Una nuova ALBA.
Dal Venezuela
bolivariano il sogno di un’America Latina unita e solidale.
Lo scorso aprile Fidel Castro e
Hugo Chavez hanno siglato uno storico accordo di cooperazione economica e
sociale tra Cuba e Venezuela. E’ il primo passo dell’Alba, o “Alternativa
Bolivariana per le Americhe”, aperta anche agli altri paesi dell’America
Centrale e Meridionale, che dovrebbe portare tra breve alla creazione di un
nuovo asse politico-economico in grado di contrastare i piani dell’ALCA (Area
di Libero Commercio delle Americhe) e le velleità imperialiste nordamericane
sul continente. Si tratta - secondo le dichiarazioni del suo ideatore, il
presidente venezuelano Chavez - di un processo di progressiva integrazione atto
a sviluppare “lo stato sociale, nell’interesse non delle élite, ma della
gente”.
Finora in America Latina i regimi
di commercio proposti - e imposti - dagli Usa hanno potenziato enormemente le
lobbies di potere, e non sono risultati altro che saccheggi neoliberali di
paesi come l’Argentina e il Messico (tanto per citare due tra le vittime più in
vista), hanno avuto effetti devastanti sulle economie agricole ed hanno
immiserito ancor più i lavoratori e le popolazioni indigene. Da qui il bisogno
impellente di sviluppare un progetto economico-sociale alternativo al sistema
neoliberista, nella convinzione che “solo un’integrazione basata sulla
cooperazione, sulla solidarietà e sulla volontà comune di avanzare tutti di
comune accordo verso livelli di sviluppo più elevati può soddisfare le necessità
e i desideri dei paesi latinoamericani e caraibici e, allo stesso tempo,
preservare la loro indipendenza, sovranità e identità”.*
A pochi mesi dalla sua genesi, il
primo esperimento di “Alba” comincia a dare i suoi frutti. Il Venezuela, in
cambio dell’export di petrolio e di materiali da costruzione verso Cuba, sta
attualmente beneficiando del lavoro di 20.000 dottori cubani, i quali hanno
aperto cliniche mediche nei barrios e
nelle comunità rurali che non hanno mai goduto dei servizi medici, mentre i programmi
di alfabetizzazione “hanno insegnato a 1,1 milioni di venezuelani a leggere e a
scrivere solo durante l’ultimo anno”. Il tutto è stato finora realizzato con
grande fluidità, senza passare attraverso l’intermediazione dei sistemi bancari
internazionali e tralasciando gli interessi delle grandi compagnie.
Ma l’isola caraibica non è
l’unico partner affidabile per il
Venezuela bolivariano. L’iniziativa di Chavez si sta facendo largo anche nel
Cono Sud, coinvolgendo i principali governi della regione nella costruzione di
solidi legami di cooperazione, a cominciare dall’Argentina “che già paga per
gli 8 milioni di barili di greggio venezuelani importati, ma non in contanti o
in valuta - che non possiede - bensì con i bovini, di cui abbonda”.
Nell’immediato, le prossime tappe
dell’Alba prevedono la ratifica di 26 accordi di collaborazione tra Brasile e
Venezuela, e la fondazione di Petrosur, un’alleanza petrolifera che porterà
presto alla riduzione dal 30% al 50% del prezzo per i paesi consumatori,
percentuali che sotto il sistema attuale vanno alle compagnie petrolifere, cioè
agli intermediari speculatori capitalisti.
Nel settore delle
telecomunicazioni la novità si chiama invece Telesur: la prima televisione
satellitare interamente latinoamericana costituita da un consorzio di emittenti
pubbliche di Venezuela, Argentina, Uruguay, Cuba e - prossimamente - Brasile.
Secondo i programmi dei suoi fondatori - tra questi lo stesso Hugo Chavez -, la
neonata tv sarà in grado di fornire al pubblico notizie globali dal punto di
vista dell’America Latina e dei suoi interessi, offrendo così un’alternativa
valida al duopolio CNN-BBC che domina attualmente l’etere continentale.
Di fronte alla sfida
“bolivariana” lanciata da Chavez, gli Stati Uniti stanno tentando di contrastare
la nuova tappa dell’integrazione sudamericana con ogni mezzo, contrapponendo
all’Alba una serie di trattati di libero commercio (TLC) con i paesi dell’area
più “docili” nei loro confronti. In quest’ottica di ostruzionismo va vista
anche la recente visita di Donald Rumsfeld in Perù e Paraguay, per quanto sia
stata giudicata poco fruttuosa dagli Usa e inconcludente per tutti.
Comunque sia, la partita a
scacchi tra Chavez e Bush rimane tuttora aperta, e non è da escludere che gli
Stati Uniti possano ricorrere ancora una volta a metodi molto più spicci della
semplice azione diplomatica per dissuadere i governi pro Alba a rivedere le
loro posizioni rispetto alle proposte di Caracas. Ovviamente, le maggiori
minacce di rappresaglia (anche militare) incombono proprio sul Venezuela
bolivariano, che la Casa Bianca ha sempre stigmatizzato come la principale
fonte di destabilizzazione, insieme a Cuba, dell’intero continente
latinoamericano. Non si deve dimenticare
che nel 2002 Washington, insieme alla Spagna di Aznar, non esitò a riconoscere
come legittimo il governo golpista di Pedro Carmona Estanga che per breve tempo
spodestò Chavez senza però riuscire a consolidarsi per l’ostilità di Argentina
e Brasile (e dello stesso popolo venezuelano), permettendo infine all’ex-ufficiale
dei paracadutisti di riprendersi il suo posto nel Palazzo di Miraflores.
Dopo quel precedente e
considerando l’attuale livello critico delle relazioni Usa-Venezuela, sono in
molti ora a scommettere che la “lunga mano” della Cia non tarderà nuovamente a
comparire come un deus ex machina per
risolvere, una volta per tutte, la grana di Hugo Chavez e della sua “ALBA”.
Andrea “Chile” Necciai
“La politica è l’arte di rendere possibile domani quel che sembra
impossibile oggi”.
(Hugo Chavez)
Note: * Dalla Dichiarazione Congiunta di Cuba
e Venezuela sull’applicazione dell’ALBA, L’Avana 14/12/2004.
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