Molti paesi africani dell'alto corso del Nilo rivendicano una
spartizione più equa delle acque del fiume. Ma l'Egitto si oppone e si prepara
ad affrontare una vera e propria battaglia per il controllo delle risorse
idriche.
“L’Egitto è un dono
del Nilo” scriveva lo storico greco Erodoto nel V secolo a. C.. Le acque di
questo fiume che percorre più di 6700 chilometri di terra africana e le
periodiche inondazioni che depositano sul terreno il limo – uno strato di fango
molto fertile – rappresentavano e continuano a rappresentare la linfa vitale
dell’Egitto. Tuttavia oggi la costruzione di grandi opere idriche, l’intensa
irrigazione, l’evaporazione, le torride estati e la crescente popolazione stanno
pian piano costringendo gli egiziani a ripensare a come utilizzare le risorse
idriche del Nilo. Sebbene la quota annuale destinata all’Egitto sia di 55.5
miliardi di metri cubi di acqua, secondo quanto affermato da una ricerca di
Fathi Farag, un esperto egiziano delle risorse idriche, l’Egitto perde circa
cinque miliardi di metri cubi a causa dell’evaporazione. Inoltre circa il 40% di
quello che rimane viene sprecato a cause di perdite nelle tubature, e altri 2,5
miliardi di metri cubi vengono utilizzati per produrre elettricità.
“Gli egiziani si devono adattare a fare un uso
quotidiano sempre minore di acqua” ha dichiarato Rida Damak, dell’Università del
Cairo. Infatti gli 85 milioni di egiziani hanno ogni giorno sempre meno acqua a
disposizione e soprattutto nella capitale egiziana – dove vivono quasi diciotto
milioni di persone – interi quartieri sono di frequente privi di acqua. Segnali
preoccupanti che nei mesi scorsi hanno portato nelle strade dell’Egitto milioni
di persone. Ed oltre alle pressioni dei propri cittadini, il governo egiziano
deve anche far fronte alle forti rivendicazioni dei paesi vicini. Infatti la
spartizione delle acque del Nilo, che dà il controllo assoluto all’Egitto e al
Sudan, è frutto di una decisione presa in età coloniale nel 1929 e poi ribadita
nel 1959. Tuttavia a maggio 2010, sei paesi che si trovano nell’alto corso del
Nilo e che fanno parte dell’Iniziativa del Bacino del Nilo – il Kenia, il
Burundi, l’Etiopia, il Rwanda, la Tanzania e l’Uganda – hanno sfidato la
monopolistica spartizione delle risorse idriche del fiume e il potere di veto
egiziano riguardo alla divisione delle acque del Nilo ed hanno firmato un nuovo
accordo per la spartizione delle acque, accordo che l’Egitto non ha
riconosciuto.
Il passo successivo è stato fatto dall’Etiopia
che ha annunciato la propria intenzione di costruire un sistema di dighe lungo
il corso del Nilo per generare elettricità. A marzo 2011 l’Etiopia ha annunciato
la costruzione della Diga del Rinascimento, che, una volta realizzata, sarà il
più grande impianto idro-elettrico africano. Tuttavia a lanciare l’allarme sono
gli ambientalisti: la diga potrebbe creare danni ambientali irrimediabili.
Secondo quanto calcolato dal professore di ingegneria dell’irrigazione
dell’Università di Alessandria, Haytham Awad, la diga ridurrebbe la quota
annuale di acqua destinata all’Egitto di circa 5 miliardi di metri cubi e se
l’Egitto cooperasse con l’Etiopia e comprasse parte dell’elettricità generata,
si potrebbe arrivare ad una soluzione condivisa.
Tuttavia quella che deve affrontare l’Egitto è
una vera e propria battaglia per l’acqua. E lo scenario, aggravato dalla
complicata situazione politica, si preannuncia difficile: il paese, il cui
settore agricolo costituisce il 13,5 % del PIL, dipende quasi interamente dalle
risorse idriche del Nilo ed una diminuzione del flusso d’acqua provocherebbe un
consistente aumento del costo d’approvvigionamento dell’acqua e conseguentemente
un innalzamento del prezzo dei prodotti agricoli. E in caso di mancato accordo
tra i vari paesi, la crisi potrebbe trasformarsi in una vera e propria guerra
per il controllo delle risorse idriche.
Anna CLEMENTI (NenaNews)
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