tag:blogger.com,1999:blog-23825570236548065942024-02-22T21:57:45.310+01:00[NSDT] Non Si Deve TacereRaccolta di POST dalla omonima newsletter collettiva[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.comBlogger537125tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-60032924920900327882023-12-03T16:01:00.001+01:002023-12-03T16:03:51.223+01:00[IRAN] La lettera del Nobel dal carcere «Perché il mondo resta impassibile?»<div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhR3W-1YQWj5ZDz7GX2jfaBXB1WV0dX9Mo2RAtrvhMPn8uBD3H9sMs7SmMiPxsiB0rSxvOSPr5mwMSOv-pxeWNJAjUJ7RImsaHf1l1C_EKmxvRJSssz6Gh2q83gP4m2KYpxe0mlu08RNn3rn6oSb7jboJ6rlQ6KPbW6QfdTZJKvw-sYZx4eqPymMqRzeEjE/s493/Screenshot_20231203-153217_Avvenire.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="493" data-original-width="307" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhR3W-1YQWj5ZDz7GX2jfaBXB1WV0dX9Mo2RAtrvhMPn8uBD3H9sMs7SmMiPxsiB0rSxvOSPr5mwMSOv-pxeWNJAjUJ7RImsaHf1l1C_EKmxvRJSssz6Gh2q83gP4m2KYpxe0mlu08RNn3rn6oSb7jboJ6rlQ6KPbW6QfdTZJKvw-sYZx4eqPymMqRzeEjE/s320/Screenshot_20231203-153217_Avvenire.jpg" width="199" /></a></div><br />Il 10 dicembre non sarà a Oslo, a ricevere il premio Nobel per la pace. Nella storia, era successo solo altre tre volte che il vincitore fosse impossibilitato perché in carcere. Dopo quella del tedesco Von Ossietzky (1935), della birmana Aung San Suu Kyi (1991) e del cinese Liu Xiaobo (2010), sarà la sedia vuota dell’iraniana <b>Narges Mohammadi</b>, anche lei in prigione come i suoi tre predecessori, a segnare la celebrazione. « Non potrà uscire dal carcere di Evin», conferma dall’Italia il movimento Donna Vita Libertà, nato sulla scia dello sdegno per la morte, nel settembre 2022, della giovane Mahsa Amina, arrestata e picchiata perché portava male il velo. Narges non potrà volare in Norvegia non solo perché il regime degli ayatollah, a dispetto dell’invito della presidente del Comitato di Oslo, Berit Reiss Andersen, a « prendere la giusta decisione», non sembra avere la minima intenzione di rilasciarla, ma anche perché le sue condizioni di salute sono precarie. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Narges Mohammadi, 51 anni, giornalista, scrittrice, attivista per i diritti umani, arrestata 13 volte e condannata 5 per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate a causa del suo impegno per la libertà del popolo iraniano e in particolare delle donne, soffre di gravi patologie cardiache. Nei giorni scorsi le autorità, dopo ripetuti dinieghi perché la prigioniera rifiutava di coprirsi la testa con il velo, l’hanno trasportata in ospedale, ma dopo alcuni veloci esami l’hanno riportata in carcere. « È in pericolo di vita, la sua stessa esistenza è sotto il ricatto di un regime dispotico che le vieta cure adeguate», dice ad Avvenire Parisa Nazari, attivista del Movimento italoiraniano Donna Vita Libertà. </div><div style="text-align: justify;">Alla vigilia della consegna del premio Nobel per la pace, Narges è riuscita comunque a far uscire una sua lettera dal carcere di Evin, a Teheran, che Avvenire ha potuto leggere, in cui si dichiara « profondamente scioccata per il modo in cui il mondo assiste impassibile al massacro e alle esecuzioni del popolo iraniano». La stretta del regime degli ayatollah è impressionante: nei giorni scorsi è stato impiccato l’ottavo manifestante del movimento Donna, Vita, Libertà, Milad Zohrehvand; 24 ore dopo è toccato a un ragazzo di 17 anni. « La macchina delle esecuzioni – scrive Narges – ha accelerato in tutto il Paese (…) È la guerra del regime contro il popolo iraniano oppresso, indifeso e in rivolta».</div><div style="text-align: justify;">L’attivista in carcere esprime «grande dolore » per il silenzio del mondo davanti a questa strage: «Che tragica morte è quella nell’oscurità della notte». E poi dalla cella di Evin alza il suo grido: «Chiedo all’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani di intraprendere un’azione urgente e decisiva in nome dell’umanità per fermare le esecuzioni in Iran ».</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un appello che viene rilanciato dalle attiviste iraniane che nel nostro Paese portano avanti il movimento Donna Vita Libertà: al governo italiano e alla Commissione Europea chiedono di fare pressioni sul regime degli ayatollah perché fermino il boia e perché rilascino la premio Nobel. L‘appello è stato già sottoscritto da Maurizio Landini (Cgil), Elly Schlein (Pd) oltre che dalla Casa internazionale delle Donne e da Amnesty. « Il rifiuto delle autorità iraniane di consentire a Narges di ritirare il premio – dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia - e l’ostinazione con cui la tengono in carcere nonostante le precarie condizioni di salute dovrebbero suscitare scandalo e indignazione a livello mondiale. Ogni giorno in più in carcere è un insulto ai diritti umani e un pericolo per la sua vita».</div><div style="text-align: justify;">Su questo fronte si registra una ampia mobilitazione: a quella ormai “storica” di Amnesty, si è aggiunta una petizione di Pen International, l’associazione degli scrittori che annovera la Premio Nobel come membro onorario. Decine di intellettuali – da Salman Rushdie a Arundhati Roy - hanno firmato l’appello perché Teheran consenta alla donna di riunirsi al marito e ai suoi due figli, che non vede da 8 anni, e di volare a Oslo il 10 dicembre «dove il suo lavoro giustamente sarà onorato ». </div><div style="text-align: justify;">Ma le speranze sono davvero poche.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;"><span style="font-size: x-small;"><b>Antonella Mariani</b>, </span></div><div style="text-align: right;"><span style="font-size: x-small;">Avvenire 03.12.23 </span></div></div><p><br /></p><p></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Iran32.427908 53.6880464.1176741638211567 18.531796 60.738141836178848 88.844296tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-53526751287055587682023-11-03T11:40:00.005+01:002023-11-03T11:46:04.628+01:00All'Iran la presidenza del Forum sociale del Consiglio dei Diritti Umani ONU<div style="text-align: justify;">Giovedì è toccato all’Iran presiedere il <b>Forum sociale 2023 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (Unhrc)</b> che si svolge a Ginevra fino al 3 novembre. La scelta di nominare Ali Bahreini, ambasciatore della Repubblica islamica e rappresentante permanente presso le Nazioni Unite, non è passata inosservata e ha scatenato una campagna di protesta internazionale da parte degli attivisti per i diritti umani ma anche da parte del mondo politico. Il contesto internazionale in seguito all’attacco del 7 ottobre di Hamas a Israele aggiunge benzina sul fuoco.</div><div style="text-align: justify;">Rispondendo a un’interrogazione dell’Europarlamentare della Lega e del gruppo Identità e Democrazia, Gianna Gancia, che parlava “di uno schiaffo in faccia” data la situazione dei diritti umani della maggior parte degli iraniani, in particolare delle donne, “e le ripetute esecuzioni a seguito delle proteste in corso nel paese”, l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell si era difeso sottolineando a fine luglio che la nomina di Bahreini era legata ad una questione di rotazione regionale “in linea con le procedure stabilite delle Nazioni Unite” e ribadendo che l’Ue ha intrapreso “azioni diplomatiche per condannare fermamente le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità iraniane e la repressione dei manifestanti da parte delle autorità iraniane all’indomani della morte di Mahsa Amini in custodia della polizia”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>L’Ong Un Watch</b>, l”organizzazione non governativa con sede a Ginevra la cui missione dichiarata è ‘monitorare le prestazioni delle Nazioni Unite sulla base della propria Carta’, contesta la linea di Borrell spiegando che “il gruppo asiatico, a cui appartiene l’Iran, ha ricoperto la posizione quattro volte negli ultimi sei anni, negando rotazioni a diversi altri gruppi regionali”. La nomina dell’Iran, sostiene il direttore esecutivo dell’Ong, Hillel Neuer, “può essere annullata da una riunione speciale del Consiglio prima di giovedì”. La campagna di protesta di Un Watch è accompagnata da una petizione globale che è stata firmata da oltre 90 mila persone che chiedono all’Onu di recovare la presidenza iraniana del forum sociale.</div><div style="text-align: justify;">“Chiediamo al signor Borrell di agire. È tempo che tutte le democrazie alle Nazioni Unite smettano di legittimare regimi assassini, in violazione dei principi fondanti dell’organismo mondiale, e inizino invece a chiamare i responsabili a risponderne”, spiega ancora Neuer. “Il regime omicida di Teheran è responsabile di un’impennata delle esecuzioni, applicate in modo sproporzionato alle minoranze, e dell’oppressione di donne e ragazze. La recente morte della sedicenne Armita Geravand, dopo essere stata aggredita in metropolitana dalla polizia morale iraniana per non aver indossato l’hijab obbligatorio, ci ricorda che si tratta di un regime crudele che non appartiene a nessun organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani, figuriamoci come presidente”.</div><div style="text-align: justify;">Per Neuer “è inimmaginabile che giovedì al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il rappresentante dell’ayatollah Khamenei terrà il martelletto, al fianco dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volcker Turk”. “Questa scelta invia il messaggio sbagliato al momento sbagliato, consentendo alla Repubblica islamica dell’Iran – che sponsorizza le atrocità di Hamas – di pavoneggiarsi sulla scena internazionale come un attore rispettato e influente”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il Centro per i Diritti Umani in Iran (Chri) a maggio aveva accolto la nomina di Bahreini considerandola un “oltraggio” e chiedendo l’immediato ritiro. “La nomina di un funzionario iraniano a presiedere un organo dell’Unhrc, mentre il Consiglio sta indagando sul massacro di centinaia di manifestanti pacifici da parte della Repubblica islamica, riflette una scioccante cecità etica”, aveva affermato Hadi Ghaemi, direttore del Chri.</div><div style="text-align: justify;">Il Social Forum 2023 dell’Unhrc si concentrerà sul contributo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione alla promozione dei diritti umani, anche nel contesto della ripresa post-pandemia. “Date le gravi violazioni dei diritti umani della Repubblica islamica e la sua gestione catastrofica e politicizzata della pandemia di Covid-19, in cui il suo rifiuto di importare vaccini occidentali è costato centinaia di migliaia di vite, è inspiegabile che il presidente di turno dell’Unhrc, l’ambasciatore ceco Vaclav Balek scelga l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite”, aveva sottolineato il Chri.</div><div style="text-align: justify;">Anche l’europarlamente Gancia aveva evidenziato “la gestione catastrofica e politicizzata della pandemia di Covid-19” da parte dell’Iran, “quando il suo rifiuto di importare vaccini occidentali è costato centinaia di migliaia di vite”. <i>(Adnkronos)</i></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-7653576380555125952023-10-05T12:01:00.004+02:002023-10-10T16:45:11.078+02:00[IRAN] Ancora polizia morale<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: small;"><i>Ridotta in fin da vita dalla polizia morale iraniana perché non indossava il velo. </i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: small;">Sta facendo il giro del mondo il caso di Armita Garawand, una giovane di origini curde di 16 anni, che sarebbe stata attaccata dalle forze dell'ordine del regime mentre si trovava in metropolitana a Teheran senza indossare l'hijab. Il caso, denunciato dalle organizzazioni di resistenza iraniane e diffuso dall'organizzazione norvegese per i diritti umani Hengaw, ricorda molto il caso di <a href="https://www.today.it/mondo/iran-mahsa-amini-repressione.html" style="background-color: #660000; box-sizing: inherit; outline: 0px; text-decoration-color: rgb(217, 217, 217); text-underline-offset: 2px;" target="_blank">Mahsa Amini</a><span style="background-color: #660000; color: #0d0d0d;">,</span> la giovane donna che lo scorso anno ha perso la vita dopo essere stata arrestata perché non indossava correttamente il velo.<br />Armita proviene dalla città di Kermanshah, nell'Iran occidentale popolato prevalentemente da curdi, ma attualmente è residente a Teheran. Secondo Hengaw, attenta alle questioni del popolo curdo, la giovane è stata vittima di "gravi abusi fisici" da parte della polizia morale nella metropolitana. L'incidente sarebbe stato causato da una violazione del rigido codice di abbigliamento islamico, che questa estate è stato <a href="https://www.today.it/mondo/torna-polizia-morale-iran-velo.html" style="background-color: #660000; box-sizing: inherit; outline: 0px; text-decoration-color: rgb(217, 217, 217); text-underline-offset: 2px;" target="_blank">rafforzato con pene più severe</a><span style="background-color: white; color: #0d0d0d;"><span style="background-color: #660000;">.</span> </span>Sempre secondo l'organizzazione norvegese, la studentessa liceale si trova attualmente in coma e sotto sorveglianza in un ospedale militare. I media locali sostengono invece che la ragazza è stata portata in ospedale dopo aver perso conoscenza in metropolitana a causa della "pressione bassa" e per "aver sbattuto la testa contro una sbarra di metallo". I suoi amici l'hanno fatta scendere dal treno e hanno chiamato i servizi di emergenza.</span></div><div style="text-align: left;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTo52J8V_LzCDU2O6xm2oEXBbEeCKCw8b4ZZkZG-0SbC-oKuvfrMIRCS5W8XcpTBYJpwzL6ZzJmYPoGTFz9TPJ_LhNi2tcOAtiZG7yllczJm_39VofXmc-9MQ1ykJoFdA1NtX_I4WAJY1YgAoYe0Totr3ExB8kMSDcC-txuE2c8UNkSTgFeTMjorHQlnsn/s1280/Armita-Garawand-metro-Iran.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTo52J8V_LzCDU2O6xm2oEXBbEeCKCw8b4ZZkZG-0SbC-oKuvfrMIRCS5W8XcpTBYJpwzL6ZzJmYPoGTFz9TPJ_LhNi2tcOAtiZG7yllczJm_39VofXmc-9MQ1ykJoFdA1NtX_I4WAJY1YgAoYe0Totr3ExB8kMSDcC-txuE2c8UNkSTgFeTMjorHQlnsn/s320/Armita-Garawand-metro-Iran.jpg" width="320" /></a></div><br /><span style="background-color: white; color: #0d0d0d; font-family: "Serif Text", Georgia, Times, "Times New Roman", serif; font-size: 18px;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: small;">I media statali hanno diffuso un breve video del servizio di sorveglianza della stazione della metropolitana che mostra un gruppo di donne che estraggono da un vagone della metropolitana una persona priva di sensi. Secondo le accuse, non si tratterebbe di amici della giovane, ma di poliziotte. Secondo due fonti, riportare dal sito <a href="https://iranwire.com/en/news/121138-exclusive-teenager-assaulted-in-tehran-metro-taken-to-hospital-with-weak-vital-signs/" style="background-color: #660000; box-sizing: inherit; outline: 0px; text-decoration-color: rgb(217, 217, 217); text-underline-offset: 2px;" target="_blank">IranWire</a><span style="background-color: #660000; color: #0d0d0d;">,</span> la giovane donna è ricoverata ora sotto stretta sicurezza presso l'ospedale Fajr di Teheran, è in coma e "al momento non sono consentite visite alla vittima, nemmeno da parte della sua famiglia". A seguito dell'incidente la giornalista Maryam Lotfi, del quotidiano Shargh, si è recata presso l'ospedale nel tentativo di visitare la ragazza, ma è stata immediatamente arrestata, per essere in seguito rilasciata. Sui social media si è scatenata un'ampia discussione su un presunto video dell'incidente che secondo alcuni mostra l'adolescente, con gli amici e apparentemente senza velo, mentre viene spinta nella metropolitana da agenti di polizia donne. Masood Dorosti, amministratore delegato della metropolitana di Teheran, ha negato che ci sia stato "qualsiasi conflitto verbale o fisico" tra la studentessa e "i passeggeri o i dirigenti della metropolitana". "Alcune voci su uno scontro con gli agenti della metropolitana... non sono vere e le riprese delle telecamere a circuito chiuso smentiscono questa affermazione", ha detto Dorosti all'agenzia di stampa statale Irna. Siti di opposizione al regime accusano le autorità di stare insabbiando il caso per evitare una nuova ondata di proteste, dopo quelle esplose nel paese dopo la morte di Mahsa Amini, avvenuta mentre era in custodia presso la polizia morale di Teheran.