Una favola di Esopo divenuta celeberrima racconta di un pastore che, mentre conduceva le sue pecore a pascolare, decise di fare uno scherzo alla gente del suo villaggio, gridando in più occasioni “Al lupo, al lupo”, e facendo accorrere tanti – e inutilmente – con forconi e randelli, per poi prendersi gioco di loro. Quando veramente il lupo venne, anzi, venne un intero branco di lupi ad azzannare il suo gregge, il pastore gridò più forte, ma quella volta non fu creduto.
Anche noi oggi lanciamo il nostro “Al lupo! Al lupo!”, ma non è uno scherzo. E i nostri lettori, amici, abbonati, sostenitori, compagni di strada sanno bene che non siamo abituati a farne. In tutti questi anni, certo, la situazione del giornale è stata difficile, ma sempre nell’ambito della cronica difficoltà in cui è costretta a vivere una testata che non ha sponsor ecclesiastici e politici, né lobby economico-finanziarie che la coccolino affinché faccia da cassa di risonanza al pensiero dominante, ad un giornalismo che accarezza le coscienze, piuttosto che scuoterle e turbarle. Abbiamo, è vero, anche più volte chiesto ai nostri lettori di aiutarci, rinnovando il proprio abbonamento, sottoscrivendone un secondo da regalare, aggiungendo alla propria quota annuale un po’ di solidarietà. Ma si trattava soprattutto di aiutarci a vivere, in un contesto in cui anche l’informazione, come tutto, è merce. Ma dove la competizione tra le particolari merci che sono le informazioni non è mai alla pari.
Anche noi oggi lanciamo il nostro “Al lupo! Al lupo!”, ma non è uno scherzo. E i nostri lettori, amici, abbonati, sostenitori, compagni di strada sanno bene che non siamo abituati a farne. In tutti questi anni, certo, la situazione del giornale è stata difficile, ma sempre nell’ambito della cronica difficoltà in cui è costretta a vivere una testata che non ha sponsor ecclesiastici e politici, né lobby economico-finanziarie che la coccolino affinché faccia da cassa di risonanza al pensiero dominante, ad un giornalismo che accarezza le coscienze, piuttosto che scuoterle e turbarle. Abbiamo, è vero, anche più volte chiesto ai nostri lettori di aiutarci, rinnovando il proprio abbonamento, sottoscrivendone un secondo da regalare, aggiungendo alla propria quota annuale un po’ di solidarietà. Ma si trattava soprattutto di aiutarci a vivere, in un contesto in cui anche l’informazione, come tutto, è merce. Ma dove la competizione tra le particolari merci che sono le informazioni non è mai alla pari.
Grazie
a voi siamo arrivati fino a qui. Miracolosamente, per quasi 50 anni.
Ma oggi la situazione è diversa. E diversamente va raccontata ed
affrontata. Il passivo economico degli ultimi due esercizi finanziari è
di circa 50mila euro, anche se ci siamo ridotti i nostri già magri
stipendi e abbiamo operato tagli drastici alle nostre spese. Di questo
passo, entro 2-3 anni Adista sarà costretta a chiudere.
La
crisi, si dirà. Certo, perdiamo abbonati e contributi perché chi ci
legge è più povero, deve fare i conti con prospettive economiche e
lavorative non rosee e taglia dove può. Ma, non è solo il calo degli
abbonati, la ragione profonda del nostro “buco” di bilancio. Lo è
anche, e fortemente, il taglio drastico dei contributi dello Stato
all’editoria, ossia quei soldi che ogni anno i giornali ricevono come
rimborso parziale delle spese di carta, stampa, diffusione.
Per
quanto riguarda Adista si tratta oggi di cavarsela con circa 60mila
euro in meno all’anno rispetto al passato. Soldi che non si possono
considerare mero “assistenzialismo di Stato”, ma un piccolo atto di
giustizia, perché alla piccola editoria indipendente come la nostra
sono serviti per reggere la competizioni con i grandi colossi
editoriali, per resistere dentro un mondo, quello dell’informazione,
che è strutturalmente organizzato in maniera da schiacciare chi non ha
alle sue spalle qualche potente sponsor. I giornali cattolici, oltre
che fruire legittimamente dei finanziamenti statali, possono contare
anche sul sostegno delle istituzioni religiose dalle quali dipendono e
sulle sovvenzioni provenienti dall’8xmille alla Chiesa cattolica.
Adista no.
Certo
oggi più che “Al lupo! Al lupo!” come nella favola di Esopo, dovremmo
gridare “Al mercato! Al mercato!”, perché è questo sistema
strutturalmente iniquo che ci sta sbranando.
Ma
l’informazione è fondamento stesso della democrazia. Chi non conosce
non può scegliere. E, se sceglie, lo fa con poca o nessuna
consapevolezza. Dentro la Chiesa poi, il diritto all’informazione e
alla formazione di un’opinione pubblica di persone pensanti, oltre che
credenti, è ancora più drammaticamente necessario ed urgente,
soprattutto in un Paese come l’Italia.
Adista
è stato ed è uno dei pochi luoghi di informazione ecclesiale dove
tutto questo si è realizzato. Per questo chiediamo a voi, che ci avete
sempre sostenuto ed apprezzato, di riflettere sull’importanza che
Adista può ancora avere nel panorama informativo di questo Paese e di
questa Chiesa.
Se
credete che Adista costituisca ancora un piccolo “miracolo” nel mondo
della comunicazione, se pensate che Adista in fondo siamo tutti noi che
la facciamo, la leggiamo, la diffondiamo, allora aiutateci a far
vivere Adista. Considerate che la situazione è ad un punto di non
ritorno e che rinnovare il proprio abbonamento, sottoscriverne uno
nuovo, o regalarlo a qualcuno, o fare un versamento straordinario a
favore del giornale significa fare un atto sommamente militante e
sommamente politico, non di semplice solidarietà. Significa compiere la
scelta consapevole di un impegno radicale e concreto, per far vivere
il progetto che ci ha visto camminare assieme praticamente da quando è
stato chiuso il Concilio. Per realizzare il nostro sogno di Chiesa,
società ed umanità nuova, nonostante i tempi e la realtà che viviamo
continuino a volerci negare il diritto di esserci e di esprimerci.
Grazie e buon viaggio insieme, per tanti anni ancora.
Potete fare il vostro versamento militante (causale: Sostengo Adista) tramite:
– bollettino di c.c.p. sul conto n. 33867003 intestato ad Adista, via Acciaioli 7 – 00186 Roma;
– con assegno bancario non trasferibile intestato ad Adista; o anche con bonifico bancario su Banca Popolare dell'Emilia Romagna (BPER): coordinate IBAN IT36J0538703222000000060548 (dall'estero aggiungere BPMOIT22XXX);
– tramite Carta di credito Visa, Mastercard: pagamento sicuro Bankpass direttamente sul nostro sito internet (sezione “Abbonati”; riquadro: “Versamento libero”).
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.