Preti, missionari, singoli credenti,
parrocchie, associazioni e ong di ispirazione cristiana sono da anni parte
attiva del movimento italiano per l’acqua bene comune. Quali sono le
caratteristiche di questa militanza? Che indicazioni offre al dibattito
sull’impegno dei cattolici in politica?
Diversi eventi degli ultimi mesi
- il Forum di Todi, la caduta del Governo Berlusconi – hanno contribuito ad
alimentare le riflessioni sul “risveglio dei cattolici” e il dibattito sulle
caratteristiche che dovrebbe assumere il loro impegno in politica per superare
l’“afonia”, l’“irrilevanza” e il “disagio” degli ultimi anni. L’attenzione si è
concentrata prevalentemente sui vertici delle gerarchie politiche e
istituzionali, o sull’ipotetico ritorno del “partito dei cattolici”,
tralasciando l’analisi di significative esperienze concrete di militanza e
partecipazione politica della base – con i loro successi e le loro fatiche - che
pure negli ultimi tempi non sono mancate.
La mobilitazione per i
referendum di giugno 2011, ed in particolare per i due quesiti sull’acqua, è
sicuramente tra queste: non solo per il raggiungimento del quorum dopo 14 anni e
24 consultazioni referendarie fallite, ma anche perché i quesiti referendari
sull’acqua sono stati i primi a non essere promossi da partiti, ma da un
comitato composto da realtà civiche ed associative e gli unici ad aver raggiunto
la cifra record di 1 milione e 400 mila firme di sostegno. Ciò in virtù della
capacità di consolidare, all’interno del Comitato referendario 2 SI per l’Acqua
Bene Comune e del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, una coalizione ampia
e plurale che comprende social forum, ong di cooperazione internazionale,
ambientalisti, associazioni di consumatori, comitati civici territoriali,
sindacati, enti locali e numerose realtà del mondo cattolico. Al Comitato
referendario hanno infatti aderito le ACLI, Focsiv-Volontari nel mondo, Pax
Christi, Beati i costruttori di Pace, CIPAX, la Conferenza degli Istituti
Missionari, oltre a diverse diocesi e parrocchie. Gli scout dell’Agesci, così
come il Jesuit Social Newtork, hanno sostenuto dall’esterno il comitato
referendario. Sull’acqua si sono concentrate le energie di quei cattolici
particolarmente sensibili al tema della giustizia sociale ed ecologica, che si
ritrovano anche nella Rete interdiocesana sui nuovi stili di vita, che conta 67
diocesi ed è animata dal missionario saveriano Adriano Sella, a cui si deve
la campagna “Acqua dono di Dio e bene
comune”. Questa e altre azioni di sensibilizzazione hanno spinto numerose
diocesi e parrocchie ad invitare a “recarsi alle urne”, ribandendo il “dovere di
tutti di partecipare al voto”, spesso senza nascondere il proprio orientamento
favorevole ai quesiti referendari. La mobilitazione per l’acqua sembrerebbe così
aver superato il confine di quel nucleo di cattolici tradizionalmente impegnati
sui temi della giustizia sociale, per estendersi alla maggioranza generalmente
più silenziosa di parrocchie e singoli credenti che nell’occasione hanno
partecipato alla “campagna leggera” praticata dal quel 16% di cittadini che,
privi di precedenti esperienze di militanza politica, si sono attivati per il
referendum attraverso formule di partecipazione non tradizionale, informale,
spesso individuale.
Questo impegno è stato ispirato
e legittimato dai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, secondo cui “in
quanto dono di Dio, l’acqua è elemento vitale, imprescindibile per la
sopravvivenza e pertanto un diritto di tutti. L’utilizzazione dell’acqua e dei
servizi connessi deve essere orientata al soddisfacimento dei bisogni di tutti e
soprattutto delle persone che vivono in povertà. L’acqua, per sua stessa natura,
non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve
essere razionale e solidale. Il diritto all’acqua come tutti i diritti dell’uomo
si basa sulla dignità umana, e non su valutazioni di tipo meramente
quantitativo, che considerano l’acqua solo come un bene economico. Senza acqua
la vita è minacciata. Dunque, il diritto all’acqua è un diritto universale e
inalienabile”(Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa §484 e §485).
Principi riaffermati in numerosi messaggi e testi di Benedetto XIV, ad esempio
nella “Caritas in veritate”, e ribaditi nei mesi precedenti al referendum nelle
dichiarazioni ufficiali di diversi vescovi, come il Segretario generale della
CEI Mons. Crociata o il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace,
mons. Toso.
