Il testo della Dichiarazione di Anzoategui (Venezuela)
In Venezuela, la culla del
libertador Simón Bolívar, decine di intellettuali e di artisti provenienti da
diversi paesi e culture dell’America Latina si sono dati appuntamento per
ribadire con forza il loro impegno contro la guerra imperialista e il
terrorismo, in un’epoca in cui la Carta delle Nazioni Unite continua a non
essere rispettata, la legalità internazionale è stata più volte violata e
calpestati principi come il non-intervento
negli affari interni degli Stati o il concetto stesso di sovranità.
Nonostante la lezione delle due
guerre mondiali, la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di
guerra e delle popolazioni civili è ormai un vago ricordo del passato, mentre i
detenuti seguitano ad essere torturati in luoghi al di fuori del controllo
della legge, a Guantanamo come ad Abu Ghraib.
L’invasione e la successiva
devastazione dell’Iraq, le minacce nei confronti delle altre nazioni del Medio
Oriente, il genocidio del popolo palestinese, le costanti attività militari in
Africa e in America Latina rivelano sempre più la vocazione delle grandi
nazioni ad imporre “col sangue e col fuoco” un ordine internazionale basato
sull’esercizio indiscriminato della forza.
Dichiarazione di Anzoategui, Venezuela -7 giugno 2006.
“Quando nel 1936 il colpo di stato di Francisco Franco
scatenò la guerra civile che mise fine al breve ma affascinante sogno della
Seconda Repubblica Spagnola, le persone più lucide nel mondo compresero
immediatamente che la Spagna era solo la prima trincea di una guerra globale
foriera di atroci conseguenze per l’intera umanità. Il fascismo di Hitler e
Mussolini sembrava a molti una soluzione accettabile alla crisi del capitalismo
e, incoscienti o indifferenti alla sua barbarie, le classi dirigenti europee
tradirono la causa della dignità dei popoli, sempre contagiosa e potenzialmente
“rivoluzionaria”. La sconfitta della Seconda Repubblica inaugurò una delle
epoche più fosche della storia recente, ma la generosità e il coraggio di
coloro che allora offrirono la loro vita per difendere quel sogno ancora ci
sostengono e ci animano.
Dopo aver formalmente sconfitto
il fascismo nella Seconda Guerra Mondiale, le stesse forze economiche e
ideologiche che lo abbatterono hanno continuato e continuano ad aggredire con
ogni mezzo qualsiasi progetto di sovranità popolare, di giustizia e di
resistenza al dominio imperiale. Settant’anni dopo il golpe franchista,
analoghi pericoli di derive autoritarie - di portata globale - stanno mettendo
a rischio la sopravvivenza della specie umana. Di fronte a tutto ciò, con
l’appoggio decisivo dei grandi mezzi di comunicazione, si continua a
giustificare la barbarie e a promuovere la guerra, l’indifferenza e la
selvaggia legge del più forte.
Sull’America Latina, considerata
nella geopolitica coloniale come il “cortile di casa” degli Stati Uniti, queste
minacce si concentrano in modo particolare ma, al tempo stesso, cominciano a
germogliare i semi di una nuova coscienza e di una rinata speranza. L’attualità
ci racconta quotidianamente le sofferenze di molte popolazioni sottoposte al
terrorismo di stato degli Stati Uniti e dei loro complici. I crimini di guerra
nei confronti del popolo palestinese, afgano, iracheno, le torture a Guantanamo
e ad Abu Ghraib, le carceri segrete, i voli clandestini della Cia, l’esecuzione
sistematica di intellettuali iracheni, di sindacalisti e di contadini
latinoamericani, le leggi contro i diritti e la libertà delle persone,
l’ostilità permanente contro i processi sociali in corso nel Venezuela
bolivariano, a Cuba, e ora in Bolivia, sono gli strumenti di un capitalismo
militarizzato e criminale, che non agisce in nome di una supposta superiorità
della razza, bensì come artefice e tutore della democrazia planetaria.
Settanta anni fa grandi scrittori
e poeti, di una e dell’altra sponda dell’Atlantico, difesero insieme in Spagna
la causa della libertà; lì vi erano, tra gli altri, Cesar Vallejo, Pablo
Neruda, Miguel Hernandez, Antonio Machado, Rafael Alberti, Nicolas Guillén e, naturalmente,
Federico Garcia Lorca, assassinato nelle prime settimane del conflitto perché
simbolo dell’incontro della parola con la dignità. Come diceva un altro grande
poeta spagnolo, “la poesia non può essere concepita come un lusso culturale per
i neutrali”, laddove la neutralità è complice della tirannia, dell’ingiustizia
e della morte. La poesia deve salvaguardare la verità quando è minacciata e
guidarci, come ancora oggi ci guida, verso la solidarietà e l’impegno civile.
Noi giornalisti, scrittori e poeti
della “Rete in Difesa dell’Umanità” appoggiamo la lotta del popolo iracheno che
si oppone all’invasore nordamericano, e la resistenza dei popoli dell’America
Latina che sono in prima linea di fronte all’aggressione imperialista.”*
Seguono le firme di 40
intellettuali latinoamericani.
Andrea “Chile” Necciai
* Testo inviato da Armando Rama Martell –
Segreteria della sezione cubana della “Rete in Difesa dell’Umanità”.
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