IIRSA, il mostro
silenzioso
Un
megaprogetto di investimenti di ampiezza strategica per la spoliazione delle
risorse del Cono Sud
Dopo
il parziale fallimento dell’ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), che
gli Usa insieme a multinazionali ed istituzioni finanziarie hanno dovuto
incassare, il Sudamerica deve ora fare i conti con un imponente piano di
sviluppo economico, noto come IIRSA. Il progetto di “Integrazione delle
Infrastrutture Regionali del Sud America” si trova in fase di attuazione da
almeno sei anni e sta già coinvolgendo i principali Paesi dell’area andina.
L’IIRSA
nasce ufficialmente nel 2000
a Brasilia, nel corso di un vertice dei Presidenti
dell’America del Sud, come proposta di investimento a sostegno dei trattati
bilaterali e regionali di libero commercio. L’obiettivo principale è la
costruzione di infrastrutture logistiche (grandi vie di comunicazione terrestri
e fluviali, porti, aeroporti, ma anche nuove centrali energetiche, oleodotti ecc…),
per rendere più efficiente l’estrazione delle risorse naturali del Sudamerica e
facilitare il trasporto delle merci, dentro e fuori dal continente.
Fino
ad oggi sono stati fissati sulla carta 507 progetti di costruzione di
infrastrutture per i trasporti, il settore energetico e le telecomunicazioni:
il tutto per un investimento totale stimato di almeno 70 miliardi di dollari,
di cui circa 21 sono già investiti in 145 progetti.
Nonostante
il velo d’ombra calato dai media sull’argomento e le poche informazioni reperibili
al riguardo, la società civile, nella voce di numerose organizzazioni della
regione, ha cominciato ad esprimere la propria preoccupazione per i rischi socio-ambientali
connessi alla realizzazione di questi megaprogetti infrastrutturali e per il
mancato coinvolgimento delle popolazioni nella discussione sulla loro effettiva
“fattibilità”.
Ovviamente,
l’iniziativa dell’IIRSA non è stata pensata a beneficio di uno sviluppo sociale
ed economico dei popoli sudamericani; risponde piuttosto agli interessi di una
serie di investitori che appartengono a grandi società transnazionali del
settore minerario, di quello agroindustriale (prevalentemente le monocolture
OGM) e dei servizi (edilizia, grandi opere, energia elettrica, gas, acqua
ecc…). Il progetto nasce da una visione strategica dello sviluppo economico e
commerciale; “si è partiti dalla valutazione delle capacità produttive che
generano gli spazi territoriali e dalle loro carenze e “necessità” di servizi e
di infrastrutture – trasporti, energia e telecomunicazioni – per dare impulso
alle attività commerciali. Questo è stato il criterio utilizzato per definire i
cosiddetti 10 assi di integrazione economica”*, ossia le dieci “macroregioni”, che trascendono i
confini nazionali, in cui si concentrano tutte le attività dell’IIRSA.
Si
tratta, nei fatti, del classico paradigma neoliberale che considera l’ambiente unicamente
come una fonte di sfruttamento di risorse naturali. Al contrario, la salvaguardia
della natura è solo un fattore negativo o meglio, nella logica mercantilista,
un semplice costo in più da doversi sobbarcare insieme ai “fastidi” - che i
fautori dell’IIRSA avranno sicuramente messo in conto - per le proteste della
società civile e di quelle organizzazioni sociali contrarie ai megaprogetti. Ne
citiamo solo alcuni tra i più imponenti ed ambiziosi:
-
“L’Idrovia del Putumayo comprende Colombia, Perù, Ecuador e Brasile, e pretende
di integrare le zone produttive della Colombia con quelle amazzoniche
attraverso il fiume Putumayo che sarà debitamente dragato per incorporare il
nord dell’Ecuador; si costruiranno strade, si rinnoverà il porto marittimo di
San Lorenzo in Ecuador e il porto fluviale El Carmen, nel fiume Putumayo.