</span><br /></div><div style="text-align: right;"><span style="background-color: #660000; color: #0d0d0d; font-family: "Serif Text", Georgia, Times, "Times New Roman", serif; font-size: 18px;">(</span><span style="background-color: #660000; color: #0d0d0d; font-family: "Serif Text", Georgia, Times, "Times New Roman", serif;"><span style="font-size: x-small;"><i><b>Today.it</b></i></span></span><span style="background-color: #660000; color: #0d0d0d; font-family: "Serif Text", Georgia, Times, "Times New Roman", serif; font-size: 18px;">)</span></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Teheran, Iran35.7218583 51.33469547.4116244638211555 16.1784454 64.032092136178846 86.4909454tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-57034713257935798332023-06-03T09:09:00.002+02:002023-06-03T09:09:57.393+02:00Siamo tante e non abbiamo paura, la dittatura morde ma ha le ore contate<div style="text-align: justify;">Se siamo vive? Se, pur non andando più in piazza tutti i giorni, noi iraniane e i compagni che resistono al nostro fianco siamo ancora vivi? Certo che lo siamo, la rivoluzione ha cambiato forma ma continua. </div><div style="text-align: left;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6QiDz00OfnS3lYf9GSfYt60t_DLYos30n-bppFptng4tnRBBoRn5z23z3bM-B5gdn7EHoYfq3PT_WD8DiimPZvJTsJDt8-gj40FZ3fBIFu6OCfvlJWu6uF4RJAocWB0CDM0ka1lhnoDOMbcxOrGFKW-n3FQ-T9xgM7zSwZWIEoKWRh_zajO2pfscKkg/s853/07870161a5f38083d313b275f5fe0c1a.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="735" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6QiDz00OfnS3lYf9GSfYt60t_DLYos30n-bppFptng4tnRBBoRn5z23z3bM-B5gdn7EHoYfq3PT_WD8DiimPZvJTsJDt8-gj40FZ3fBIFu6OCfvlJWu6uF4RJAocWB0CDM0ka1lhnoDOMbcxOrGFKW-n3FQ-T9xgM7zSwZWIEoKWRh_zajO2pfscKkg/s320/07870161a5f38083d313b275f5fe0c1a.jpg" width="276" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;">L'ultima volta che l'ho toccato con mano è stato mercoledì sera, saranno state le dieci, l'aria era calda, appiccicosa. Dovevo prendere la metropolitana che da Teheran mi riportava a casa, a Karaj, ma ero in ritardo e l'ho persa. Così sono rimasta tre quarti d'ora ad aspettare il treno successivo. E il futuro era lì, sulla banchina. Gruppi colorati di giovani cantavano allegri, tante ragazze come me non indossavano l'hijab, non si respirava paura né tensione, nonostante la repressione continui a decimarci. I mercenari della Repubblica islamica, con il solito sguardo torvo e la mano sullo sfollagente, sorvegliavano la scena a distanza, senza intervenire, quasi rassegnati. E' la nostra nuova dimensione, la messa a terra di "<b><i>Donna, vita, libertà</i></b>", la rivoluzione che è uscita dalle piazze e ha invaso il quotidiano. Non saprei quasi più dire bene come fosse fino a un anno fa, prima dell'assassinio di Mahsa Amini e dei giorni della rabbia. Se parlo con le mie amiche, nessuna oggi pensa più che sia possibile tornare indietro, che il regime riesca a rimettere l'hijab a tutte noi, imbavagliandoci di nuovo come se nulla fosse successo. Siamo tante, troppe, siamo come gli uomini e non abbiamo paura di quelli di loro che anziché sostenerci ci minacciano. </div></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Se è troppo presto per cantare vittoria? Lo è. Purtroppo lo è. Il regime ha capito di avere le ore contate e sta rispondendo con l'artiglieria pesante, tanto su fronte esterno che su quello interno. Da una parte ha intrecciato alleanze vecchie e nuove con i peggiori dittatori, a cominciare dalla Cina e dall'Arabia Saudita, per fare fronte comune contro quell'occidente al cui sistema valoriale ci ispiriamo noi, i ribelli. Dall'altra stringe la morsa sugli attivisti. Ci sono arresti ogni giorno, e ci sono condanne a morte. Il caso delle due giornaliste che per prime hanno raccontato la fine di Mahsa Amini, Niloofar Hamedi e Elaheh Mohammadi, è in mano al Tribunale Rivoluzionario e questa è una forzatura giuridica fuori misura perfino per la distorta legislazione della Repubblica islamica che, di norma, affida le procedure contro la stampa ai magistrati ordinari e non chiama a rispondere i cronisti bensì i direttori o gli editori. Niloofar e Elaheh sono simboli, per questo si trovano in stato di detenzione temporanea da quasi otto mesi laddove sarebbero previste al massimo 48 ore. E poi ci sono tutte le altre, violate, accecate, umiliate pubblicamente. E tutti gli altri. Quelli ammazzati, come Majid Kazemi, Saleh Mirhashemi e Saeed Yaghoubi, i tre giovani attivisti impiccati due settimane fa a Isfahan perché giudicati colpevoli di "guerra contro Dio", e prima di loro Mohammad Mehdi Karami, Seyed Mohammad, Mohsen Shekari e Majidreza Rahnavard. E ci sono quelli che aspettano il loro turno sulla forca, come Mohammad Ghobadloo. Ho visto in questi mesi scene che non avrei immaginato possibili, coraggio, violenza, solidarietà, incoscienza, resilienza e poi, nonostante il sangue, noi che andavamo avanti senza cadere e toglievamo l'hijab e continuavamo ad andare avanti. Avevo undici anni nel 2009 e, sebbene bambina, ricordo intorno a me l'entusiasmo, il sospetto, il terrore, la depressione. Ci ho ripensato tanto quando abbiamo cominciato a protestare, alla fine dello scorso settembre, mi chiedevo quanto ci sarebbe voluto perché l'onda ci travolgesse, lo slogan "Donna, vita, libertà" si strozzasse in gola e provassimo quello che avevano provato le nostre sorelle maggiori. L'abbiamo provato ma siamo qui. Da quando non indosso più l'hijab in strada ad ogni passo che faccio avverto lo sguardo della polizia sulle spalle ma non mi volto. </div><p style="text-align: right;">*Mahin, </p><p style="text-align: right;"><i>nome di fantasia di una storia vera raccolta da <b>Francesca Paci su LaStampa</b></i></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Iran32.427908 53.6880464.1176741638211567 18.531796 60.738141836178848 88.844296tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-54716469998327077102023-05-09T18:19:00.002+02:002023-05-09T18:23:42.498+02:00Patrick Zaki. Nuovo, ennesimo rinvio<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">«<i>Decima udienza, non perdiamo la speranza</i>», aveva scritto questa mattina in un post su Facebook <b>Patrick Zaki</b> auspicando una «<i>fine del continuo stato di attesa. Devo discutere la mia tesi di laurea all’università di Bologna a metà luglio, e quello è il giorno più importante per ogni studente di master in generale, e per me in particolare</i>».<br />«<i>È difficile per me completare i miei studi; ma con l'aiuto dell'università e della professoressa, sono riuscito a finire la maggior parte degli esami del master</i>», ha aggiunto lo studente egiziano accusato di aver pubblicato notizie false. «<i>Spero che quando arriva giugno sarò a Bologna, tra i miei colleghi, a festeggiare la fine della mia tesi magistrale come una persona normale</i>».</span></div><p style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF0yDHwiXYUG2jYKyS_zYw9gwIdCfdlFEEmeaHQ7nmV-sjlv-IbfH2_oCOHRFOZKYtQeOWEcw9SZY9d2Jusn7wml8gA_cDLscTUBD0jzKoe7phJwQHiIoifXdG1jnmAqPVkWMdOn6VB3o63jiSoohkLY_wJ9loyvF8mDCz4zU8b7YgSWL7hMoAXwJWkA/s958/Patrick-Zaki-disegno-rit-4210797448.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="561" data-original-width="958" height="187" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF0yDHwiXYUG2jYKyS_zYw9gwIdCfdlFEEmeaHQ7nmV-sjlv-IbfH2_oCOHRFOZKYtQeOWEcw9SZY9d2Jusn7wml8gA_cDLscTUBD0jzKoe7phJwQHiIoifXdG1jnmAqPVkWMdOn6VB3o63jiSoohkLY_wJ9loyvF8mDCz4zU8b7YgSWL7hMoAXwJWkA/s320/Patrick-Zaki-disegno-rit-4210797448.jpg" width="320" /></a></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nonostante la scarcerazione avvenuta l’8 dicembre del 2021 dopo quasi due anni di detenzione, <b>Patrick Zaki</b> rimane imputato «per «diffusione di notizie false e diffusione di terrore tra la popolazione» riguardo a un <a href="https://www.corriere.it/esteri/21_settembre_14/egitto-diari-copti-perseguitati-dall-eredita-diritto-testimoniare-9cfd238c-1567-11ec-87fe-df13c0096efb.shtml" target="_blank"><b>articolo pubblicato nel 2019 sui cristiani copti in Egitto perseguitati dall’Isis e discriminati da frange della società musulmana</b></a>. Il processo però è ancora in corso ma ogni volta le udienze vengono rinviate. Una strategia sistemica adottata dal governo egiziano contro detenuti politici, giornalisti e attivisti scomodi al regime.<br />Il prossimo appuntamento è stato fissato al 18 luglio dopo che nel tribunale di al Mansoura il giudice titolare del processo oggi ha deciso di non presentarsi. A comunicarlo è lo stesso studente egiziano dell’università di Bologna, che è stato rilasciato dal carcere l’8 dicembre del 2021.<br /><br />«Processo Zaki: stamattina il giudice non si è neanche presentato. Ora Patrick resta in attesa che qualcuno gli dica cosa succederà. Un'ennesima prova del disprezzo per i diritti umani da parte della magistratura egiziana», ha scritto Amnesty International Italia su Twitter.<br />Sul caso è intervenuto anche il <b>portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury</b>: «Il fatto che il giudice neanche si sia presentato, oggi, per la decima udienza del processo è un segno di gradasso disprezzo per i diritti umani da parte della magistratura egiziana. Siamo di fronte a un altro rinvio abnorme di oltre due mesi. Patrick trascorrerà il suo 32º compleanno, il quarto consecutivo, ancora privo della completa libertà. La sua speranza di poter tornare a Bologna, a metà luglio, per prendere finalmente la laurea svanisce anche questa volta. È un accanimento assurdo del quale bisogna che le istituzioni italiane chiedano conto al governo del Cairo».</span></p><br />[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Mansura, Mansoura Qism 2, El Mansoura, Ad Dakhiliyah, Egitto31.0409483 31.37847042.7307144638211547 -3.7777795999999988 59.351182136178849 66.5347204tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-45757705572671756822023-03-31T12:51:00.001+02:002023-03-31T12:51:12.782+02:00[IRAN] appello<p><i><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><strong>Al segretario generale delle Nazioni Unite</strong><br /><strong>Allo Special Rapporteur sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie</strong><br /><strong>Al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite </strong>(Ecosoc)<br /><strong>Al Parlamento europeo</strong></span></span></i></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><strong>Rivolgiamo</strong> <br />il nostro accorato appello a che si
intervenga con estrema urgenza e con azioni concrete sulla tragedia
dell’annientamento della libertà e dei diritti umani civili e politici
in atto nella Repubblica islamica dell’Iran.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Lì, con feroce oscurantismo, anche in queste ore, si annientano i
diritti fondamentali e il diritto delle donne a disporre della propria
libertà e del proprio inviolabile corpo.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Dal 16 settembre larghi strati della popolazione iraniana stanno
manifestando in ogni angolo del paese, con grande coraggio, al grido di
“Donne, Vita, Libertà”, il loro dolore, la loro rabbia, il loro
orgoglio; manifestano in maniera del tutto pacifica contro la violenza
di un regime responsabile della morte della giovane ventiduenne iraniana
Mahsa Amini, massacrata di botte dalla “Gasht-e Ershad”, la cosiddetta
“polizia morale” di Tehran dopo essere stata arrestata per aver osato
mostrare una ciocca dei propri capelli.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Sono già centinaia le vittime colpite dalla feroce repressione in
corso dal 16 settembre e migliaia sono gli arresti di donne e uomini poi
sottoposti a detenzioni arbitrarie e a torture per aver
manifestato contro l’obbligo per le donne di indossare l’hijab come
prescritto dalle oscure leggi islamiche vigenti.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Secondo l’Iran Human Rights con sede a Oslo, almeno 76 persone (<i>purtroppo il dato è in continuo aggiornamento, NdR</i>) sono
state uccise da colpi d’arma da fuoco delle forze di sicurezza iraniane.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">L’hijab è lo strumento che il regime usa per controllare e
sottomettere le donne e, nel contempo, l’insieme della società iraniana.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Poco dopo la sua elezione, il presidente dell’Iran, Ibrahim Raisi, il
15 agosto 2022, ha firmato un decreto imponendo una nuova serie di
restrizioni ai costumi delle donne, l’osservanza delle quali è
controllata da telecamere di videosorveglianza installate in ogni angolo
delle strade delle principali città iraniane. Le trasgressioni vengono
punite con pesanti sanzioni e pene detentive.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><strong>Condannare e colpire</strong> con durezza e intransigenza la
barbarie di questo regime che da un antro buio della storia pretende di
oscurare la civiltà umana, con la sua espressione e valorizzazione
suprema del diritto naturale storicamente acquisito di ciascun individuo
alla libertà e alla democrazia, significa salvaguardare quella stessa
civiltà in Europa e in tutto il mondo.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Significa dunque salvare la suprema espressione della vita umana,
quella autenticamente religiosa che aborrisce ogni forma di violenza nel
segno, appunto, nella nonviolenza, dell’amore e del dialogo.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><strong>Per questi motivi</strong><strong></strong></span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><strong>Chiediamo</strong> che ognuno dei soggetti in indirizzo
intervenga, per quanto di propria competenza, presso il Governo
iraniano per porre fine alla repressione in atto e per sanzionare i
responsabili di questi odiosi crimini.</span></span></p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">
</span></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">In difetto di risposta positiva entro un termine congruo, si invita
la comunità internazionale a considerare complici dei responsabili anche
i decisori politici iraniani che si dimostrano incapaci o non
desiderosi di impedire le violenze.<br /></span></span></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: arial;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.partitoradicale.net/wp-content/uploads/2022/10/unnamed-1024x1024.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="320" src="https://www.partitoradicale.net/wp-content/uploads/2022/10/unnamed-1024x1024.jpeg" width="320" /></a></div><br /><span style="font-size: small;"><br /></span><p></p><p style="text-align: right;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">PER SOTTOSCRIVERE L'APPELLO<br /><b><a href="https://www.partitoradicale.net/appello-per-i-diritti-delle-donne-iraniane/" target="_blank">Clicca qui (Partito Radicale)</a></b><br /></span></span></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Teheran, Iran35.7218583 51.33469547.4116244638211555 16.1784454 64.032092136178846 86.4909454tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-398398736328445752023-03-10T14:18:00.002+01:002023-03-10T14:36:50.267+01:00[IRAN] Donna, vita, libertà<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u" dir="auto">L'
