
Francesco, vigile urbano e attivista della prima ora, “grazie alla
collaborazione con l’amministrazione di Grugliasco – che all’epoca aveva un
sindaco dei Verdi -, riuscimmo a far valere le nostre ragioni”. Le azioni di
protesta furono circoscritte, ma bastarono a far capire all’amministrazione che
costruire un inceneritore in una zona che i cittadini stessi consideravano già
martoriata – erano già presenti grandi impianti ritenuti altamente inquinanti
come la FIAT -, non era cosa da farsi. Chi protestò all’epoca, ha trovato
“buffo” il fatto che invece, nel 2002, la Provincia considerasse fattibile
costruire nella stessa zona un inceneritore di rifiuti urbani. “Forse perchè ci
vedemmo lungo, Salvambiente non si sciolse mai effettivamente”, continua
Francesco, e poteva adesso contare anche su forze nuove come Pier Claudio,
attivista di grande esperienza ed esperto in materia, e Gian, informatico e
curioso, che cercando notizie più “reali” di quelle date in televisione si trovò
ad approfondire la questione dell’incenerimento grazie alle prime connessioni
internet, ritrovandosi poi attivista. Con l’avvio del nuovo progetto gli
attivisti intuirono che il vento era cambiato in politica: se tradizionalmente,
in Piemonte, il partito “incenitorista” era rappresentato dalla Destra, con la
costituzione di quello che poi sarebbe diventato il PD si cambiarono le carte in
tavola. Intanto, mentre Pier Claudio se la vedeva con la politica locale, Gian,
che era in contatto con alcuni gruppi No Inceneritore di Alessadria, fu messo in
contatto con degli attivisti liguri che, a loro volta, gli diedero il numero di
un comitato in Toscana, ritrovandosi così a telefonare a Rossano Ercolini di
Capannori. Il gruppo di Torino appena formato, andò così a creare un nodo
nevralgico nella prima Rete nazionale No Inc (vedi articolo Capannori). Sin da
subito la lotta locale nel torinese ha avuto risvolti reticolari, definendosi
come lontana dal comportamento NIMBY – Not In My BackYard – e come facente parte
di una struttura aperta, dinamica e dialogante. “
La lotta non era ancora
sotto l’egida di
Rifiuti Zero, perchè ancora non esisteva come
terminologia, ma solo come concetto”, mi dice Gian, “ma è grazie al nostro
continuo studiare, incontrarci faccia a faccia, parlare, informarci l’un l’altro
che la strategia ha poi preso piede in Italia”. In quei primi anni, nonostante
il percorso formativo e teorico iniziato con la
rete No Inc, fu difficile
raggiungere la gente, il “cittadino medio”. “In piena emergenza rifiuti a
Napoli”, mi spiega Pier Claudio, “i media non facevano altro che bombardarci
sulla pericolosità di un accumulo di rifiuti, con immagini terrorizzanti dalla
Campania. Fu in quel contesto che l’amministrazione motivò la costruzione
dell’inceneritore e la gente ne fu pure sollevata”. “Tanto è vero che la
leadership politica che promise di costruire l’inceneritore fu eletta al primo
turno alle elezioni provinciali dell’epoca”, ricorda Francesco.
Eppure
qualcosa cambiò. E fu con l’ultimazione dell’alto camino del Gerbido. La gente
forse iniziò a farsi domande e, se prima ai banchetti informativi fatti dagli
attivisti non si fermava nessuno, col passare del tempo sempre più cittadini
iniziarono a volere approfondire la questione “inceneritore”. In quegli anni si
costituì la Rete Nazionale Rifiuti Zero, e nacque così a tutti gli effetti il
Coordinamento No Inceneritore Rifiuti Zero Torino.
Il
CoordinamentoSuperfluo dire che l’obiettivo primario del Coordinamento è
far chiudere l’inceneritore, mettendo in rete la sua lotta e “globalizzandola”
in una battaglia comune con tutti quei movimenti che stanno dicendo No ad
inceneritori e altri impianti dannosi ambientalmente ed economicamente ad una
comunità. Torino, definita una delle tre Stalingrado d’Italia dallo stesso
Ercolini, ha contatti con diversi altri gruppi nell’alessandrino, in Liguria, le
stesse Parma e Firenze, gruppi e associazioni del torinese che lavorano nel
sociale, nonché altri due movimenti che portano avanti Rifiuti Zero come
alternativa ad un impianto: il recente NoPiro e l’aostana ValleVirtuosa (di
entrambi parlerò nei prossimi due articoli).
