Sebastián Piñera,
il Berlusconi d’oltreoceano
L’identikit
del mandatario cileno secondo le nuove rivelazioni di Wikileaks
Neppure
il presidente del Cile, il plurimilionario affarista Sebastián Piñera, è stato
risparmiato dal terremoto provocato dalle scottanti divulgazioni di Wikileaks.
Il quotidiano spagnolo “El Pais” ha pubblicato lo scorso dicembre alcuni stralci
di documenti diplomatici dell’ambasciata statunitense a Santiago, dai quali
emerge nettamente il profilo dell’attuale mandatario del Cile, in carica dal
marzo del 2010.
Secondo
un rapporto del 9 ottobre 2009, redatto dalla funzionaria statunitense Carol
Urban, Piñera viene descritto come “un uomo d’affari scaltro e risoluto che
tende ad assumersi molti rischi […]. In passato è stato coinvolto in numerose
vicende giudiziarie circa la natura dei suoi affari, tuttavia gli elettori non
paiono particolarmente interessati alle accuse mosse nei suoi confronti”*.
Tra
le diverse accuse a carico del presidente, il rapporto cita - in particolare - quelle
riferite al periodo in cui Piñera occupava un posto nel Consiglio di
Amministrazione della Banca Talca, prima di candidarsi e votarsi alla politica:
“come altri istituti di credito durante la crisi finanziaria, la Banca Talca concesse molti
crediti a rischio, i quali in un primo momento avevano portato benefici
apprezzabili ma che, alla fine, condussero l’istituto alla bancarotta”*. Ciò
nonostante, Piñera e gli altri manager andarono ben oltre alle tipiche manovre
finanziarie “poco ortodosse” in voga in quell’epoca. Oltre ad approvare crediti
assai dubbi, crearono dozzine di false compagnie alle quali concessero prestiti
bancari, utilizzando in realtà questi fondi per comprare più azioni della
stessa banca.
Al
di là delle sue spregiudicate azioni da “pescecane della finanza”- appellativo
che si è guadagnato grazie alle cause pendenti nei tribunali cileni e
statunitensi che lo hanno consacrato come un vero campione della speculazione
di borsa -, il capo del primo governo di destra eletto dopo il 1958 continua a custodire
nel suo portafoglio la proprietà di Chilevisión (una tra le più importanti reti
televisive del paese) e della LAN (la compagnia aerea cilena privatizzata
durante la dittatura di Pinochet). E tutto ciò, nonostante la promessa
pre-elettorale di vendere tutte le sue azioni milionarie, per risolvere la
questione del “conflitto di interessi” originato dalla sua elezione a
presidente. Una promessa che difficilmente sarà in grado di onorare, a
giudicare anche dai lauti guadagni che ad oggi sta percependo dall’aumento
delle quotazioni delle sue aziende.
Fin
qui e senza dover andare oltre, saltano all’occhio molte analogie e
similitudini con la situazione politica italiana. In effetti dal suo alter ego di casa nostra, Silvio Berlusconi,
lo spregiudicato Piñera sembra aver copiato proprio tutto: i toni, i contenuti,
gli slogan elettorali e le promesse impossibili, come la creazione del fatidico
“milione di posti di lavoro”.
Corre
anche voce che i due siano diventati addirittura amici, sebbene il presidente
cileno non lo abbia mai ammesso pubblicamente, forse un po’ per vergogna, visto
che il Cavaliere a livello internazionale non è esattamente considerato un
modello da prendere come esempio…
Ma
tornando alle rivelazioni di Wikileaks, in un altro dispaccio dell’ambasciata
degli Stati Uniti a Santiago, datato 22 gennaio 2010, viene fatta un’analisi
più dettagliata della figura del neoeletto presidente. Oltre a ribadire alcuni
dei suoi “exploit” da avventuriero della finanza, il rapporto lo definisce con toni
più elogiativi “un milionario istruito ad Harvard [anche da questo dettaglio si
evince la sua matrice ideologica neoliberista, ndr], cattolico conservatore,
anti-Pinochet e grande faticatore, noto per lavorare tutti e sette i giorni
della settimana”*.
Dunque,
a giudicare dal tono di questi dispacci diplomatici, ai funzionari statunitensi
“il presidente delle buone azioni” - come lo definiscono ormai molti cileni, chissà
forse alludendo appunto alle performance dei suoi titoli in borsa - sembra,
tutto sommato, non dispiacere affatto.
La
Casa
Bianca
non pare nemmeno ostile (e come potrebbe essere diversamente?) alla nuova
squadra di governo “padronal-imprenditoriale” di Piñera, nella quale spiccano
tre illustri laureati nelle più famose università nordamericane, i degni
rappresentanti del neoliberismo “alla cilena”. Lo stesso sciagurato sistema
economico che, a partire dalla dittatura pinochetista e proseguendo attraverso
i 20 anni di governo del “centrosinistra” della Concertación, ha avuto l’unico
merito di smantellare lo stato sociale allargando paurosamente la “forbice” tra
ricchi e poveri.
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