Il Contratto Mondiale sull’Acqua replica alle dichiarazioni del presidente di Nestlè
“L’acqua non è una merce e pertanto è assurdo creare una Borsa mondiale dell’acqua!”.
Così il Comitato italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua replica alla proposta lanciata martedì 10 maggio a Ginevra dal presidente della multinazionale Nestlè, Peter Brabeck, di costituire una “Borsa mondiale dell’acqua”, allo stesso livello delle Borse esistenti che regolamentano le merci.
“La proposta di consolidare un approccio già dominate che punta a classificare l’acqua come una merce a valenza economica, costituisce una provocazione che lascia chiaramente trasparire gli interessi dei principali gruppi economici e finanziari mondiali e come intendono gestire e governare il bene comune acqua nel corso dei prossimi anni. Siamo in presenza di una proposta folle e dannosa, che va rigettata con forza attraverso azioni di contrasto da parte dei cittadini di ogni parte del mondo”, dichiara Rosario Lembo, presidente del Comitato italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua che da oltre dieci anni è impegnato in Italia ed in Europa a promuovere una cultura dell’acqua come diritto umano e bene comune. ( www.contrattoacqua.it ) La proposta della “Borsa mondiale dell’acqua” è stata avanzata da Nestlè allo Stato di Alberta, in Canada, come soluzione per ridurre la concorrenza e competizione scoppiata rispetto ai prelievi fra agricoltori e compagnie petrolifere. “E’ assurdo pensare che l’accesso all’acqua potabile, che l’ONU ha di recente riconosciuto come un diritto umano, possa essere regolato attraverso una Borsa mondiale, analogamente a quanto è purtroppo avvenuto per il petrolio, i semi, il grano”, sottolinea Lembo. “Non è attraverso lo strumento del prezzo che si può pensare di contrastare la competitività crescente tra gli usi produttivi delle risorse idriche e quindi fra agricoltura ed idroelettrico o di ridurre gli sprechi, affidando all’aumento del prezzo la riduzione dei consumi per superare i trend crescenti di depauperamento e scarsità delle risorse idriche”. “Anche in chiave italiana questa proposta costituisce un campanello di allarme che deve fortemente stimolare gli italiani a recarsi il 12 e 13 Giugno a votare i Referendum sull’acqua”, sottolinea Roberto Fumagalli, vicepresidente Cicma e referente per la Lombardia del Comitato referendario 2 Si per l’acqua bene comune. “Se in Italia vogliamo sottrarre l’acqua al mercato ed alla speculazione finanziaria, è opportuno che ogni italiano si rechi alle urne per votare i due quesiti referendari sull’acqua, chiedendo l’abrogazione delle leggi votate dal Parlamento italiano che definiscono l’acqua una merce da affidare ai privati e che garantiscono un profitto ai gestori dei servizi idrici”.
L’acqua non è una merce e non appartiene ai mercati e alle Borse, ma ai cittadini che devono farsi carico, in maniera responsabile e solidale, rispetto agli usi ed alle modalità con cui garantirne l’accesso alle future generazioni.
“La proposta di consolidare un approccio già dominate che punta a classificare l’acqua come una merce a valenza economica, costituisce una provocazione che lascia chiaramente trasparire gli interessi dei principali gruppi economici e finanziari mondiali e come intendono gestire e governare il bene comune acqua nel corso dei prossimi anni. Siamo in presenza di una proposta folle e dannosa, che va rigettata con forza attraverso azioni di contrasto da parte dei cittadini di ogni parte del mondo”, dichiara Rosario Lembo, presidente del Comitato italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua che da oltre dieci anni è impegnato in Italia ed in Europa a promuovere una cultura dell’acqua come diritto umano e bene comune. ( www.contrattoacqua.it ) La proposta della “Borsa mondiale dell’acqua” è stata avanzata da Nestlè allo Stato di Alberta, in Canada, come soluzione per ridurre la concorrenza e competizione scoppiata rispetto ai prelievi fra agricoltori e compagnie petrolifere. “E’ assurdo pensare che l’accesso all’acqua potabile, che l’ONU ha di recente riconosciuto come un diritto umano, possa essere regolato attraverso una Borsa mondiale, analogamente a quanto è purtroppo avvenuto per il petrolio, i semi, il grano”, sottolinea Lembo. “Non è attraverso lo strumento del prezzo che si può pensare di contrastare la competitività crescente tra gli usi produttivi delle risorse idriche e quindi fra agricoltura ed idroelettrico o di ridurre gli sprechi, affidando all’aumento del prezzo la riduzione dei consumi per superare i trend crescenti di depauperamento e scarsità delle risorse idriche”. “Anche in chiave italiana questa proposta costituisce un campanello di allarme che deve fortemente stimolare gli italiani a recarsi il 12 e 13 Giugno a votare i Referendum sull’acqua”, sottolinea Roberto Fumagalli, vicepresidente Cicma e referente per la Lombardia del Comitato referendario 2 Si per l’acqua bene comune. “Se in Italia vogliamo sottrarre l’acqua al mercato ed alla speculazione finanziaria, è opportuno che ogni italiano si rechi alle urne per votare i due quesiti referendari sull’acqua, chiedendo l’abrogazione delle leggi votate dal Parlamento italiano che definiscono l’acqua una merce da affidare ai privati e che garantiscono un profitto ai gestori dei servizi idrici”.
