# - Paulina Peña Petrellini, figlia del candidato alla presidenza del Messico Enrique Peña Nieto, ha condiviso su Twitter un commento... "Un saluto a tutti la massa di idioti, che fanno parte del proletariato e sanno solo criticare chi invidiano!"...
Il filosofo e scrittore messicano Hector Jesús Zagal Arreguin scrive su FB in risposta:
<< Non ho il piacere di conoscerti personalmente. Non so come sei, non so le tue qualità, i tuoi hobby, i tuoi interessi. Capisco il tuo fastidio nel sentire critiche verso tuo padre, Enrique Peña Nieto. Esse sono parte del lavoro. Dovresti essere abituata agli attacchi contro di lui. In una democrazia, la critica è un esercizio essenziale. Tuo padre è un personaggio pubblico e, di conseguenza, le sue azioni sono giudicate severamente. "Perché sono così duri con lui?", chiedi. Beh, i funzionari guadagnano molto denaro. Ci sono migliaia di persone disposte a subire critiche e attacchi pur di coprire cariche pubbliche. Lo stipendio val bene quei colpi. Non è vero?
Ma non è di tuo Padre che voglio parlare, ma di te. Devo confessarti, mi spaventa che tu abbia utilizzato l'espressione "proletari" come un insulto. Insisto, è perdonabile la rabbia e lo scherno nei confronti di chi attacca tuo padre. Non mi sarei spaventato se li avessi chiamati "babbei", "stupidi". Inoltre, non è in questione chi vi ha chiamato "stronzi". Invece è imperdonabile il tuo disprezzo per i figli degli operai e dei lavoratori.
Hai sentito dello scandalo delle Dame di Polanco? Hanno squalificato un poliziotto chiamandolo "dipendente". Hai fatto qualcosa di simile squalificando la metà del paese in base allo status sociale. Che cosa c'è di male ad essere il figlio di un operaio? Sai, io sono il nipote di un minatore, un proletario. Non mi vergogno a dirlo. Ti vergogneresti di tuo di padre se si trattasse di un venditore di "tamales" o un idraulico?
Senza rendertene conto, con le tue parole hai rivelato il tuo classismo, il disprezzo per il lavoro manuale, la svalutazione di quelli che si guadagnano da vivere con la prpria fatica. Che tristezza pensare che sei pure la figlia di un candidato presidenziale!
«Proletari» sono, infatti, quelli che studiano nelle scuole pubbliche, che utilizzano la metropolitana, che non mangiano tagli di carne argentina e formaggi spagnoli, che non fanno uso di scarpe da migliaia di pesos, che non si curano in ospedali privati, coloro che non viaggiano in elicottero. I proletari, invece, fanno lunghe ore di coda nelle cliniche di sicurezza sociale, mangiano carboidrati (tortillas), devono studiare in aule senza computer, devono contare solamente sul trasporto pubblico. I proletari, cara Paulina, guadagnano in un anno ciò che tuo padre riceve in una settimana.
Quando leggerai queste righe, fai il seguente esercizio, controlla quello che ti circonda: profumi, creme, deodoranti, vestiti, scarpe, telefoni cellulari, orecchini. Fai la somma totale. Lo sai che corrisponde a più di quello che un indigeno guadagna in un anno di duro lavoro?
Paulina, mi terrorizza che tu la pensi così. Il tuo lapsus rivela la tua "realtà": vivi in una bolla rosa. "Proletario" non è un insulto, ma un titolo d'onore. Questo paese, che tuo padre aspira a governare, dipende dagli operai, dai contadini, dagli impiegati, dipende da quelle persone che disprezzi.
Speriamo che questo lapsus molto grave non sia frutto dell'educazione che hai ricevuta a casa. Speriamo che la colpa sia solo tua;, il frutto della tua arroganza (così caratteristica del messicano della classe elevata). Che cosa sarà del Messico se arriverà a governarlo una persona che disprezza il proletariato?
Guarda Paulina, penso che per il tuo bene dovresti iscriverti a una scuola pubblica, ridurre al minimo la tua scorta, prendere la metropolitana nelle ore di punta per arrivare al lavoro. Se non lo sai, molti dei "proletari" si pagano gli studi con il proprio lavoro: fanno gli agricoltori, i garzoni, i manovali. Alcuni lavorano fin da quando erano bambini.