<a href="https://www.facebook.com/Associazione.Culturale.Italia.Iran" target="_blank">Associazione Culturale Italia-Iran</a> di Torino, in collaborazione con il
MAU - Museo di Arte Urbana, ha organizzato la mostra <br /> </span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u" dir="auto">“<b>Donna, Vita,
Libertà: <br />Sette artiste iraniane</b>” <br /> </span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u" dir="auto">che verrà inaugurata sabato 11 marzo
alle 16:00 presso la Casa del Conte Verde a Rivoli, </span></span></span><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u" dir="auto"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u" dir="auto">Via Fratelli Piol 8</span>. <br />La mostra è un
omaggio a chi ha lottato in passato, ai/alle caduti/e della libertà
negli ultimi quattro decenni e a chi sta lottando tuttora rischiando la
propria vita. <br /><br />La mostra è patrocinata da: <i>Regione Piemonte,
Consiglio Regionale del Piemonte, Comitato Regionale per i Diritti
Umani e Civili, <br />Città Metropolitana di Torino, Accademia Albertina
di Belle Arti di Torino, Museo Diffuso della Resistenza, della
Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà.</i><br /><br />La mostra sarà aperta al pubblico dall'11 marzo al 8 aprile 2023<br /><br /><br /></span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiT1xYsJ-7plG89NO9nolVmuPIO6dH_GuDI-OriRswLXn-Z87QH_Lk39OtlWBjd2V0NzojTQOGkCBnR6ffQlbxsW9vtyMcFjvrreSqr8GPeZnmOB8iOHQv8iKdJlGNN2uiQcFZjnoWFtEpp0yNekIkLunnZVk2lnK3f-cN1pEAr8Ffq5cNBAdIwlP53g/s960/331270747_1325994634635033_6102369662352225867_n.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="674" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiT1xYsJ-7plG89NO9nolVmuPIO6dH_GuDI-OriRswLXn-Z87QH_Lk39OtlWBjd2V0NzojTQOGkCBnR6ffQlbxsW9vtyMcFjvrreSqr8GPeZnmOB8iOHQv8iKdJlGNN2uiQcFZjnoWFtEpp0yNekIkLunnZVk2lnK3f-cN1pEAr8Ffq5cNBAdIwlP53g/w281-h400/331270747_1325994634635033_6102369662352225867_n.jpg" width="281" /></a></div></span></span><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">Il 16 settembre 2022 si è aperto un nuovo capitolo nella storia politica e sociale dell’Iran. La morte tragica di Mahsa (Jina) Amini ha unito tutte le forze dell’opposizione non solo in Iran ma anche all’estero. La storia contemporanea dell’Iran è colma di pagine buie, di giovani che non hanno temuto il regime dittatoriale e hanno lottato fino all’ultimo. La memoria è un atto di resistenza. Noi non siamo indifferenti e vogliamo ricordare per sempre i volti e le storie di chi <span></span>ha combattuto per una società libera ed equa. In questa battaglia l’Arte ha sempre avuto un ruolo importante per dare voce a chi non l’ha mai avuta e di gridare al posto dei caduti.</span></span><br /><span style="font-family: arial;"></span><span style="font-family: arial;"></span><div dir="auto" style="text-align: start;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">La mostra “Donna, Vita, Libertà. Sette artiste iraniane” è un omaggio a chi ha lottato in passato, ai/alle caduti/e della libertà negli ultimi quattro decenni e a chi sta lottando tuttora rischiando la propria vita.</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"> </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"> </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"> </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"> </span></span></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">***</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"> </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;">(Dalla <b><a href="https://www.facebook.com/media/set?vanity=Associazione.Culturale.Italia.Iran&set=a.581067310724308" target="_blank">pagina facebook dell'Associazione Italia-Iran di Torino</a></b>)</span></span></div><div style="text-align: justify;"><div class="" style="text-align: justify;"><div class="x1iorvi4 x1pi30zi x1swvt13 x1l90r2v" data-ad-comet-preview="message" data-ad-preview="message" id="jsc_c_h1"><div class="x78zum5 xdt5ytf xz62fqu x16ldp7u"><div class="xu06os2 x1ok221b"><div><span style="font-family: arial;"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u x1yc453h" dir="auto"><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xdj266r x126k92a"><div style="text-align: left;">ogni giorno un'artista in esposizione,<br />oggi vi presentiamo <b>Bahar Heidarzadeh</b>.<br /><br /></div></div></span></span></div><span style="font-family: arial;"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u x1yc453h" dir="auto"><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: start;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN9O5emAUWABKVaAFmG3Aau7eOGy0ozSHYRF-Z0cJTEHDZIB8d89jrmUTWw8c0v5JOCzS4eVXPaLhJTUeo2A0A06hvEnkTTLwqafLVzVbILXB1veo76ED9lLaOWY3rUCQayb7iLmEGCUmkTuAfIl60_TRKiuQ4qZqBfVcOLlCIHWX9dBk6b6-QXDchBw/s762/334682928_1354050128712619_1514124073078504428_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="762" data-original-width="750" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN9O5emAUWABKVaAFmG3Aau7eOGy0ozSHYRF-Z0cJTEHDZIB8d89jrmUTWw8c0v5JOCzS4eVXPaLhJTUeo2A0A06hvEnkTTLwqafLVzVbILXB1veo76ED9lLaOWY3rUCQayb7iLmEGCUmkTuAfIl60_TRKiuQ4qZqBfVcOLlCIHWX9dBk6b6-QXDchBw/w197-h200/334682928_1354050128712619_1514124073078504428_n.jpg" width="197" /></a></div><div style="text-align: justify;">Bahar Heidarzade nasce a Teheran nel 1981, pochi anni dopo la Rivoluzione che impone al popolo iraniano il passaggio dalla monarchia alla Repubblica islamica sciita. Di carattere introverso e taciturno, sin da piccola preferisce esprimere i propri sentimenti e sensazioni attraverso l'arte, la pittura e il disegno, cosa che continua a fare tutt'oggi. Già adolescente, sogna la fuga da quel Paese che impone un ruolo limitato soprattutto della figura femminile e ne limita la libertà di espressione, ma non le è permesso andarsene. Si iscrive così all'Università frequentando un corso di studi d'Arte, senza poter mai realmente esprimere la propria creatività e adeguando la produzione ai dictat del governo attraverso una pittura prettamente figurativa. Nel tentativo di esprimere le proprie idee e rivendicare la perduta identità femminile delle donne iraniane, viene più volte arrestata anche solo per il suo modo di vestire, truccarsi o indossare l'hijab lontano dalle convenzioni. <br />Nel 2013 si trasferisce a Torino: la scelta ricade su questa città non troppo caotica e vicina a quelle montagne che tanto le ricordano la sua infanzia. Frequenta l'Accademia Albertina con indirizzo pittura prima e scultura poi per ampliare le sue conoscenze dei diversi linguaggi espressivi: è nella città sabauda che inizia a ideare e realizzare, oltre a tele, anche performances e installazioni che trova particolarmente idonee per la condivisione del suo impegno politico. Da nove anni non torna in Iran, dove potrebbe rischiare l'arresto o sparire come già successo a tanti suoi connazionali.</div></div></div></span></span></div></div></div></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: small;"> </span></span></div></div> </div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Via Fratelli Piol, 8, 10098 Rivoli TO, Italia45.071394100000013 7.514552199999998916.761160263821168 -27.641697800000003 73.381627936178859 42.6708022tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-35926553691324391842023-02-12T10:39:00.007+01:002023-02-12T16:55:15.974+01:00Regeni, il processo non si farà<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9KESiQrQAafddaxeO82ykjsMUvsrwBch5tprf21K6iatVHLAEYJz9KHqAJYzItGgjTpfudoijCE8VkuR0xZjmIfbeT1nGb3TicTNcaH_4y3esSJBXIYkiJAodWmkKZuy6zddjuU2FMQJc5BsZ6Vegc76XM6fzwnfzkwW8sYxqRxkdAuMFpfAxt0EuqQ/s1275/Screenshot_20230212-103318_La%20Stampa.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1223" data-original-width="1275" height="307" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9KESiQrQAafddaxeO82ykjsMUvsrwBch5tprf21K6iatVHLAEYJz9KHqAJYzItGgjTpfudoijCE8VkuR0xZjmIfbeT1nGb3TicTNcaH_4y3esSJBXIYkiJAodWmkKZuy6zddjuU2FMQJc5BsZ6Vegc76XM6fzwnfzkwW8sYxqRxkdAuMFpfAxt0EuqQ/w320-h307/Screenshot_20230212-103318_La%20Stampa.jpg" width="320" /></a></div><div style="text-align: justify;">Al rientro dalla sua visita al governo egiziano, il ministro degli Esteri Tajani si è detto rassicurato dal presidente al-Sisi sulla disponibilità a collaborare alle indagini sulle torture e sull'uccisione di Giulio Regeni nel gennaio 2016. Sono passati sei anni e la collaborazione non c'è mai stata. Ci sono invece stati sviamenti e rifiuti, fino a che la Procura generale egiziana ha dichiarato che non c'è più nulla da fare per identificare i responsabili e che il procedimento in corso in Italia è privo di basi. Le indagini in Italia si sono svolte tra enormi difficoltà, ma hanno portato comunque la Procura della Repubblica di Roma a identificare alcuni funzionari di uno dei Servizi di sicurezza egiziani, che sono stati rinviati a giudizio davanti alla Corte d'Assise. Ma il processo non ha potuto aver luogo perché non è stato possibile notificare l'atto di accusa agli imputati in Egitto, con la data e luogo dell'udienza e gli avvisi stabiliti dalla legge. Una impossibilità che deriva dall'ostruzionismo delle autorità egiziane, insuperabile da parte italiana. Ora la Corte di cassazione ha confermato che senza quelle notificazioni agli imputati non è possibile in Italia procedere al giudizio, che deve svolgersi secondo le regole del giusto processo stabilite dalla legge in uno Stato di diritto.</div><p></p><div><div style="text-align: justify;">Poiché le rassicurazioni di cui il ministro degli Esteri si è fatto portavoce non hanno alcuna credibilità, è molto probabile che quel processo, "che non s'ha da fare", effettivamente non si faccia mai. Vi sono in Italia i genitori di Giulio Regeni che fin da subito si battono perché la verità venga accertata in giudizio. Vi è anche un generale diritto alla verità, che è stato riconosciuto a livello internazionale, in casi gravi come quello di cui Regeni è stato vittima. Il governo italiano è tenuto a proteggere i propri cittadini all'estero, cosicché oggi è obbligato ad agire perché i responsabili siano identificati e puniti. L'uccisione di Regeni mentre era nelle mani dei Servizi di sicurezza egiziani e il rifiuto delle autorità egiziane di collaborare con quelle italiane sono causa di responsabilità verso l'Italia. Poiché è ora di smettere di far finta di credere alle rassicurazioni egiziane, spetta al governo italiano ricorrere alle istanze internazionali competenti: in questo caso la Corte internazionale di giustizia. Dal 2016 si sono succeduti i governi Renzi, Gentiloni, Conte I, Conte II, Draghi e ora, da poco, il governo Meloni. L'Italia con tutti i suoi governi ha ricevuto assicurazioni, seguite dalla umiliazione del rifiuto di collaborazione. Si tratta di un diritto stabilito dalle Convenzioni internazionali che legano sia l'Italia che l'Egitto. Anche il Parlamento europeo è intervenuto denunciando le prassi egiziane e sollecitando sanzioni contro i funzionari egiziani responsabili.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma la responsabilità primaria è dell'Italia. Il conflitto è palesemente ormai tra Stati. Purtroppo, dopo la dichiarazione sopra riportata della Procura generale egiziana, il ministero degli Esteri ha dimostrato la volontà di sottrarsi al conflitto, riportando il contrasto al livello delle due magistrature. Ma ora non è più possibile farlo, continuando a perdere tempo e a illudere, forse, i genitori di Regeni e l'opinione pubblica italiana (ed anche indebolendo la credibilità internazionale dello Stato). Da tempo la via da imboccare è stata identificata e segnalata. Ne ho dato conto in un articolo su questo giornale del 3 gennaio 2021, due anni orsono. Ne ha indicato la necessità la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Regeni nella unanime sua relazione finale del 1° dicembre 2021. Nello stesso senso si è espressa la Società italiana di diritto internazionale. Ora la Corte di cassazione scrive che la soluzione dello stallo cui si è giunti non è risolubile a livello giudiziario; incombe invece sul governo anche alla luce degli obblighi di assistenza e cooperazione discendenti dalle Convenzioni internazionali, come quella contro la tortura del 1984, ratificata dall'Italia nel 1988 e dall'Egitto nel 1984.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cosa ci vuole di più perché il governo accetti la realtà di un conflitto tra Stati? Con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura gli Stati si sono impegnati ad impedire che atti di tortura siano commessi nel proprio territorio; essi si sono anche obbligati e svolgere indagini efficaci e indipendenti e darsi la più ampia assistenza giudiziaria in qualsiasi procedimento penale relativo alla tortura, comunicandosi tutti gli elementi di prova. È ormai sicura la violazione di quegli obblighi internazionali da parte dell'Egitto. Il governo italiano dovrebbe attivare subito gli strumenti previsti dalla Convenzione contro la tortura. Essa prevede che una controversia sulla sua interpretazione o applicazione, non risolvibile tramite negoziazione, sia sottoposta ad arbitrato. Se le parti non giungono ad un accordo sull'organizzazione dell'arbitrato, ciascuna di esse può sottoporre la controversia alla Corte Internazionale di Giustizia. Si tratta della Corte delle Nazioni Unite che decide le controversie internazionali. Qui non c'è soltanto da far valere la ragione italiana in un caso di omicidio e tortura di cui è stato vittima un suo cittadino. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVI0Z28x1W9CZaznJelHpgZWFmvaYseBG0mh0lTnqxR168_qhAB3bk79SDSHZUmjoSK1i-jpVrneTItyM9eUx9ks3j8QeOGGMzqu6I0kAbCGssmc-LeKxgm8HayoEoUYE-13zby-Utcn_eR8smQhO44eIHDVnFwLYNds6gwPlhK2LSTmP767eoWtOVQQ/s1257/IMG_20230212_104403.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="396" data-original-width="1257" height="126" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVI0Z28x1W9CZaznJelHpgZWFmvaYseBG0mh0lTnqxR168_qhAB3bk79SDSHZUmjoSK1i-jpVrneTItyM9eUx9ks3j8QeOGGMzqu6I0kAbCGssmc-LeKxgm8HayoEoUYE-13zby-Utcn_eR8smQhO44eIHDVnFwLYNds6gwPlhK2LSTmP767eoWtOVQQ/w400-h126/IMG_20230212_104403.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La tortura è un crimine contro l'umanità. La comunità internazionale, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, ha preso su di sé l'onere di far tutto il possibile per prevenire, far cessare e reprimere ogni fatto di tortura. Il governo italiano, membro della comunità internazionale, attivando i meccanismi della Convenzione contro la tortura, può dimostrare che essa esprime un impegno serio. I rapporti economici e politici tra Italia ed Egitto (gas, forniture militari, contrasto al terrorismo, migranti, Libia) sono molto importanti. È questo che spiega la ritrosia del governo italiano? Recentemente, per assicurarsi le necessarie forniture di energia, l'Italia ha sottoscritto accordi con alcuni Paesi più che problematici sul piano del rispetto dei diritti fondamentali. Se l'Italia con l'Egitto si dimostra debole e rassegnata, la sicurezza dei suoi cittadini anche in quei Paesi è messa a rischio. Non dovrebbe passare l'idea che "con l'Italia si può fare".</div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;"><b><i>Vladimiro Zagrebelsky,</i></b></div><div style="text-align: right;">LaStampa 12.04.2023</div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Egitto26.820553 30.802498-1.4896808361788452 -4.353752 55.130786836178842 65.958748tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-5929290474463450952023-02-04T11:45:00.002+01:002023-02-04T11:52:14.140+01:00"Incapaci di ottenere 4 indirizzi"<div style="text-align: justify;">Sono trascorsi sette anni, ma la sofferenza resta invariabilmente intensa. E la rabbia anche.