giovedì 14 maggio 2020

[IRAN] il virus degli altri


Era mercoledì 26 febbraio quando è uscita la notizia della morte di due uomini in un ospedale a Qom, città religiosa vicina a Tehran. La loro morte ha scatenato un delirio tra gli utenti iraniani sui social: “Uno degli uomini deceduti poche ore fa è il fratello di un politico importante. Questi avrebbe chiesto alle autorità di indagare la causa della morte di suo fratello. Il fratello è morto di Covid 19. Se non fosse stato un parente di una persona importante, il governo avrebbe continuato a nascondere la verità, nessuno avrebbe saputo nulla di questo virus!”

Perché il governo iraniano avrebbe mantenuta nascosta una cosa così importante? Dopo il lockdown in Cina, quando nessuna compagnia aerea avrebbe trasferito passeggeri dalla Cina in altri Paesi per via del virus, la compagnia iraniana MAHAN Airlines, ha continuato a fare viaggi tra le città cinesi, portando i passeggeri in Iran e da qui in altri Paesi. La popolazione iraniana ha condannato tutta questa finta “umanità”, così è stata definito dal governo questo gesto folle, e hanno sempre assicurato al popolo di avere preso tutte le misure di sicurezza necessarie e che il virus non sarebbe mai entrato in Iran. Seicento studenti cinesi che studiavano religione a Qom, sono tornati in Iran con la Mahan Airlines proprio quando Wuhan era in piena fase uno. È forse un caso che i primi decessi per covid in Iran siano stati proprio a Qom?

Dopo la morte di quei due uomini a Qom, tante persone, da medici a attori e artisti, hanno chiesto al governo iraniano di mettere il Paese in quarantena e di chiudere le strade che entrano ed escono da Qom. Il governo però, ha sempre dichiarato che non serviva, che la situazione era sotto controllo e che “mettere un paese in quarantena” era un metodo medievale! Il 10% della popolazione di Qom ha abbandonato la città in questo periodo per paura di prendere il virus. Metà di loro sono andati a Tehran e nella regione Mazandaran (al nord del Paese) ed è subito diventata la regione più colpita dal virus. La situazione era così grave che non c’erano più posti per seppellire i defunti e quindi hanno seppellito tante persone in fosse comuni a gruppi di trenta. Nel frattempo l’Italia, insieme a molti altri Paesi europei entrava in quarantena. Tutti Paesi del terzo mondo con governi medievali!
Da allora tutti i medici e gli infermieri in tutte le città iraniane hanno denunciato sui social le numerose morti a causa del coronavirus, e che le autorità hanno loro ordinato di dire che è la causa di questi decessi era “per problemi gravi polmonari”. Ovviamente tanti di questi medici sono stati arrestati. Tanti di loro hanno perso la vita a causa del virus. Tanti altri continuano ancora ad informare la gente di come evitare il contagio e continuano a lottare contro il virus e contro chi non vuole che si sappia della situazione reale del Paese! Solo ieri, 11 maggio, il ministro della salute iraniano ha dichiarato che il coronavirus era in Iran già da dicembre, ma che loro l’hanno scoperto solo in gennaio!

Il nuovo anno persiano inizia il 21 marzo e ogni anno ci sono tredici giorni di ferie per tutti e quasi tutto il Paese è chiuso. Il governo ha approfittato di questa chiusura festiva per mettere tutte le città in quarantena, dopo quasi un mese di richieste e lotte di attivisti e medici! Alla fine delle ferie, il governo ha dichiarato che il Paese era entrato nella fase di quarantena obbligatoria e quindi per le successive due settimane sarebbero state aperte solo banche, ospedali e uffici governativi necessari (la verità è però che nessuno degli uffici governativi ha mai lavorato in quel periodo!) Più aumentavano i decessi più il regime iraniano utilizzava la carta “sanzioni americani contro il regime iraniano” per poter chiedere a altri Paesi sovvenzioni e attrezzature sanitarie e  fare pressioni affinché Trump togliesse una parte delle sanzioni messe recentemente. Ovviamente tutto invano.

Ufficialmente l’Iran è tornato alla normalità da sabato scorso, saranno ancora chiuse le scuole fino alla fine del Ramadan; la quarantena è finita e la gente esce di casa come niente fosse, tanti indossando mascherine e guanti, ma tanti altri senza alcuna protezione. Aumentano i casi di contagio nel sud del Paese, ma ormai il governo iraniano ha deciso che userà l’immunità di gregge per fermare il virus.
Alla fine il regime iraniano non ci ha mai visti altro che come un gregge!

Jass,
La Persiana Aperta
(tratto da ildieci.com)


Glifosato probabile fattore di rischio per il Parkinson

I sospetti restano. E si fanno, man mano che passa il tempo, sempre più fondati. Almeno nella comunità scientifica l’ipotesi che il glifosato sia tra le cause probabili del morbo di Parkinson trova nuove evidenze. Nel silenzio colpevole delle due grandi autorità pubbliche al di qua e al di là dell’Oceano – Epa ed Efsa sembrano del tutto cieche di fronte alle pesanti ombre sul pesticida più usato nella storia dell’umanità – gli indizi assumono la forma di prove.

