Il sociologo della modernità liquida è intervenuto a Milano per Meet
The Media Guru. Come è cambiata la nostra vita, divisa tra tra online e
offline?
"Devo deludervi, non sono un guru", ha esordito
Zygmunt Bauman, aprendo il suo intervento milanese a
Meet The Media Guru:
"non vi dirò come condurre la vostra vita". La conferenza di
Bauman, uno dei maggiori pensatori viventi, ha toccato molti aspetti
centrali della nostra condizione di esseri umani, a cominciare dal
rapporto con la vita digitale. Secondo il sociologo, la nostra esistenza
ha conosciuto, con la rivoluzione digitale, l'impatto con una
divisione, quella tra online e offline, che ci ha imposto di vivere allo
stesso tempo in due differenti dimensioni. In questo contesto, i
bambini incontrano Internet ormai già a 4 anni e crescono senza nemmeno
poter immaginare che la connessione al Web possa non esserci, tanto il
nostro rapporto con la vita online è diventato stretto. La
Rete, per Bauman, è parte del progresso, ma porta con sé anche un numero di
"perdite collaterali". L'automatizzazione del lavoro, ad esempio,
causa diminuzione di posti di lavoro "umani" sia nell'industria pesante
che nel lavoro intellettuale, ha puntualizzato Bauman:
"i server stanno immagazzinando la nostra conoscenza e la nostra capacità di memorizzare sta scomparendo".
Per esemplificare questa dicotomia tra guadagno e perdita dovuta al progresso, Bauman ha citato Mark Zuckerberg e l'incredibile successo di Facebook: il social network ha intercettato la nostra paura di non essere visti ed essere soli e ha fondato il suo successo sull'allontanamento di questa paura: "il fondamento delle relazioni online è la soddisfazione", ha specificato Bauman, "e le relazioni diventano estremamente fragili". Facebook ci dà un "gadget" che ci fa credere di poter incontrare 500 amici in un giorno stesso, "io non sono riuscito a farne altrettanti in 80 anni di vita", ha scherzato Bauman. "Il problema con Facebook e gli altri social netwok è che promettono esattamente quello che il progresso promette: rendere la nostra vita più semplice". Questo meccanismo si presenta anche nella gestione delle relazioni umane e sentimentali. Per Bauman, i social media servono, ad esempio, a rendere semplice la conclusione della relazione con un'altra persona, superando le dinamiche del mondo "offline". Ma siamo davvero felici di questa possibilità? Per Bauman la risposta è no: "la felicità non è evitare i problemi, la felicità è superarli".
La Rete, però, nella visione di Bauman porta con sé anche vantaggi, come la disponibilità quasi infinita di conoscenza: "con un click, Google ci presenta due milioni di risposte, un numero che non potremmo consultare nemmeno in tutta la nostra vita". Anche questo aspetto, però, ha un prezzo: l'impazienza e la perdita della capacità di conservare conoscenza "dentro di noi". Sono i server a conservare il nostro sapere, noi possiamo solo consultarlo e questo "avrà un effetto negativo sulla nostra creatività".
Per Zygmunt Bauman, Internet ci fa vivere "senza rischi", consentendoci di relazionarci solo con persone che la pensano come noi e condividono il nostro punto di vista: "le persone diventano così nostri specchi", ha spiegato Bauman; in caso contrario, "clicchiamo il tasto 'delete' e passiamo a un altro sito". Ma come uscire da questa condizione? Per l'autore della "vita liquida" una risposta è piuttosto ovvia: "parlando gli uni con gli altri e dimostrando interesse nel dialogo" per mantenere vivo l'interesse nei confronti di chi la pensa in modo diverso, evitando opinioni preconcette. La seconda soluzione è "essere aperti", dando inizio a un dialogo tenendo viva la possibilità che le nostre opinioni possano essere sbagliate. La terza possibilità è la cooperazione: "il dialogo non deve servire a far prevalere il nostro ego", ha spiegato Bauman, "perché nel dialogo con il diverso non devono esserci né vincitori, né vinti". Queste "arti" sono messe a repentaglio da Internet, nella visione di Bauman. Allo stato delle cose, riscoprire queste capacità di dialogo nei confronti del diverso è una questione "di vita o di morte" per il nostro futuro perché, ha chiosato Bauman, "Il futuro non esiste, il futuro va creato".
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