L’impatto maggiore lo avranno le comunità indigene dei Awa, Siona, Inga e la
riserva ecologica Cofàn-Bermejo, che vedrà alterata notevolmente la
biodiversità. Nell’anno 2000 si parlava di un investimento di 350 milioni di
dollari.
-
Un altro progetto con un investimento molto grande (300 milioni di dollari)
corrisponde all’Idrovia del Napo, per trasportare le merci dai porti
ecuadoriani di Esmeraldas y Manta fino al fiume Napo e poi, per via fluviale,
fino all’Amazonas per salire verso l’Atlantico per il Brasile. Una rete di
strade unisce la zona petrolifera del nord del Venezuela e le Guyane con il
Pacifico; il progetto prevede di costruire aeroporti nell’Amazzonia
ecuadoriana.
-
Parte principale dell’infrastruttura dell’IIRSA è la strada interoceanica
Perù-Brasile che unirà i porti peruviani di Ilo e Matarani, nel Pacifico, con
la città di Porto Belho che avrà un tragitto di 3.700 chilometri,
con l’attuale rotta brasiliana di Sao Paulo, in Brasile. I 2.586 chilometri
che saranno costruiti assorbiranno circa 890 milioni di dollari; parchi
nazionali, riserve comunali e nazionali in territorio boliviano soffriranno un
impatto che fino ad ora non è stato calcolato. Allo stesso tempo, nel nord
caraibico si progetta di interconnettere il Brasile con la Guyana: serviranno altre strade,
porti di acque profonde e centrali idroelettriche.
-
Il progetto Rio Madeira (Perù, Bolivia e Brasile) è il più ambizioso. E’ stato
calcolato in 20.000 milioni di dollari e si tratta di un’idrovia che unirà la
città peruviana di Madre de Dios con le popolazioni brasiliane di Rondonia e
Beni, in Bolivia; si costruiranno inoltre quattro centrali idroelettriche. Si
sa che danneggerà 33 specie di mammiferi in pericolo di estinzione, 750 specie
di pesci e altrettanti di uccelli; danneggerà inoltre l’agricoltura e la pesca
e farà migrare circa 3.000 persone.
-
Altri 1.000 milioni di dollari sono stati calcolati per costruire il gasdotto
del nordest argentino con il Brasile, per fornire di questo combustibile la
regione nord dell’Argentina. Qui i danni maggiori saranno nei territori delle
etnie Toba, Pilagà e Mocovì.” **
A
finanziare questa impressionante serie di grandi opere sono e saranno tre
principali banche multilaterali di sviluppo: il BID (Banca Interamericana per
lo Sviluppo), la CAF
(Corporazione Andina di Risparmio) e il FONPLATA (Fondo Finanziario per lo Sviluppo
della Conca del Plata).
I
tre istituti si erano già occupati di finanziare gli studi di fattibilità dei
progetti.
In
aggiunta all’aiuto delle banche, “un apporto sostanziale viene dagli stessi
Paesi in cui si realizzeranno i progetti e dal settore privato interessato ad
investire in infrastrutture, con la conseguenza per i governi locali di dover
sottostare alle esigenze delle multinazionali, relegando in secondo piano
l’obiettivo di miglioramento delle condizioni di vita in America Latina, sostituito
dagli interessi di carattere economico privato.” ***
Il
debito di tanti Paesi sudamericani - già esposti in passato alle ricette
economiche dettate dal FMI e dalla Banca Mondiale e alle loro tragiche
conseguenze - potrebbe tornare a lievitare proprio per effetto dei costi
economici imputabili all’IIRSA. Ma ben più salato sarà il prezzo da pagare per
l’ecosistema andino-amazzonico e per le popolazioni sottoposte al nuovo
saccheggio neoliberale.
Andrea Necciai
Note:
* “IIRSA
y RIISA: Dislexia ideológica sudamericana” di Ramiro Chimuris - Semanario “Siete
sobre siete”, da www.rebelion.org.
** ”IIRSA:
le vie del saccheggio del Sudamerica” di Javier Rodríguez Pardo.
***
“Dossier IIRSA”, da www.orizzonti.eu.
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