ExpertiseCome gli
stessi attivisti mi dicono, nonostante nessuno abbia un ruolo predefinito
all’interno del gruppo, è anche vero che certi compiti se li prendono persone in
base alle proprie conoscenze personali –
expertise – e tendenze
caratteriali. “Chi è bravo a parlare ed è coinvolgente sta ai banchetti, chi è
bravo a spiegare ed ha pazienza va a parlare nelle scuole, chi è medico segue le
questioni legate alla salute, chi è un tecnico quelle tecniche…e così via”, mi
spiega Leo, attivista con particolare predisposizione alla sensibilizzazione e a
far banchetti. Ci sono poi figure, come Pier Claudio che hanno maturato
un’esperienza nel settore dell’attivismo e della politica, nonché nella lotta
agli inceneritori che sono preziose; altre come Gian che, grazie sia al proprio
lavoro che la propensione ad approfondire le questioni, hanno intrecciato un
rete vasta e si occupano quindi di tenere i contatti con la sfera nazionale ed
internazionale. Oltre alle competenze private, è anche globalmente riconosciuto
nel gruppo l’estrema importanza dei continui studio, aggiornamenti e scambio di
informazioni anche con altri gruppi, non solo in materia di “immondizia”. Come
sempre Leo mi spiega, “chi sta ai banchetti deve saper rispondere a domande
anche mirate e approfondite su questioni mediche, chimiche e tecniche che
riguardano l’inceneritore e non solo. Una volta mi trovai a fermare per caso un
pezzo grosso della ARPA, e lì dovetti sfoderare tutte le mie
conoscenze!”.
Questo tema sottolinea l’importanza della
conoscenza
condivisa presente su più livelli, che si dispiegano dal locale dei singoli
comitati in rete, al globale dei network internazionali. Questo caratterizza la
struttura in “evoluzione” costante del sapere scientifico e socioculturale
relativo a Rifiuti Zero. Lo stesso, Luisa – medico del pronto soccorso e
affiliata di
ISDE – dice che è
importante non solo portare la propria expertise all’interno del gruppo e usarla
per la causa, ma anche continuare ad ampliarla, approfondendo questo e quel
tema. Come medico ISDE partecipa a conferenze, si tiene aggiornata e si scambia
informazioni con i colleghi – è in contatto sia con Manrico, medico del GCR di
Parma che con Gianluca, medico del Coordinamento di Firenze, per citarne due -,
tanto che nel 2012 ha creato un gruppo ISDE a Torino. L’expertise è quindi vista
come un insieme di competenze personali che possono essere condivise con il
gruppo, creando una conoscenza di base condivisa, che però deve aggiornarsi ed
essere approfondita in continuazione, così come le expertise maturano sul campo
e approfondiscono tematiche utili nella lotta.
Le azioni
principaliIl Coordinamento si è fatto sentire sin da subito con un serie
di
manifestazioni – che contavano le migliaia di partecipanti -, eventi
informativi in piazza come banchetti, serate di assemblee pubbliche e, si
vocifera, anche azioni “alla Greenpeace” come l’arrampicarsi sul camino
dell’impianto, ormai costruito, stendendo uno striscione con scritto “NO
INCENERITORE”. L’
informazione è sempre stata ritenuta il chiodo su cui
battere costantemente, poiché i
cittadini sono visti come la
forza
sociale della protesta. A livello di
azioni legali, sono stati
presentati numerosi ricorsi all’opera dell’impianto, sempre respinti “fatto non
strano, visto che i giudici amministrativi sono nominati dalla forza politica in
carica”, mi fa notare Luisa. Un’altra azione, certosina oso dire, è quello di
controllo dei dati delle emissioni giornaliere dell’inceneritore, lavoro
di cui si occupa principalmente Valeria. È grazie a questi controlli che spesso
gli attivisti riescono a denunciare emissioni fuori norma e possibili incidenti
all’interno dell’impianto, conosciuto, già in partenza, come difettoso. Questo
stato di difetto può trovare origine nella sua costruzione: sembra che l’intero
edificio sia stato eretto non seguendo le norme di sicurezza sul lavoro, in
fretta e furia, per stare nei tempi e non pagare la penale di mancato
compimento. Ciò ha avuto come principale effetto la mancata messa in sicurezza
dell’intero cantiere, fatto che sembra essere all’origine di numerosi infortuni
fra gli operai e, con forti probabilità, la morte di quattro di questi. Sono
stati alcuni lavoratori stessi, anonimi, che hanno contattato il Coordinamento
denunciando
condizioni di lavoro ben lontane da quelle previste dalla
legge: esposti ad esalazioni provenienti dai rifiuti immagazzinati previa
l’accensione, lavoravano in un cantiere a cielo aperto senza alcun riparo. In
seguito ad un allagamento di una zona delle fondamenta, ci fu un cortocircuito
che danneggiò diverse parti dell’edificio, compresa una turbina che tuttora
sembra essere la causa dei numerosi incidenti accaduti a pochi mesi
dall’accensione.
