SOA 1946-2006:
sessant’anni di crimini sotto silenzio.
Dopo l’attentato terroristico alle Twin Towers dell’11
settembre 2001, molti cittadini statunitensi si saranno rivolti domande come
queste: “Cosa abbiamo fatto per essere tanto odiati?”, oppure “Com’è possibile
che ci sia accaduto tutto questo?”. Con ogni probabilità, molte delle increduli
vittime del terrorismo di Stato “a stelle e strisce” si sono poste, in passato,
le stesse domande. E non c’è dubbio, inoltre, che migliaia di persone innocenti
in ogni parte del mondo continuino ad essere coinvolte nelle cosiddette
operazioni di “controinsorgenza” - o di “guerra sporca” - di matrice
nordamericana. La fotoreporter statunitense Linda Panetta, inviata di guerra
negli anni 80 e 90 in Centroamerica, racconta che “in America Latina ogni
persona che il nostro governo ha ritenuto una minaccia (leader sindacali,
religiosi, vescovi, capi di stato, bambini maya) è stata etichettata come
comunista, individuata ed uccisa. Oggi la minaccia “comunista” sembra essersi
dissolta come un brutto sogno, ma un nuovo spauracchio “terrorista” è emerso
dai cassetti per rinverdire paure e far impallidire una nazione terrorizzata.”*
Negli ultimi sessant’anni, una struttura militare degli
Stati Uniti si è distinta più di altre per essersi prestata a diventare
“palestra di addestramento” di spietati assassini, dittatori e terroristi. Si
tratta della tristemente nota SOA, o “School of Americas”, originariamente
costruita a Panama nel lontano 1946, e successivamente trasferitasi in Georgia
dopo l’abbandono del Canale da parte delle autorità statunitensi. Nonostante i
cambiamenti subiti fino ad oggi la SOA, chiamata sarcasticamente per le sue
nefandezze “School of assassins” e in seguito anche “Scuola di golpe”, ha
continuato a sfornare diplomati perfettamente addestrati nel “seminare morte e
terrore, attraverso la deportazione e la sparizione di centinaia di migliaia di
persone in America Latina.”*
Dalla sua fondazione – avvenuta, come detto, nell’immediato
dopoguerra – sono stati oltre 60.000 i militari latinoamericani formati nella
prestigiosa accademia. Successivamente, negli anni della Guerra Fredda,
l’ossatura di tutti gli eserciti latinoamericani fu costruita proprio
attingendo dal florido “vivaio” della SOA. I suoi neo-diplomati si sarebbero
presto dimostrati all’altezza dei loro compiti, spesso coadiuvati da
consiglieri militari statunitensi a cui era affidata la supervisione delle
operazioni militari e di polizia politica nel turbolento scacchiere
dell’America latina.
La lunga lista dei licenciados
usciti dalla SOA comprende tra gli altri gli ufficiali
Rios Montt, Lucas Garcia e Hector Gramajo, tutti accusati di genocidio contro
il popolo guatemalteco. Il piano da loro denominato “Tierra razada” [“Terra
bruciata”] provocò la morte di decine di migliaia di civili in 627 massacri
(accertati) nel periodo della dittatura militare capeggiata dallo stesso Montt.
In totale le vittime del conflitto guatemalteco, secondo il rapporto della
Commissione Onu per le chiarificazioni storiche (CEH), ammontano a oltre
200.000 tra morti e desaparecidos. Il
rapporto evidenzia pure che l’addestramento ricevuto alla School of Americas
“aveva una relazione significativa con la violazione dei diritti umani compiuta
durante il conflitto armato”.
Non molto distante dal Guatemala, nel Nicaragua del
dittatore Somoza, il corpo ufficiali della Guardia Nazionale – principale
responsabile del mantenimento dello stato di polizia sotto il quale fu
costretta a vivere per decenni la popolazione nicaraguense – era in larga parte
composto da cadetti della SOA. Nel 1979 dopo l’avvento al potere dei
sandinisti, molti di loro confluirono nei reparti dei “Contras”, l’esercito
mercenario armato e finanziato dalla Cia e da altre fonti occulte. Negli anni
di spaventosa guerra civile che seguirono, i Contras si segnalarono come i
peggiori violatori di diritti umani, perpetrando ovunque torture, massacri di
civili, devastazioni e saccheggi.
