martedì 26 novembre 2013

15 novembre 1989: "Uccidete Ellacuría e non lasciate testimoni"

COSI’ VENNE DECISA LA MORTE DEI GESUITI
Dall’ordine di ucciderli all’esecuzione del massacro nell’Università centroamericana di San Salvador
 
Nel settembre del 2012 un colonnello dell’esercito di El Salvador, Inocente Orlando Montano, si dichiarò colpevole di sei imputazioni di frode migratoria e falsa testimonianza in un tribunale federale degli Stati Uniti a Boston, Massachusetts. La questione legale era che Montano aveva falsificato i suoi formulari di immigrazione all’entrare negli Stati Uniti, ben sapendo che, se avesse menzionato la sua condizione di ex-militare in El Salvador, l’ingresso agli Stati Uniti gli sarebbe stato rifiutato. Per questo motivo, il processo contro di lui si è mosso, in gran misura, intorno alla sua carriera militare in El Salvador e il suo ruolo negli abusi contro i diritti umani, in particolare l’ordine di uccidere i gesuiti. Il pubblico ministero raccolse numerose dichiarazioni sulla carriera di Montano, tra cui l’estesa relazione della “testimone esperta”, la professoressa Karl. Quello che segue è un estratto della parte centrale della relazione intitolata “Il Colonnello Montano e l’ordine di uccidere.



Testimonianza della Dottoressa Terry Karl *
Il Colonnello Montano formava parte del piccolo nucleo dell’elite di ufficiali, uno dei quali dette l’ordine di “uccidere Ellacuría e non lasciare testimoni”, il 15 novembre 1989. Ma, già prima che l’alto mandatario desse quest’ordine ufficiale, si stavano esercitando pressioni per realizzare questo e altri assassinii. Il numero di persone al di fuori delle istallazioni dello Stato Maggiore che in qualche modo sapevano in anticipo che i gesuiti sarebbero stati assassinati, ancor prima che si desse l’ordine di farlo, indica che la pianificazione della loro morte era già stata avviata. Secondo relazioni dell’Ambasciata degli Stati Uniti, la CIA e ufficiali salvadoregni, si tenne un altro incontro nella Scuola Militare alle ore 2:00 p.m., in cui si presero decisioni importanti. Successivamente, si svolsero riunioni più ridotte tra gli ufficiali di grado superiore e all’interno del circolo della “Tandona”, tra cui il viceministro Montano. Queste riunioni proseguirono per tutto il pomeriggio e la sera per mettere a punto piani di attentati, attacchi a leaders politici, e una azione contro i gesuiti dell’Università Cattolica. I piani prevedevano anche la predisposizione di un cerchio di forze di sicurezza tutt’intorno all’Università Cattolica.
Durante le ultime ore del 15 novembre, in una riunione generale, il capo dello Stato Maggiore, Ponce (il leader riconosciuto della “Tandona” che era noto per consultare il suo circolo più intimo) autorizzò l’eliminazione di responsabili, sindacalisti e dirigenti conosciuti del FMLN. Più tardi, come riferiscono i giuristi della Commisione della Verità in una relazione basata sulle loro interviste confidenziali con i testimoni: “Dopo la riunione, gli ufficiali restarono nella stanza parlando in gruppi. Uno di questi gruppi era formato dal Colonnello René Emilio Ponce, il Generale Juan Rafael Bustillo, il Colonnello Francisco Elena Fuentes, il Colonnello Juan Orlando Zepeda e il Colonnello Inocente Orlando Montano. Il Colonnello Ponce chiamò il Colonnello Guillermo Alfredo Benavides e, davanti agli altri quattro ufficiali, gli ordinò di eliminare il Padre Ellacuría senza lasciare testimoni”. Secondo confessioni posteriori rese da soldati accusati degli assassinii, il colonnello Benavides uscì da questa riunione nello Stato Maggiore e informò gli ufficiali dell’Accademia Militare che gli era stato dato il seguente ordine: “Lui [Ellacuría] deve essere eliminato e non voglio testimoni”.
Tutta l’operazione durò all’incirca un’ora. L’unità dei commandos del battaglione Atlacatl fece il viaggio di cinque minuti dalla base militare all’Università Cattolica, senza fare nessuno sforzo per nascondere la loro manovra in una zona pattugliata da decine di altre truppe militari e con tutt’intorno un cerchio di forze di sicurezza. Il Padre Martín-Baró aprì la porta della residenza, lasciando volontariamente che entrassero i soldati. Dopo aver ordinato a cinque sacerdoti che si stendessero supini su un piccolo dosso erboso, due soldati spararono loro, uno dopo l’altro. A pochi metri di distanza, un altro soldato uccise Elba Ramos, che abbracciava sua figlia Celina. Il tenente José Ricardo Espinoza Guerra, l’unico soldato che si era ricoperto il volto con un unguento per mimetizzarsi, confessò più tardi che uscì dal campus universitario in lacrime: il Padre Segundo Montes, che ora giaceva a terra morto, era stato il rettore quando lui era studente nel Collegio San José. Un altro degli autori materiali ricordò che i religiosi non sembravano pericolosi, dato che erano “piuttosto vecchi, senza armi” e “in pigiama”. Riferì che però il suo colonnello gli aveva detto che i sacerdote erano “delinquenti terroristi”, e che “quello che importava erano i loro cervelli”. Tutti i corpi furono incontrati con colpi di armi da fuoco alla testa. Un sesto sacerdote morì mentre chiedeva che gli salvassero la vita mentre i soldati realizzavano uno scontro fittizio per cercare di incolpare il FMLN.

