Anche se mancano ormai pochi mesi alla prevista entrata in funzione
dell’inceneritore del Gerbido in regime sperimentale, non c’è alcun
segnale di resa da parte della vasta galassia di movimenti e comitati
spontanei di cittadini responsabili che si oppongono con forza
all’inaugurazione del nuovo ecomostro. In questo rinnovato clima di
lotta si inserisce l’iniziativa del Coordinamento No Inceneritore Rifiuti ZeroTorino:
la presentazione di un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale
del Piemonte (T.A.R.), firmato dall’Associazione Pro Natura e da alcuni
cittadini residenti nelle vicinanze dell’erigendo impianto. Il Movimento
5 Stelle Piemonte ha dato disponibilità a fornire supporto finanziario
per affrontare le spese legali, integrando le donazioni volontarie dei
cittadini stessi.
Il ricorso - presentato contro la Provincia, il Comune di Torino, l’A.R.P.A. e T.R.M. - impugna il rinnovo dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) per la realizzazione e la successiva gestione
dell’inceneritore. Vengono asserite, in particolare, violazioni rispetto alla recente e consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di V.I.A. (ossia la valutazione dell'impatto ambientale dell'impianto sul territorio circostante), sulla base della legislazione ambientale interna, di norme europee in materia, nonché della Costituzione Italiana.
L’aspetto più innovativo del ricorso - che in questo si differenzia dalle altre cause legali presentate in precedenza - è che in esso sono presenti richieste volte a far valere la grave omissione dell’esame prioritario delle alternative all’incenerimento; esame prioritario dovuto in base alla vigente normativa internazionale ed europea, motivato dalla ormai scientificamente accertata tossicità per l’uomo di taluni inquinanti emessi da questi impianti e rispetto al quale il ricorso alle migliori tecnologie disponibili è criterio che opera in subordine.
Fra le motivazioni addotte dagli avvocati Mattia Crucioli ed Enzo Pellegrin nelle 41 pagine del documento, spicca l’ampia casistica di danni alla salute riscontrabili negli individui che vivono in prossimità degli inceneritori e che sono pertanto esposti a sostanze chimiche in grado di contaminare aria, cibo, acqua e suolo. Non a caso tutti i cittadini ricorrenti abitano entro un raggio di 3 km dall’attuale cantiere.
All’interno del ricorso, inoltre, vengono citati autorevoli studi e ricerche a sostegno delle asserzioni avanzate: fra questi il recentissimo Studio Moniter, promosso dalla Regione Emilia Romagna e pubblicato nel 2011, che ha preso in esame lo stato di salute degli abitanti nei pressi degli otto inceneritori presenti sul territorio regionale. Nello Studio è stato accertato un aumento di Linfomi Non Hodgkin, di bambini nati pretermine e con basso peso alla nascita connesso all’esposizione agli inquinanti tipici degli impianti d’incenerimento.
Questa azione legale è da considerarsi una grande battaglia di civiltà volta a dimostrare che la filosofia del «decisionismo ad ogni costo», completamente sordo ad ogni controindicazione, è una pratica politica indegna per un sistema democratico, soprattutto quando è seriamente minacciato l’inalienabile diritto alla salute. Occorre invece riaffermare, in casi come questo, l’importanza del «principio di precauzione».
Il ricorso - presentato contro la Provincia, il Comune di Torino, l’A.R.P.A. e T.R.M. - impugna il rinnovo dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) per la realizzazione e la successiva gestione
dell’inceneritore. Vengono asserite, in particolare, violazioni rispetto alla recente e consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di V.I.A. (ossia la valutazione dell'impatto ambientale dell'impianto sul territorio circostante), sulla base della legislazione ambientale interna, di norme europee in materia, nonché della Costituzione Italiana.
L’aspetto più innovativo del ricorso - che in questo si differenzia dalle altre cause legali presentate in precedenza - è che in esso sono presenti richieste volte a far valere la grave omissione dell’esame prioritario delle alternative all’incenerimento; esame prioritario dovuto in base alla vigente normativa internazionale ed europea, motivato dalla ormai scientificamente accertata tossicità per l’uomo di taluni inquinanti emessi da questi impianti e rispetto al quale il ricorso alle migliori tecnologie disponibili è criterio che opera in subordine.
Fra le motivazioni addotte dagli avvocati Mattia Crucioli ed Enzo Pellegrin nelle 41 pagine del documento, spicca l’ampia casistica di danni alla salute riscontrabili negli individui che vivono in prossimità degli inceneritori e che sono pertanto esposti a sostanze chimiche in grado di contaminare aria, cibo, acqua e suolo. Non a caso tutti i cittadini ricorrenti abitano entro un raggio di 3 km dall’attuale cantiere.
All’interno del ricorso, inoltre, vengono citati autorevoli studi e ricerche a sostegno delle asserzioni avanzate: fra questi il recentissimo Studio Moniter, promosso dalla Regione Emilia Romagna e pubblicato nel 2011, che ha preso in esame lo stato di salute degli abitanti nei pressi degli otto inceneritori presenti sul territorio regionale. Nello Studio è stato accertato un aumento di Linfomi Non Hodgkin, di bambini nati pretermine e con basso peso alla nascita connesso all’esposizione agli inquinanti tipici degli impianti d’incenerimento.
Questa azione legale è da considerarsi una grande battaglia di civiltà volta a dimostrare che la filosofia del «decisionismo ad ogni costo», completamente sordo ad ogni controindicazione, è una pratica politica indegna per un sistema democratico, soprattutto quando è seriamente minacciato l’inalienabile diritto alla salute. Occorre invece riaffermare, in casi come questo, l’importanza del «principio di precauzione».
Il Coordinamento No Inceneritore Rifiuti Zero Torino esprime infine la propria gratitudine a tutti i cittadini che hanno finora sostenuto economicamente la causa legale, ricordando che è possibile dare il proprio contributo alle donazioni seguendo le indicazioni contenute sul sito web www.noinctorino.org.
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