Dall’internazionalizzazione del conflitto siriano che si sta profilando
l’Italia potrebbe rimanere fuori: non vi parteciperà senza un mandato
delle Nazioni Unite, ma anche in presenza di questo, la decisione verrà
presa solo dopo un voto del Parlamento. Al momento in cui scriviamo,
sono queste le ultime dichiarazioni della nostra ministra degli Esteri
Emma Bonino (28 agosto). Non è un atteggiamento pilatesco ovviamente, ma
l’osservanza dell’art. 11 della nostra Costituzione: «L’Italia ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Disposizione che in nessun caso consente alla nostra nazione di agire un
attacco armato.
Come fa notare l’appello al governo italiano “Se vuoi la pace, prepara
la pace” lanciato da Stefano Rodotà, Maso Notarianni, Cecilia Strada,
Maurizio Landini, Marcello Guerra, Fiorella Mannoia, Alessandro
Robecchi, Marco Revelli e altri (lo si può firmare su change.org), il
secondo comma dell’art. 11 recita: «Consente, in condizioni di parità
con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove
e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Ovvero, sottolineano i firmatari, «la Costituzione non dice che l’Italia
può cedere sovranità per fare guerre ma, anzi, afferma che il nostro
Paese pur di assicurare pace e giustizia tra le Nazioni è disposta a
“cedere parte della sua sovranità”». Il popolo siriano «ha bisogno della
comunità internazionale, ma non dall’alto di un bombardiere», «ha
bisogno che la comunità internazionale smetta di considerare la guerra
come opzione possibile». «L’Italia – è la sollecitazione finale – si
metta a lavorare per costruire nel mondo pace e diritti e si chiami
fuori da questa guerra, chiunque decida di farla».
La nonviolenza è realistica
Anche Pax Christi Italia sul suo sito, con un appello firmato da Sergio
Paronetto, pubblicato anche su Avvenire (27/8) nella rubrica delle
“Lettere al direttore”, si richiama all’art. 11 della nostra Carta
costituzionale. «Come ripete spesso papa Francesco (con la Santa Sede),
la strada da seguire non è l’intensificazione militare del conflitto
armato, ma la “riconciliazione nella verità e nella giustizia” che può
trovare attuazione nella progettata Conferenza di pace di Ginevra.
Occorre attuare una svolta politica nonviolenta. La nonviolenza è
realistica», è «la pienezza di una politica attiva, determinata e
costante. In Siria, come altrove, è mancata una politica di pace con
mezzi di pace», mentre «finora hanno parlato le armi». In questo
contesto Paronetto ricorda l’attivismo del Mussalaha (v. Adista Notizie
nn. 25, 28/12 e 29/13), il movimento di riconciliazione siriana che il
direttore del quotidiano Marco Tarquinio, nella risposta a Paronetto,
definisce «unico segno di speranza», «esperienza, non solo una proposta,
che nel pieno della guerra, contraddicendola, è animata “dal basso” da
nostri fratelli e sorelle di fede ma che coinvolge anche personalità di
altre minoranze religiose e della maggioranza islamica. È una traccia
viva e preziosa. Che indica un cammino non facile né scontato».
Politici dormienti
“Sveglia!” è il significativo titolo dell’appello che chiama alla
mobilitazione politici e pacifisti evidentemente dormienti. Firmato da
Savino Pezzotta, don Luigi Ciotti, Flavio Lotti, Antonio Papisca, Beppe
Giulietti, Ottavia Piccolo, p. Efrem Tresoldi, Gabriella Stramaccioni e
altri (lo si può sottoscrivere all’indirizzo email:
adesioni@perlapace.it) e pubblicato sul sito del Sacro Convento di San
Francesco di Assisi (w.sanfrancescopatronoditalia.it), lancia l’allarme:
«Non c’è più tempo per l’indifferenza e l’ipocrisia. Agire è difficile.
Non farlo sarà catastrofico». E dunque, “sveglia!”: «Abbiamo bisogno
(…) di aprire un grande dibattito pubblico che consenta all’Italia di
definire una proposta politica lungimirante e di trasformarla in
politica europea»; «di mettere le istituzioni democratiche della
comunità internazionale nella condizione di operare tempestivamente ed
efficacemente per la risoluzione pacifica dei conflitti»; «di agire
concretamente senza dover ricorrere all'intervento armato».
