Lo scorso 15 febbraio l'Autorità Garante della Concorrenza e del mercato ha inoltrato al Parlamento la relazione con la quale, secondo la vigente disciplina in materia di conflitto di interessi, ogni semestre dovrebbe informare il Parlamento degli episodi di conflitto da parte dei membri del Governo riscontrati e dei provvedimenti adottati.
Quella appena arrivata a Montecitorio è la dodicesima relazione.
Negli ultimi sei anni, tuttavia, le ipotesi nelle quali l'Autorità ha registrato conflitti o incompatibilità si contano sulla punta delle dita e riguardano, sempre, "figure minori" ed episodi davvero di poco conto rispetto ai grandi conflitti di interesse sotto gli occhi di tutti e dei quali siano, ormai, rassegnati a leggere su qualche giornale e, più di rado, a sentir parlare in televisione.
Ancora una volta, anche in relazione al semestre giugno-dicembre 2010, secondo l'Autorità va tutto bene.
Né il Presidente del Consiglio né i membri del suo Governo avrebbero, infatti, indebitamente gestito la "cosa pubblica" a proprio vantaggio e per proprio comodo o, almeno, mai lo avrebbero fatto adottando atti in conflitto di interessi nel senso previsto dalla vigente disciplina.
Leggere la relazione dell'Autorità Garante è un'esperienza disarmante e, ad un tempo sconfortante che, pure, aiuta a capire che se il Paese si trova nell'attuale condizione la colpa non può semplicemente essere attribuita all'attuale maggioranza ma va, con maggior onestà intellettuale, equamente imputata a chi, negli anni passati, pur avendo i numeri per cambiare le "regole del gioco" democratico ha preferito guardare dall'altra parte e preoccuparsi di altro.
Il presidente del Consiglio dei ministri, Tycoon indiscusso dell'industria radiotelevisiva italiana, assume - e conserva per oltre 150 giorni - l'incarico, ad interim, di ministro dello Sviluppo economico, dicastero nella cui sfera di competenza, rientra anche la materia delle comunicazioni e, dunque, la gestione dell'universo radiotelevisivo ma, secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è tutto regolare e non c'è alcun conflitto di interessi perché "La circostanza che alcune imprese di proprietà del presidente del Consiglio operassero in settori interessati dalle attribuzioni istituzionali del ministero dello Sviluppo economico, non ha potuto di per sé costituire una condizione sufficiente per avviare un procedimento ai sensi dell'art. 6, della legge sul conflitto di interessi." in quanto "A tale fine, si sarebbe dovuto, in concreto, individuare un atto (o omissione) posto in essere dall'on. Berlusconi che fosse suscettibile di incidere sul settore radiotelevisivo in cui operano le società delle quali il medesimo titolare di carica è proprietario."
L'atto in questione arriva il 6 agosto 2010, in piena estate, quando il Ministro dello Sviluppo economico, alias Silvio Berlusconi, assegna alla RTI SpA - ovvero ad una società di sua proprietà - l'utilizzo provvisorio del canale 58, affinché lo utilizzasse sino alla data di pubblicazione del bando di gara per l'assegnazione delle frequenze destinate al dividendo digitale. Un bel vantaggio per le imprese del biscione ed un grande svantaggio per i concorrenti ma, anche in questo caso, secondo l'Autorità Garante, va tutto bene. Scrivono, infatti, gli uffici dell'Autorità nella relazione "L'Autorità, avendo verificato che tale autorizzazione era stata rilasciata, su richiesta di Elettronica Industriale Spa [n.d.r. controllante di RTI], dalla 'Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione' del Dipartimento comunicazioni, a seguito di parere positivo espresso dalla Direzione generale Pianificazione e gestione dello spettro radioelettrico dello stesso Dipartimento, ne riconosceva la piena natura amministrativa, non ritenendo l'atto in alcun modo riferibile al vertice politico". Come dire giacché non è stato Berlusconi ad auto-assegnarsi le frequenze in questione ma se le è fatte assegnare dai dirigenti del ministero del quale era responsabile ad interim, deve escludersi l'ipotesi del conflitto di interessi.
In Italia non c'è nessun conflitto di interessi: non c'è se il Ministero delle comunicazioni è gestito come se fosse un ufficio di RTI, non c'è quando il parlamento è trasformato d'imperio nello Studio Legale dell'Avv. Ghedini, non c'è quando immobili pubblici vengono utilizzati in modo clientelare e, naturalmente, non c'è neppure quando si usano le risorse pubbliche per garantire al Sovrano qualche momento di relax ed intrattenimento.