Al di là dei pronunciamenti ufficiali,
una prima caratteristica dell’impegno dei cattolici sul tema dell’acqua è stata
la spontaneità della
mobilitazione. In linea con le
modalità d’azione dell’intero movimento, in cui esiste un coordinamento
nazionale, rappresentato dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, che resta
tuttavia frutto di un’aggregazione dal basso, rispettosa della pluralità e
dell’autonomia delle singole realtà che la compongono e della loro indipendenza
dai partiti e dalle istituzioni. Analogamente, la partecipazione dei cattolici
al movimento non è stata organizzata dall’altro, in particolare dalla gerarchia
ecclesiastica, come invece avvenuto nel precedente referendum sulla procreazione
assistita.
In secondo luogo si è trattato di una partecipazione plurale, a cui i
differenti soggetti hanno contribuito a partire dalle specificità dei rispettivi
carismi: chi puntando sulle capacità di organizzazione e mobilitazione per la
raccolta firme, chi approfondendo la dimensione educativa, chi allargando
l’orizzonte della questione ai temi più generali dello sviluppo sostenibile e
della solidarietà internazionale. E in questa pluralità non vanno dimenticate le
posizioni discordanti e le voci critiche rispetto al referendum. Comunione e
Liberazione, ad esempio ha mantenuto un profilo basso o indifferente, che nel
caso del referendum, in cui è essenziale mobilitare gli elettori per raggiungere
il quorum, equivale implicitamente ad un voto negativo.
In terzo luogo, la natura stessa
del tema e la valenza simbolica della risorsa acqua, hanno favorito il carattere ecumenico della
mobilitazione, facilitando il dialogo e la collaborazione, sia con i credenti di
altre fedi che con le realtà del mondo laico, secondo modalità decisamente meno
laceranti rispetto al dibattito sulle questioni in cui entrano in gioco i valori
considerati “non negoziabili”, ad esempio quelle bioetiche.
L’insieme di queste caratteristiche si
è tradotto in una partecipazione quasi mimetica dei cattolici al movimento per
l’acqua: non tanto un “esserci per contare e per contarsi”, quanto piuttosto la
volontà di contribuire ad un obiettivo generale che travalica identità e
appartenenze specifiche, nello spirito più genuino del “bene comune” cui la
mobilitazione per l’acqua costantemente si richiama. Da qui l’inevitabile
frammentazione della presenza dei cattolici nel movimento e la difficoltà di
discernere la specificità e l’entità del loro contributo. Di sicuro, in virtù
dell’approccio della Dottrina sociale della Chiesa e della valenza simbolica che
l’acqua assume nella tradizione spirituale cristiana - ma non solo -, la
partecipazione di numerosi soggetti del mondo cattolico ha contribuito a
declinare il tema dell’acqua non solo in termini di dibattito tecnico sulla
gestione dei servizi idrici in Italia, ma nel contesto delle più ampie questioni
dello sviluppo sostenibile e della solidarietà internazionale, prestando anche
attenzione alla dimensione culturale e simbolica del problema.
La mobilitazione per l’acqua
pubblica ha finito così per trasformarsi in battaglia paradigmatica per la
difesa della democrazia e dei beni comuni. Resta da capire quali spazi e quali
energie sono disponibili per estendere i tratti più positivi di questa
esperienza ad altri ambiti di impegno dei credenti nella politica e nella
società.
Emanuele Fantini
Box con riferimenti bibliografici sul mondo cattolico e
l’acqua:
- Benedetto XVI, Messaggio in
occasione della Giornata della Santa Sede all’esposizione internazionale di
Saragoza, 2008.
- Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Acqua. Un elemento essenziale per la vita.
Impostare soluzioni efficaci. Contributo della Santa Sede al IV Forum mondiale
dell’acqua di Marsiglia (12-17 marzo), 2012
- Luis Infanti de la Mora, Dacci oggi la nostra acqua quotidiana,
EMI, 2010
- Alex Zanotelli, Giù le mani
dall’acqua, EMI, 2010.
[1] Emanuele Fantini si interessa da
diversi anni al dibattito sulla
gestione dell’acqua nel contesto delle politiche
di sviluppo e dei
processi di privatizzazione dei servizi idrici in Italia e nel
mondo,
coniugando l’attività di ricerca accademica con la curiosità
del
giornalista e l’empatia di chi ha lavorato sul terreno in Africa e
dintorni
per ong, Ministero degli Affari Esteri e Nazioni Unite. Di
recente ha pubblicato
“Acqua privatizzata? Economia politica e morale" (Cittadella Editrice, 2011).
Una versione più estesa di questo articolo è stata pubblicata sul n. 6, giugno
2012 della rivista “Aggiornamenti sociali”.
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