«Possibile», si chiede incredulo il presidente della Focsiv Gianfranco
Cattai, unendosi all’appello di papa Francesco del 25 agosto (v. notizia
precedente), «che la comunità internazionale sappia solo passare
dall’immobilismo all’interventismo armato? Possibile che non sia capace
di affrontare con il dovuto realismo e responsabilità la grave
situazione siriana imponendo una soluzione negoziale che garantisca pace
nella giustizia?». Eppure, secondo la Focsiv, c’è una road map
percorribile: «Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu imponga il cessate il
fuoco ed offra alla Russia, nella prospettiva di una Siria unitaria,
federale e democratica, la garanzia di un’area di influenza dove ora vi è
il loro sbocco al Mediterraneo; instauri efficacemente una Corte
internazionale di giustizia per la Siria che accerti i crimini sia da
parte dei ribelli che del regime di Assad; aiuti la moltitudine dei
civili ridotti ormai ad estrema miseria; favorisca l'autodeterminazione
democratica del popolo siriano».
Un’oscenità morale frutto del commercio d’armi
È «profondamente preoccupata» Pax Christi International che chiede
«tempestivi sforzi diplomatici» per «bloccare immediatamente il flusso
di armi verso entrambe le parti e verso tutti i gruppi militanti»
(«molti Stati hanno contribuito ad alimentare il conflitto armato in
Siria») e «portare al tavolo delle trattative tutte le parti
direttamente o indirettamente coinvolte nel conflitto». Nella presa di
posizione, datata 29/8, Pax Christi International invita i leader
religiosi di ogni fede ad «usare la loro autorità morale per schierarsi,
chiaramente e con urgenza, in pubblico e in privato, contro l’uso della
violenza», richiedendo «con decisione una soluzione politica al
conflitto armato», promuovendo «campagne di preghiera, di
non-cooperazione e di testimonianza pubblica per mettere fine alla
violenza in Siria».
Dal sito pacifista Sibialiria.org l’associazione No War-Roma il 27
agosto dichiara tutto il suo scandalo: «Senza sapere – si legge
nell’appello che chiama alla mobilitazione – che cosa è successo e chi è
stato, applicando il principio di colpevolezza senza prove e a dispetto
del cui prodest, gli Usa e le altre potenze rivendicano la necessità di
un attacco diretto alla Siria parlando di “oscenità morale del regime
siriano”. L’oscenità morale è questa guerra. Chiediamo a tutti in tutto
il mondo di opporsi nelle strade».
«La guerra è la più grande violazione dei diritti umani, poiché essa
consiste della commissione di stragi», esemplifica dal canto suo Peppe
Sini del Centro di ricerca per la pace di Viterbo (28/8). «Sostenere che
si promuove una guerra per difendere i diritti umani – afferma – è una
contraddizione in termini. Solo la pace salva le vite e difende i
diritti umani». «L'obiettivo più urgente che l'umanità deve porsi è
abolire la guerra, prima che la guerra abolisca l'umanità», evidenzia
Sini. Che propone la sua ricetta: «Occorre la scelta della nonviolenza
come principio regolatore delle relazioni internazionali» e «ispiratore
della politica tout court», come «lotta la più nitida e la più
intransigente contro tutte le violenze, le oppressioni e le menzogne»
per la «liberazione dell’umanità».
Non è un appello, ma un’approfondita analisi politica della situazione
generatasi con la crisi siriana (come anche quella di Un Ponte per…, al
sito www.unponteper.it/fermare-lintervento-armato-in-siria-non-tagliamo-la-corda/)
la riflessione del Movimento nonviolento (30/8), che considera: «A
questo punto un intervento armato esterno, con i bombardamenti dall'alto
dei cieli, non solo è completamente privo di senso rispetto alla
situazione specifica, non solo, come tutte le guerre, aggiunge crimine a
crimine nei confronti della martoriata popolazione civile, non solo è
senza alcuna legittimità internazionale, ma è anche, nonostante il
dispiegamento di potenti e terrificanti armamenti, un grave di segno di
impotenza della comunità internazionale».
di eletta cucuzza
Adista n. 30/2013
Adista n. 30/2013
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