Paulina, stai mettendo a rischio il futuro politico di tuo padre. Ma cosa più grave è mettere a rischio il futuro del Messico. >>
Il filosofo e scrittore messicano Hector Jesús Zagal Arreguin scrive su FB in risposta:
<< Non ho il piacere di conoscerti personalmente. Non so come sei, non so le tue qualità, i tuoi hobby, i tuoi interessi. Capisco il tuo fastidio nel sentire critiche verso tuo padre, Enrique Peña Nieto. Esse sono parte del lavoro. Dovresti essere abituata agli attacchi contro di lui. In una democrazia, la critica è un esercizio essenziale. Tuo padre è un personaggio pubblico e, di conseguenza, le sue azioni sono giudicate severamente. "Perché sono così duri con lui?", chiedi. Beh, i funzionari guadagnano molto denaro. Ci sono migliaia di persone disposte a subire critiche e attacchi pur di coprire cariche pubbliche. Lo stipendio val bene quei colpi. Non è vero?
Ma non è di tuo Padre che voglio parlare, ma di te. Devo confessarti, mi spaventa che tu abbia utilizzato l'espressione "proletari" come un insulto. Insisto, è perdonabile la rabbia e lo scherno nei confronti di chi attacca tuo padre. Non mi sarei spaventato se li avessi chiamati "babbei", "stupidi". Inoltre, non è in questione chi vi ha chiamato "stronzi". Invece è imperdonabile il tuo disprezzo per i figli degli operai e dei lavoratori.
Hai sentito dello scandalo delle Dame di Polanco? Hanno squalificato un poliziotto chiamandolo "dipendente". Hai fatto qualcosa di simile squalificando la metà del paese in base allo status sociale. Che cosa c'è di male ad essere il figlio di un operaio? Sai, io sono il nipote di un minatore, un proletario. Non mi vergogno a dirlo. Ti vergogneresti di tuo di padre se si trattasse di un venditore di "tamales" o un idraulico?
Senza rendertene conto, con le tue parole hai rivelato il tuo classismo, il disprezzo per il lavoro manuale, la svalutazione di quelli che si guadagnano da vivere con la prpria fatica. Che tristezza pensare che sei pure la figlia di un candidato presidenziale!
«Proletari» sono, infatti, quelli che studiano nelle scuole pubbliche, che utilizzano la metropolitana, che non mangiano tagli di carne argentina e formaggi spagnoli, che non fanno uso di scarpe da migliaia di pesos, che non si curano in ospedali privati, coloro che non viaggiano in elicottero. I proletari, invece, fanno lunghe ore di coda nelle cliniche di sicurezza sociale, mangiano carboidrati (tortillas), devono studiare in aule senza computer, devono contare solamente sul trasporto pubblico. I proletari, cara Paulina, guadagnano in un anno ciò che tuo padre riceve in una settimana.
Quando leggerai queste righe, fai il seguente esercizio, controlla quello che ti circonda: profumi, creme, deodoranti, vestiti, scarpe, telefoni cellulari, orecchini. Fai la somma totale. Lo sai che corrisponde a più di quello che un indigeno guadagna in un anno di duro lavoro?
Paulina, mi terrorizza che tu la pensi così. Il tuo lapsus rivela la tua "realtà": vivi in una bolla rosa. "Proletario" non è un insulto, ma un titolo d'onore. Questo paese, che tuo padre aspira a governare, dipende dagli operai, dai contadini, dagli impiegati, dipende da quelle persone che disprezzi.
Speriamo che questo lapsus molto grave non sia frutto dell'educazione che hai ricevuta a casa. Speriamo che la colpa sia solo tua;, il frutto della tua arroganza (così caratteristica del messicano della classe elevata). Che cosa sarà del Messico se arriverà a governarlo una persona che disprezza il proletariato?
Guarda Paulina, penso che per il tuo bene dovresti iscriverti a una scuola pubblica, ridurre al minimo la tua scorta, prendere la metropolitana nelle ore di punta per arrivare al lavoro. Se non lo sai, molti dei "proletari" si pagano gli studi con il proprio lavoro: fanno gli agricoltori, i garzoni, i manovali. Alcuni lavorano fin da quando erano bambini.
Paulina, stai mettendo a rischio il futuro politico di tuo padre. Ma cosa più grave è mettere a rischio il futuro del Messico. >>
(Per gentile concessione del corrispondente Messico Pérez Tapia Mphk)
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