L’acqua non è una merce e non appartiene ai mercati e alle Borse, ma ai cittadini che devono farsi carico, in maniera responsabile e solidale, rispetto agli usi ed alle modalità con cui garantirne l’accesso alle future generazioni.
R. Lembo
Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’acqua – Onlus – C.F 97276140155
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e-mail : segreteria@contrattoacqua.it – sito www.contrattoacqua.it
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La notizia di certo non sorprende, né giunge inaspettata. La Nestlé ha proposto alla regione canadese dell'Alberta di creare una borsa dell'acqua – così come avvenuto per altre materie prime – per risolvere un'annosa questione di concorrenza. L'acqua della zona infatti è contesa dagli agricoltori locali che la utilizzano per irrigare i campi coltivati, e dalle compagnie petrolifere, come la Syncrude o la Suncor, cui invece è necessaria – in grandi quantità – per estrarre il petrolio dalle sabbie bitumose.
In una intervista rilasciata alla Reuters, il presidente della Nestlé Peter Brabeck ha in pratica affermato che l'acqua dovrebbe essere trattata “più come il petrolio”. Con il petrolio “è evidente cosa accade quando la domanda sale. Il mercato reagisce e le persone iniziano ad usarlo in maniera più efficiente”. Brabeck spinge il suo paragone fino al punto per lui più conveniente, quello dell'efficienza. Ma noi vogliamo andare più avanti. Abbiamo detto di considerare l'acqua come il petrolio. Ma cosa sta accadendo con il petrolio? Sul fronte dell'offerta, il petrolio è una risorsa in rapido esaurimento; se ne riesce ad estrarre sempre meno e quelle poche gocce preziose le si ottengono a fronte di uno sforzo sempre più elevato. Sul fronte della domanda, la richiesta continua a crescere e continuiamo a vivere in una società che basa sull'oro nero gran parte della sua produzione. Cosa avviene? Il prezzo sale costantemente e sempre meno persone saranno in grado di acquistare petrolio o suoi derivati (fra cui l'energia da esso prodotta). Fin qui poco male, anzi. Un aumento vertiginoso del prezzo di benzina & co. porterà ad un ripensamento forzato delle strategie energetiche dei paesi industrializzati in chiave, si spera, ecosostenibile.
Ma immaginiamo che lo stesso accada con l'acqua. Supponiamo che l'aumento della richiesta – determinato dal costante aumento della popolazione mondiale – ed il calo della disponibilità – dettato invece dall'impoverimento e dalla contaminazione delle falde acquifere – facciano “reagire il mercato” causando un aumento considerevole dei prezzi dell'acqua. Che faremo allora? Sostituiremo l'acqua con un'altra risorsa più abbondante ed economica? Difficile da immaginare. Più plausibilmente, le fasce più povere della popolazione perderanno l'accesso all'acqua potabile e dovranno, sempre che gli sia concesso, ricorrere all'acqua piovana o ad altre acque poco sicure, con il rischio della diffusione di malattie ed epidemie. Le multinazionali, grazie al loro potere d'acquisto, domineranno incontrastate sul mercato dell'acqua, dettandone regole e prezzi. E l'acqua da diritto di tutti passerà ad essere un privilegio di pochi.
La notizia ha suscitato fin da subito le reazioni delle associazioni che si occupano delle risorse idriche. "Affidare l'acqua alla borsa - ha affermato Riccardo Petrella, presidente dell'I.E.R.P.E (Istituto Europeo di Ricerca sulle Politiche dell'Acqua) - significa confiscare ai popoli della Terra un bene comune pubblico insostituibile per la vita, consegnando il futuro della vita di milioni di persone al potere di arricchimento di pochi grandi speculatori finanziari".
Simile reazione da parte del Comitato Promotore 2 Sì per l'Acqua Bene Comune, che ha dichiarato che "l'acqua non è una merce e non appartiene ai mercati e alle Borse, ma ai cittadini che devono farsi carico, in maniera responsabile e solidale, rispetto agli usi ed alle modalità con cui garantirne l'accesso alle future generazioni".
Rosario Lembo, presidente del Comitato italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua, ha parlato di una "proposta folle e dannosa, che va rigettata con forza attraverso azioni di contrasto da parte dei cittadini di ogni parte del mondo".
Purtroppo, l'unica voce fuori dal coro è stata del governo dell'Alberta, che è invece apparso entusiasta della proposta, ed ha già approntato la prima mossa: creare una distinzione tra diritti alla terra e diritti all'acqua, di modo che il possesso della terra non implichi il diritto all'acqua che vi scorre.
ilcambiamento.it 16.05.11
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