giovedì 16 dicembre 2010

Saviano, lettera ai ragazzi del movimento

Magari vi metto anche il link..
http://www.repubblica.it/scuola/2010/12/16/news/lettera_saviano-10251124/?ref=HRER2-1
Paolo

Lettera ai ragazzi del movimento

di ROBERTO SAVIANO
CHI HA LANCIATO un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee.
Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia.
I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchie reazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicità dei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia martedì. Poliziotti che si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia, frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziotti isolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scena che non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra in strada, questo governo ha vinto ancora una volta. Ridurre tutto a scontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazioni e così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro vengano raccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre e lacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone. Pregiudicandolo, rovinandolo.

Scrivo questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stanno occupando le università, che stanno manifestando nelle strade d'Italia. Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita, pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove la metti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi non arriva a fine mese e aspetta da vent'anni che qualcosa nella propria vita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tirati indietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con una sassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa.
Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il "blocco nero" o come diavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere del movimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il Subcomandante Marcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavano di smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelli quello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cui scintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto più pericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualche secondo.
Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col casco e le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa, continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciare una camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano come esca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, e delatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti i suoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. E' su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere.

Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia di evitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po', per poi tornare a com'era, a come è sempre stato. L'idea di un'Italia diversa, invece, ci appartiene e ci unisce. C'era allegria nei ragazzi che avevano avuto l'idea dei Book Block, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa di coscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tutto parte dai libri, dalla scuola, dall'istruzione. I ragazzi delle università, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vedere con i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat sia affrontare il capitalismo. Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo.
Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età e per  -  Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giorno contro tutto quello che sta accadendo  -  abbiamo i nostri corpi, le nostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non i soliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano "parole d'ordine". Questa era la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna. Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanare i violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serve per pensare, non per fare l'ariete. I book block mi sembrano una risposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza sapere cos'è l'anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fare agli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Si nasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in grado di vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allo studio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e non si nasconde, anzi fa l'esatto contrario. E se le camionette bloccano la strada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stanno arrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, a chi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono diritti da difendere, che c'è chi li difende anche per loro, che c'è chi garantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica e democratica perché è questa l'Italia che si vuole costruire, perché è per questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sulla porta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più che bruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questo paese. Questa è l'unica battaglia che non possiamo perdere.

________________________________________


ed ecco alcune risposte alla lettera di Saviano apparsa su Repubblica.it il il 16 dicembre 2010 http://www.repubblica.it/scuola/2010/12/16/news/lettera_saviano-10251124/

Il Telepredicatore (Valerio Evangelisti) http://www.infoaut.org/articolo/il-telepredicatore

A proposito di cortei e buoni maestri (Sandrone Dazieri)
http://www.precaria.org/caro-saviano.html

Lettera a Roberto Saviano (Femminismo a Sud)
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/12/16/lettera-a-roberto-saviano/

14 dicembre 2010. L'attacco al palazzo, d'inverno (Paola De Luca) http://www.carmillaonline.com/archives/2010/12/003718.html#003718

Caro Saviano, senza rancore!
Ketty
__________________________________________

Tredici modi non violenti per manifestare contro la Gelmini

Di anacleto mitraglia, da indy napoli
 
Avendo preso in seria considerazione le riflessioni espresse da Roberto Saviano sul pericolo di degenerazione delle proteste contro la legge Gelmini, ho pensato di proporre agli studenti alcuni metodi non violenti di sicuro effetto per contestare l’approvazione del provvedimento.
1) Il girotondo temporale
Circondando la zona rossa nel centro di Roma con una catena umana di migliaia di manifestanti ed iniziando un girotondo in senso contrario all’asse di rotazione terrestre, è possibile riportare indietro nel tempo le leggi sulla pubblica istruzione. Il problema è quando fermarsi, perché nel troppo entusiasmo si rischia di tornare a prima della legge Casati, con ovvi effetti negativi sul fronte del diritto allo studio.