La storia del massacro di El Mozote, avvenuto in El Salvador
nel 1981, può essere citata come modello - tra migliaia di altri fatti analoghi
accaduti - della strategia di controinsorgenza messa in atto dagli Usa e dai
governi centroamericani loro “subalterni” dall’inizio degli anni settanta fino
alla fine del novecento. Strategia basata, in zona di guerra, sulla
persecuzione e lo sterminio di intere comunità di civili, ritenute preziose
fonti di sostentamento per la guerriglia e i movimenti in lotta per il
cambiamento sociale. Ripensando al recente passato, lo stesso Pentagono ha
dovuto ammettere che “per anni i manuali di addestramento usati alla SOA
avevano sostenuto la pratica di esecuzioni, torture, ricatti. Alcuni dei
manuali raccomandavano di individuare quelli che appoggiavano l’organizzazione
o il reclutamento sindacale, simpatizzavano con i dimostranti degli scioperi e
accusavano il governo di aver fallito nel compito di andare incontro alle
necessità fondamentali della popolazione.”*
Rufina Amaya, una donna tra le poche sopravvissute
all’eccidio di El Mozote, ricorda ancora oggi con l’orrore negli occhi come,
nascosta dietro ad un cespuglio, aveva assistito impotente all’esecuzione dei
circa 900 abitanti del villaggio (inclusi il marito e i suoi quattro bambini).
“I soldati stupravano le donne e lanciavano
in aria i neonati per infilzarli con le baionette per puro divertimento.
Intanto gli uomini erano stati torturati e poi ammassati in chiesa insieme a
molti bambini. I soldati ne avevano già eliminati molti a raffiche di mitra,
quando alcuni bambini protetti dai corpi degli adulti cominciarono ad urlare.
Allora i soldati uccisero anche loro, incendiando la chiesa. […] Alla fine ho
desiderato anch’io di morire […] ma implorai Dio di risparmiare la mia vita
affinché le voci di quelli che erano stati brutalmente massacrati non fossero
dimenticate, perché il loro pianto continuasse a vivere in me e la verità non
rimanesse nascosta”. Anche in questo caso, dieci dei dodici responsabili
del massacro erano stati addestrati alla SOA.
Più recentemente negli Stati meridionali messicani, dopo
l’entrata in vigore del Nafta [il trattato di libero commercio fra Stati Uniti,
Canada e Messico], le operazioni militari di presidio sono considerevolmente
aumentate di numero e intensità. L’incremento di queste attività di guerra di bassa intensità - che hanno visto ancora
una volta coinvolti contingenti provenienti dalla SOA in funzione
controinsurrezionale - si deve soprattutto alla sollevazione zapatista del
Chiapas, giudicata dai governi e dagli investitori interessati un fastidioso
ostacolo all’applicazione del Nafta. Tra gli ufficiali che ordinarono la strage
di Acteal (eseguita il giorno di Natale del 1997) figurano, ancora una volta,
ex-membri della SOA.
Crimini feroci come quelli consumati in Guatemala,
Nicaragua, El Salvador, Messico o Colombia testimoniano che tali barbarie non
sono semplicemente l’opera di alcune “schegge impazzite” dell’esercito, o di
gruppi di uomini in divisa particolarmente sadici; fanno parte piuttosto di una
specifica strategia del terrore messa in atto dalle forze armate per suscitare
paura, sofferenze ed umiliazioni. Il tutto con il placet della Cia e del Pentagono.
Anche se la giustizia non ha quasi mai seguito il suo
corso lasciando molti dei responsabili impuniti, negli Stati Uniti non tutti
ignorano questi orribili fatti, o si dimostrano indifferenti. Il 21 novembre
1999, decimo anniversario dell’omicidio dei sei padri gesuiti di San Salvador,
gli attivisti che si battono per la chiusura della Scuola riuscirono a riunire
poco fuori la sua sede di Fort Benning più di 12.000 persone, in una
manifestazione che è stata definita “uno dei più grandi atti di disobbedienza
civile della storia degli Stati Uniti”. Il corteo era preceduto da militanti
pacifisti che portavano bare e croci con incisi i nomi di alcune vittime dei
diplomati della SOA.
Nel 2002 anche Amnesty International ha fortemente
insistito per la chiusura del complesso SOA/WHISC, invocando la creazione di
una commissione verità che porti finalmente alla luce il legame esistente tra
l’addestramento militare impartito nella Scuola e le atrocità commesse dai suoi
allievi, senza con ciò dimenticare la complicità delle istituzioni governative.
Inutile dire che anche questo autorevole appello è rimasto finora inascoltato.
Andrea “Chile” Necciai
“Noi che abbiamo una
voce dobbiamo parlare per coloro che non ce l’hanno”.
Mons. Oscar Arnulfo
Romero
Note:
*
da “SOA: School of Americas, la fabbrica dei gorilla” di Linda Panetta –
Latinoamerica n°90/91.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.