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ieri, in occasione del settimo anniversario del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, su una strada tra Il Cairo e Alessandria, i suoi genitori Claudio e Paola hanno scritto un post su Facebook, insieme alla loro avvocata Alessandra Ballerini, per esprimere tutta la loro frustrazione e amarezza. </div><div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg75hAI6DxYzGIi4RuSBtWs1cIW8aZe58qqiUNP81_G7i_ZsyzjweYKWU1XWacRuAKIBu9Kqzx0Bmzo8IaOPjWI9jpSN4z71R9CLtGULpdGOBMmuSG_EHazRouzk8DGizTebvt7o2oQVWGw7ydSs1mQ-gAIyBH6LQs2b2XCChlcW9I2NF2zbMyK0_V0tA/s1728/Screenshot_20230204-072320_La%20Stampa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1728" data-original-width="618" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg75hAI6DxYzGIi4RuSBtWs1cIW8aZe58qqiUNP81_G7i_ZsyzjweYKWU1XWacRuAKIBu9Kqzx0Bmzo8IaOPjWI9jpSN4z71R9CLtGULpdGOBMmuSG_EHazRouzk8DGizTebvt7o2oQVWGw7ydSs1mQ-gAIyBH6LQs2b2XCChlcW9I2NF2zbMyK0_V0tA/s320/Screenshot_20230204-072320_La%20Stampa.jpg" width="114" /></a></div>«Chissà cos'hanno tutti da nascondere - si domandano retoricamente - per ostacolare la verità con tanta oltraggiosa determinazione. Abbiamo i nomi, abbiamo i volti di quattro tra i molti artifici di "tutto il male del mondo". Ci manca la loro elezione di domicilio per celebrare finalmente un processo in Italia».</div><div style="text-align: justify;">Dalle indagini svolte dai carabinieri del Ros e i poliziotti dello Sco, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, è emerso che il ricercatore friulano è stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi. Sotto accusa ci sono gli ufficiali della National Security egiziana Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Rispondono tutti di sequestro di persona, e Abdelal Sharif anche di lesioni e concorso nell'omicidio.</div><div style="text-align: justify;">Ma purtroppo il processo ai quattro è sospeso: il nodo restano le mancate notifiche agli imputati, dei quali le autorità egiziane non hanno mai fornito gli indirizzi di domicilio, bloccando, di fatto, il procedimento.</div><div style="text-align: justify;">Ma com'è possibile che i politici italiani non riescano a fare pressione sul governo di Al Sisi? È questo l'interrogativo che tormenta Claudio e Paola Regeni.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Scrivono infatti: «Chi, ad ogni gita al Cairo, dopo i selfie e i salamelecchi di rito, si riempie la bocca di "collaborazione" dovrebbe spiegare agli italiani perché tornano a casa sempre a mani vuote, incapaci di farsi dare anche solo 4 indirizzi. Sarebbe più dignitoso tacere. A furia di stringere le mani (e vendere armi) ai dittatori si rischia di trovarsi insanguinate anche le proprie. E di offendere la nostra dignità».</div><div style="text-align: justify;">Anche il collettivo "Giulio siamo noi" ribadisce la richiesta di verità. «La verità - si legge sul profilo Facebook - è un diritto inviolabile. Dopo sette anni la pretendiamo per Giulio, per tutti noi. Basta parole vuote, strette di mano e passerelle offensive»</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;"><i><b>Grazia Longo</b>, LaStampa</i></div></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Egitto26.820553 30.802498-1.4896808361788452 -4.353752 55.130786836178842 65.958748tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-24566454839493854812023-01-20T08:05:00.005+01:002023-01-20T08:53:31.628+01:00Aida, massacrata dal regime, danza senza tempo<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyOl8UcIgPjL2_htk2IMxBXpBaY9cceD41k2YEjYVSeQeanEsqvcjV5CI5zj5OroksBCdp6b127G3a_UReL0dBHBgGe6cbAfzxuCxHdQtiTb5DqO4FBsk12UQBiHe3Lh0VgQfy32sPfbt24mnmiYjwU2WVCpC0VBAdzqLtIeAI9jJ7SOyldkHpn1cg1g/s1083/Screenshot_20230120-083921_La%20Stampa.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1083" data-original-width="685" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyOl8UcIgPjL2_htk2IMxBXpBaY9cceD41k2YEjYVSeQeanEsqvcjV5CI5zj5OroksBCdp6b127G3a_UReL0dBHBgGe6cbAfzxuCxHdQtiTb5DqO4FBsk12UQBiHe3Lh0VgQfy32sPfbt24mnmiYjwU2WVCpC0VBAdzqLtIeAI9jJ7SOyldkHpn1cg1g/s320/Screenshot_20230120-083921_La%20Stampa.jpg" width="202" /></a></div><br />Le poetiche giravolte di <b><a href="https://luce.lanazione.it/attualita/iran-donne-medico-attrice-aida-rostami-taraneh-alidoosti/" target="_blank">Aida Rostami</a></b> sotto le fronde di un albero, su un tappeto autunnale di foglie e frutti caduti, sono l'ennesima sfida non violenta del movimento delle proteste al regime degli ayatollah. Nel 40esimo giorno dalla morte della giovane dottoressa che prestava soccorso clandestino ai manifestanti contro il governo, danza senza sosta la ragazza coraggiosa, nei feed dei canali social.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La famiglia della 36enne, scomparsa il 12 dicembre dopo essersi allontanata dall'abitazione di un manifestante per procurarsi ulteriore materiale medico e mai più tornata viva a casa, ha raccontato alla testata <b>Iran International</b> di aver ricevuto forti pressioni dalle autorità iraniane per non riunirsi al cimitero per onorare la memoria di Aida al termine del periodo di lutto. All'epoca della sua scomparsa, una fonte vicina alla famiglia aveva rivelato al <b>sito anti regime</b> <b><a href="https://iranwire.com/en/about" target="_blank">IranWire</a></b> che una stazione di polizia locale aveva chiamato i parenti per comunicare che la donna era morta in un incidente stradale durante la notte. Qualche giorno dopo, l'agenzia di stampa Mizan, l'organo d'informazione del sistema giudiziario della Repubblica islamica, aveva rettificato la notizia offrendo un racconto completamente diverso delle circostanze della morte del giovane medico. I media statali avevano anche pubblicato il video di un uomo che, nell'anonimato, affermava di essere l'amante di Aida e dichiarava che la ragazza si era gettata da un ponte, dopo che lui l'aveva lasciata. Ma la famiglia, che era riuscita a recuperare il cadavere solo grazie a insistenti richieste, si era trovata d'avanti un corpo che riportava segni di pesanti torture, il volto tumefatto e un occhio fuori dall'orbita, entrambe le mani fratturate e ferite alla parte inferiore del busto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsb54NHva5UUPslSMitrSnHEvkSMfiCuBBRFd7JF8YCUQThyFzrqsn6j1AV6Nbqq1Q4_dk1nVTXJ2sN66Z7BR3UtNhvjNPQYFkVIc9p3VfjcL9YPW7DTBH0iPRGG8SlSlfHQPCjxH4VeY7q3wmaTv1zaLy-3DlP84RolLR6yTRIYkX3eN9sbYFeBuVxw/s1200/Schermata-2022-12-17-alle-11.52.15-1200x675.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="1200" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsb54NHva5UUPslSMitrSnHEvkSMfiCuBBRFd7JF8YCUQThyFzrqsn6j1AV6Nbqq1Q4_dk1nVTXJ2sN66Z7BR3UtNhvjNPQYFkVIc9p3VfjcL9YPW7DTBH0iPRGG8SlSlfHQPCjxH4VeY7q3wmaTv1zaLy-3DlP84RolLR6yTRIYkX3eN9sbYFeBuVxw/s320/Schermata-2022-12-17-alle-11.52.15-1200x675.jpg" width="320" /></a></div><div style="text-align: justify;">Da copione in questa ondata di proteste in Iran, la morte di chi si è schierato dalla parte dei manifestanti diventa oggetto di controversia tra una versione ufficiale (un suicidio o un incidente) e quella della famiglia che denuncia invece: «l'hanno uccisa». E, sempre da copione, le autorità cercano di impedire e soffocare le commemorazioni delle vittime, temendo nuovi focolai di rivolta. Per tutta risposta, la testata britannica anti-regime Iran International ha pubblicato il video di Aida Rostami, che danza felice e a capo scoperto, con i capelli scuri sciolti e lunghi fino in fondo alla schiena, dando vita a una cerimonia virtuale globale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Negli ultimi quattro mesi, secondo la denuncia dell'associazione internazionale dei medici iraniani, almeno altri quattro operatori sanitari, oltre a Rostami, sono stati uccisi per mano della Repubblica islamica: la chirurga Parisa Bahmani, l'infermiera Maedeh Javanfar e 2 studenti di medicina Aylar Haghi e Ghazal Amiri. E mentre la presidente dell'Eurocamera, Roberta Metsola, ribadisce in un tweet che «l'Iran deve fermare l'oppressione e abolire la pena di morte», nel giorno dopo l'emendamento approvato dal Parlamento europeo con cui si chiede l'inserimento del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione nella lista dei terroristi dell'Ue, lo Stato Maggiore delle Forze Armate iraniane mette in guardia l'istituzione europea sulle conseguenze di tale decisione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;"><i>Fabiana Magrì</i> (LaStampa, 20.01.23)</div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Iran32.427908 53.6880464.1176741638211567 18.531796 60.738141836178848 88.844296tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-12671708355490388102022-12-30T16:04:00.005+01:002022-12-30T16:10:52.770+01:00ONG e soccorso in mare<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsoSE6-2SJH7ZhuFv-SH-iQ5bg-ee7wJXsiuO3pe9ErvS4xFHeP0dFdLyYwgK2nfrCL2tfLEaRc7wvhX9pHzTMewHmERLESu9mGp2Q6CsWT-YFvvEMkvegXfw6xLcfhmfhfVB9pOYKyO1tlq0KY8dwSHO4kT3l7tqbDUoN87IrdjBRWQ4QQ__nnSxOgQ/s922/FB_IMG_1672411973930.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="483" data-original-width="922" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsoSE6-2SJH7ZhuFv-SH-iQ5bg-ee7wJXsiuO3pe9ErvS4xFHeP0dFdLyYwgK2nfrCL2tfLEaRc7wvhX9pHzTMewHmERLESu9mGp2Q6CsWT-YFvvEMkvegXfw6xLcfhmfhfVB9pOYKyO1tlq0KY8dwSHO4kT3l7tqbDUoN87IrdjBRWQ4QQ__nnSxOgQ/s320/FB_IMG_1672411973930.jpg" width="320" /></a></div><br /><div style="text-align: left;">Il decreto legge Sicurezza sull’attività delle organizzazioni non governative dà la misura di quanto possa essere profondo e irreparabile lo scarto tra la Vita e la Norma, tra i sentimenti e i movimenti umani e la legge, tra i bisogni primari, quali la sopravvivenza e la libertà, e i codici e i regolamenti.</div><p></p><div style="text-align: justify;">La posta in gioco è il soccorso in mare e questo richiama una fondamentale questione di vita e di morte. La possibilità, cioè, di sottrarre al mare una esistenza umana o di abbandonarla a esso.</div><div style="text-align: justify;">Questo si basa sul principio e sul vincolo della reciprocità: io salvo te perché so che domani, se la mia vita fosse in pericolo, tu salveresti me.</div><div style="text-align: justify;">È questa la ragione che dovrebbe indurre a trattare la materia delle Ong del mare con il massimo senso di responsabilità.</div><div style="text-align: justify;">L’attività di salvataggio viene bloccata dentro una gabbia rigida, che palesemente sembra aver dimenticato quello che dovrebbe essere il suo scopo essenziale. Come spiegare altrimenti una norma che dispone che per ogni missione si possa effettuare una sola operazione di salvataggio?</div><div style="text-align: justify;">Pertanto, dopo aver soccorso le imbarcazioni in difficoltà, l’Ong non potrà effettuare altri salvataggi e nemmeno potrà realizzare trasbordi da una nave all’altra.</div><div style="text-align: justify;">Una simile volontà governativa di “disciplinamento” può avere una sola motivazione: quella di scoraggiare e interdire la presenza delle navi delle Ong nei tratti di mare dove si concentrano le imbarcazioni dei profughi; e di stravolgere la finalità dell’azione di soccorso, trasformandola in attività di controllo e repressione.</div><div style="text-align: justify;">Questo nuovo decreto Sicurezza riproduce l’errore capitale in cui sono incorsi quelli precedenti. Ignora che l’emergenza non è rappresentata dalle Ong e dai loro comportamenti non conformi alla politica dei governi, bensì dalla cifra crudele di quelle morti (circa 2mila nel 2022) che si registrano nel Mediterraneo centrale, anno dopo anno, in una strage infinita e insensata. L’azione delle Ong ha contenuto e ridotto questa macabra contabilità: combatterle ha il solo effetto di incrementare il numero delle vittime. </div><div style="text-align: right;"><b>Luigi Manconi</b></div><p style="text-align: right;">(Illustrazione di Francesco Piobbichi)</p><p>#ong #decretosicurezza #nuovodecretosicurezza #soccorsoinmare #dirittoalsoccorso</p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Lampedusa, Italia35.5086218 12.592927.1983879638211548 -22.56333 63.818855636178846 47.74917tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-89033397938096921202022-09-22T19:32:00.000+02:002022-09-22T19:32:31.115+02:00[Iran]<div style="text-align: left;"> “In queste ore le donne iraniane stanno facendo qualcosa di grandioso.</div><div style="text-align: left;">Dopo essersi tolte l’hijab per manifestare contro la brutale uccisione della 22enne Mahsa Amini, “colpevole” di aver indossato “male” il velo, le proteste stanno dilagando in tutto l’Iran.</div><div style="text-align: left;">Commuovono le immagini di decine e decine di donne che, sfidando il regime di Khamenei, si tagliano i capelli, bruciano l’hijab in piazza e diffondono i video sui social, mentre in molte marciano in strada a volto scoperto come estremo atto di ribellione.</div><div style="text-align: left;">Donne che sostengono altre donne, in una sorellanza che supera anche la paura. </div><div style="text-align: left;">Donne giovani e meno giovani che alzano la testa, non si piegano, scoprono il volto, bruciano i simboli dell’oppressione e manifestano per i diritti di tutte. </div><div style="text-align: left;">C’è solo da inchinarsi dinnanzi a tanto, inaudito, coraggio. E sostenerle fino in fondo.”</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;"> @lorenzotosa </div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Iran32.427908 53.6880464.1176741638211567 18.531796 60.738141836178848 88.844296tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-62434835253075274722022-09-04T12:33:00.001+02:002022-09-04T12:33:27.444+02:00Il dolore dei registi iraniani incarcerati<div> "<b>Creare è la nostra ragione di vita</b>"</div><div><i> Il messaggio di Panahi e Rasoulof</i></div><div><br /></div><div>«Siamo cineasti. Facciamo parte del cinema iraniano indipendente. Per noi vivere significa creare. Creiamo opere che non sono su commissione, per questo chi è al potere ci vede come criminali»: comincia così la dichiarazione dei registi iraniani Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof, letta dal direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera al panel «Cineasti sotto attacco». Panahi è stato privato della libertà personale nel luglio scorso, per aver manifestato insieme a numerosi suoi colleghi per l'arresto di altri due registi, Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, avvenuto a seguito delle proteste contro la violenza nei riguardi di civili in Iran. </div><div>«La storia del cinema iraniano - prosegue il messaggio - testimonia la presenza costante e attiva di registi indipendenti, che hanno lottato per respingere la censura e per assicurare la sopravvivenza di quest'arte. Fra questi, ad alcuni è stato vietato di fare film, altri sono stati costretti all'esilio o ridotti all'isolamento. Eppure la speranza di poter nuovamente creare è una ragione di vita, non importa dove, quando o in quale circostanza un cineasta indipendente stia creando o pensando di creare».</div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-63098713566609941692021-11-04T10:02:00.002+01:002021-11-04T10:02:29.132+01:00Gino fra i Benemeriti<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcoiQsIvRog1vVoYymntprdFlIRrps7Vi3zXoQKkwN-PAPbxms4tuON1F4vDr_WdJLlrUFo5aY8NxInx2wnV2iSAb7vt83oWwMyxWGR29D1a18KNGonrdGqPBDvue3ERCGS5GW0wWXrJ-A/s1080/FB_IMG_1636016120523.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcoiQsIvRog1vVoYymntprdFlIRrps7Vi3zXoQKkwN-PAPbxms4tuON1F4vDr_WdJLlrUFo5aY8NxInx2wnV2iSAb7vt83oWwMyxWGR29D1a18KNGonrdGqPBDvue3ERCGS5GW0wWXrJ-A/s320/FB_IMG_1636016120523.