Acqua: riflessioni post referendum
di Luca Martinelli (Altreconomia)
Urne ancora calde; sul sito dell'Istituto «Bruno Leoni», think tank liberista che si è speso per il non voto ai due referendum su tariffa dell'acqua e servizi pubblici locali, appare un invito al governo: «Sull'acqua, faccia propria e proponga in Parlamento la proposta presentata dal Pd a fine dell'anno scorso - scrive Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell'Istituto-. Si tratta di una proposta per molti versi migliorativa rispetto alla legge Ronchi - specie sul fronte della regolazione. È senza dubbio meno rigorosa sull'aspetto delle gare, lasciando porte più aperte all'ira house, ma questo è in qualche maniera inevitabile dato il referendum».
L'analisi di Stagnaro è puntuale, ed evidenzia la distanza tra la proposta legislativa del Pd e il portato culturale dei due quesiti referendari, cui pure la segreteria nazionale del Pd ha aderito (dopo un lungo dibattito interno e grazie alla forte mobilitazione della base) nelle ultime settimane di campagna elettorale. Lo straordinario risultato numerico (ha votato sì oltre il 50 % degli elettori italiani) chiede, e rende necessario, un intervento legislativo. Una riforma, cosa che l'articolo 15 della legge Ronchi non era. Una vera riforma del servizio idrico integrato, che prenda di petto i problemi del settore. Su tutti, il fatto che secondo il Comitato di vigilanza sulle risorse idriche, gli investimenti realizzati in un settore dove il privato è già molto presente sono pari al 55% di quelli programmati; e che l'Ue c'impone di garantire accesso universale a servizi di depurazione e fognatura entro il 2015, ma il nostro Paese è molto indietro, e che non è realizzabile con un sistema di finanziamento di tipo privatistico, secondo il modello del full cost recovery, che de-responsabilizza lo Stato.
Dobbiamo allora ridiscutere un ruolo per la finanza pubblica e la fiscalità generale. È un tema su cui il Comitato referendario «2 sì per l'acqua bene comune» ha elaborato una proposta, già discussa a Roma coinvolgendo anche FederUtility, e che senz'altro dovrà guidare il dibattito post-referendario, con i partiti politici e in Parlamento. Il testo da cui ripartire è quello della proposta di legge d'iniziativa popolare il cui titolo («Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico») indica una direzione programmatica. Tra gennaio e luglio 2007 è stata firmata da 406mila italiani. Purtroppo, è chiusa in un cassetto della Commissione ambiente della Camera. Durante questa legislatura, nessun deputato (né di maggioranza né di opposizione) ha fatto pressioni affinché venisse discussa. Il 12 e 13 giugno lo hanno chiesto oltre 26 milioni di italiani.
L'analisi di Stagnaro è puntuale, ed evidenzia la distanza tra la proposta legislativa del Pd e il portato culturale dei due quesiti referendari, cui pure la segreteria nazionale del Pd ha aderito (dopo un lungo dibattito interno e grazie alla forte mobilitazione della base) nelle ultime settimane di campagna elettorale. Lo straordinario risultato numerico (ha votato sì oltre il 50 % degli elettori italiani) chiede, e rende necessario, un intervento legislativo. Una riforma, cosa che l'articolo 15 della legge Ronchi non era. Una vera riforma del servizio idrico integrato, che prenda di petto i problemi del settore. Su tutti, il fatto che secondo il Comitato di vigilanza sulle risorse idriche, gli investimenti realizzati in un settore dove il privato è già molto presente sono pari al 55% di quelli programmati; e che l'Ue c'impone di garantire accesso universale a servizi di depurazione e fognatura entro il 2015, ma il nostro Paese è molto indietro, e che non è realizzabile con un sistema di finanziamento di tipo privatistico, secondo il modello del full cost recovery, che de-responsabilizza lo Stato.
Dobbiamo allora ridiscutere un ruolo per la finanza pubblica e la fiscalità generale. È un tema su cui il Comitato referendario «2 sì per l'acqua bene comune» ha elaborato una proposta, già discussa a Roma coinvolgendo anche FederUtility, e che senz'altro dovrà guidare il dibattito post-referendario, con i partiti politici e in Parlamento. Il testo da cui ripartire è quello della proposta di legge d'iniziativa popolare il cui titolo («Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico») indica una direzione programmatica. Tra gennaio e luglio 2007 è stata firmata da 406mila italiani. Purtroppo, è chiusa in un cassetto della Commissione ambiente della Camera. Durante questa legislatura, nessun deputato (né di maggioranza né di opposizione) ha fatto pressioni affinché venisse discussa. Il 12 e 13 giugno lo hanno chiesto oltre 26 milioni di italiani.
Luca Martinelli (L’Unità, 15 giugno 2011)
Per una disamina critica sulla proposta presentata dal PD: LINK
La montagna ha partorito il topolino: dal PD una legge sull'acqua
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