Da un anno a questa parte è stata condotta un’
analisi
epidemiologica sulle unghie dei bambini residenti le zone limitrofe
l’inceneritore. Lavorando in un laboratorio tenuto ‘segreto’ “per evitare che i
ricercatori abbiano pressioni dall’alto, come probabilmente è accaduto in
passato”, dice Luisa, i primi risultati mostrano i livelli di metalli pesanti
nei bambini prima dell’accensione dell’impianto, per avere un dato di paragone
iniziale. I secondi prelievi sono stati fatti a giugno scorso e la ricerca
procederà per i prossimi anni. “E’ un’iniziativa che mira a prevenire gli
effetti peggiori delle diossine, monitorandone i livelli in soggetti in crescita
e quindi più esposti. Così facendo dovremmo essere in grado di portare dati
certi sugli effetti dell’incenerimento sulla salute dei cittadini”.
A
proposito di giovani generazioni, il Coordinamento da anni si impegna nella
sensibilizzazione e
formazione di una coscienza ambientale nelle scuole.
Sulla città di Torino, Luisa e Pier Claudio hanno portato avanti per diverso
tempo lezioni e assemblee nelle scuole secondarie, molto partecipate e con un
pubblico incredibilmente attento. Nel comune di Colegno, uno dei limitrofi il
Gerbido, l’anno scorso Leo, Silvia – un’altra attivista del gruppo torinese -,
Valeria e Paolo – il curatore della comunicazione della grafica degli eventi
organizzati – si sono occupati di un progetto di formazione ambientale per 20
classi elementari. Il progetto, ideato da Enrico – un attivista che si è inoltre
occupato della creazione del sito web del Coordinamento – aveva come obiettivo
il fornire una conoscenza globale dei temi ambientali – acqua, terra, energia,
rifiuti – con gli strumenti e i termini adatti ai più piccoli.
Da sempre il
Coordinamento ha cercato di replicare alla mala informazione e alle
conflittualità con la leadership politica non solo con comunicati stampa e
articoli, ma anche tramite brevi
video ed interviste che approfondiscono
alcune delle tematiche di lotta più critiche da diffondere. Questi video, di cui
si sono occupati Paolo, Silvio ed Elisabetta – altri due attivisti che si
occupano dei media -, sono poi stati postati sul canale YouTube del
Coordinamento (Rifiuti Zero Tv). “E’ un’azione importante”, dice Paolo, “perchè
l’articolo sul sito non tutti lo leggono, mentre un video arriva diretto, non è
pesante perchè breve e, essendo una serie di immagini, può essere più incisivo
che di parole scritte”. Sempre in linea con queste sue parole, Paolo si è
inoltre occupato anche della divulgazione del
film documentario Trashed –
e del relativo dibattito che di solito segue alla proiezione – in diversi
circoli del torinese.
L’
empowerment culturale passa per diverse vie di
comunicazione: oltre alle verbali dirette tipiche delle azioni informative e
quelle scritte dei comunicati e dei volantini, le visive sono spesso molto
incisive, poiché riescono a creare legami cognitivi con una realtà vissuta o
relativa a circostanze non troppo lontane dal quotidiano di ogni
cittadino.
