martedì 16 luglio 2013

Latinoamerica e modernità

Secondo Enrique Dussel la parola modernità ha due significati principali. Il primo è quello di uscita dall’immaturità, attraverso uno sforzo della ragione intesa come processo critico, il secondo è un contenuto mitico creato a giustificazione di una prassi di violenza. Il mito parte da una autorappresentazione della civiltà moderna come più sviluppata, superiore; ciò obbliga la civiltà a cercare lo sviluppo dei primitivi, dei barbari, a seguire lo stesso percorso di sviluppo proprio dell’Occidente. Dal momento che il primitivo si oppone al processo civilizzatore, la prassi moderna è costretta ad usare la violenza interpretata come atto inevitabile, quasi rituale, che si accanisce sulle vittime (colonizzato, schiavo, donna, ambiente). Per superare la modernità Dussel propone un progetto transmoderno, ovvero l’incorporazione del concetto emancipatore della modernità ed il rifiuto di quello mitico; secondo l’autore non sarebbe adeguato a realizzare ciò né un progetto antimoderno, ovvero conservatore, tantomeno un progetto postmoderno, che, negando totalmente la modernità, arriverebbe ad una posizione nichilista.
Il termine “postmoderno” ha iniziato a diffondersi negli stati Uniti alla fine degli anni ’60, per definire tendenze affermatesi soprattutto in architettura che, caratterizzate dal rifiuto dell’ideale di progresso e dalla negazione del valore del nuovo, si sono proposte di superare la “modernità”, recuperando alcune soluzioni formali della tradizione e non disdegnando il kitsh. Questo concetto venne poi esteso a mode o atteggiamenti tesi a rivalutare nostalgicamente aspetti e valori del passato recente, prima considerati criticabili.
Dal punto di vista letterario il termine risale a J. F. Lyotard, che nel 1979 intitola un suo saggio La condizione postmoderna, il romanzo che si iscrive in questa corrente utilizza i codici della comunicazione, dei media e della tecnologia ed, accogliendo le suggestioni dei saggisti come McLuhan, tende ad esprimersi in un linguaggio visivo ed incorpora gli effetti dell’uso di computer e televisione. Pur difendendo il recupero della narratività, in seguito agli esperimenti dell’avanguardia, il romanzo postmoderno non è un ritorno nostalgico alla facilità di lettura; si criticano piuttosto i concetti di inizio e fine, il determinismo e la temporalità lineare su cui si fonda il romanzo ottocentesco, come anche l’idea di originalità.
Nelle poetiche postmoderne il testo riflette su se stesso, trasformandosi in contaminazione, pastiche, citazione. Fortemente influenzato da Samuel Beckett e da Jorge Luis Borges, il romanzo postmoderno ha avuto in America una notevole risonanza di pubblico e di critica, si pensi ad autori come Gabriel García Márquez.
Con la crisi della modernità occidentale, condivisa anche dall’America Latina, si trasformano le relazioni fra tradizione, modernismo culturale e modernizzazione economica. Se nell’arte e nella filosofia le correnti postmoderne sono le più diffuse, Néstor García Canclini fa notare che nell’economia e nella politica latinoamericana prevalgono gli obiettivi modernizzatori; ciò accade perché, pur ostentando una parvenza democratica, gli stati mancano di coesione sociale e cultura politica moderna. La modernità diviene dunque una maschera, un simulacro messo in scena dalle élite e dagli apparati statali.
Le oligarchie liberali del secolo XIX ed inizio del XX cercarono di creare degli stati moderni, ma riuscirono a coinvolgere soltanto alcuni strati della società, promuovendo uno sviluppo subordinato e inconsistente; si veda il caso delle grandi opere di riforma di Santiago del Cile promosse da Vicuña Mackenna tra il 1872 ed il 1875. Al posto di culture nazionali sorsero culture di élite, che marginalizzarono le popolazioni indigene e contadine. In seguito i populismi mostrarono di voler incorporare i settori emarginati, ma queste politiche vennero capovolte o cedettero ai clientelismi demagogici.
La riflessione antievoluzionista del postmodernismo vede l’America Latina come una complessa articolazione di tradizioni e modernità, un continente eterogeneo in cui coesistono numerose logiche di sviluppo; inoltre critica le narrazioni onnicomprensive sulla storia: è più una tendenza a problematizzare gli equivoci del moderno con le tradizioni che ha voluto escludere o superare. David Lyon cerca di chiarire le numerose manifestazioni di questa tendenza attraverso una sorta di sintesi: a suo parere si deve distinguere una sfera intellettuale, ovvero il postmodernismo, basata sulla crisi del fondazionalismo scientifico, ed una sociomateriale, cioè la postmodernità, i cui segni di identificazione sono le nuove tecnologie dell’informazione-comunicazione connesse con il fenomeno della globalizzazione ed il superamento dello schema del consumo da parte del consumismo postindustriale.
