Il mio sguardo è tarato, va sempre a chi è in fondo alla fila. Durante un'assemblea feci il mio accalorato intervento, che come al solito qualcuno ha scambiato per comizio politico: "Bisogna esaminare seriamente le situazioni degli emarginati, che il nostro sistema di vita ignora, persino coltiva. Anziani, handicappati, tossicodipendenti, dimessi dal carcere e dagli ospedali psichiatrici: perché accrescere ulteriormente la folla dei nuovi poveri? Perché la società attuale risponde così poco ad un'emarginazione clamorosa? Con gli ultimi e con gli emarginati potremo recuperare tutti un genere di vita diverso; demoliremo innanzitutto gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremo i valori del bene comune, della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale e della corresponsabilità".
A quel punto, nel salone, si alzò in piedi un giovane prete e urlò: "Basta venire qui a fare il marxista. Rispetti l'ambiente cattolico in cui si trova e opera!".
Allora risposi: "Mi scuso molto, ho dimenticato di citare la fonte: La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, documento del Consiglio Permanente della CEI, Roma 23 ottobre 1981".
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