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>"…Da medico al servizio dei più deboli, nella sua battaglia per la pace ha mostrato a Milano e al resto del mondo quante vite si possono salvare e quanto bene possano diffondere umanesimo, solidarietà e altruismo." <p></p><p>Il nome di Gino Strada è stato iscritto sulla lapide dei benemeriti nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, che ricorda donne e uomini che si sono distinti con la loro vita e il loro esempio, realizzando il bene comune. </p><p> Continueremo a impegnarci ogni giorno per seguire la traccia che Gino ha lasciato. </p><p></p><div style="text-align: left;"> -- lo staff di EMERGENCY</div> <p></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-7338104229121498372021-08-21T17:02:00.006+02:002021-08-21T17:02:53.213+02:00[IRAN] Imminente esecuzione del ventenne Hossein Shahbazi<p>In Iran, Hossein Shahbazi è stato arrestato e condannato per un crimine che avrebbe commesso quando aveva solo 17 anni. Oggi, dopo tre anni nel braccio della morte, la sua esecuzione è imminente.</p><p>Il ventenne Hossein Shahbazi è stato condannato per un omicidio avvenuto quando aveva solo 17 anni . Il suo processo? Una parodia della giustizia. Il giovane non ha potuto consultare un avvocato in seguito al suo arresto e le autorità iraniane lo hanno condannato sulla base di una “confessione” ottenuta sotto tortura .</p><p>LA SUA STORIA</p><p>Hossein Shahbazi è stato arrestato il 30 dicembre 2018 e condannato a morte il 13 gennaio 2020 dopo un processo iniquo. Dopo il suo arresto, non gli è stato permesso di vedere un avvocato o di comunicare con la sua famiglia per 11 giorni, mentre è stato detenuto e interrogato dal servizio investigativo della polizia iraniana (Agahi) a Shiraz.</p><p>È stato trasferito in un centro di detenzione minorile. Secondo fonti, quando la madre è riuscita finalmente a fargli visita, aveva lividi sul viso e sembrava essere dimagrito . Attualmente è detenuto nella prigione di Adelabad nella città di Shiraz. È stato riconosciuto colpevole in parte sulla base di una “confessione” di cui ha testimoniato di essere stato sottoposto a torture e maltrattamenti .</p><p>La Suprema Corte ha confermato la sua condanna il 16 giugno 2020. Nella sentenza, che abbiamo analizzato, l'autorità giudiziaria ha riconosciuto che aveva meno di 18 anni al momento dei fatti, pur sostenendo che aveva raggiunto uno sviluppo e una maturità psicologica.</p><p>La prima esecuzione di Hossein era prevista per il 1 marzo 2021, ma è stata rinviata grazie alle pressioni internazionali . Il 28 giugno 2021 è stata nuovamente sospesa. Le autorità iraniane l'hanno rimandata al 25 luglio 2021. Ancora una volta, grazie alle tue 22.000 azioni, siamo riusciti a salvarle la vita. Per quanto ancora? La sua esecuzione è stata sospesa tre volte TEMPORANEAMENTE, potrebbe avvenire in qualsiasi momento.</p><p>Fonte: Amnesy int.</p><p>https://www.amnesty.fr/peine-de-mort-et-torture/actualites/execution-imminente-dhossein-shahbazi-jeune-iranien1</p><p>MINORI CONDANNATI</p><p>Imporre la pena di morte a una persona che era minorenne al momento del crimine è un'atroce violazione dei diritti dei bambini . È inoltre severamente vietato dal diritto internazionale.</p><p>L' Iran continua a imporre la pena di morte per reati commessi da persone di età inferiore ai 18 anni, in violazione degli obblighi previsti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo. Almeno tre minorenni sono stati giustiziati nel 2020 e molti altri sono nel braccio della morte. Nel 2020, l'Iran ha eseguito almeno 246 esecuzioni, diventando così il secondo Paese al mondo con il maggior numero di esecuzioni.</p><p><br /></p><p><br /></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Iran32.427908 53.6880464.1176741638211567 18.531796 60.738141836178848 88.844296tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-20226270132397646412021-05-16T14:57:00.001+02:002021-05-16T14:57:16.009+02:00Ciao, sei un umano<div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><b>Ciao, sei un umano.</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Immagina che domani ti svegli e hai il conto prosciugato. I tuoi libri, il diploma, la laurea, le storie e la storia che conosci non valgono niente. Immagina se la Germania avesse vinto la guerra.</div><div style="text-align: justify;">Ti svegli e non ti funzionano più le gambe.</div><div style="text-align: justify;">Ti svegli e i soccorsi non arrivano, scoppiano razzi in cielo, la tua casa è un cumulo di macerie. I tuoi parenti cenere. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Come ti senti?</div><div style="text-align: justify;">Se la risposta è male, benvenuto. Questa è la Terra, qui essere umano significa anche questo. </div><div style="text-align: justify;">Se invece non riesci a immaginarti così, ti spiego la tua malattia: si chiama idiozia.</div><div style="text-align: justify;">Ci hanno inculcato l’errore fatale di credere che quello che ci capita sia sotto il nostro controllo. Ma la realtà, troppo spaventosa, è l’esatto contrario. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">La vita è caos – anagramma di caso.</div><div style="text-align: justify;">La malattia idiozia non permette di capirlo e implica due pensieri-sintomi in chi ne è affetto. </div><div style="text-align: justify;">1. Siccome la vita dipende da me, allora quello che ho, me lo merito. </div><div style="text-align: justify;">2. Siccome la vita dipende da te, allora quello che non hai, non te lo meriti. </div><div style="text-align: justify;">Invece la vita non dipende da noi: non decidiamo come e dove veniamo al mondo, in quale epoca, famiglia, porzione di Terra, con quale nome, quali geni, quanti soldi e nemmeno cosa ci succederà poi. </div><div style="text-align: justify;">Se sei un bambino bianco, nato nella parte giusta del mondo, quella che la storia che si racconta ha eletto a vincitrice, dove i tuoi genitori possono preoccuparsi di quale culla comprare, in quali scuole mandarti, con quali altri genitori litigare, perché la mensa usa il glutine, sei un bambino fortunato. Privilegiato. Non lo sei altrettanto se sei nato a Gaza e la massima ambizione che la società ti concede è sperare di vedere il sole sorgere, di giorno in giorno, senza possedere nulla e comunque continuando a perdere tutto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Ma cosa succede nelle testoline degli idioti (affetti da idiozia)? Pensare che comunque sia, finché io vivo da privilegiato, la vita va bene così e così mi convinco pure di meritarmela, perché ammettere che è andata e ancora va a caso è troppo spaventoso. Quindi, trovo giustificazione a chiunque risulti meno privilegiato di me, come se nascere diversi, in condizioni diverse, fosse un marchio, un timbro su un passaporto che non permette di viaggiare, studiare, giocare, mangiare. Così i bambini palestinesi sono per noi sfortunati, ma soprattutto sono inimmaginabili, lontani dai nostri occhi, dalle coscienze, dai meriti che meriti non sono, ma stabiliscono i privilegi che ci fanno sopravvivere e che crediamo che loro non meritino quanto noi – idioti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Badate bene che il pensiero idiota è contagioso, viene applicato a svariate situazioni. Per esempio, nei casi di sessismo (te la sei cercata), di omobitransfobia (fra un po’ ci chiederanno di avere gli stessi diritti dei normali), abilismo (sfigato), razzismo (e ma non si può più dire niente.)</div><div style="text-align: justify;">Notate che il passatempo che ci riesce meglio è sempre colpevolizzare le vittime. È necessario agli idioti, per sentirsi più al sicuro nell’idiozia, secondo cui a loro non capiterà niente di male, finché rimangono idioti. Spoiler: per fortuna non è così. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Nessun privilegio è meritato. </div><div style="text-align: justify;">Nessuna violenza è giustificabile. </div><div style="text-align: justify;">Nessuna malattia è giusta.</div><div style="text-align: justify;">Nessuna disabilità è una scelta. </div><div style="text-align: justify;">Nessuna disuguaglianza è accettabile. </div><div style="text-align: justify;">Nessuna vittima è colpevole. </div><div style="text-align: justify;">Nessun umano è sacrificabile. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Per guarire dall’idiozia non bastano medici, psicologi, santoni, insomma nessuna figura professionale. Anche in questo caso va a fortuna: serve intelligenza, empatia, fatica e soprattutto il desiderio bruciante di vivere un mondo, in cui giustizia e uguaglianza non siano solo parole, per essere tutti umani più umani. Il coraggio di immedesimarsi, anche fuori da Netflix.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Ci capiremmo tutti senza sottotitoli grazie a un unico marchio uguale, che dice: ciao, sono un umano.</div><div style="text-align: right;"><b><i><span style="font-size: medium;"><br /></span></i></b></div><div style="text-align: right;"><b><i><span style="font-size: medium;">Francesca Pels</span></i></b></div></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-11654864077188842662021-04-18T16:19:00.005+02:002021-04-18T16:22:12.044+02:00La voce di Vittorio non si è mai spezzata né è stata dimenticata<p style="box-sizing: border-box; margin: 0px 0px 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://i2.wp.com/altreconomia.it/app/uploads/2021/03/VittorioArrigoni.jpg?w=1200&ssl=1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="653" height="192" src="https://i2.wp.com/altreconomia.it/app/uploads/2021/03/VittorioArrigoni.jpg?w=1200&ssl=1" width="157" /></a></div>Intervista a Egidia Beretta, mamma di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Arrigoni" target="_blank">Vittorio “Vik” Arrigoni</a>, ucciso a Gaza il 15 aprile 2011. In dieci anni ha continuato a trasmettere il messaggio di suo figlio. Cambiano le generazioni che vogliono conoscerlo e il filo non si spezza...<p></p><p style="box-sizing: border-box; margin: 0px 0px 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"> <br /></span></p><div style="text-align: justify;"><span class="s1">“Mi sento ancora orfana di mio figlio”.
Usa un paradosso Egidia Beretta, la madre di Vittorio Arrigoni, per
parlare del decimo anniversario dell’uccisione del figlio. “Come allora,
mi sento come se mi mancasse un pezzo, di cuore e di vita. Nonostante
tutti questi anni siano stati anche belli, per quello che è successo
attorno a me, per gli incontri, le dimostrazioni e l’enorme affetto che
ho ricevuto. Le persone hanno fame di Vittorio, vogliono conoscerlo, gli
vogliono bene e questo mi ha aiutato tantissimo”.</span>
<p class="p3"><span class="s1"><b>Come si sente nel decimo anniversario?</b><br />
</span><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Per me non si tratta di una ricorrenza da ricordare in maniera diversa.
In parte sono serena, ma la mancanza di mio figlio per me è sempre
enorme e anche se, come ho detto, questi anni mi hanno portato tanto
affetto, non dimentico mai che tutto parte da un assassinio. </span></p>
<p class="p3"><span class="s1"><b>Cosa ricorda oggi a mente fredda di quei giorni? Vede tutto nella stessa maniera?</b><br />
</span><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
A volte ho dei ricordi vaghi, a volte confusi, altre mi attardo a
ripercorrere tutti i passi e quelle ore. Altre ancora mi scrollo tutto
di dosso. Ricordo con grande dolore il momento in cui mia figlia
Alessandra sentì alla tv che avevano trovato un corpo e che era di
Vittorio. Andai da Ettore, mio marito, che era nel letto gravemente
malato: “Il nostro Vittorio è morto”, gli dissi. La telefonata della
Farnesina arrivò poco dopo. </span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Che cosa sa dei rapitori rimasti in vita? Ha mai cercato un contatto?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
L’unico contatto è stato con i loro familiari, che ci chiesero di
intercedere presso il tribunale militare di Gaza affinché non fosse
applicata la pena di morte e così facemmo. Non mi è mai interessato, né
interessa, avere un contatto con loro.</span></p><p class="p3"><span class="s1"></span></p><p class="p3"><b><span class="s1">Li ha perdonati?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
No, assolutamente. Per perdonare una persona devi conoscerla, vederla,
cercare di capire. Non lo volevo allora e non lo voglio oggi. </span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Lei allora mi disse che aveva una
sua idea su quello che è successo a suo figlio, l’ha cambiata? Perché
secondo lei è stato ucciso?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB </span></b>Fin
dall’inizio ho pensato che ci fosse un mandante più in alto degli
esecutori, anche se non so dare contorni definiti alla mia sensazione.
Forse credere che non sia stato semplicemente un colpo di testa è un
tentativo di lenire il cuore. Penso che sia stato ucciso per metterlo a
tacere, lo penso oggi più di ieri, anche se non ho ricevuto nuove
informazioni o prove a riguardo. </span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Lei ha scelto di continuare a
diffondere il messaggio di suo figlio invece che condurre una battaglia
per rivendicare la verità di quello che è successo. Crede che non si
arriverà mai alla verità? O le basta quella giudiziaria?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
L’ho fatto perché credo che nel mio caso sia un dispendio inutile di
energie, anche per la mia anima, conservare per sempre questo rancore.
Apprezzo chi lo fa, come i genitori di Giulio Regeni, ma quella è un
altro tipo di battaglia -su come, dove e soprattutto sulle
responsabilità di quello che è accaduto- e capisco la loro scelta. Io so
di avere un altro compito, il compito che Vittorio mi ha affidato e che
mi aiuta a restare più serena, una condizione dello spirito migliore
per quando ci rincontreremo. La mia sarebbe una battaglia contro i
mulini a vento e allora mi accontento della verità giudiziaria, anche se
non ho mai nascosto alcune perplessità, in particolare sulle ricerche.
Il mio unico rincrescimento è che non è stata fatta luce fino in fondo
sul presunto <i>leader</i> del gruppo, il giordano.</span></p><p class="p3"><span class="s1"><b>Come sono stati questi anni in giro per l’Italia a raccontare suo figlio? Che bilancio ne trae?</b><br />
</span><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB </span></b>Sono
contenta. L’eredità di Vittorio è ancora fortissima, la sua voce non si
è mai spezzata né è stata dimenticata. I primi giovani a cui l’ho
raccontato sono cresciuti e adesso ci sono le nuove generazioni, quelli
che erano troppo piccoli per ricordare, che vogliono conoscerlo. È un
filo che non si spezza. </span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Che cosa resta ai ragazzi di Vittorio?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Gli resta in mente il Vittorio fermo, deciso, che non ha mai rinunciato
a seguire i suoi ideali, la sua via, utopia, nonostante le difficoltà e
le privazioni. Li stupisce la forza interiore che lo ha portato ad
andare avanti, la costanza e la voglia di superare le difficoltà. E li
sorprende che io non mi sia opposta alle sue scelte, ma lo abbia
lasciato “volare”. Quando mi domandano il perché, stanno pensando ai
loro sogni e sperando nelle loro madri. </span></p><p class="p3"><span class="s1"></span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Cosa ha imparato da tutti questi incontri?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB </span></b>Che
ci sono molte più persone di quanto si possa pensare generose,
altruiste, che aspirano ad una vita in cui possano aiutare gli altri.
