Centinaia di basi gravemente contaminate
Whitney Webb**
Whitney Webb**
Producono una quantità di rifiuti tossici superiore a quella
delle cinque maggiori industrie chimiche del Paese. Il Dipartimento per
la difesa ha lasciato la sua eredità tossica dappertutto: uranio
impoverito, petrolio, carburante aereo, pesticidi, defolianti come l'Agente
Orange, piombo e altre sostanze inquinanti.
La settimana scorsa i principali mezzi di
comunicazione hanno dato ben poco risalto alla notizia che la base navale USA a Virginia Beach ha
riversato qualcosa come 94.000 galloni di carburante per aerei in un corso d'acqua nelle vicinanze, a meno di un
miglio dall'Oceano Atlantico. Certamente non si è trattato di un
evento catastrofico come in altri casi di perdite da oleodotti, ma mette in luce un fatto ancora poco conosciuto - che il
Dipartimento della Difesa americano è il più grande inquinatore non solo
degli USA, ma del mondo intero.
Nel 2014 l'ex capo del programma ambientale del Pentagono
dichiarò alla rivista Newsweek che il suo ufficio doveva occuparsi di 39.000 siti
contaminati -per una estensione complessiva di 19 milioni di acri- nel solo
territorio degli Stati Uniti.
Le basi militari USA, sia in patria che all'estero, sono tra
i luoghi più inquinati del mondo: i perclorati e altri componenti dei
combustibili di aerei e missili hanno contaminato le falde superficiali di
acqua potabile, le falde profonde e il suolo.
Sono centinaia le basi militari presenti nella lista
compilata dall'EPA (Environmental Protection Agency) dei ‘Superfund sites',
siti per i quali è prevista l'erogazione di fondi governativi speciali per la bonifica. Dei quasi 1.200 siti elencati,
quasi 900 sono luoghi un tempo utilizzati a scopi militari e ora
abbandonati, oppure basi ancora in attività.
John D. Dingell, un politico del Michigan ora in pensione,
veterano di guerra, sostiene che quasi tutte le basi militari del Paese sono gravemente
inquinate. Una di queste è Camp Lejeune a Jacksonville, nel Nord Carolina.
L'inquinamento di questa base si estese, nel periodo dal 1953 al 1987, a
causa dell'immissione nella falda acquifera di una significativa
quantità di sostanze carcerogene, fino ad avere conseguenze letali.
Tuttavia solo nel febbraio scorso il governo ha autorizzato coloro che erano stati espostialle sostanze inquinanti a Lejeune di presentare richieste ufficiali diindennizzo. Anche in molte basi militari fuori dagli USA le fonti di acqua
potabile sono state contaminate: la base più famosa è la Kadena Air ForceBase a Okinawa (in Giappone).
In più gli Stati Uniti, che da soli hanno eseguito più test
nucleari di tutte le altre Nazioni messe insieme, sono anche
responsabili dell'elevato tasso di radioattività che persiste in molte isole
dell'Oceano Pacifico.
Gli abitanti delle Isole Marshall, sulle quali gli USA sganciarono più di 60 bombe nucleari
tra il 1946 e il 1958, e della vicina Guam, ancor oggi presentano
percentuali molto elevate di casi di tumore.
Anche le regioni del Sud-Ovest furono scelte per sperimentare
numerosi ordigni nucleari, e le esplosioni contaminarono enormi
estensioni di terra. Inoltre - sempre in queste zone - le comunità degli IndianiNavajo che vivono nelle riserve sono soggetti ad alte dosi di
radioattività provenienti da miniere di uranio, ormai abbandonate, che venivano utilizzate dai contractors
militari.
Uno dei più orribili lasciti di inquinamento ambientale dei
militari USA si trova in Iraq, dove le azioni di guerra hanno trasformato
in deserto il 90% del territorio, distruggendo le produzioni agricole e obbligando il Paese
a importare più dell'80% del cibo dall'estero.
Oltre all'uso di uranio impoverito in Iraq durante la Guerra del Golfo, i comandi militari USA -
dall'invasione del 2003 in poi - hanno utilizzato la tecnica dell'incenerimentoall'aperto per smaltire i rifiuti, provocando un aumento significativo dei casi di cancro sia
nei militari americani che nei civili iracheni.
Secondo le stime del Dottor Jawal Al-Ali, un medico di
Bassora che fa anche parte del Royal College dei medici di Londra, i casi di
tumore sono diventati 12 volte più frequenti rispetto al 1991 (AP/Enric
Marti).
I documenti che testimoniano i danni ambientali provocati in
passato dai militari USA indicano un approccio non sostenibile: eppure
questo non li ha dissuasi dal progettare apertamente future contaminazioni
ambientali con la scelta di smaltire i rifiuti in modo inadeguato. Nello
scorso novembre la Marina USA ha annunciato il suo piano, per l'anno corrente,di riversare 20.000 tonnellate di “stressors” ambientali, ivi inclusi metalli pesanti ed esplosivi, nelle acque
lungo le coste nord-occidentali dell'Oceano Pacifico.
Questo progetto, concepito nella sede nord-occidentale del
Centro di addestramento e sperimentazione della Marina, tralascia di
chiarire che questi “stressors” vengono descritti dall'EPA (l'Agenzia perl'Ambiente) come sostanze pericolose, molte tossiche a livello sia
acuto che cronico.
Queste 20.000 tonnellate di ‘stressors' non includono le
ulteriori tonnellate (tra 5 e 14 previste) di metalli potenzialmente
tossici che la Marina prevede di smaltire ogni anno nelle acque interne
lungo il Puget Sound nello Stato di Washington.
In risposta alle preoccupazioni espresse rispetto a questi
progetti, una portavoce della Marina ha affermato che i metalli pesanti, e
persino l'uranio impoverito, non sono più pericolosi di qualunque
altro metallo: un'affermazione che chiaramente rifiuta di accettare dati
scientifici. A quanto pare, dunque, le operazioni militari USA svolte per
“la sicurezza degli Americani” avranno un costo superiore a quello che la
maggior parte della gente immagina - un costo che sarà pagato dalle future
generazioni, sia negli Stati Uniti che all'estero.
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** Whitney Webb scrive su mintpress e su diverse riviste on-line
(ZeroHedge, the Anti-Media, 21st Century Wire, True Activist ecc.).
Attualmente vive in Cile.
Whitney Webb - MintPress News. Published on 22 May 2017 at
U.S. Military World's Largest Polluter - Hundreds of Bases
Gravely Contaminated
[Traduzione di Elena Camino per CSSR]