2) La negazione ontologica
E’ il metodo più radicale di contrapposizione politica, che spinge all’estremo la negazione dell’esistente: occorre negare non solo ogni valore ma anche ogni consistenza ontologica alla legge Gelmini, all’attuale governo ed al sistema capitalista nel suo insieme, fino a convincersi che essi semplicemente non esistono. Malgrado sia tacciato di estremismo inconcludente, il metodo è stato adottato nella sua versione positiva (affermazione ontologica) anche dal Partito Democratico, che da tempo sostiene contro ogni evidenza di esistere ed essere di sinistra.
3) Lo specchietto per le allodole
Prendendo spunto dai noti episodi di Roma, occorre arrivare quanto più possibile vicino al Parlamento ed urlare a squarciagola di fronte ai poliziotti schierati “sono una minorenne, sono una minorenne”; c’è la forte possibilità che il presidente del Consiglio, sentite queste parole, non resista alla tentazione di venire a dare un’occhiata, interrompendo le votazioni ed esponendosi alla giusta ira dei manifestanti.
4) Quel mazzolin di fiori
Arrivare a Roma con un carico di diecimila profumatissime gardenie da donare ai poliziotti che circondano la zona rossa, attirandosi così la benevolenza dell’opinione pubblica progressista; dopodiché, liberare uno sciame di centomila calabroni affamati, lasciando a loro il compito di liberare le strade di accesso al Parlamento.
5) La società dello spettacolo
Acquistare trecentomila copie di Gomorra, da bruciare o recitare in piazza a seconda che si condividano o meno le recenti posizioni dell’autore (metodo suggerito dall’Ufficio Reminders della Mondadori).
6) De te fabula narratur
Contrapporre alla Narrazione del Potere una Narrazione di insussumibile alterità al Codice Dominante, che sappia ricomporre la radicalità dell’Essere sociale così come espresso dall’azione Biopolitica della Moltitudine in un immaginario vittorioso di Eversione dell’Esistente. Nessuno sa cosa significa ma scatenerà nelle assemblee e sui media di Movimento un furioso dibattito che farà dimenticare a tutti cos’è la Gelmini e perché bisognava bloccarla.
7) Le Trombe di Gerico
Accatastare di fronte alle barriere della zona rossa tutti i sound system delle situazioni occupate italiane, aprendo un bombardamento sonoro di un trilione di watt a base di techno, ska, reggae, rap estremo, etc.; anche se non crolla Montecitorio e rimane qualche celerino in piedi, sarà difficile che le operazioni di voto possano procedere secondo programma.
8) Il ricatto
Appartarsi in un posto telefonico isolato con una scorta di schede telefoniche e chiamare al cellulare tutti i parlamentari, sussurrando al microfono “la troia ha parlato, so tutto di quell’affare e se ti azzardi a votare la Gelmini spedisco foto e documenti ai giornali, poi sono cazzi tuoi”, quindi buttare giù; la percentuale di successo, dati la qualità dei parlamentari e l’attuale consistenza della maggioranza, sono discretamente alte.
9) Il nostro agente all’Avana
Dividersi in gruppi di due-tre persone e presentarsi ai varchi della zona rossa brandendo una tessera dell’Atac e un santino con la faccia di Cossiga, grugnendo “sono un collega in borghese, devo portare questo stronzetto teppista in caserma per fargli il terzo grado”; dopodiché sgattaiolare dentro e filarsela per ritrovarsi tutti sotto Montecitorio a protestare.
10) Protesta globale
Seguendo le leggi della complessità ed il principio del “pensare globale, agire locale”, è stato ipotizzato che la dispersione di cinquecentomila macaoni in Tasmania dovrebbe creare a Roma una potente tromba d’aria che si porterebbe via Montecitorio, palazzo Madama e palazzo Chigi; data l’estrema complessità delle simulazioni metereologiche su base stocastica, c’è una forte probabilità che il tentativo fallisca e si scateni un altro nubifragio sul Veneto. Ma in tal caso, oltre ad aver rotto simpaticamente i coglioni alla Lega, si sarà fornito un lieto diversivo estetico agli aborigeni australiani.
11) N.I.M.B.Y.
Organizzare a Roma una manifestazione di un milione di persone, che però passano prima per Napoli e si prendono un sacchetto di spazzatura da deporre per protesta davanti alla zona rossa; anche se non ferma la Gelmini, questa opzione ci leva dalle palle un poco di immondizia (metodo suggerito da alcuni compagni napoletani con tendenze opportuniste).
12) Bleat Block
Detto anche “fronte del piagnisteo”, il Bleat Block agisce piazzandosi in massa davanti agli schieramenti di polizia e salmodiando a squarciagola slogans che, a seconda dell’orientamento politico dei manifestanti, possono ispirarsi alla Bibbia, alla Costituzione o a Mao Tse Tung; si va quindi da “siamo tutti fratelli, anche voi poliziotti siete sfruttati” a “ogni cittadino ha diritto alla libera espressione del suo pensiero” fino a “coi Maestri vinceremo, costruiamo un governo di Fronte popolare”. Malgrado la sua apparente pacificità, il Bleat Block è quello che maggiormente rischia di far degenerare le manifestazioni, perché è difficile che di fronte ad una tale geremiade di cazzate qualche pulotto non perda la tesa e parta una pericolosa carica di silenziamento.
13) La numero tredici
E’ l’unica praticabile e quella con più possibilità di riuscita; purtroppo nessuno la conosce, perché ognuna delle milioni di persone che vorrebbero cambiare questa baracca ne possiede solo un pezzetto e non c’è verso di metterle tutte insieme per decifrare il messaggio. Inoltre la sinistra istituzionale si oppone al suo utilizzo perché sostiene che il tredici porta sfiga..

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.