L’ultimo lavoro è pubblicato su Neuroscience letters del 7 maggio e firmato da una équipe di ricercatori dell’Università giapponese di Chiba. Vale la pena leggere la conclusione dell’abstract per tentare di comprenderne gli esiti: “Questo studio suggerisce che l’esposizione al glifosato potrebbe esacerbare la neurotossicità dopaminergica indotta da MPTP nello striato e nel SNr di topi adulti”. Un linguaggio da addetti ai lavori che però viene sciolto senza possibilità di equivoci con la frase successiva: “È probabile che l’esposizione al glifosato possa essere un fattore di rischio ambientale per il morbo di Parkinson, poiché il glifosato è stato ampiamente utilizzato nel mondo”.

Non è la prima evidenza in tal senso. E probabilmente non sarà l’ultima. Poco più di un mese fa aveva fatto rumore l’indagine del gruppo di ricerca guidato da Mariah Caballero che aveva incrociato le mappe sull’uso dei pesticidi del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e i dati dei decessi del Dipartimento della Sanità di Washington. In alcuni casi, i ricercatori avevano scoperto che le persone che vivono entro 1 km da un’area irrorata da glifosato avevano circa un terzo in più di probabilità di morire di morbo di Parkinson prima di raggiungere i 75 anni.
In quel caso la ricerca era stata firmata dal Community Health and Spidial Epidemiology Lab della Washington State University e pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.
“Non siamo in grado di affermare che ci sia un nesso di causalità”, avevano spiegato gli scienziati, affrettandosi ad aggiungere “Stiamo solo osservando e vedendo una relazione. C’è bisogno di indagare di più”.
Ora le evidenze sembrano esserci. Ma c’è da giurare che all’Autorità europea per la sicurezza alimentare e a quella (ben più sdraiata sugli interessi industriali) per la Protezione ambientale statunitense, non basteranno. Volete scommetterci?

Riccardo Quintili
IlSalvagente.it

venerdì 8 maggio 2020

“Maggio, il più crudele dei mesi”

Lettera di Maria Fida Moro agli italiani, in occasione del 9 maggio


“Mi rivolgo agli italiani tutti per fare un parallelo tanto dolente quanto doveroso. La frase iniziale non è mia. L’ho presa in prestito, accorpando le parole da un articolo a firma Massimiliano Panarari, uscito su La Stampa il 20 aprile ultimo scorso. Vorrei condividere un’annotazione, anzi due, su maggio e il coronavirus. Questa tragica pandemia si è portata via tante persone che si sono ammalate, sono state trasportate in ospedale e sono morte. Senza che i relativi familiari potessero mai più vederle né vive né morte. Quindi adesso è più facile comprendere cosa abbiamo provato noi il 16 marzo del 1978 quando nostro padre Aldo Moro è stato rapito e poi fatto ritrovare morto, crivellato di colpi, in una Renault4 rossa il 9 maggio. Questa è la prima similitudine. 
La seconda è che le coincidenze della vita quasi mai sono coincidenze. Ad esempio il Covid19 (numero che rappresenta la morte nella numerologia della grande piramide) ci ha “imprigionati” in casa l’8 marzo e rimessi in giro, in una parvenza di libertà, il 4 maggio. Se contiamo si tratta di 56 giorni. Mio padre è stato rapito il 16 marzo e ucciso il 9 maggio: 55 giorni, giorni nei quali non si sapeva niente di certo. Ad oggi gli italiani sono in grado, avendolo sperimentato sulla propria pelle, quanto siano lunghi e drammatici 55 giorni. Ma non finisce qui. Sono anni che, a voce e per iscritto, io dico che l’Italia non si salverà se non si assumerà la responsabilità etica della crudelissima ed ingiusta morte di un innocente. Non mi riferisco ad una responsabilità giudiziaria o giuridica, bensì alla responsabilità morale che pesa su tutti, nessuno escluso. Perché non è una specie di vendetta o punizione celeste (tipo le piaghe di Egitto), ma la diretta conseguenza di una causa. Non intendo essere profeta di sventure, mi limito a ricordare che gli effetti di un danno così grave ricadono, in varie forme, su tutti noi. Papà, cristiano di serie A, credente, buono, misericordioso e gentile aveva scritto in una lettera dal carcere del popolo “il mio sangue ricadrà su di voi”. Non malediceva i suoi assassini, ma lungimirante in modo speciale, ricordava quali sarebbero state le conseguenze umane e politiche della propria morte. Non si può riportare in vita Aldo Moro, ma lo Stato può e deve, con un ritardo di ben 42 anni, sanare, almeno in parte, l’orrore di quella morte.