Trashed a GrugliascoTrashed è l’ultimo film di
Candida Brady, interpretato da uno scosso e conciso Jeremy Irons, ed ha la
capacità di suscitare un miriade di reazioni che si risolvono spesso con una
presa di coscienza da parte del pubblico su diverse tematiche ambientali
attuali. La platea di Grugliasco – comune nei pressi di Torino i cui cittadini
hanno potuto seguire l’evolversi dei lavori dell’inceneritore dalle finestre di
casa propria – non ha fatto probabilmente eccezione. La proiezione è stata
l’evento lancio di
Rifiuti Zero Grugliasco, comitato satellite del Coordinamento
di Torino, creato da attivisti del Coordinamento stesso che vivono nel comune.
Following up che denota bene l’azione non solo di sensibilizzazione sul
territorio del gruppo di Torino, ma anche la sua incisività nell’aver creato un
contesto di
empowerment sociale ed educativo, tanto da aver portato
attivisti del proprio gruppo ad occuparsi della proprio località, pur
continuando l’impegno con il Coordinamento. Parlando con Federico – giovane
attivista ed uno degli iniziatori del gruppo di Grugliasco – riguardo il
concetto di Rifiuti Zero, lui mi fa notare che “il bello di Rifiuti Zero è che
non sono tutti scienziati. Anzi, per dire, lo stesso Cavallari nasce dalla
politica, però studiando, è riuscito a portare avanti le questioni anche più
tecniche. Siamo un insieme di persone che, mettendo insieme le proprie
conoscenze, crea quello che è Rifiuti Zero. È splendido, è una
comunità!”.
La situazione attualeCon l’inceneritore acceso da
un anno, il cui funzionamento è soggetto a continui interventi tecnici, dovuti
in gran parte dallo sforamento dei limiti legali di alcune sostanze nelle
emissioni dell’impinato, il Coordinamento tiene testa e continua con le azioni
di informazione e protesta sui diversi fronti fin ora descritti. Una delle
ultime manifestazioni del gruppo torinese al completo, è stata una “
veglia funebre” alle porte dell’inceneritore la sera prima
dell’inaugurazione (19 giugno) – cui avrebbero partecipato numerosi politici
locali -, “per altro a distanza di un anno dalla sua accensione”, sottolinea
Valeria nel raccontarmelo. “Eravamo circa 200 persone davanti agli ingressi.”,
continua “Abbiamo fatto volare lanterne e acceso candele. Ad un microfono ognuno
poteva esprimere un proprio pensiero, una frase, leggere una parte di un
libro…”. Il giorno dopo, anche se i manifestanti presenti erano meno rispetto
alla sera prima, perchè giorno lavorativo, il Coordinamento ha invece
organizzato un’azione di
boicottaggio dei politici che entravano per il
buffet di inaugurazione dell’impianto. “Con noi c’era anche il sindaco di
Rivalta, che ha preferito stare dalla nostra parte purchè entrare con tutti gli
altri”, conclude Valeria. Rivalta, infatti, da quasi tre anni a questa parte si
è sempre schierata contro l’inceneritore, sostenendo anche in modo fisico e
tangibile – come può essere una presenza istituzionale fra le fila degli
attivisti – il lavoro del Coordinamento.
Concludendo, il Coordinamento No
Inceneritore Rifiuti Zero Torino, nella sua decennale lotta per l’attuazione di
un’
alternativa sostenibile all’inceneritore del Gerbido, è stato in grado
non solo di creare un certo livello di consapevolezza e formazione sulle
tematiche ambientali e di gestione dei rifiuti fra la popolazione – grazie anche
ad azioni di empowerment educativo, come i cicli di lezioni nella scuole –, ma
sta costruendo una conoscenza condivisa di base grazie all’apporto delle
expertise maturate ed acquisite nella lotta. Il Coordinamento sta inoltre
contribuendo a livello nazionale a creare una conoscenza medico-scientifico sul
tema delle conseguenze delle diossine nella crescita di soggetti, grazie
all’inizio dell’indagine epidemiologica: i dati riportati da queste analisi
saranno probabilmente preziosi in futuro per l’argomentazione “no inceneritore”
nel dibattito pubblico.