**L’ombra dei generali argentini sull’accordo fra Santa Sede e lefebvriani**
di Francesco Peloso, Micromega
Chi sono realmente i lefebvriani, il gruppo ultratradizionalista che sta cercando un accordo con la Santa Sede per rientrare a pieno titolo nella Chiesa di Roma? Di loro si sanno alcune cose fondamentali: formano un gruppo che si è opposto alla riforma del Concilio Vaticano II, sono percorsi da una cultura antisemita, contestano i principi della libertà religiosa, dell’ecumenismo, della convivenza fra fedi e culture, combattono i principi liberali e democratici, hanno avuto
rapporti con le correnti più reazionarie del pensiero politico e religioso degli ultimi decenni. Eppure c’è qualcos’altro da conoscere, una radice più profonda, in grado di spiegare meglio la strana miscela di messe in latino celebrate in rito preconciliare e la natura politica della loro presenza.
I negoziati con la Santa Sede e le origini dimenticate della Fraternità
I lefebvriani sono guidati oggi da monsignor Bernard Fellay, il Superiore della Fraternità di San Pio X, artefice della trattativa con Benedetto XVI per un completo rientro del gruppo nell’ambito della Chiesa dopo lo scisma del 1988. L’offerta del Vaticano è ghiotta: i lefebvriani costituiranno una prelatura personale – l’unico precedente è l’Opus Dei – cioè una struttura autonoma che risponde direttamente al Papa e di fatto non se la deve vedere con i vescovi locali. Già nel luglio del 2007 il Papa aveva liberalizzato la messa in latino secondo il rito preconciliare (con il motu proprio ‘Summorum pontificum’), poi è arrivata, nel 2009, la revoca della scomunica per i quattro vescovi ordinati dal Marcel Lefebvre nel 1988 senza il permesso del Papa. Fellay fa parte del quartetto, come quel monsignor Richard Williamson, che diventò famoso tre anni fa per le sue teorie negazionista della Shoah e delle camere a gas provocando quasi una crisi diplomatica fra il Papa tedesco e la Cancelliera Angela Merkel. Gli altri due sono Tissier de Mallerais e Alfonso de Galarreta, argentino, quest’ultimo,di origine spagnola. Sembra che i tre non siano tanto d’accordo con monsignor Fellay: la Chiesa di Ratzinger è ancora troppo liberal per loro.
“I Fondatori”
Se questo è lo stato dell’arte - la conclusione dei negoziati fra Santa Sede e Fraternità di San Pio X è prossima – tutti sembrano dimenticare una figura chiave, quella del fondatore della Fraternità.
Si tratta di un elemento decisivo: nei movimenti ecclesiali, nelle congregazioni, il “fondatore” è infatti personaggio chiave nel ben e nel male. Come il tenebroso Marcial Maciel, che diede origine ai Legionari di Cristo, o l’iniziatore dell’Opus Dei, José Maria Escrivà del Balaguer. Lefebvre sembra scomparso dal dibattito in corso, tutto viene ricondotto alla possibilità che la Fraternità accetti o meno un misterioso “preambolo dottrinale” – sottoposto ai lefebvriani dalla Congregazione per la dottrina della fede - che dovrebbe includere l’accettazione parziale o integrale del Concilio Vaticano II. Nulla vi è però di certo su quanto sta accadendo. Al contrario i trascorsi di Lefebvre sono noti e dalle pagine di un passato assai recente – a dispetto di una “tradizione” che vuole rifarsi alla controriforma – emergono elementi che descrivono il cuore profondo di un progetto politico-ecclesiale reazionario il cui fine è sempre stato quello di spegnere le velleità riformiste del Concilio.
La Fraternità e la Chiesa in Argentina
Oggi la Fraternità è particolarmente forte e presente in Argentina, dove vanta ben 11 province, un noviziato il seminario di La Reja a 40 km da Buenos Aires, altre sedi sparse per il Paese. Se gli anni ’70 sono stati in America Latina il momento espansivo di una chiesa di popolo genericamente riassunta sotto il nome di “teologia della liberazione”, parallelamente in tutta la regione si svilupparono movimenti cattolici di estrema destra, appoggiati da settori dell’episcopato, dai militari, dalle oligarchie che governavano i diversi Paesi. Lo scontro, come è noto, fu drammatico, ed è in questo contesto che Lefebvre coltivò un rapporto intenso con i militari argentini, un legame che si rafforzò dopo il golpe del 1976. Dagli archivi dell’epoca sono emerse le tracce degli incontri fra Jorge Videla e Lefebvre, delle messe celebrate dall’arcivescovo francese nelle caserme, degli incontri con ambienti del clero locale. Un’attività che metteva in difficoltà l’episcopato ufficiale in quanto da una parte veniva superato a ‘destra’ nel dialogo preferenziale con i militari, dall’altra si trattava pur sempre di un vescovo in odore di scomunica. Così la stessa giunta militare utilizzò Lefebvre per fare pressione sull’episcopato argentino; esisteva, nello stesso mondo ecclesiale, un interlocutore che non aveva difficoltà neanche formali a sostenere la dittatura. E del resto i vertici ecclesiali di quegli anni in Argentina non furono da meno: da Antonio Caggiano, capo conservatore dell’episcopato nei primi anni ’70, ad Adolfo Servando Tortolo che prese il posto di Caggiano e rimase alle guida dei vescovi dal luglio del 1975 al 30 marzo 1982 assumendo in sé anche la carica di vescovo castrense, cioè delle forze armate. Le complicità fra le gerarchie ecclesiastiche e lo stesso Vaticano con la dittatura, sono ormai dimostrate. Vogliamo però ricordare, tanto per avere presente di cosa si sta parlando, che Christian Von Wernich, cappellano della polizia di Buenos Aires, fu condannato all’ergastolo nel 2007 per aver preso parte a sequestri, torture e assassinii durante la dittatura militare. In particolare 42 sequestri, 7 omicidi, 32 casi di tortura.
