Un anno di Kirchner.
In
Argentina l’inverno australe è ormai alle porte. Per l’inquilino della Casa
rosada, Nestor
Kirchner, si è appena chiuso il giro di boa del primo anno di presidenza.
Entrato in carica il 25 maggio 2003 sospinto da una società civile che ancora
spera in un improbabile “miracolo economico”, Kirchner non ha indugiato molto
nell’affrontare di petto i giganteschi problemi in cui si dibatte la nazione da
ben prima della débacle dei governi
menemisti.
Nonostante
la delicata situazione del debito estero (uno tra i più alti del continente)
esiga l’adozione - quasi inevitabile - di impopolari misure di rigore
economico, la nuova amministrazione ha mosso i primi passi verso il risanamento
delle finanze aprendo una trattativa serrata con il Fmi e i creditori dei
“tango bond”, nel tentativo di dilazionare quantomeno il pagamento dei debiti.
E senza rompere il “patto sociale” con i ceti medio-bassi, i più duramente
colpiti dal crack finanziario del 2001.
Anche
se la macchina produttiva si è già rimessa in moto da un anno segnando un
incremento dell’8% del Pil (superiore persino a quello della Cina), è nel lungo
periodo che si potranno apprezzare dei risultati tangibili. Per il momento, il
pressing delle compagnie transnazionali - che pretendono gli stessi privilegi e
“coccole” dei governi mafiosi degli anni 80 e 90 - e degli organismi
internazionali di credito, sempre intenti a “battere cassa”, non concede a
Kirchner molti spazi di manovra per risalire dalla crisi in tempi ragionevoli.
L’apparato
burocratico statale resta pericolosamente inquinato da uno stuolo di funzionari
disonesti e corrotti. Costoro hanno continuato nel tempo ad arricchirsi
indisturbati approfittando dell’apatia dei precedenti governi (sia radicali che
peronisti). In Argentina anche la gente comune si è da tempo resa conto che “il
gioco legale e clandestino, il narcotraffico, la prostituzione e una serie di
crimini organizzati, dai sequestri di persona alle rapine alle banche, sono in
diversa misura nelle mani di dirigenti politici, giudici, poliziotti e
delinquenti comuni che si dividono lavoro e profitti”* in condizioni di assoluta impunità.
Lo
stesso Kirchner, del resto, per far fronte al degrado della classe politica
argentina, in aprile si è visto costretto ad aprire una crisi interna al suo
“Partito Giustizialista”, con lo scopo evidente di “avviare un processo di
ricambio profondo della maggior parte dei suoi dirigenti” implicati in vario
modo in attività malavitose. L'Argentina rimane uno tra i
pochi paesi in cui quasi tutti sono disposti a tollerare che “dirigenti
sindacali, politici, poliziotti e giudici possiedano beni miliardari e
conducano una vita di lusso che né la loro origine familiare e ancor meno il
loro salario consentirebbe”.*
Questo
variegato esercito di arricchiti, ma pure la destra borghese defraudata dal
disastro economico-sociale del 2001 (conseguenza del fallimento delle politiche
neo-liberiste di Carlos Menem), vede come il fumo negli occhi le operazioni di
“pulizia” di interi settori statali attuate dal governo. Assai determinato a
risolvere, una volta per tutte, l’annoso problema del malcostume dilagante.
Tra
le nuove misure adottate da Kirchner, due in particolare hanno scatenato le ire
di una parte consistente dell’establishment
politico-militare argentino: la destituzione di diversi
giudici della Corte Suprema, subito rimpiazzati da magistrati competenti ed
onesti, e la richiesta di perdono in nome dello Stato alle vittime della
dittatura del ’76-’83. Fatto intollerabile per chi - e non sono pochi - ha
tratto profitti e vantaggi dalla connivenza con i regimi dispotici dei generali
Videla, Massera e Agosti.
Nonostante
la ferma opposizione della destra e di alcuni settori dello Stato, con ogni
probabilità l’azione riformatrice di Kirchner non si fermerà qui. Il suo è però
un riformismo “dall’alto” che non nasce dalle istanze delle classi popolari e
perciò ancora incapace di coinvolgere movimenti come i piqueteros o i cacerolazeros, sorti dalla protesta scaturita “dal basso” come reazione all’impoverimento
del decennio liberista degli anni novanta. I movimenti popolari reclamano oggi
una maggiore partecipazione ai processi decisionali del paese, ma non sono più
disposti a tollerare un ulteriore aggravamento delle condizioni di vita della
gente; nemmeno in virtù di un’austera politica di risanamento economico che
finirebbe ancora una volta per danneggiare i più deboli.
D'altronde,
le cifre ufficiali sul tenore di vita degli argentini parlano chiaro: “il fatto che 8 milioni - quasi il 20% della popolazione - soffrano
la fame e che il 51% viva sotto la soglia della povertà non è solo un'oscenità
ma anche una bomba politica a tempo.”*
A
dispetto di tutto ciò, il bilancio del primo anno del premier può considerarsi,
tutto sommato, positivo. Kirchner ha dimostrato - per il momento - di riuscire
a tenere testa ai poteri forti dell’economia mondiale e alla controffensiva
mossa, su scala nazionale, dalla destra conservatrice argentina. Più di Lula,
accerchiato com’è da problemi insormontabili, e assai più di Lucio Gutierrez,
il mandatario ecuadoriano, che ha
definitivamente tradito la fiducia dei suoi elettori (indios in testa)
trasformandosi, contro ogni previsione, in obbediente vassallo di Washington e
del Fmi.
(Chile)
Note:
* “Argentina: l’anno di Kirchner”
di Carlos Gabetta, direttore dell’edizione argentina di “Le Monde
Diplomatique”.
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