Lettera di Maria Fida Moro agli italiani, in occasione del 9 maggio
“Mi rivolgo agli
italiani tutti per fare un parallelo tanto dolente quanto doveroso. La
frase iniziale non è mia. L’ho presa in prestito, accorpando le parole
da un articolo a firma Massimiliano Panarari, uscito su La Stampa il 20
aprile ultimo scorso. Vorrei condividere un’annotazione, anzi due, su
maggio e il coronavirus. Questa tragica pandemia si è portata via tante
persone che si sono ammalate, sono state trasportate in ospedale e sono
morte. Senza che i relativi familiari potessero mai più vederle né vive
né morte. Quindi adesso è più facile comprendere cosa abbiamo provato
noi il 16 marzo del 1978 quando nostro padre Aldo Moro è stato rapito e
poi fatto ritrovare morto, crivellato di colpi, in una Renault4 rossa il
9 maggio. Questa è la prima similitudine.
La seconda è che le
coincidenze della vita quasi mai sono coincidenze. Ad esempio il Covid19
(numero che rappresenta la morte nella numerologia della grande
piramide) ci ha “imprigionati” in casa l’8 marzo e rimessi in giro, in
una parvenza di libertà, il 4 maggio. Se contiamo si tratta di 56
giorni. Mio padre è stato rapito il 16 marzo e ucciso il 9 maggio: 55
giorni, giorni nei quali non si sapeva niente di certo. Ad oggi gli
italiani sono in grado, avendolo sperimentato sulla propria pelle,
quanto siano lunghi e drammatici 55 giorni. Ma non finisce qui. Sono
anni che, a voce e per iscritto, io dico che l’Italia non si salverà se
non si assumerà la responsabilità etica della crudelissima ed ingiusta
morte di un innocente. Non mi riferisco ad una responsabilità
giudiziaria o giuridica, bensì alla responsabilità morale che pesa su
tutti, nessuno escluso. Perché non è una specie di vendetta o punizione
celeste (tipo le piaghe di Egitto), ma la diretta conseguenza di una
causa. Non intendo essere profeta di sventure, mi limito a ricordare che
gli effetti di un danno così grave ricadono, in varie forme, su tutti
noi. Papà, cristiano di serie A, credente, buono, misericordioso e
gentile aveva scritto in una lettera dal carcere del popolo “il mio
sangue ricadrà su di voi”. Non malediceva i suoi assassini, ma
lungimirante in modo speciale, ricordava quali sarebbero state le
conseguenze umane e politiche della propria morte. Non si può riportare
in vita Aldo Moro, ma lo Stato può e deve, con un ritardo di ben 42
anni, sanare, almeno in parte, l’orrore di quella morte.
Speravo, almeno quest’anno, di salvarmi
dalle vacue celebrazioni, che da sempre accompagnano il 16 marzo ed il 9
maggio, e che sembrano sempre aggiungere al danno le beffe. Non è stato
così perché c’è sempre qualcuno che si deve prendere la scena con
parole inutili per farsi auto pubblicità non pago delle “sceneggiate”
pubbliche. C’è una cosa che proprio questa volta lo Stato deve fare
prima che si abbattano tsunami vari sul nostro povero Paese. E cioè
applicare anche per Aldo Moro la legge 206 del 2004 in favore delle
vittime del terrorismo, legge speciale ed in deroga che è stata
applicata per tutte le vittime tranne mio padre. Mio figlio Luca ci
tiene a sottolineare che la suddetta legge non è intitolata “contro Aldo
Moro” anche se è proprio quello che sembra essere. Inoltre è un
nonsense che il giorno della memoria sia proprio il 9 maggio, data della
morte di mio padre.