Che l’Italia e gli italiani sono un popolo grande. L’ho capito per
l’accoglienza e l’affetto che ho sempre ricevuto e che mi ha dato la
forza in tutti questi anni. C’è un’Italia che si conosce poco, che
esiste e resiste.</span></p><p class="p3"><span class="s1"></span></p><p class="p3"><span class="s1"><b>L’uccisione di suo figlio l’ha cambiata, se sì in che senso?</b><br />
</span><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Sono sempre stata una persona che tendeva a vedere l’umanità negli
altri e lo sono ancora, anzi forse ora di più, perché l’ho constatata di
persona. La mia quotidianità certo è cambiata: ho molti contatti, il
lavoro della Fondazione che prima non c’era e che avrei preferito non ci
fosse, ma che ha dato forma alla positività degli incontri, agli
scambi… È incredibile notare come tanti siano desiderosi di
“appropriarsi” delle esperienze di Vittorio. </span></p>
<p class="p3"><span class="s1"><b>Vittorio è stato inserito tra le
vittime del terrorismo e con i fondi avete rinsaldato la Fondazione Vik
Utopia. Che cosa avete realizzato in questi anni?</b><br />
</span><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b> La fondazione (</span><span class="s2">fondazionevikutopia.org</span><span class="s1">)
è nata nel 2012 con fondi nostri, addirittura con i risparmi che erano
rimasti sul conto di Vittorio. Il riconoscimento di vittima del
terrorismo è arrivato nel 2015 e i fondi solo successivamente. Ogni anno
finanziamo due-tre progetti nello spirito di Vittorio, cioè lasciare
qualcosa di costruito, concreto, e che vada a beneficio soprattutto dei
bambini o dei ragazzi, i più fragili e bisognosi, e a cascata
naturalmente anche delle loro famiglie. A Gaza abbiamo realizzato
diversi progetti, ma anche in Africa, Sud America, Europa, in
Afghanistan, quest’anno in Bosnia.</span></p>
<p class="p3"><span class="s1"><b>A livello istituzionale è cambiato qualcosa? È stata contattata da esponenti politici in questi anni?</b><br />
</span><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Nessuno si è avvicinato. Tutti mi chiedono perché anche a livello
istituzionale non venga ricordato e io rispondo che non lo so. Di certo
io non vado a cercare niente o nessuno. Io e Alessandra siamo state
invitate a Roma per la giornata nazionale delle vittime del terrorismo e
siamo andate un paio di volte, ci sembrava un dovere, ma è qualcosa di
molto molto formale. </span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Anche grazie a lei ci sono state
molte iniziative dedicate a Vittorio. C’è qualcosa che vorrebbe che
ancora non è riuscita a fare?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Mi piacerebbe andasse a buon fine un documentario realizzato da due
giovani laureati alla scuola d’arte di Roma. Il progetto prevede diverse
forme di espressione, tra cui anche l’animazione, con la <i>graphic novel</i> che Stefano Piccoli ha dedicato a Vittorio. Per ora è fermo, spero riparta.</span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Per l’anniversario avete previsto qualche iniziativa?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Se ci fossimo trovati in un’altra situazione (senza Covid-19), lo
avremmo ricordato a Bulciago ad aprile. Mi sto meravigliando di come
tanti lo stiano facendo o lo faranno in quei giorni. Ricordo, tra gli
altri, il <i>podcast</i> “Le ali di Vik”; un’iniziativa
dell’associazione Assopace Palestina; uno spettacolo dell’Anpi di
Aprilia tratto dal libro di Vittorio; l’evento “Buon compleanno Faber”
organizzato dalla biblioteca di Monserrato in Sardegna, il <i>contest</i> lanciato dall’agenzia giornalistica <i>Nenanews</i>. Le persone ci hanno sostituito.</span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Non se l’aspettava?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
No, anche se forse il funerale è stato un presagio. Ricordo lo stupore,
la gioia e la riconoscenza per tutte quelle persone. Il fatto che venga
continuamente ricordato significa tanto per me, significa che quella
vita errabonda, che ci teneva un po’ in pensiero, è stata la cosa più
bella che Vittorio potesse fare per lui e per molti altri.</span></p>
<p class="p3"><b><span class="s1">Cosa vuol dire per lei “restare umani”?<br />
</span></b><span class="s1"><b><span style="color: #f05a4e;">EB</span></b>
Questa è la domanda più difficile perché tutte le risposte rischiano di
sembrare frasi fatte. Credo che significhi guardarsi attorno, non stare
rinchiusi dentro le mura dell’egoismo ma mettersi a disposizione.</span></p></div><div style="text-align: right;"> </div><div style="text-align: right;"> </div><div style="text-align: right;">a cura di <b>Anna Maria Selini</b><br /><b>(<a href="https://altreconomia.it/" target="_blank">Altreconomia</a></b> 236, Aprile 2021<b>)</b><br /></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-16974614227585125232021-04-10T18:48:00.004+02:002021-04-10T18:48:25.359+02:00Con chi si lega la Lega nell’Unione Europea?<div style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #222222; font-family: "Open Sans"; font-size: 14px; line-height: 25px; margin-bottom: 26px; margin-top: 0px; overflow-wrap: break-word; text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><a href="https://www.apiceuropa.com/wp-content/uploads/2021/03/Agenzia1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="800" height="213" src="https://www.apiceuropa.com/wp-content/uploads/2021/03/Agenzia1.jpg" width="320" /></a>L<span style="text-align: justify;">a <b>Lega</b> è risultata nelle ultime elezioni nazionali il primo partito e come tale è presente nella larga maggioranza che sostiene variamente il governo Draghi. La formazione del quale è coinciso con una sorprendente conversione “europeista” della Lega a sostegno del programma di Mario Draghi “europeista ed atlantista”, deciso sostenitore dell’irreversibilità dell’euro. In questa miscela c’è quanto basta per evocare esplosive alchimie politiche anche in Europa, come risulta chiaramente dai movimenti in corso nel Parlamento europeo, che interessano gruppi politici quasi tutti a dimensione variabile.<br /><br /></span></div></div><div style="text-align: justify;">Cominciando dal gruppo politico più numeroso, quello del <b>Partito popolare europeo (PPE)</b> che ha registrato, non senza un sospiro di sollievo, l’uscita del partito del premier ungherese, <b>Viktor Orban</b>, in attesa di conoscere le intenzioni della Lega italiana, spinta a “slegarsi” dal gruppo di destra <b>“Identità e democrazia”</b>; continuano a cercar casa i grillini, chi guardando verso il <b>Gruppo socialista</b>, chi verso il <b>Gruppo dei liberali</b> e chi verso i <b>Verdi europei</b>, da tempo con il vento in poppa come confermato dalle ultime elezioni amministrative in Germania e anche dalla recente conversione del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. </div><div style="text-align: justify;">E’ in allerta anche il <b>Gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR)</b>, attualmente presieduto dal Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che non muore dalla voglia di aprire la porta a una Lega, troppo ingombrante con i suoi 23 europerlamentari e anche in attesa di sapere dove andrà a collocarsi l’amico Viktor Orban con il suo gemello polacco, attualmente nelle fila dei Conservatori.<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">Prevalgono nell’ala destra del Parlamento europeo vari smottamenti politici, destinati a movimentare l’Assemblea di Strasburgo e probabilmente a modificare le gerarchie tra i Gruppi politici: movimenti che si intensificheranno in vista dell’avvicendamento alla guida del Parlamento quando nel 2022 David Sassoli, Gruppo socialista, lascerà il posto di presidente a un rappresentante del Partito popolare europeo, probabilmente il tedesco Manfred Weber, il mancato presidente della Commissione europea, bruciato sul filo di lana dalla sua compatriota Ursula von der Leyen.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A voler azzardare un raffronto con il paesaggio politico italiano, in crisi a sinistra, sembra che in quello europeo le incertezze prevalgano a destra, imbarazzata dalla sua ala estrema, quella dei nazionalisti, e anche peggio, di “Alternativa per la Germania” (AFD), e tra i Conservatori e Riformisti, incerti se ospitare la Lega o affiancare ai nazionalisti polacchi anche quelli ungheresi, tentati a loro volta di mettersi in proprio.</div><div style="text-align: justify;">Incertezze e contraddizioni che da Strasburgo si proiettano su Roma, dove la Lega fa professione di europeismo mentre al Parlamento europeo indugia ancora tra gli euro-scettici. Una contraddizione difficile da sopportare a lungo, all’interno della stessa Lega, ma anche all’interno della maggioranza di governo. Un vicolo cieco da cui potrebbe uscire entrando nel Partito popolare europeo dove fa buona guardia Forza Italia, pronta a far pagare dazio ai nuovi venuti, senza escludere però che le prossime elezioni tedesche in autunno non premino la destra politica che, a quel punto, potrebbe essere tentata dall’ingresso della Lega nel PPE, con l’obiettivo di rafforzarlo e rafforzarsi al suo interno.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il Parlamento europeo è per noi lontano e spesso ci sfuggono non solo i suoi reali poteri, più importanti di quanto in genere si creda, ma anche i segnali politici che da Strasburgo rimbalzano su Roma e viceversa. Una buona occasione per guardare al paesaggio politico complessivo, ancora meglio se a distanza, senza farsi ingannare dal circo di casa nostra, con partiti in bilico tra “lotta e governo”, impegnati i permanenti comizi elettorali. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;"><a href="https://www.apiceuropa.com/author/presidente/" target="_blank">Franco Chittolina</a> per <b>APICE</b></div></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-65027900645983460302021-04-10T18:29:00.050+02:002021-04-10T18:40:57.377+02:00El Salvador, il nuovo presidente<div style="text-align: justify;"><i>Fuori da un seggio elettorale di San Salvador Jennifer Vásquez, una donna che si guadagna da vivere vendendo bottiglie d’acqua, spiega perché ha votato per i candidati di <b><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Nuevas_Ideas" target="_blank">Nuevas ideas</a></b>, il partito del presidente <b>Nayib Bukele</b>, 39 anni. “Ha fatto cose che nessun altro aveva mai fatto prima”, spiega, Vásquez che indossa una maglietta azzurra, il colore del partito. “Abbiamo ricevuto pacchi di alimenti, con tonno e riso. E regalerà i computer ai miei figli”.
La maggior parte degli elettori del Salvador, un paese di sei milioni e mezzo di abitanti, condivide l’entusiasmo di Vásquez. </i></div><div style="text-align: justify;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEwA-nat5lp9zvQPdZbQvOhv9nk8sQN1x6XLtvgxGr5r4bp2v0v8GgrSFYaGWZcSiWTAZvocld3fP3GeZFs08kTX-NjnjIQmmF8yJskgUNmEXPK-2VEyZ-aMWADZ3NgBeHhU2wUD8w8Ghj/s680/nayib-bukele2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="426" data-original-width="680" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEwA-nat5lp9zvQPdZbQvOhv9nk8sQN1x6XLtvgxGr5r4bp2v0v8GgrSFYaGWZcSiWTAZvocld3fP3GeZFs08kTX-NjnjIQmmF8yJskgUNmEXPK-2VEyZ-aMWADZ3NgBeHhU2wUD8w8Ghj/s320/nayib-bukele2.jpg" width="320" /></a></div>Il 28 febbraio Nuevas ideas ha vinto trionfalmente le elezioni politiche e amministrative. Il partito, fondato nel 2018, ha ottenuto almeno 56 seggi sugli 84 disponibili in parlamento, e dunque avrà una maggioranza dei due terzi. Non era mai successo dalla fine della guerra civile nel 1992.
<br />I risultati del voto hanno spazzato il sistema politico nato con il ritorno alla pace: per quasi trent’anni il paese è stato dominato da due partiti, il Frente Farabundo Martí para la liberación nacional (<b>Fmln</b>), un partito di sinistra nato dai gruppi di guerriglieri, e l’Alianza republicana nacionalista (<b>Arena</b>), un partito conservatore fondato da un ex militare di estrema destra che si opponeva alla guerriglia. Il 28 febbraio i due partiti hanno ottenuto in totale meno di una ventina di seggi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Disprezzo delle istituzioni </b></div><div style="text-align: justify;">A prima vista Bukele non somiglia al caudillo tradizionale. Eletto nel 2019, indossa sempre un berretto da baseball e racconta ogni suo movimento sui social network. Esperto di pubbliche relazioni, ha saputo conquistare una popolazione esasperata dalla corruzione (tre degli ultimi quattro presidenti salvadoregni sono stati indagati per corruzione, e uno è in galera).
La sua popolarità, intorno al 90 per cento, supera quella di qualsiasi altro leader latinoamericano. <br />I critici considerano la sua scesa come un pericolo per la democrazia. Bukele controlla il potere legislativo e quello esecutivo, e ora la maggioranza in parlamento gli dà la possibilità di influenzare quello giudiziario. Nei prossimi mesi, infatti, il parlamento dovrà nominare un nuovo segretario alla giustizia e cinque giudici della corte suprema. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Da quando è stato eletto, nel 2019, Bukele ha mostrato uno scarso rispetto per le istituzioni. “Tratta le leggi come noi trattiamo il codice della strada”, afferma Nelson Rauda, un giornalista salvadoregno. Nel febbraio 2020, infastidito dal rifiuto del parlamento di approvare il bilancio per il suo programma di sicurezza, ha fatto irruzione nella sede dell’assemblea accompagnato da soldati armati. Ad aprile, dopo un aumento nel tasso di omicidi, il suo governo ha ammassato centinaia di prigionieri (soprattutto affiliati delle bande criminali) con le mani legate dietro la schiena e con indosso solo gli indumenti intimi e delle mascherine scadenti. L’ufficio della presidenza ha diffuso la foto su Twitter.
Bukele demonizza chiunque osi contrastarlo, inclusi imprenditori, giornalisti e politici. </div><div style="text-align: justify;"><br />Secondo alcuni l’atteggiamento del presidente è all’origine dell’omicidio di due attivisti dell’Fmln, uccisi lo scorso gennaio. È stato il più grave atto di violenza politica dalla fine della guerra civile. Come altri leader populisti, anche lui alimenta la sfiducia nei confronti delle istituzioni democratiche. Senza portare prove, ha parlato di possibili brogli e prima delle chiusura dei seggi ha organizzato una conferenza stampa per esortare la popolazione a votare.
Secondo alcuni alti funzionari il risultato elettorale ammorbidirà Bukele, che oltre a twittare freneticamente contro i suoi critici è anche molto attento alla sua popolarità. <br />Il vicepresidente Félix Ulloa dice che la “resistenza” della burocrazia e del parlamento hanno “provocato un conflitto nell’animo del presidente”. Altri sono più preoccupati: “Vedremo come governerà ora che non esistono più ostacoli”, osserva Alex Segovia, economista ed ex esponente dell’Fmln. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Poche idee, tanta pubblicità
</b><br />Bukele ha davanti a sé sfide difficili. L’Organizzazione mondiale della sanità ha elogiato la gestione della pandemia in Salvador, e il governo ha investito in ospedali e negli aiuti economici per alleviare gli effetti dell’emergenza. Ma le autorità hanno anche imposto un confinamento così estremo che la corte suprema ha dichiarato incostituzionali alcuni provvedimenti. Le misure adottate dal governo hanno contributo a una contrazione economica di quasi il 9 per cento nel 2020, tra le più forti della regione. Il debito pubblico salvadoregno si attesta al 90 per cento del pil. Il crimine, la corruzione e la povertà sono diffusi.
Bukele afferma di non avere nessuna ideologia e di volere solo risolvere i problemi del paese. <br />Ma secondo Bertha Deleón, ex avvocata del presidente che lo ha abbandonato dopo l’irruzione in parlamento, l’uomo non ha alcun piano. “È tutta pubblicità, nient’altro”, spiega. I consulenti del presidente sono asserviti alla sua volontà. Tra i suoi collaboratori più stretti ci sono due suoi parenti: uno guida il partito mentre un altro ha gestito la sua campagna elettorale. <br />I risultati ottenuti finora sono contrastanti.
Prendiamo l’esempio della corruzione, che Bukele ha promesso di eliminare. All’inizio del suo mandato il presidente ha effettivamente creato una commissione indipendente per la lotta al fenomeno. Tuttavia il suo governo non ha fornito alcuna spiegazione su come abbia speso i milioni di dollari ricevuti dai donatori durante la pandemia. Quando la commissione anticorruzione ha inviato al ministro della giustizia alcune prove della cattiva gestione dei fondi, il governo ha ostacolato le indagini. A novembre la polizia, che al pari dell’esercito sembra schierata più con Bukele che con lo stato, ha impedito ai propri agenti di entrare nel ministero della salute per raccogliere ulteriori prove sui contratti di approvvigionamento, alcuni dei quali firmati con aziende di proprietà di parenti dei dipendenti del ministero.
<br />Dopo l’elezione di Bukele il tasso di omicidi è calato, e il presidente ama ricordarlo agli elettori ogni volta che può. Sono stati aumentati gli stipendi alle forze di sicurezza che hanno ricevuto strumenti più efficaci e sono spesso in missione aree del paese segnate dalla criminalità. Ma gli esperti sottolineano che il tasso di omicidi era in calo già dal 2015, molto prima del 2019. Secondo il think tank International crisis group la riduzione del crimine potrebbe essere il segnale che lo stato è sceso a patti con le bande. Questi accordi, solitamente, sono deleteri.
<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">Molti salvadoregni giustificano il loro amore per Bukele citando una serie di appariscenti progetti infrastrutturali. In un soffocante sabato pomeriggio una folla si è radunata per scattare foto alla nuova strada verso Surf City, un tratto di costa che dovrebbe diventare un’attrazione turistica. Altri ricordano la generosità del governo, che dall’inizio della pandemia ha donato 300 dollari e pacchi con aiuti alimentari ai più poveri. L’esecutivo ha anche promesso di regalare un computer a 1,2 milioni di studenti. Resta da capire con quali fondi saranno finanziate queste iniziative. Forse con un prestito del Fondo monetario internazionale.
La mancanza di controllo sull’autorità è preoccupante in qualsiasi paese, e lo è soprattutto in Salvador considerando la storia di Bukele e il suo potere senza precedenti. Ormai sono pochi i politici che gli si oppongono. Solo il presidente statunitense Joe Biden si è detto preoccupato per i suoi metodi.
<br />I salvadoregni potrebbero essere disposti a ignorare le tendenze autoritarie del loro leader se continueranno a credere che lui si preoccupa per loro. Molti, in ogni caso, si aspettano poco dai politici. Il sostegno alla democrazia come forma migliore di governo è al 28 per cento, il più basso del continente insieme al Guatemala.
