Lula nella bufera.
Brasile: malcostume e
corruzione travolgono il Pt.
La crisi istituzionale brasiliana
ha toccato in questi mesi il suo apice. La scoperta dei recenti casi di
corruzione all’interno del Pt (Partito dei Lavoratori), la principale compagine
dell’establishment del presidente
Ignacio Lula da Silva, ha provocato un vero e proprio terremoto politico,
gettando nello sconforto tutti coloro che avevano riposto più di una speranza
nel vento di rinnovamento di Porto Alegre e intravisto nell’esperienza di
governo brasiliana una valida risposta alle forme burocratiche di
organizzazione-partito del passato.
Nel 2002 Lula è stato eletto presidente contando sul
sostegno di ampi settori popolari e di sinistra del Paese (dai “senza terra” al
sindacato, dagli ecologisti ai gruppi politici di orientamento socialista), ma
non solo. L’ex leader dei metalmeccanici ha vinto anche grazie al contributo
decisivo della borghesia e degli interessi economici nazionali “che rifuggivano
dal Trattato Alca di unificazione economica dell’intero continente americano
sotto l’egida del dollaro e della potenza degli Stati Uniti. In Brasile anche i
capitali interni cercavano una risposta al fallimento del neoliberismo e
riconoscevano in Lula il personaggio politico che poteva unificare radicalità
di orientamenti strategici con moderazione tattica.” *
Fin da subito alle speranze di un
miglioramento delle condizioni di vita dei ceti più poveri, attraverso il piano
denominato “Fame Zero”, si sono aggiunte le difficoltà per la stabilità
dell’assetto economico-finanziario del colosso industriale brasiliano, da
sempre sottoposto all’indebitamento verso il Fondo Monetario Internazionale e
la Banca Mondiale. Questo ha fatto sì che l’azione di governo di Lula, almeno
in un primo tempo, si sia concentrata più sul problema dell’equilibrio
finanziario dei conti che sulla risoluzione dei problemi sociali in cui si
trova coinvolta la nazione: la questione agraria che rende necessaria una più
equa distribuzione della terra (vedi le rivendicazioni del movimento dei “Sem
Terra”) e l’aumento della povertà e dell’esclusione sociale.
A lungo andare, i ritardi nella
realizzazione dei piani riformatori promessi dal governo hanno contribuito ad
incrinare i rapporti tra il presidente e la sua base elettorale (anche
all’interno dello stesso Pt), con una conseguente caduta di consenso popolare.
La fragilità della democrazia brasiliana è poi emersa in tutta chiarezza quando
sono scoppiati i primi scandali di malaffare. Lo scorso 11 luglio il deputato
dell’opposizione Ramos da Silva, esponente del Partito del Fronte Liberale
(PFL) è stato scoperto con alcune valigette piene di denaro ricevuto da
dirigenti del Pt.
Dopo accurate indagini è venuta a
galla tutta la verità sui casi di “compravendita” dei parlamentari
dell’opposizione, convinti a suon di reais
a cambiar casacca approdando nelle file della risicata maggioranza parlamentare
che sostiene Lula al governo. Ecco spiegata l’insolita transumanza che da due
anni a questa parte ha fatto cambiare colore politico a ben 124 deputati, che
ora siedono sui banchi della maggioranza. Ma non finisce qui. Col passare dei
mesi, i periodici brasiliani hanno reso noti altri inquietanti episodi di
corruzione che riguardano i tesorieri del Pt, sempre più avidi nell’incassare
tangenti in cambio della concessione di licenze pubbliche o di sgravi economici
ai richiedenti.
I sospetti di corruzione giungono
molto in alto negli ambienti del Pt, fino a lambire la figura dello stesso Lula
- che tuttavia si è sempre dichiarato estraneo a qualsiasi coinvolgimento nella
vicenda -, minando gravemente la sua personale fama di leader moralmente
integerrimo. Messo con le spalle al muro dal clamore degli scandali, il
presidente brasiliano non ha potuto far altro che avviare un processo di epurazione
per eliminare le “mele marce” dal suo partito. Repentinamente sono stati
destituiti il segretario generale e il tesoriere del Pt, insieme al ministro
José Dirceu (braccio destro di Lula fino all’esplosione della questione morale
in seno al governo), anch’egli costretto a rassegnare le dimissioni.
Anche se colpito nella
credibilità della sua immagine, a causa di molti suoi funzionari disonesti e
delle loro perverse logiche di potere, il Partido dos Trabalhadores rimane pur
sempre il principale referente dei partiti popolari e, attualmente, l’unico
ancora in grado di influenzare le scelte del governo verso prospettive di
giustizia e progresso sociale. “Come cittadino, - afferma lo scrittore
brasiliano Frei Betto, esponente della Teologia della Liberazione - constato
che il ruolo del Pt è imprescindibile per il futuro del Paese. Se questo
partito dovesse essere spazzato via insieme ai suoi dirigenti sospettati o
colpevoli di corruzione, a quale altro orizzonte potrebbero rivolgere le
proprie speranze i poveri?”. Nessuno tra gli altri partiti progressisti
potrebbe oggi sostituirsi al Pt per rappresentare sul terreno politico le
istanze delle classi popolari. Anche per questo motivo il Partito dei
Lavoratori deve essere salvato dal rischio di estinzione, depurandosi però
dalle scorie che ne stanno avvelenando l’integrità morale. E’ in gioco il
futuro della democrazia brasiliana.
Andrea “Chile” Necciai
Note:
*
da “I dolori di Lula” di Aldo Garzia, rivista “Aprile” – settembre 2005.