Selezione di Héctor Lindo, elfaro.net / Pubblicato il 5 novembre 2013.
*Estratto dell’Allegato 1, la perizia della Professoressa Terry Lynn Karl, dell’Università di Stanford, sul caso di Inocente Orlando Montano, 31 dicembre 2012, Caso 1:12 -cr – 10044 – DPW, Documento 53-1, Archiviato 01/08/13.
Traduzione di Francesca Casaliggi

domenica 24 novembre 2013

Cile: due donne alla fine del mondo


di Marco Consolo

 Per la prima volta in Cile due donne si affronteranno al ballottaggio. La ex-presidente socialista Michelle Bachelet,  candidata della coalizione Nueva Mayoria (centro-sinistra e Partito Comunista) passa il primo turno con il 46% sconfiggendo la pinochetista Evelyn Matthei, che si ferma a poco più del 25%.  La Matthei candidata ufficiale della destra, è riuscita a rimontare nelle ultime settimane uno scenario in cui si parlava addirittura della possibilità di non arrivare al ballottaggio. La destra, infatti, si è presentata profondamente divisa, e la parte moderata ha scelto Franco Parisi, un’economista liberale indipendente che ha eroso la base elettorale della Matthei con proposte “trasversali” ed ottiene il quarto posto con poco più del 10%. Nonostante ciò la Uniòn Democractica Independiente (UDI), il partito dei dinousari di Pinochet, è ancora il più votato e ciò la dice lunga sulla base sociale della dittatura.
 L’astensione raggiunge il 50%, ed impedisce la vittoria al primo turno della candidata socialista Bachelet. Per motivare al voto non è bastata la riforma della legge elettorale con l’iscrizione automatica nelle liste, annacquata dal voto volontario. Una riforma disegnata sui principi liberali del voto come “diritto” e non come “dovere” di cittadinanza, che si rifanno al sistema statunitense. E che disincentiva anche nel terreno elettorale la partecipazione, che probabilmente diminuirà al ballottaggio del 15 dicembre.
Ad una prima analisi più dettagliata del voto, ancora a caldo, il dato dell’astensionismo è più forte nei quartieri popolari (quasi il 60%) e minore in quelli medio-alti (40%). Se il dato si conferma, il risultato parla della distanza e della disaffezione con rispetto al sistema politico della base sociale “naturale” del centro-sinistra e della sinistra. Ma nei quartieri popolari anche il voto della destra dura è di tutto rispetto.  Secondo la recente inchiesta del Latino-barometro la società cilena è la meno interessata alla politica tradizionale di tutto il continente.
Il Partito comunista, presente nella coalizione Nueva Mayoria, esce molto bene dalla competizione elettorale capitalizzando la sua presenza attiva nei movimenti. Raddoppia i suoi parlamentari, passando a 6 deputati, tra le quali 2 donne, dirigenti di movimenti giovanili,  Karol Cariola (Segretaria della Gioventù Comunista) e Camila Vallejo (ex-presidente de la Federazione degli Studenti Universitari). Il contributo dei comunisti alla vittoria della Bachelet al primo turno è stato decisivo.  
Non c’è dubbio che, grazie alle mobilitazioni studentesche, si è incrinata la cappa di piombo che gravava sulla società cilena, prima per i 17 anni di dittatura militare e poi per i 23 del governo della Concertaciòn di centro-sinistra. Dopo la lunga parentesi della Concertaciòn,  che ha “migliorato” il modello sociale neo-liberista dei “Chicago boys” e realizzato la modernizzazione capitalista, 4 anni fa i cileni avevano eletto la destra di Piñera che ha dovuto però affrontare le crescenti mobilitazioni sociali. I movimenti (in primo luogo gli studenti, ma anche il movimento sindacale e quello ambientalista), rivendicando la loro autonomia dal quadro istituzionale, hanno rimesso al centro della politica alcuni temi centrali: la riforma costituzionale (e la legge elettorale binominale), quella tributaria, quella dell’educazione.