La calda estate del 1976 e l’elogio dei generali
Bisogna riandare alla fatidica estate del 1976, per mettere a fuoco il legame fra Marcel Lefebvre, il fondatore del gruppo ultrareazionario cattolico della Fraternità di San Pio X, e la storia argentina di quegli anni, la dittatura, il golpe, ciò che ne seguì. Il conflitto fra il vescovo francese e la Santa Sede andava avanti da tempo, le posizioni contrarie al Concilio Vaticano II erano ormai fonte di uno scontro aperto non solo con Paolo VI ma con gli stessi vescovi francesi. Nel 1970, Lefebvre, si era trasferito a Econe, la località svizzera che divenne il centro del suo movimento, la Fraternità San Pio X dove si parlava del Concilio come di una “sovversione” contro “la società, la famiglia, la religione”. Sono anni roventi per la Chiesa, le spinte riformatrici ancora forti si fronteggiano contro la levata di scudi tradizionalista. Il seminario di Econe viene fatto chiudere dalla Santa Sede, Lefebvre non si arrende, ha i suoi seguaci, decide di non sottomettersi al Papa e nel luglio del 1976 riceve la sospensione a divinis. Poche settimane dopo, è il 29 agosto, a Lille, in Francia, celebra una messa cui partecipano migliaia di persone e soprattutto un gran seguito di giornalisti.
Dall’altra parte dell’Oceano, in Argentina, intanto, il 24 marzo un colpo di stato militare aveva posto una fine violenta alle turbolenze politiche e sociali che attraversano un Paese in grave crisi economica. Lefebvre parla alla sua gente e, per dire dei rischi della democrazia e delle ideologie progressiste, tira fuori, guarda caso, l’esempio argentino. Non solo: in un’omelia nella quale in
riferimento alla messa rinnovata dal Concilio afferma: “il rito della nuova messa è un rito bastardo, e i sacramenti sono dei sacramenti bastardi”, improvvisamente il leader del gruppo tradizionalista si mette a parlare di economia. Lefebvre spiega senza indugio che Dio, ordinando la società, ha dato le sue leggi anche all’economia per far vivere una società secondo giustizia. C’è anche un esempio concreto già pronto.
La messa di Lille e l’esempio argentino
Dove si realizza l’ordine di Dio? la risposta l’arcivescovo ce l’aveva a portata di mano: “Prendete l'immagine della Repubblica Argentina. In che stato era solamente due, tre mesi fa? Completa anarchia, i criminali che uccidevano a destra e a sinistra, l’industria completamente rovinata, i proprietari delle fabbriche presi in ostaggio, una rivoluzione sconvolgente”. E tutto questo avveniva “in un Paese tanto bello, così equilibrato, che ispira simpatia come la Repubblica argentina, una Repubblica che potrebbe vivere una prosperità incredibile, con straordinaria ricchezza”. In questo caos assoluto che succede? “Arriva un governo d’ordine, che ha dei principi, che possiede autorità, che mette un certo ordine nel mondo degli affari, che impedisce ai ladri di uccidere gli altri, ed ecco che l'economia rifiorisce, e che i lavoratori hanno un impiego e possono tornare a casa sapendo di non essere colpiti da qualcuno che li vuole far scioperare per forza”.
