Una
breve analisi degli avvenimenti, ad un mese dal Colpo di Stato
L’Honduras,
con più di sette milioni di abitanti e un tasso di povertà assoluta che
raggiunge il 66 per cento della popolazione, è il paese del Centroamerica che
più di tutti presenta ancora oggi gravi condizioni di disuguaglianza e di
immobilismo sociale.
1. I fatti
Domenica
28 giugno, il presidente Manuel “Mel” Zelaya Rosales, eletto democraticamente
nel 2005, viene prelevato con la forza dalla sua abitazione da un commando
militare e “trasferito” in Costa Rica. Ha inizio il colpo di stato in Honduras.
L’ordine
di destituire il presidente legittimo era partito dal Congresso Nazionale (il
Parlamento honduregno) con il sostegno “legale” della Corte Suprema di
Giustizia, entrambi controllati dall’oligarchia economica e dalla classe
politica conservatrice che ha ideato e messo in atto il golpe.
Subito
dopo, lo stesso Congresso Nazionale si
affretta a nominare un presidente “de
facto”, l’ex presidente del Parlamento Roberto Micheletti. Da questo
momento in tutto il Paese è decretato lo “stato d’assedio” e imposto il “toque de queda” (coprifuoco), ma
soprattutto viene introdotta una sorta di legge marziale che, di fatto, sospende
le libertà e i diritti individuali garantiti dalla Costituzione honduregna,
aprendo la strada ad una feroce repressione da parte dell’Esercito e delle
Forze di Sicurezza nei confronti degli oppositori al nuovo regime.
2. Gli interessi
in gioco
Il
“pomo della discordia” che ha scatenato la reazione violenta delle classi
dominanti honduregne contro il presidente Zelaya è stato il referendum popolare
(che avrebbe dovuto svolgersi lo stesso giorno in cui è stato deposto) per decidere
se convocare o no l'elezione di un'Assemblea Costituente, un primo passo per
avviare una serie di riforme istituzionali ed economiche per far cambiar volto
ad uno dei paesi più poveri e disastrati di tutta l’America latina.
Quella
per l'Assemblea Costituente sarebbe stata la "quarta urna", una
svolta che secondo i sondaggi è voluta da almeno l'85% degli hoduregni, ma
indesiderata dalle élite tradizionali, dal sistema dei partiti (incluso quello
di Zelaya, il Partito Liberale) dalla Chiesa e dai mass media che in Honduras,
come nel resto del continente, sono dominio esclusivo del potere economico. Ma
queste compagini non vogliono una nuova Costituzione né - tantomeno - accettano
di verificare se la maggioranza della popolazione la desidera.
In
questi quattro anni di governo “Mel” Zelaya, membro di una tra le più ricche
famiglie di allevatori e candidato per il centro-destra, aveva già fatto
abbastanza per inimicarsi i “poteri forti” del suo Paese: l’ingresso nell’ALBA
(Alternativa Bolivariana per le Americhe) e la conseguente “sterzata a
sinistra” verso l’asse “chavista” con la firma dell’accordo energetico “Petrocaribe”;
l’intenzione di convertire in aeroporto civile l’attuale Base militare
statunitense di Palmerola (sempre nell’ambito degli accordi dell’ALBA); i
decreti esecutivi a favore delle classi meno abbienti (come la legge
sull’aumento del salario minimo). Queste ed altre azioni di governo promosse da
Zelaya hanno provocato nel tempo una profonda “frattura” con la classe
dirigente hoduregna.
3. I registi del
Golpe
Le
forze coinvolte o implicate in diversa misura nell’organizzazione e
nell’attuazione del Colpo di Stato in Honduras si possono individuare nelle
seguenti “aree di interesse”:
Economia
Il
Consejo de la Impresa Privada
(la Confindustria
locale); la FENAGH
(l’associazione di latifondisti e allevatori) contraria al miglioramento delle
condizioni di lavoro dei braccianti e alla “riforma agraria”; le imprese
importatrici di petrolio, danneggiate dall’acquisto di carburanti a basso
prezzo dal Venezuela di Chavez (accordi “Petrocaribe”); e poi ancora il settore
finanziario (banche ed assicurazioni), industrie farmaceutiche e i mezzi di
comunicazione (emittenti televisive e radio di proprietà delle stesse classi
dirigenti).
Politica interna
I
partiti politici ostili a Zelaya: Democrazia Cristiana, PINU, alcuni settori
dello stesso partito del presidente legittimo (il Partito Liberale) come l’ala
più conservatrice capitanata da Carlos Flores Facusse, ex presidente della
Repubblica.
Altre
istituzioni
Altre
istituzioni come la Chiesa Cattolica
e quella Evangelica, il Ministerio Publico, la Corte Suprema de
Justicia e persino il Comisionado Nacional de Derechos Humanos, tutti
compromessi con gli interessi dell’ex Presidente della Repubblica Facusse e
attuale Presidente dell’Associazione dei Mezzi di Comunicazione.