Non a caso la lettura della destra (in prima fila El Mercurio e La Tercera) oggi centra la sua attenzione sui quorum del parlamento necessari per le riforme strutturali. Quorum altissimi stabiliti dalla costituzione pinochetista per impedire qualsiasi cambiamento strutturale. Basti pensare che nella costituzione in vigore il ruolo dello Stato è definito come «complementare al mercato». E nonostante i risultati i seggi ottenuti non garantiscono un margine di manovra efficace per trasformazioni di fondo.
Il programma della Bachelet, discusso da tutta la coalizione, riflette le contraddizioni esistenti anche se di certo è più avanzato che nel passato. E diversi grandi gruppi economici che hanno appoggiato la campagna della Bachelet, chiederanno presto il conto.
La richiesta di un’Assemblea Costituente (AC) è stata espressa da uno schieramento amplio anche attraverso l’apposizione sulla scheda elettorale di un simbolico AC, insieme al voto.  
Spinosa la riforma tributaria che prevede l’aumento dal 20 al 25% delle imposte alle imprese (seppure in 4 anni). Così come il grande tema della “fine del lucro” nel settore educativo, che sarà un banco di prova per la coalizione. Un buon segnale è che siano stati promossi tutti i candidati del movimento studentesco, non solo quelli comunisti, ma anche gli indipendenti Giorgio Jackson e Gabriel Boric, mentre un settore dei liceali aveva chiamato all’astensionismo.  
IL tema della politica estera sarà un altro punto di conflitto, visti i cattivi rapporti con i vicini Bolivia e Perù, la distanza dal Venezuela bolivariano e la collocazione cilena nell’Alleanza del Pacifico che riunisce i governi della destra latinoamericana, un fattore di destabilizzazione dell’integrazione continentale in atto.
Insieme ad una distanza dal politicismo espressa dall’astensionismo e dal rifiuto verso istituzioni che non hanno voluto risolvere i grandi problemi del paese, allo stesso tempo il risultato elettorale consegna un parlamento più dinamico, che riflette la richiesta di cambiamento di un modello sociale, economico, ambientale.
Nonostante l’ampio margine, il ballottaggio non sarà in discesa. Nessuno dei candidati sconfitti ha dichiarato di voler appoggiare la Bachelet e la Nueva Mayoria. Neanche Marco Enriquez Ominami, uscito dal centrosinistra prima delle scorse elezioni e candidato del suo “Partito Progressista, che non ha voluto fare nessuna alleanza di coalizione. Esce sconfitto con l’11% e dimezza i suoi voti rispetto alla tornata elettorale di 4 anni fa.
Il prossimo marzo vi sarà il cambio di governo. I nodi verranno al pettine allora.
Il prossimo sabato il PC deciderà se partecipare o meno nel governo,  nel caso di una vittoria al ballottaggio della coalizione.  Nella storia cilena, il PC ha partecipato due volte nel governo. La prima nel 1946, con il presidente radicale González Videla, eletto grazie ai voti comunisti che dichiarò:  «Io vi assicuro che non ci sarà né potere umano, nè divino capace di rompere  il vincolo che mi unisce al Partito Comunista ed al popolo». Ma appena due anni dopo,  nel  Settembre del 1948,  promulgò la “Legge di difesa della democrazia”, conosciuta come Ley maldita,  che mise fuori legge il Partito Comunista per ben 11 anni ed eliminò dai registri elettorali i suoi militanti.
La seconda volta fu con Salvador Allende nel governo di Unidad Popular,  che terminò con il colpo di Stato di Pinochet che, per “estirpare il cancro marxista”, represse nel sangue la sinistra ed il Partito Comunista. Come sottolinea il suo Presidente, Guillermo Tellier, con questi antecedenti, i comunisti discuteranno a fondo i termini della loro eventuale partecipazione. Ma tutto sta ad indicare che saranno parte della coalizione di governo.
La storia non si ripete, ma il passato bussa alla porta.