Attualmente le opinioni attorno al postmodernismo sono molte ed eterogenee, eppure questa sembra essere la sua essenza: il diacronico, il dissonante, l’atemporalità; il pensiero postmoderno risulta una amalgama di differenze. Esistono comunque aspetti molto precisi di questo pensiero che lo contrappongono allo stato, poiché la crisi della modernità investe anche le istituzioni: lo stato è ridotto alla sua minima espressione a causa della sottomissione alle leggi del mercato dettate dal neoliberismo.
Applicando quanto detto alla situazione latinoamericana, è necessario considerare entrambe le manifestazioni del postmoderno di cui parla Lyon: quello della postmodernità, riguardante le nuove tecnologie e la globalizzazione nel suo aspetto neoliberale, e quello del romanzo postmoderno, che prende forma nell’opera di Jorge Luis Borges. Nel primo caso studi molto approfonditi sulla condizione latinoamericana sono stati realizzati dallo statunitense Noam Chomsky, che vede una diretta relazione fra le continue ingerenze degli Stati Uniti nella politica e nell’economia degli stati latinoamericani e la loro instabilità politico-economica. Secondo questa tesi dopo la seconda guerra mondiale i leader angloamericani tentarono di riplasmare l’equilibrio mondiale sulla base dei propri interessi, ciò prevedeva che le regioni controllate dagli Usa o considerate di importanza strategica, ovvero America Latina e Medio Oriente, dovevano essere chiuse agli altri stati; al contrario, il resto del mondo non avrebbe dovuto opporsi ad una politica di ulteriore penetrazione economica e commerciale.
L’idea che l’America Latina appartenesse agli Stati Uniti ebbe una prima formulazione nella “dottrina Monroe” del 1823, in cui si negò agli stati europei il diritto di intromettersi nelle vicende americane (“l’America agli americani”). Quello che, in sostanza, i governi Usa avevano in mente era un modello di rapporto neocoloniale, o meglio postcoloniale, in cui gli stati latinoamericani avrebbero fornito le materie prime all’industria statunitense in cambio dei prodotti manifatturieri.
Le manifestazioni letterarie del postmoderno in America Latina si basano su canoni stilistici e semantici che creano testualità decostruttive. I testi di Borges si rivelano in quanto manifestazione trasfigurata di altri testi, ad essi vincolata imprescindibilmente. Si crea così una metaforicità aperta sia nei concetti che nella pratica decostruttiva: i rimandi dirigono il lettore da un testo all’altro. Non si esalta alcuna preminenza di un significato particolare, se non del senso stesso della scrittura; i racconti non mettono in luce significati trascendentali, bensì giochi di differenze, di connessioni attraverso le quali i testi vanno oltre se stessi. Nessun testo importante dell’autore è comprensibile senza rimettersi ad un altro testo: così El sur si rimette alle Mille e una notte, Biografia de Tadeo Isidoro Cruz è una glossa del Martín Fierro ; in Las ruinas circulares si legge una storia per scoprire posteriormente che si è acceduti, senza saperlo, ad un’altra storia dissimulata, mascherata all’interno della prima.
Nel racconto La biblioteca de Babel Borges costruisce una allucinazione fantastica in cui l’asse centrale di significazione è la condizione essenziale dell’uomo: una esistenza irrimediabilmente persa dentro un universo caotico, che lo fa stare in pena a causa dello scorrere di un tempo che lo avvolge e lo annichilisce. La complessa definizione di infinito data nel racconto, sostegno della struttura narrativa dell’opera, si rivela un drammatico effetto di dissoluzione del piano della realtà convenzionale, mostrando una duplicazione infinita dello spazio temporale e marcando la moltiplicazione delle gallerie esagonali che danno forma alla biblioteca sferica. La biblioteca è un labirinto abominevole che allude, con il suo estremo ordine, all’infinito e al caos. Il lettore subisce uno spiazzamento, si moltiplica la prospettiva di apprensione.
Le migrazioni della narrativa di Borges generano discorsi e teorie enigmatiche, che costringono il lettore a costruire continuamente il senso del testo, allo stesso tempo si rivelano continuamente provvisori. Si nega il privilegio di una lettura lineare della storia, della certezza del racconto in cui esistono un unico tempo ed un unico spazio. Tutte le possibilità di lettura restano aperte nelle biforcazioni e convergenze che producono i giochi intratestuali e intertestuali: non esistono letture definitive ma infiniti accessi ed altrettante vie di fuga.

Bibliografia

José Luis Borges, Obras completas , 5 v., Buenos Aires : Emecé, 2001
Noam Chomsky- Heinz Dietrich, Latin America from colonization to globalization , New York : Ocean Press 1999
Noam Chomsky, Year 501 the conquest continues , Cambridge (Ma) : South End, 1993
Enrique Dussel, L’occultamento dell’altro. All’origine del mito della modernità , Celleno : La Piccola, 1993
Jean Francois Lyotard, La condizione postmoderna : rapporto sul sapere , Milano : Feltrinelli, 2004
David Lyon, Postmodernidad , Madrid : Alianza Editorial, 1996
Gianluca Mari (a cura di), Moderno/Postmoderno. Soggetto, tempo, sapere nella società attuale , Milano : Feltrinelli, 1987
Dario Puccini- Saul Yurkievich (a cura di), Storia della civiltà letteraria ispanoamericana , Roma : Utet, 2000

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