“Ordine cristiano” in Argentina e Cile
Pochi giorni dopo, il 15 settembre del 1976, Lefebvre tornava sulla questione nel corso di una conferenza stampa nella quale gli venivano chieste spiegazioni su quel passaggio della sua celebre omelia. E l’arcivescovo non si fece pregare. La Chiesa, disse Lefebvre, ha i suoi principi politici perché in effetti la stessa società è creata da Dio. Quello che ho fatto, disse Lefebvre, è un esempio di
“ordine cristiano”, di si tratta di persone che organizzano quest’ordine secondo una determinata gerarchia necessaria in una società. “Ho citato quest’esempio – aggiunse - perché è recente e noto a tutti. E anche perché la situazione era veramente terribile, l'Argentina era in uno stato di anarchia, con omicidi e rapimenti, una situazione sull'orlo dell'abisso, sull’orlo di una totale anarchia. Un governo quindi ha assunto il potere e credo che chi ne ha preso la direzione lo ha fatto in uno spirito cristiano se si guarda alle idee di questi uomini (conosco alcuni dei vescovi argentini e io ero lì io non molto tempo fa), penso dunque che gli uomini ora alla guida del governo hanno operato in uno spirito cristiano”. Nessun governo al mondo è mai perfetto aggiungeva Lefebvre, quindi nemmeno questo, e tuttavia in Argentina si sono affermati “principi di giustizia ed è per questo che ho fatto quell’esempio”. Non sostengo nessun governo, spiegava poi, ma subito aggiungeva – e non era ironico - “potevo fare anche un altro esempio, quello del Cile, ma questo non significa che io sostenga i governi del Cile o dell’Argentina”. In una biografia dichiaratamente apologetica di Lefebvre scritta dall’autore ultraconservatore Michael Davies, si spiega, ricordando gli episodi in questione, che “in entrambi i casi (Argentina e Cile, ndr) i militari sono andati al governo perché la vita era diventata letteralmente impossibile a causa dei regimi precedenti”. E ancora: “E' anche un fatto che i governi di Cile e Argentina sono stati sottoposti a una campagna di diffamazione sistematica nella stampa laica e cattolica”.
Il crimine politico peccato originale della Fraternità San Pio X
Quella che scaturirà da questo rapporto fra tradizionalismo cattolico e dittatura sarà una storia complessa; Lefebvre si recherà in visita in Argentina ripetutamente, celebrerà messe, in alcune occasioni gli sarà impedito di entrare nelle caserme e ne deriveranno tumulti, incontrerà Videla e altri militari di rango. I legami fra il tradizionalismo cattolico reazionario alla Charles Maurras (leader
della famigerata Action francaise, organizzazione antisemita a vocazione autoritaria che appoggiò il regime di Pétain), e la classe dirigente argentina, aveva radici antiche e risaliva indietro nei decenni del dopoguerra. Anche l’antisemitismo era diffuso in un Paese dove l’emigrazione ebraica era stata consistente e spesso ebrei erano stati dirigenti politici e sindacali di sinistra. La messa preconciliare in latino, “l’ordine cristiano”, la legge di Dio contro i sovvertimenti rivoluzionari, sono stati alcuni dei contenuti ideologici sui quali una classe di militari e di alta borghesia, ha riportato la “disciplina” nel Paese fondandola su migliaia di morti, di sequestri, di sparizioni, con episodi agghiaccianti – svelati nel corso degli anni - come quello dei prigionieri scaraventati nell’Oceano semisvenuti, cioè vivi. E’ una storia in buona parte conosciuta, eppure meno noto è che la Fraternità di San Pio X mise radici in Argentina proprio in quegli anni, si articolò in varie città, fu finanziata. Anche uno dei quattro vescovi oggi riammessi dal Papa, Alfonso de Galarreta fu ordinato sacerdote da Lefebvre in Argentina nel 1980, tre anni prima che cadesse la dittatura.
Vale a questo punto rilevare alcune similitudini. Marcial Maciel, con i suoi Legionari di Cristo, è stato un criminale accusato di reati gravi come gli abusi sessuali su minori e le violenze su ragazzi e su donne; fu inoltre sacerdote che tradì gli ordini diventando padre di diversi figli, diffuse il culto della propria personalità nella congregazione, accumulò una fortuna in denaro, corruppe le alte
gerarchie vaticane e fu appoggiato dalla destra repubblicana degli Stati Uniti e dai miliardari messicani come Carlos Slim. Negli statuti della congregazione, particolare non indifferente, si spiegava che obiettivo del movimento era anche quello di combattere la teologia della liberazione. Lungo questo crinale storico, se Maciel è la faccia impresentabile di una chiesa reazionaria per via di
un’immoralità personale manifesta e un po’ grottesca, Lefebvre – al contrario – è il fondatore di un movimento che si inscrive, lucidamente, nella categoria del crimine politico attraverso la controriforma liturgica e l’appoggio alle dittature fasciste che dilagarono in America Latina negli anni ’70. E’ dunque a queste origini che bisogna risalire per comprendere l’identità dei lefebvriani e per prendere nota della portata politica e storica di un negoziato con la Santa Sede che è parte di una strategia di stravolgimento del Concilio Vaticano II e di negazione della modernità come percorso lungo il quale avanzano la democrazia e i diritti umani.
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