“È una storia che si ripete, nella nostra regione”, sottolinea Celia Medrano, candidata alla Commissione interamericana per i diritti umani, un’istituzione regionale. “Il presidente vuole (e può) fare la storia, ma ha bisogno di imparare dalla storia”, dice Medrano.<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">Sfortunatamente Nuevas ideas rischia di rivelarsi un partito basato su vecchi stratagemmi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;"><span style="font-size: x-small;"><span style="background-color: white; color: #8c8c87; font-family: "Lyon Text OSF Web", Georgia, "Times New Roman", Times, serif; text-align: start;">Questo articolo è uscito sul settimanale britannico </span><a href="https://www.economist.com/the-americas/2021/03/02/why-salvadoreans-love-their-populist-president-nayib-bukele" style="background-color: white; color: #007bb5; font-family: "Lyon Text OSF Web", Georgia, "Times New Roman", Times, serif; text-align: start; text-decoration-line: none;"><b>The Economist</b></a><span style="background-color: white; color: #8c8c87; font-family: "Lyon Text OSF Web", Georgia, "Times New Roman", Times, serif; text-align: start;">.<br /></span></span><em style="background: rgb(255, 255, 255); border: 0px; font-family: "Lyon Text OSF Web", Georgia, "Times New Roman", Times, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: start; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: x-small;">Traduzione di <b>Andrea Sparacino</b> per <b>Internazionale</b></span></em></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-15343293404927363962020-12-08T16:06:00.008+01:002020-12-08T16:09:39.315+01:00Patrick Zaki<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj24g_rzrFgT4AVhDMjyPzyw7bNqehsBgumYVwidXtQ6C77v0-hT9tZOPCsNnABFBT5_zJHRMSTb75PnipxS23baxT96Irl5YM_ykzURAJR8axt46sEaSp_2vdxEgDNoQhDkTDGbsAYLZ7M/s600/20200115-WA0008.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj24g_rzrFgT4AVhDMjyPzyw7bNqehsBgumYVwidXtQ6C77v0-hT9tZOPCsNnABFBT5_zJHRMSTb75PnipxS23baxT96Irl5YM_ykzURAJR8axt46sEaSp_2vdxEgDNoQhDkTDGbsAYLZ7M/s320/20200115-WA0008.jpg" /></a></div><b><a href="https://www.amnesty.it/appelli/liberta-per-patrick/?asset_code=46038&utm_source=FacebookOrg&utm_medium=post&utm_campaign=egitto20&fbclid=IwAR0in3dH0yT1bJzdGVnEXNbUVev2KKoCFJpeKEI3yiJmHs9c8IsMszv6a1I" target="_blank">Patrick Zaki</a></b> è un cittadino egiziano.<p></p><p>L’Egitto è un paese sovrano.</p><p>Perché dovrei chiedere al mio governo</p><p>di intervenire per liberarlo?</p><p style="text-align: justify;">E poi perché il mio paese dovrebbe fare qualcosa per lui se non sta facendo nulla per ottenere verità e giustizia per il cittadino italiano Regeni? Il buonismo è stucchevole, bisogna essere realisti. L’Egitto è un partner importante, se non facciamo affari con le dittature, ci penseranno altri stati senza scrupoli a farle. Avete sentito cosa ha detto Macron poche ore fa? Nemmeno lui vuole interrompere “i rapporti di dialogo con l'Egitto" ha spiegato, perché “vorrebbe dire influenzare negativamente il paese nella sua lotta al terrorismo”. Le armi all’Egitto servono anche per questo. Per difendere gli egiziani dai terroristi! E visto che noi italiani produciamo armi è bene che siamo noi a vendergliele. Vendere armi e prendere da loro le risorse del sottosuolo è indispensabile per l’Italia. Lo dice pure un intellettuale importante, Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, che “esiste un’importante ragion di Stato (l’Eni…) che invita ad evitare una rottura con l’Egitto”. L’ha scritto poche settimane fa che “E’ assai doloroso dirlo, ma che valgono dunque, se le cose stanno così, le invocazioni «#veritapergiulioregeni» e altre analoghe”?</p><p style="text-align: justify;">E infatti dice che bisogna smetterla con questi appelli inutili e ha fatto la “proposta di intitolare al suo nome una via o una piazza in tutti i comuni della Penisola”.</p><p style="text-align: justify;">E poi chi mi garantisce che Zaki non sia davvero un terrorista? Se fosse solo un innocuo studente che si batte per degli ipotetici diritti, perché tutti gli altri studenti egiziani che studiano all’estero non vengono arrestati quando tornano in patria per le vacanze? Magari non è un terrorista, ma è possibile che sia una testa calda, un provocatore. Uno che ha passato il segno. Si tratta di uno studente, una persona che ha studiato, dovrebbe saperlo che nel suo paese certi comportamenti sono un reato. E poi ho sentito dire che è un omosessuale. Io non sono gay, ma non ho niente contro i gay. Ho tanti amici gay. Non mi piace quando ostentano la loro diversità, quando fanno le parate con le piume in testa, ma nel loro privato sono liberi di fare quello che vogliono. Sono contrario al matrimonio tra gay, ma per il resto devono avere gli stessi diritti delle persone normali. In Italia è così, ma in certi paesi è un reato. Anche tanta gente di “sinistra” che lo difende dovrebbe saperlo. E dovrebbe ricordarsi che anche in Unione Sovietica era un reato.</p><p style="text-align: justify;">Perché nessuno dice niente per i nostri pescatori sequestrati in Libia?</p><p style="text-align: justify;">Perché non si stracciavano le vesti per i nostri marò?</p><p style="text-align: justify;">…</p><p style="text-align: justify;">Caro lettore, se sei arrivato fin qui e sei d’accordo con quanto hai letto sappi che sei un razzista. Che tra te e i carnefici che sequestrano, torturano, uccidono, che ci guadagnano denaro e potere</p><p style="text-align: justify;">l’unica differenza</p><p style="text-align: justify;">è che tu</p><p style="text-align: justify;">non ci guadagni niente</p><p style="text-align: justify;">a essere una carogna.</p><p style="text-align: right;">(<b>Ascanio Celestini</b>)</p><p style="text-align: right;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b>#FreePatrickZaki</b></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-48944874916977360492020-12-03T09:58:00.000+01:002020-12-03T09:58:27.670+01:00[IRAN] Nasrin Sotoudeh torna in carcere<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://images.agi.it/pictures/agi/agi/2020/12/03/080500098-5c840c9c-ab92-4e4c-aa76-feba2b3b28a2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="800" height="192" src="https://images.agi.it/pictures/agi/agi/2020/12/03/080500098-5c840c9c-ab92-4e4c-aa76-feba2b3b28a2.jpg" width="320" /></a></div><br />Come anticipato ieri da diverse Ong, l'avvocatessa iraniana per i diritti umani Nasrin Sotoudeh è tornata in prigione meno di un mese dopo il suo rilascio temporaneo. Deve scontare una pena di 12 anni di carcere. A confermarlo è stato suo marito Reza Khandan: "Nasrin è tornata in prigione", ha detto.<p></p><p style="text-align: justify;">Sotoudeh, 57 anni e vincitrice del premio Sakharov del Parlamento europeo, era stato rilasciata il 7 novembre dopo aver ottenuto un congedo temporaneo ed essere risultata positiva al Covid-19.</p><p style="text-align: justify;">L'avvocatessa e attivista è in carcere dal 2018 per aver difeso una donna arrestata per le proteste contro l'obbligo per le donne iraniane di indossare l’hijab. </p><p style="text-align: justify;">All'epoca era stata condannata a cinque anni di carcere in contumacia per spionaggio, ma nel 2019 è stata le sono stati inflitti 12 anni di carcere "per aver incoraggiato la corruzione e la dissolutezza”.</p><p style="text-align: justify;">Secondo suo marito, la salute di Sotoudeh si è gravemente compromessa durante la detenzione e a settembre l’attivista ha terminato uno sciopero della fame di 45 giorni che aveva cominciato per chiedere il rilascio dei prigionieri a causa della diffusione della pandemia di coronavirus nelle carceri. </p><p style="text-align: justify;">Le "autorità giudiziarie hanno insistito perché tornasse oggi" in prigione, ha detto suo marito. L'avvocatessa è risultata positiva al Covid-19 pochi giorni dopo il suo rilascio temporaneo, ha detto Khandan.</p><p style="text-align: justify;">Il mese scorso, l'Iran ha registrato quasi 49 mila decessi per coronavirus e oltre 989 mila casi. La Repubblica islamica è il paese più colpito del Medio Oriente. Da marzo a più di 100 mila detenuti è stata concessa una liberazione temporanea per limitare la diffusione della malattia nelle carceri, molti però sono poi tornati in prigione. </p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-13092974398610767302020-11-29T20:24:00.003+01:002020-11-29T20:24:36.186+01:00Le parole dello stigma che si dovrebbero evitare<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://cdn.pixabay.com/photo/2020/10/21/04/24/children-5672087_1280.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="719" height="200" src="https://cdn.pixabay.com/photo/2020/10/21/04/24/children-5672087_1280.png" width="180" /></a></div><p style="text-align: justify;">Giocare ai neurologi o agli psichiatri non è passato di moda sui
media e mentre qualche settimana fa, come dadi, si lanciavano diagnosi
casuali ai giovani che stando in casa o fuori sbagliano comunque, questi
ultimi giorni hanno visto un ulteriore livello: sul tavolo sono balzate
le persone negazioniste.<br />Al diffondersi delle teorie cospirazioniste e del negazionismo della
COVID-19, che hanno conseguenze sulla salute pubblica per il rifiuto di
adottare le misure di sicurezza, hanno dato un rilevante contribuito
un’informazione contraddittoria e selettiva, diversi esperti ottimisti e
tanta propaganda politica antiscientifica.</p>
<p style="text-align: justify;"><span style="color: #1ca5da;"><strong></strong></span></p>
<p style="text-align: justify;">“Dementi”, “pazzi”, “psicotici” sono solo alcune delle
pseudo-diagnosi affibbiate come insulti a chi nega le conseguenze del
contagio da virus SARS-CoV-2 sulla salute delle persone e sul sistema
sanitario per la necessità di trovare un appiglio nelle incertezze, per
appartenenza a un gruppo o per interessi finanziari e politici.<br />Si tratta di etichette, assieme ad altre come “cerebroleso”,
“ritardato”, “lobotomizzato”, “schizofrenico”, “autistico”, “bipolare”,
“narcisista”, “psicopatico”, “sociopatico” e così via, che vengono
elargite quotidianamente online e offline a chi abbia idee o
comportamenti considerati non conformi o anormali.
</p><p style="text-align: justify;">Si ricorre alla neurologia e alla psichiatria per sostanziare il
proprio giudizio morale sull’altro che di volta in volta rappresenta una
minaccia, fa paura, non conosciamo, ha idee diverse dalle nostre o
semplicemente ci sta antipatico. E partecipano al gioco anche
giornalisti/e e – con sprezzo del codice deontologico – molti
professionisti della salute mentale. <br />Il risultato è una più o meno esplicita dichiarazione di superiorità
che, oltre a rivelare un lessico modesto e avvitato su un ristretto
insieme di aggettivi ricorrenti, ha conseguenze sociali dannose.</p>
<p style="text-align: justify;">In primo luogo, questa modalità di apostrofare l’altro non ne intacca
il ragionamento e non ne rivela le fallacie ma spinge a un arroccamento
difensivo e all’affiliazione a gruppi che sfruttano, a qualsiasi costo,
il senso di vulnerabilità nelle incertezze. Tre bisogni psicologici
sottostanno al parteggiare tesi cospirazioniste, <a href="https://www.nature.com/articles/d41586-020-03130-6?WT.ec_id=NATURE-20201112&utm_source=nature_etoc&utm_medium=email&utm_campaign=20201112&sap-outbound-id=B95FB0858421C318592B4976431CA0D9B4104617">come scrive</a>
<b> Aleksandra Cichocka</b>, psicologa politica all’Università di Kent,
Canterbury, nel Regno Unito: il bisogno di comprendere il mondo, il
bisogno di sentirsi al sicuro e il bisogno di sentirsi bene con sé
stessi e con il proprio gruppo. Come si può intervenire? Con la
prevenzione, il “prebunking” come scrive Cichocka, che si realizza
attraverso la trasparenza delle informazioni, la comunicazione di un
senso di appartenenza, di identità sociale e di solidarietà e offrendo
uno scopo, quello di ridurre con i nostri comportamenti condivisi la
trasmissione del virus, il numero di ammalati, il numero di persone
morte e di famiglie in lutto, il sovraccarico fisico e psicologico delle
operatrici e degli operatori sanitari.</p>
<p style="text-align: justify;">Queste strategie erano già note fin da marzo ma né le istituzioni né i
media generalisti hanno enfatizzato – e continuano a sfrattare – le
misure di prevenzione per la salute fisica, per la salute psicologica e
per un’informazione responsabile che aiuti a gestire la vulnerabilità
delle persone e dell’intera società.<br />Accade con la pandemia ma la semplificazione delle spiegazioni
attraverso il ricorso al dizionario psicopatologico è un automatismo che
caratterizza anche le modalità con cui sono riportate e commentate le
notizie di cronaca. L’associazione spuria <i>violento-malato di mente</i>
affolla le prime pagine successive a un crimine e punteggia gli
interventi di certi esperti al di là di ogni minima evidenza fattuale.</p>
<p style="text-align: justify;">“In questi casi” affermano <b>Jonathan Metzl e Kenneth MacLeish</b> in un <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4318286/">articolo del 2015</a>
che analizza storicamente il ruolo della malattia mentale nella
spiegazione delle sparatorie di massa e nelle politiche restrittive
sull’uso delle armi negli Stati Uniti, “agli operatori della salute
mentale viene chiesto di fornire diagnosi cliniche a problemi sociali ed
economici” mentre “la competenza psichiatrica potrebbe essere meglio
utilizzata” spostando l’attenzione “sulle ansie, sulle formazioni
sociali e economiche” che minano la fiducia tra le persone e tra gruppi
in determinati periodi storici.<br />Non deve meravigliare se poi cedono alle tentazioni diagnostiche anche i lettori non esperti.</p>
<p style="text-align: justify;">In secondo luogo, l’elargizione di etichette banalizza il complesso
percorso di accertamenti clinici e strumentali che seguono le équipe di
specialisti per giungere a un’interpretazione diagnostica codificata. Si
diffonde così la credenza che le diagnosi neurologiche e psichiatriche
siano facili, immediate, <i>fatte ad occhio</i> e non richiedano una
complessa raccolta di informazioni direttamente dalle fonti e un
accurato processo decisionale. Di conseguenza, la stessa vanità di
alcuni esperti mina, e a lungo termine, la fiducia negli specialisti che
lavorano in scienza e coscienza, a vantaggio dei ciarlatani che
forniscono risposte immediate.<br />La costruzione e sedimentazione di una cultura scientifica diventa davvero un’azione impervia.
</p><p style="text-align: justify;">Infine, utilizzare una diagnosi come insulto, danneggia tutte le
persone che sono realmente affette da quella condizione e di cui non
sono responsabili. Oltre a essere offensivo e irrispettoso, questo
automatismo può confondere le conoscenze sulla propria condizione e
spaventare rispetto al proprio futuro e al proprio posto nella società.<br />Perpetuare lo stigma è un danno a lungo termine che va a peggiorare
la condizione di milioni di persone nella realtà della vita quotidiana.
</p><p style="text-align: justify;">Lo stigma è l’esclusione sociale, basata sul pregiudizio e sulla
discriminazione, delle persone che affrontano condizioni neurologiche,
psichiatriche, dipendenze, disabilità. Si concretizza nelle difficoltà
ad avere accesso a un’istruzione continua e individualizzata, a ottenere
accettazione nel contesto familiare e sociale, a ricevere un’assistenza
adeguata ai propri bisogni, a trovare e mantenere un lavoro, a
stabilire relazioni significative, a partecipare alle attività di una
comunità.<br />Contemplare le coloriture attraverso le quali la propria condizione
viene associata a tutti i tipi di misfatti, devianze e crimini,
inevitabilmente accentua il disagio, le preoccupazioni, la vergogna, la
colpa convincendosi che tutto quanto è capitato sia meritato. Questo
processo di solito si propaga al nucleo famigliare o alla ristretta rete
di riferimento. Ne consegue una minore propensione a chiedere aiuto, a
intraprendere percorsi e cure che potrebbero alleviare la propria
condizione o il carico dell’assistenza, a partecipare alla vita sociale,
a rendersi visibili.
