mercoledì 13 marzo 2019

[IRAN] Amnesty, violenza senza precedenti contro le donne che tolgono il velo

Le iraniane che protestano contro le imposizioni dei religiosi e si tolgono il velo in pubblico devono fronteggiare un «livello di violenza senza precedenti». 

Botte, arresti, minacce di morte

La nuova ondata di repressione è denunciata in un rapporto di Amnesty International, che ha rilanciato il lavoro delle attiviste de «La mia videocamera, la mia arma». Il giro di vite arriva in concomitanza della nomina da parte della guida suprema Ali Khamenei dell’oltranzista Ebrahim Raisi a capo del potere giudiziario. 
Una svolta «a destra», che sembra essersi concretizzata subito con la condanna abnorme subita dall’avvocatessa dei diritti umani Nasrin Sotoudeh: 33 anni di carcere e 148 frustate. Fra i capi di accusa c’era anche quello di essersi tolta il velo in pubblico e questo dimostra come il tema sia diventato centrale nel tentativo dell’ala radicale del regime di rinsaldare la presa sul Paese. Amnesty International ha raccolto centinaia di filmati delle attiviste. Mostrano i poliziotti «che le insultano e le minacciano, ordinano di rimettersi il velo, distribuiscono fazzoletti per togliere il trucco». Ma non basta. Gli agenti «le schiaffeggiano, le picchiano coi manganelli, le ammanettano». Un filmato mostra una discussione fra una donna e un uomo in borghese, che alla fine «la insulta e le spruzza in volto spray al peperoncino». Mariti che reagiscono In un video c’è un uomo in borghese accanto a un furgone della polizia, mentre punta con un’arma un uomo e una donna intervenuti per impedire un arresto. Ma ci sono anche casi di mariti o compagni delle donne in strada senza velo che reagiscono alle angherie e minacciano a loro volta gli agenti e i basiji, i volontari filo-governativi, segno di una insofferenza crescente nei confronti delle imposizioni religiose. 
Il velo obbligatorio è però un simbolo troppo importante della Repubblica islamica. Il rispetto della «decenza» e del «pudore» sono considerati imprescindibili. Una coppia di fidanzati, domenica scorsa, è finita agli arresti per essersi abbracciata in pubblico alla festa di fidanzamento e dopo che il video «scandaloso» era finito in Rete.
Ma proprio Internet è anche il motore delle proteste, per esempio attraverso la pagina Facebook «La mia libertà clandestina», la diffusione dei video di denuncia, o l’organizzazione dei «mercoledì bianchi», quando le donne indossano una sciarpa in segno di protesta. In base alla sharia le donne debbono coprirsi i capelli in pubblico dopo aver compiuto nove anni e se non rispettano l’imposizione sono punite con un multa o l’incarcerazione fino a due mesi. 
L’obbligo del velo, come sottolinea Philip Luther, direttore delle ricerche sul Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International, viene ormai utilizzato «per giustificare aggressioni in strada contro le donne e le ragazze». 

Giordano Stabile, La Stampa 13.03.2019
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