Mi appello alla Corte Costituzionale
“custode della Costituzione”, ai giuristi italiani (Italia patria del
diritto), agli uomini di buona volontà. Non voglio né un regalo né una
elemosina, ma l’integrale applicazione di un diritto previsto e
riconosciuto dalla legge. I cittadini devono fare quello che dispone la
legge ed anche lo Stato, le Istituzioni ed il Parlamento. In questa
noiosa quarantena abbiamo avuto ordini, contrordini, limitazioni che si
sovrapponevano o si elidevano, decreti fumosi ai quali abbiamo aderito
con diligenza. Non possono esserci due pesi e due misure. Lo Stato non
può non dare il buon esempio. È obbligato dalla legge fondamentale: la
Costituzione. Se una legge promulgata è in vigore neppure lo Stato può
fare orecchie da mercante e non applicarla come se avesse il diritto
legittimo di comportarsi così. Se gli italiani seguono alla lettera le
delibere, le ordinanze, i decreti, non esiste che lo Stato, il Governo,
le Istituzioni, il Parlamento ignorino lo spirito e la forma di una
legge come se essa non esistesse. Si sa che la legge non è uguale per
tutti! Tanto meno per Aldo Moro.
Mio figlio ed io siamo nella casta
seguente a quella degli invisibili, siamo trasparenti per la sola
ragione che ci siamo schierati a fianco di Aldo Moro rivendicando per
lui, almeno da morto, la pari dignità. Non un trattamento più
favorevole, beninteso, ma lo stesso identico già dato agli altri aventi
diritto. Aldo Moro ha scritto la Costituzione
formale, occupandosi in particolare dei diritti inviolabili dell’uomo,
era il più giovane cattedratico italiano, statista illuminato,
straordinario professore universitario, era amorevole e gentile, mai in
tutta la vita è stato sgarbato con qualcuno e potrei seguitare a lungo,
ma non lo faccio.
Invito il Presidente Conte a smettere di
dichiarare che nessuno resterà indietro né sarà abbandonato. Il nostro
personale coronavirus è vecchio di 42 anni e noi stiamo ancora nel
limbo. Noi veniamo dopo gli ultimi, lo sappiamo bene, abitiamo nel luogo
dei perdenti e per noi valgono solo i doveri mai i diritti. Mettetevi
una mano sulla coscienza prima che sia troppo tardi per voi. Non sto
scherzando, sento arrivare l’oscurità come ne ‘Il Signore degli Anelli’.
Il male avanza (da un anonimo del 600: “Il male fiorisce dove chi può
non fa il bene” detto tanto caro a papà). Non reclamo queste cose per
me, ma per mio padre e mio figlio che mai ha avuto una vita e che è
legato in modo inseparabile al “nonnino” per tutta l’eternità. Se avessi
ancora lacrime queste pagine sarebbero illeggibili. Attenzione alle
vostre lacrime. Il Covid avrebbe almeno dovuto insegnare che siamo in un
mondo globale e che la sorte di ognuno ci riguarda da vicino.
Io non ho tempo, nel senso che non ho
vita terrena, perché sono immortale non “immoribile”. Cosa devo dire
ancora per scuotere le coscienze? Ho finito anche le parole insieme alle
lacrime. Ripenso a Papa Francesco a piedi verso la chiesa ed al
Presidente Mattarella in solitaria all’Altare della Patria. Ottime
immagini emblematiche della solitudine e del dolore. Scrutate nei vostri
cuori, uomini e donne, popolo sovrano, e fate molta attenzione a come
si comportano coloro che ci governano, coloro che fanno le leggi, coloro
che le applicano oppure no. Una ingiustizia qualsiasi non è solo contro
il singolo ma contro tutti. La grandezza del diritto e la sua
giuridicità risiede nel fatto che la legge nasce sempre in favore
dell’uomo (me lo ha insegnato mio padre mentre la mamma comprava le
mozzarelle per cena un’estate a Terracina e noi la aspettavamo in
macchina. Avrò avuto tredici anni ma lo ricorderò sine die).
La vita senza libertà non ha senso e
senza giustizia diventa senza cuore. Io ho consolato tutti, da quando
ero piccola, e nessuno ha voluto mai consolare me”.
Maria Fida Moroda https://www.politicamentecorretto.com/
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