E' troppo augurarsi che la nuova stagione politica - quando sarà - possa, tra l'altro, inaugurarsi con il varo di una nuova legge sul conflitto di interessi?
Quella appena arrivata a Montecitorio è la dodicesima relazione.
Negli ultimi sei anni, tuttavia, le ipotesi nelle quali l'Autorità ha registrato conflitti o incompatibilità si contano sulla punta delle dita e riguardano, sempre, "figure minori" ed episodi davvero di poco conto rispetto ai grandi conflitti di interesse sotto gli occhi di tutti e dei quali siano, ormai, rassegnati a leggere su qualche giornale e, più di rado, a sentir parlare in televisione.
Ancora una volta, anche in relazione al semestre giugno-dicembre 2010, secondo l'Autorità va tutto bene.
Né il Presidente del Consiglio né i membri del suo Governo avrebbero, infatti, indebitamente gestito la "cosa pubblica" a proprio vantaggio e per proprio comodo o, almeno, mai lo avrebbero fatto adottando atti in conflitto di interessi nel senso previsto dalla vigente disciplina.
Leggere la relazione dell'Autorità Garante è un'esperienza disarmante e, ad un tempo sconfortante che, pure, aiuta a capire che se il Paese si trova nell'attuale condizione la colpa non può semplicemente essere attribuita all'attuale maggioranza ma va, con maggior onestà intellettuale, equamente imputata a chi, negli anni passati, pur avendo i numeri per cambiare le "regole del gioco" democratico ha preferito guardare dall'altra parte e preoccuparsi di altro.
Il presidente del Consiglio dei ministri, Tycoon indiscusso dell'industria radiotelevisiva italiana, assume - e conserva per oltre 150 giorni - l'incarico, ad interim, di ministro dello Sviluppo economico, dicastero nella cui sfera di competenza, rientra anche la materia delle comunicazioni e, dunque, la gestione dell'universo radiotelevisivo ma, secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è tutto regolare e non c'è alcun conflitto di interessi perché "La circostanza che alcune imprese di proprietà del presidente del Consiglio operassero in settori interessati dalle attribuzioni istituzionali del ministero dello Sviluppo economico, non ha potuto di per sé costituire una condizione sufficiente per avviare un procedimento ai sensi dell'art. 6, della legge sul conflitto di interessi." in quanto "A tale fine, si sarebbe dovuto, in concreto, individuare un atto (o omissione) posto in essere dall'on. Berlusconi che fosse suscettibile di incidere sul settore radiotelevisivo in cui operano le società delle quali il medesimo titolare di carica è proprietario."
L'atto in questione arriva il 6 agosto 2010, in piena estate, quando il Ministro dello Sviluppo economico, alias Silvio Berlusconi, assegna alla RTI SpA - ovvero ad una società di sua proprietà - l'utilizzo provvisorio del canale 58, affinché lo utilizzasse sino alla data di pubblicazione del bando di gara per l'assegnazione delle frequenze destinate al dividendo digitale. Un bel vantaggio per le imprese del biscione ed un grande svantaggio per i concorrenti ma, anche in questo caso, secondo l'Autorità Garante, va tutto bene. Scrivono, infatti, gli uffici dell'Autorità nella relazione "L'Autorità, avendo verificato che tale autorizzazione era stata rilasciata, su richiesta di Elettronica Industriale Spa [n.d.r. controllante di RTI], dalla 'Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione' del Dipartimento comunicazioni, a seguito di parere positivo espresso dalla Direzione generale Pianificazione e gestione dello spettro radioelettrico dello stesso Dipartimento, ne riconosceva la piena natura amministrativa, non ritenendo l'atto in alcun modo riferibile al vertice politico". Come dire giacché non è stato Berlusconi ad auto-assegnarsi le frequenze in questione ma se le è fatte assegnare dai dirigenti del ministero del quale era responsabile ad interim, deve escludersi l'ipotesi del conflitto di interessi.
In Italia non c'è nessun conflitto di interessi: non c'è se il Ministero delle comunicazioni è gestito come se fosse un ufficio di RTI, non c'è quando il parlamento è trasformato d'imperio nello Studio Legale dell'Avv. Ghedini, non c'è quando immobili pubblici vengono utilizzati in modo clientelare e, naturalmente, non c'è neppure quando si usano le risorse pubbliche per garantire al Sovrano qualche momento di relax ed intrattenimento.
E' troppo augurarsi che la nuova stagione politica - quando sarà - possa, tra l'altro, inaugurarsi con il varo di una nuova legge sul conflitto di interessi?
[guido scorza]
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