Multinazionali e
corporations straniere
Con
il graduale allontanamento del governo honduregno dalle politiche neoliberiste
di stampo nordamericano (Trattato di Libero Commercio, Plan Mérida etc…), corporations statunitensi ed altre
imprese transnazionali – prima tra tutte la United Brands (ex United Fruit
Co/Chiquita), ma pure le spagnole Union Fenosa (energia elettrica) e Movistar
(telecomunicazioni) – hanno cominciato a preoccuparsi della minaccia di una
possibile “deriva socialista”, a causa delle riforme democratiche e
dell’entrata dell’Honduras nell’ALBA.
4. Le Forze
Armate honduregne
Nel
periodo degli anni ’60 e ’70 l’Honduras ha conosciuto dittature militari tra le
più repressive che nell’arco di due decadi sono confluite nei cosiddetti
governi “democratici” degli anni ’80 e ’90 (o meglio nelle “democrature”, come
le definisce correttamente Galeano). Tuttavia, l’influenza e il potere della
casta militare si sono sempre mantenuti inalterati nel tempo.
Le
F.F.A.A. dell’Honduras sono, a tutti gli effetti, una “creatura” del Pentagono.
Fanno parte infatti della “Forza Congiunta Bravo” (JTF-B) dell’Esercito degli
Stati Uniti, un contingente costituito da effettivi dell’esercito,
dell’aviazione, delle forze di sicurezza congiunte (reparti di intelligence e
di polizia militare) e dal 1/228 Reggimento dell’Aviazione militare
statunitense.
Il
leader dei generali golpisti è proprio il Capo di Stato Maggiore della Forza
Congiunta, Gen. Romeo Vazquez Velazquez, destituito da Zelaya per aver
disobbedito ai suoi ordini (si era infatti rifiutato di provvedere alle
operazioni di allestimento dei seggi referendari), mentre il “numero due” è il
Gen. Luis Price Suazo, Comandante in Capo dell’Aviazione. Si tratta quindi dei
più alti ufficiali in comando, entrambi formati e laureati presso la
tristemente nota “Scuola delle Americhe”, l’accademia militare Usa che ha
“sfornato”, nel suo mezzo secolo di storia, buona parte dei futuri dittatori
dell’America latina (come Pinochet, Rios Montt, DAubuisson, Stroessner etc…) e
che ha sede a Fort Benning, nella Georgia.
5. Il ruolo
degli Stati Uniti
Al
di là delle dichiarazioni iniziali del presidente Obama e della Segretaria di
Stato Hillary Clinton, favorevoli al presidente legittimo e malgrado il non-riconoscimento del governo golpista
“de facto”da parte dell’ONU, dell’OSA
(Organizzazione degli Stati Americani) e di tutta la comunità internazionale
(con l’eccezione di Israele), “Mel” Zelaya non è riuscito a rientrare nel suo
Paese (rischierebbe l’arresto immediato) e a riprendere le redini del governo,
mentre esercito e polizia continuano ad attuare una feroce repressione contro i
suoi sostenitori rimasti in patria.
Ufficialmente,
la Casa Bianca
non ha ancora dichiarato il caso honduregno un “Colpo di Stato”, forse perché
questo farebbe scattare la legge del Congresso che prevede la sospensione degli
aiuti economico-militari all’Honduras.
Né
Obama né la Clinton
hanno chiesto ai generali del Pentagono di interrompere i loro rapporti con i
generali golpisti, loro sottoposti perché inferiori di grado. E neppure hanno
osato richiamare da Tegucigalpa il loro ambasciatore, Hugo Llorens (tra
l’altro, un esperto di guerra fredda e di operazioni di controinsorgenza):
sarebbe stata la mossa più logica per significare la rottura delle relazioni
diplomatiche. Al contrario il Dipartimento di Stato continua a prendere tempo,
alla luce del fallimento della mediazione del presidente costaricense Oscar
Arias (personaggio assai chiacchierato e “pedina” degli Usa nella regione), forse con
l’obiettivo di arrivare - alla fine - a legittimare il governo di fatto dell’Honduras, una volta
terminata questa situazione di stallo che potrebbe durare fino alle prossime
elezioni di novembre.
Se
Zelaya non potrà più correre, allora i due candidati delle destre si
disputeranno il potere con l’avallo dei golpisti e degli Stati Uniti. E addio
riforme democratiche…
Andrea Necciai
“Nessuno deve
obbedienza a un governo usurpatore né a coloro che assumano funzioni o incarichi
pubblici mediante l’uso della forza oppure usando mezzi che contrastino o
disconoscano ciò che questa Costituzione e le sue leggi stabiliscono. Gli atti
verificati da tali autorità sono pertanto nulli. Il popolo ha il diritto di
ricorrere all’insurrezione in difesa dell’ordine costituzionale”.
Articolo
3 della Costituzione dell’Honduras.