Dal neoliberismo al “socialismo del XXI secolo”, realtà o utopia?
Da quando, agli inizi dell’Ottocento, fu concepita la
“Dottrina Monroe”, gli Stati Uniti iniziarono ad esercitare una politica estera
molto aggressiva nei confronti dei loro vicini sudamericani. Nel secolo scorso
cavalcando il celebre slogan “l’America agli americani”, la nazione “culla
della libertà” si arrogava il diritto di annettersi Porto Rico, occupare il
Canale di Panama, installare dittature militari nel Cono Sud, combattere con
mezzi sporchi una guerra illegale e mai dichiarata contro il Nicaragua
sandinista, ed infine addestrare nelle sue strutture militari migliaia di
torturatori esperti in operazioni di controinsorgenza.
Dopo il crollo del socialismo reale nell’Europa dell’Est e
il conseguente indebolimento dei movimenti progressisti e rivoluzionari in
tutto il mondo, le dittature militari che si erano insediate in America latina
per salvaguardare gli interessi degli Stati Uniti (e dei poteri economico-finanziari)
hanno lentamente segnato il passo in favore di forme di governo più
presentabili, le cosiddette “democrature”
- secondo la nota definizione coniata dallo scrittore Eduardo Galeano.
Se tali trasformazioni sono state determinanti a livello
politico, il processo forse più significativo degli anni 80 e 90 è stato il
graduale consolidamento dell’economia di mercato. Più di vent’anni di
neoliberismo hanno provocato localmente il declino dell’agricoltura e della
piccola industria, nonché una significativa perdita di posti di lavoro con
ricadute negative sul piano sociale ed umanitario. Questo lento genocidio
economico è oggi la principale causa dell’umiliante livello di povertà di quasi
i 3/4 della popolazione latinoamericana e del progressivo impoverimento delle
sue classi medie.
Nonostante i disastri sociali, politici ed ambientali
collezionati negli ultimi anni da quei governi (di destra come di “sinistra”)
che hanno messo in pratica i dettami economici di un capitalismo selvaggio e
cannibale, ancora oggi molti Stati si lasciano cooptare dalle imprese
transnazionali e dai massimi poteri finanziari, il FMI e la Banca Mondiale. “La vera posta in gioco in America Latina –
osserva James Cockroft sul periodico “Rebelion” – è l’esercizio della sovranità nazionale per il controllo delle risorse
fondamentali come il petrolio, il gas e l’acqua, la biodiversità, l’educazione,
la sanità, i trasporti e la previdenza sociale, i settori bancario ed
industriale. I movimenti sociali protestano oggi contro la privatizzazione
delle fonti naturali, contro la mercificazione della vita e la logica dello
sfruttamento imposte dalla globalizzazione neoliberista, insieme
all’ingiunzione del pagamento del debito estero ereditato dalle dittature.” *
La svolta “a sinistra” delle ultime tornate elettorali,
che hanno visto le popolazioni coinvolte eleggere candidati di tendenza progressista (è il caso di Kirchner in
Argentina, di Tabaré Vazquez in Uruguay e di Michelle Bachelet in Cile), si
spiega facilmente con il fallimento delle destre
neoliberali che in poco più di una decade hanno fatto crescere a dismisura
la povertà e l’esclusione sociale. Molti tra i neoeletti capi di governo,
decisamente titubanti nei confronti dei Trattati di Libero Commercio e del
fondamentalismo del mercato, continuano – loro malgrado – a contribuire al
mantenimento del moribondo modello liberista. Il loro atteggiamento ambiguo si
deve soprattutto alla “debilitazione del
potere statale dovuta ai processi di privatizzazione dell’economia, ai nuovi
accordi commerciali e al pagamento del debito estero. Tutto ciò ha lasciato
molti governi in una situazione di estrema vulnerabilità e gli ha esposti al
ricatto del capitale straniero.” *
Evidentemente però, i casi appena citati non valgono come
esempio per le esperienze di governo in corso in Venezuela e Bolivia. In queste
due nazioni la politica economica intrapresa dai rispettivi mandatari, Hugo
Chavez ed Evo Morales, va decisamente in controtendenza. Rifiutando l’idea che
possa (ri)sorgere un tipo di liberismo moderato e dal volto umano, i due Paesi
andini hanno optato per un cammino di riforme rivoluzionarie basate
sull’appoggio dello Stato alle istanze della popolazione e dei movimenti
sociali. Morales invoca un socialismo comunitario fondato sulla reciprocità e
la solidarietà, mentre da Caracas il presidente Hugo Chavez porta avanti il suo
singolare progetto di “Alternativa Bolivariana per l’America latina” (ALBA),
primo passo verso la costruzione del “nuovo socialismo del XXI secolo” perché,
come suole ripetere lo stesso Chavez, “non esiste un altro mondo possibile in
seno al capitalismo.”
La proposta alternativa all’attuale modello
economico-sociale dominante suscita sempre più interesse in ogni angolo
dell’America latina. Recenti sondaggi realizzati in Brasile e Venezuela
mostrano che più della metà degli abitanti delle due nazioni si dicono
favorevoli al passaggio ad un sistema più “socialista”, purché ciò non comporti
la riassunzione di vecchi modelli del passato (vedi le tragiche esperienze dell’Europa
dell’est).
Il nuovo “socialismo sudamericano” si ispira al
fondamentale principio dell’integrazione dei popoli e delle culture; un
obiettivo che si può cogliere - secondo molti - soltanto attraverso la
creazione di una confederazione di Stati fondata su basi solidali e
cooperative. Dal dibattito attorno a questo tema emergono molteplici idee sul come realizzare l’ambizioso progetto.
Tutte sembrano convergere su quattro punti in comune:
1)
Il primato
dei valori umani. L’impegno di porre fine al patriarcato, al razzismo, al
sessismo, allo sfruttamento di classe e al genocidio; opponendo a tutto ciò il
rispetto del prossimo e la giustizia sociale.
2)
L’organizzazione
partecipativa, distante da ogni autoritarismo di tipo stalinista, fondata sulla
pianificazione in differenti livelli […] e sul principio della partecipazione
popolare dal basso, in sostituzione della “partitocrazia” e dell’
“avanguardismo”.
3)
L’impronta
internazionalista. […] Difesa comune dei popoli contro il neoliberismo e le
aggressioni dell’imperialismo, attraverso la creazione di organizzazioni
sovrastatali che promuovano la pace e il rispetto dei diritti umani, e nelle
quali venga abolito il diritto di veto.
4)
La difesa della
sovranità nazionale, dei principi di non-intervento e di autodeterminazione dei
popoli […], in linea con gli ideali a cui si sono ispirati José Martì pensando
a “Nuestra America”, e Simon Bolivar a “la gran patria.” *
Se il sistema neoliberista è giunto ormai al crepuscolo,
come sembrano confermare gli sconquassi degli ultimi anni, la marcia del Nuovo
Mondo verso altri orizzonti di civiltà è appena all’inizio del suo impervio
cammino.
Andrea “Chile” Necciai
Note:
* “Le sfide dell’America latina all’imperialismo” di
James D. Cockroft - Rebelion.