Speravo, almeno quest’anno, di salvarmi dalle vacue celebrazioni, che da sempre accompagnano il 16 marzo ed il 9 maggio, e che sembrano sempre aggiungere al danno le beffe. Non è stato così perché c’è sempre qualcuno che si deve prendere la scena con parole inutili per farsi auto pubblicità non pago delle “sceneggiate” pubbliche. C’è una cosa che proprio questa volta lo Stato deve fare prima che si abbattano tsunami vari sul nostro povero Paese. E cioè applicare anche per Aldo Moro la legge 206 del 2004 in favore delle vittime del terrorismo, legge speciale ed in deroga che è stata applicata per tutte le vittime tranne mio padre. Mio figlio Luca ci tiene a sottolineare che la suddetta legge non è intitolata “contro Aldo Moro” anche se è proprio quello che sembra essere. Inoltre è un nonsense che il giorno della memoria sia proprio il 9 maggio, data della morte di mio padre.
Mi appello alla Corte Costituzionale “custode della Costituzione”, ai giuristi italiani (Italia patria del diritto), agli uomini di buona volontà. Non voglio né un regalo né una elemosina, ma l’integrale applicazione di un diritto previsto e riconosciuto dalla legge. I cittadini devono fare quello che dispone la legge ed anche lo Stato, le Istituzioni ed il Parlamento. In questa noiosa quarantena abbiamo avuto ordini, contrordini, limitazioni che si sovrapponevano o si elidevano, decreti fumosi ai quali abbiamo aderito con diligenza. Non possono esserci due pesi e due misure. Lo Stato non può non dare il buon esempio. È obbligato dalla legge fondamentale: la Costituzione. Se una legge promulgata è in vigore neppure lo Stato può fare orecchie da mercante e non applicarla come se avesse il diritto legittimo di comportarsi così. Se gli italiani seguono alla lettera le delibere, le ordinanze, i decreti, non esiste che lo Stato, il Governo, le Istituzioni, il Parlamento ignorino lo spirito e la forma di una legge come se essa non esistesse. Si sa che la legge non è uguale per tutti! Tanto meno per Aldo Moro.
Mio figlio ed io siamo nella casta seguente a quella degli invisibili, siamo trasparenti per la sola ragione che ci siamo schierati a fianco di Aldo Moro rivendicando per lui, almeno da morto, la pari dignità. Non un trattamento più favorevole, beninteso, ma lo stesso identico già dato agli altri aventi diritto. Aldo Moro ha scritto la Costituzione formale, occupandosi in particolare dei diritti inviolabili dell’uomo, era il più giovane cattedratico italiano, statista illuminato, straordinario professore universitario, era amorevole e gentile, mai in tutta la vita è stato sgarbato con qualcuno e potrei seguitare a lungo, ma non lo faccio.

Invito il Presidente Conte a smettere di dichiarare che nessuno resterà indietro né sarà abbandonato. Il nostro personale coronavirus è vecchio di 42 anni e noi stiamo ancora nel limbo. Noi veniamo dopo gli ultimi, lo sappiamo bene, abitiamo nel luogo dei perdenti e per noi valgono solo i doveri mai i diritti. Mettetevi una mano sulla coscienza prima che sia troppo tardi per voi. Non sto scherzando, sento arrivare l’oscurità come ne ‘Il Signore degli Anelli’. Il male avanza (da un anonimo del 600: “Il male fiorisce dove chi può non fa il bene” detto tanto caro a papà). Non reclamo queste cose per me, ma per mio padre e mio figlio che mai ha avuto una vita e che è legato in modo inseparabile al “nonnino” per tutta l’eternità. Se avessi ancora lacrime queste pagine sarebbero illeggibili. Attenzione alle vostre lacrime. Il Covid avrebbe almeno dovuto insegnare che siamo in un mondo globale e che la sorte di ognuno ci riguarda da vicino.

Io non ho tempo, nel senso che non ho vita terrena, perché sono immortale non “immoribile”. Cosa devo dire ancora per scuotere le coscienze? Ho finito anche le parole insieme alle lacrime. Ripenso a Papa Francesco a piedi verso la chiesa ed al Presidente Mattarella in solitaria all’Altare della Patria. Ottime immagini emblematiche della solitudine e del dolore. Scrutate nei vostri cuori, uomini e donne, popolo sovrano, e fate molta attenzione a come si comportano coloro che ci governano, coloro che fanno le leggi, coloro che le applicano oppure no. Una ingiustizia qualsiasi non è solo contro il singolo ma contro tutti. La grandezza del diritto e la sua giuridicità risiede nel fatto che la legge nasce sempre in favore dell’uomo (me lo ha insegnato mio padre mentre la mamma comprava le mozzarelle per cena un’estate a Terracina e noi la aspettavamo in macchina. Avrò avuto tredici anni ma lo ricorderò sine die).
La vita senza libertà non ha senso e senza giustizia diventa senza cuore. Io ho consolato tutti, da quando ero piccola, e nessuno ha voluto mai consolare me”.