</p><p style="text-align: justify;">La ricaduta nel lungo periodo in termini di costi sociali e sanitari sarà molto più gravosa – basti pensare alle <a href="http://www.alzheimer-aima.it/img/iniziative/Aima-Censis-24-febbraio_Sintesi-dei-risultati.pdf">demenze</a> –
di quella misurabile in una comunità che riconosce i bisogni
individuali e di appartenenza, fornisce con trasparenza i dati di
realtà, opera scelte razionali e non respinge la complessità delle
condizioni neurologiche e psichiatriche (acute, croniche, degenerative)
ma fornisce gli spazi e gli strumenti per una loro migliore comprensione
e per un incremento di consapevolezza in tutti i suoi membri.</p>
<p style="text-align: justify;">Se guardiamo a due studi del 2017 che hanno analizzato la copertura
mediatica delle malattie mentali in Canada, ci rendiamo conto che la
situazione può cambiare. <b>Rob Whitley e JiaWei Wang</b> <a href="https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28013327/">hanno valutato</a>
prima i contenuti televisivi nel triennio 2013-2015, registrando un
incremento dal 10% al 40% dei contenuti positivi con cui è stata
descritta la malattia mentale e una maggiore diffusione di risorse
dedicate, pur restando dominanti le associazioni con i crimini e le
violenze.<br />Successivamente, i due autori <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5407550/">hanno esaminato</a>
i contenuti stigmatizzanti pubblicati sui giornali, nelle edizioni a
stampa e online, rilevandone la riduzione di un terzo tra il 2005 e il
2015. Per Whitley e Wang tali risultati sono la prova di efficacia delle
diverse campagne intraprese per ridurre lo stigma e incrementare la
consapevolezza sulle malattie mentali. In particolare, l’iniziativa
governativa anti-stigma <i>‘Opening Minds’</i> della Commissione
canadese sulla salute mentale (Mental Health Commission Canada, MHCC) è
stata “deliberatamente orientata ai media negli ultimi anni, finanziando
la stesura e la diffusione di linee guida, oltre al lavoro con le
scuole di giornalismo e le organizzazioni dei media per sensibilizzare i
giornalisti <span data-language-for-alternatives="it" data-language-to-translate-into="en" data-phrase-index="2">ai problemi di salute mentale”.</span>
</p><p style="text-align: justify;">Come dimostra anche la revisione sistematica degli interventi anti-stigma attuati per i professionisti dei media, <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5638187/">pubblicata nel 2017</a>
da <b>Alessandra Maiorano</b> dell’Università di Verona a dalle sue
collaboratrici, la copertura delle malattie mentali può essere
migliorata. Dal momento che il ruolo dei media nel rafforzare gli
stereotipi legati ai disturbi mentali è stato ampiamente dimostrato e si
realizza nella rappresentazione negativa delle persone che li
sperimentano, i professionisti dei media costituiscono un target
ottimale per i programmi anti-stigma.<br />Per Maiorano e collaboratrici, gli interventi più promettenti sono
sia gli approcci educativi che permettono a giornaliste e giornalisti di
entrare in contatto con persone che affrontano i disturbi mentali, sia
le linee guida sviluppate da istituzioni nazionali autorevoli. “Dovrebbe
essere utile promuovere e diffondere interventi educativi mirati ai
giornalisti e includere moduli specifici sui temi di salute mentale nei
curricula formativi di studenti di giornalismo”. Una collaborazione tra
le associazioni dedicate alle diverse condizioni neurologiche e
psichiatriche e le associazioni professionali di giornalisti aiuterebbe a
migliorare le modalità con cui le notizie e le storie pubblicate
affrontano i problemi di salute mentale, “sfidando costantemente lo
stigma strutturale mediato dai mass media”.
</p><p style="text-align: justify;">In attesa di interventi dedicati, alcune raccomandazioni generali e
di semplice applicazione riguardano, in particolare in questo periodo di
rischi e prolungate difficoltà: la scelta responsabile delle parole
usate per descrivere fenomeni complessi; l’attenzione a riconoscere
dignità e rispetto alle persone delle quali non si conosce la
vulnerabilità; la copertura di esempi di comportamenti prosociali che,
attraverso il rispetto delle regole di sicurezza (mascherina,
distanziamento, igiene, aerazione) portano a un minore impatto della
pandemia; lo spazio a iniziative di supporto alle persone più esposte
all’interno delle comunità.</p><p style="text-align: right;"><i><a href="https://www.valigiablu.it/author/tiziana-metitieri/" target="_blank">Tiziana METITIERI</a></i>,<br /><span style="font-size: medium;"><b><a href="https://crowdfunding.valigiablu.it/projects/crowdfunding/" target="_blank">PER SOSTENERE Valigia Blu</a></b></span><br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-5897183443180858172020-11-14T18:37:00.002+01:002020-11-14T18:40:31.930+01:00Ha senso parlare? Uno scritto di Mauro Portello<div style="box-sizing: border-box; font-size: 16px; line-height: 22px; margin: 0px; text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">Non so bene cosa dire, non so che parole usare. Dice: E allora stai zitto! Ma no, nonostante tutto, ho voglia di parlare, di dire la mia, così in generale, su tutto, qualunque cosa va bene, purché io possa dire, parlare. Perché è di questo che adesso ho bisogno: di parlare, di esercitare il mio “diritto animale” di parlare, di esprimermi, esprimere il mio personale bisogno di estrinsecare, come posso, tutto quello che mi passa per la mente mentre sto davanti a questo immenso stordimento concettuale che via via, in questi giorni, si sta configurando nella sua massa enorme, smisurata. Tutti hanno bisogno di dire, di esprimere, di raccontare. Fiumi di parole, come diceva la nota canzoncina. Tutti sentono come l’urgenza di misurarsi con la loro propria verbalizzazione dell’evento che ci colpisce. Tutti devono provare a spiegare che cosa succede, che cosa succederà. Ognuno a modo suo, con gli strumenti più o meno sgangherati o sofisticati che possiede. Non è la ricchezza linguistica o intellettuale che decide per me: l’importante è che io lo faccia, che lo possa fare. Perché è un “naturale” modo di elaborare ed esorcizzare il terrore che ci invade: terrore di morire o di avere un futuro invisibile e troppo insopportabilmente minaccioso. È lo scudo delle parole che io alzo istintivamente per ripararmi, per separarmi dal disastro che, finché io parlo, vuole dire che non mi ha ancora colpito. Parlo perché vivo. Parlo finché vivo.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">È l’istinto di sopravvivenza che il sapiens mette in azione nel momento in cui sente le condizioni della sua esistenza poste fisicamente in discussione. Un conflitto primordiale tra l’uomo cosciente e la biosfera. Uno scontro assoluto che solo nei momenti estremi si manifesta in tutta la sua muscolarità. La possibile negazione del proprio futuro mette in campo la potenza del verbale dell’homo sapiens. Non mi riferisco al potere della parola di orientare il mondo (questo lo ha spiegato benissimo David Grossman alla Buchmesse di Francoforte – vedi Le parole cambiano il mondo su Repubblica dello scorso 17 ottobre), ma alla pressione verbale quantitativa, di quando si ha come il bisogno di agire con una materiale sovrapproduzione di parole, di dire tanto, quasi che la massa delle parole potesse fare da diga alla catastrofe. È un sentire di guerra che – a dispetto dei precisini che ci fanno osservare che questa non è in senso stretto una guerra –, è più che sufficiente a scatenare la psiche. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">C’è il tasto kantiano da suonare, ne abbiamo bisogno per capire veramente. Poi c’è il tasto brechtiano, per realizzare bene che cosa succede. Ma soprattutto c’è il tasto pulsionale, quello che ci dice semplicemente, appunto, che siamo ancora vivi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">Lo stesso venir meno della solidità delle istituzioni, della loro materiale efficacia, ha in qualche modo incrementato la verbalizzazione del disagio. Fa impressione il profluvio di riflessioni, idee, opinioni che in questi giorni si sta riversando nel mondo della comunicazione, di cui la rete è, naturalmente, il formidabile moltiplicatore. Una massa che si aggiunge ai pensieri, alle riflessioni e ai discorsi che le persone stanno producendo in relazione alla situazione di allarme globale che stiamo vivendo. Tutto converge su questo. Il comune sentire è all’unisono, unipatico, e fa stare tutti allo stesso modo. Il vagare dei significati, il tremolare delle categorie (il tempo, la salute, il benessere, la felicità, l’infelicità, la solitudine…) in un sobbollire cosmico che è cominciato e continua a emanare un odore buono e cattivo, come il minestrone della nonna con tutte le sue verdure.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">Al di là delle implicazioni per la salute e, poi, l’economia, c’è quasi uno sbalorditivo azzeramento delle altre implicazioni. Non si pensa più ad altro se non come a delle reminiscenze di un prima che non si sa più bene se esista ancora o sia completamente stato spazzato via dal virus. Accanto alla sacrosanta funzione informativa della stampa – su cui molto c’è da dire, ma non nel fuoco della battaglia –, si assiste a un lavoro alacre di tutti coloro che sono in grado di formulare pensiero complesso e articolato (intellettuali, opinionisti, scrittori, artisti) per spiegare, far capire, un gran darsi da fare a elencare ciò che c’era e che non potrà più esserci e a prefigurare un nuovo futuro. Con una specie di ansia di cancellazione e di rinnovamento, con i tentativi più o meno argutamente sostenuti di segnalare che cosa precisamente sarà diverso, in che modo questo che cosa si modificherà giocoforza dopo questo flagello. E tutti (noi) a cercare un qualsivoglia conforto, una rassicurazione sul proprio grado di sopravvivenza. D’altronde le guerre inducono una tabula rasa della riflessione e dell’espressione, come se solo i conflitti mortali potessero costringere il pensiero a riformularsi rapidamente. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">I musicisti, i disegni dei bambini, i nomi, tutto parla di più: l’ambiente (vigliaccamente ignorato), la povertà (vecchia e nuova), il lavoro (riformulato e dislocato), la scuola (ormai una sfida sociale ed educativa), la socialità (esplosa), l’emotività (completamente ridimensionata). Un’impressionante quantità di parole, meglio, di <em style="box-sizing: border-box;">discorsi</em> che probabilmente stanno elaborando una nuova configurazione della sostanza umana attorno alla quale ogni specificità settoriale dovrà rivedere i suoi fondamenti, e dovranno tenere conto della “<em style="box-sizing: border-box;">necessità</em> che trascende il nostro potere e che ci riconsegna a quella “natura” che credevamo, ingenuamente, di aver evaso”, come bene ha detto recentemente Rocco Ronchi (<a href="https://www.doppiozero.com/materiali/seconda-ondata-langoscia" style="box-sizing: border-box; text-decoration-line: none;"><em style="box-sizing: border-box;">Seconda ondata, l’angoscia</em>, Doppiozero, 25.10.2020</a>). </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">Il fatto è che per molti di noi <em style="box-sizing: border-box;">parlare</em> è la suprema coscienza di noi stessi, la vera sostanza del nostro stare al mondo. E quando supera lo stadio solo emotivo di “logorrea ansiosa”, come direbbe lo psicologo, questo parlare oltre misura ha evidentemente dei significati più larghi e fondi. Ecco il punto: siamo soli, davanti allo shock generalizzato della pandemia ci sentiamo abbandonati a noi stessi. Persino le rassicuranti “convinzioni” scientifiche vacillano, gli uomini tirano fuori le armi desuete dell’”oscurantismo” (complottismi, ecc. ecc.), scopriamo che i conforti generalizzati della goduria neoliberista (ristoranti, vacanze, viaggi, nottate a ballare, a bere e strafarsi, consumi incessanti, di cose e persone…) possono non essere più dati per scontati. E allora ci agitiamo e parliamo, guardando in tutte le direzioni, scrutando una bussola che sembra essersi smagnetizzata. E quando ci si percepisce soli si è preda del corpo, delle sue spietate meccaniche di sopravvivenza. Soli e smarriti, si diventa egoisti, e abbiamo bisogno di iperverbalizzare, alla ricerca <em style="box-sizing: border-box;">fisica</em> di dare un senso, una interpretazione a tutto questo (i sociologi della comunicazione avranno il loro bel da fare nei prossimi anni). </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">C’è un’oscillazione frenetica e costante tra il generale e il particolare, tra il collettivo e l’individuale, ma soprattutto è maturata una vera angoscia per il futuro. “È una lezione clinica – dice Massimo Recalcati –: il ritorno del trauma — la sua recidiva — può essere più traumatico della sua prima volta. Il panico della seconda ondata porta con sé il sentimento di non poter più ritornare alla vita” (<em style="box-sizing: border-box;">Se cresce la paura del futuro</em>, in <em style="box-sizing: border-box;">Repubblica</em>, 31.10.2020).</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">E ancora più soli ci percepiamo se ci misuriamo con le vastità dei sistemi sociali e politici certamente destinati a rivedere il loro funzionamento e le loro “filosofie”. Verifichiamo, infatti, che “la morte non è democratica”, perché le condizioni sociali condannano i più deboli, ma soprattutto sperimentiamo sulla nostra pelle (anzi, sulla nostra solitudine) quale sia il potenziale di coercizione del controllo digitale anche nelle società liberiste, come dice il filosofo coreano-tedesco Byung-Chul Han: “Il liberalismo occidentale è minacciato non solo dalla pandemia, ma anche dal totalitarismo digitale. […] Le informazioni che divulghiamo ci controllano e ci guidano. Il governo neoliberista non sopprime la libertà, fa uso della libertà stessa. Viviamo oggi in questo paradosso dell’autosfruttamento volontario che va di pari passo con la percezione della libertà. <em style="box-sizing: border-box;">("Noi, schiavi felici della pandemia digitale" </em>intervista a <em style="box-sizing: border-box;">Repubblica</em>, 31.10.2020).</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">Sono nuove realtà, nuove sensibilità, nuovi errori di cui ha senso che io parli, purché ne nasca una discussione, e non un’istanza malata della mia (nuova) solitudine. Non posso non chiudere con le <em style="box-sizing: border-box;">parole</em> di Chandra Livia Candiani (<a href="https://www.doppiozero.com/materiali/imparare-salutarci" style="box-sizing: border-box; text-decoration-line: none;">Doppiozero, 03.11.2020</a>): «<b>Il fatto è che le cose sono complesse e se vedi un lato ne manchi un altro e non ho parole rotonde. Tutto sommato, credo che ascolterò e basta, lascerò dire a ognuno la sua e intanto respirerò. Certe volte, così facendo, qualcuno mi dice: “Grazie, mi fa bene parlare con te.” “A me invece fa bene respirare,” penso io, un po’ malinconicamente”</b>».</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;"><br /></span></div><div style="text-align: right;"><b><span style="background-color: #783f04; color: white; font-family: inherit;">Mauro Portello,<br /><a href="http://DoppioZero.com">DoppioZero.com</a></span></b></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-69247928197278036702020-09-12T17:26:00.000+02:002020-09-12T17:26:12.690+02:00[IRAN] nessuna pietà per Navid<p style="text-align: justify;"><span class="_mh6 _wsc" id="cch_f1b3ecadf6748f2"><span class="_3oh- _58nk">Questa mattina <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Navid_Afkari" target="_blank"><b>Navid Afkari</b></a>, 27enne campione iraniano di lotta greco-romana, è stato impiccato nella città di Shiraz.
Lo scrive il sito della televisione di Stato, che cita il procuratore generale della provincia di Fars, Karem Mousavi. <br /><br /></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOPlFREMBNcLrAG7_thNaISG3bvacGTyECvQupfvuglEtQH2wrTFq6ZmKy0T_HE5wBlJeQyFvgq02K8juWnYqCAKieijHern7RqomSiCQSMcNQaYEkszyQ0hsw5BYbnOM-SdqtUksUYt8E/s498/119259695_367462917991047_6560212383308066965_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="280" data-original-width="498" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOPlFREMBNcLrAG7_thNaISG3bvacGTyECvQupfvuglEtQH2wrTFq6ZmKy0T_HE5wBlJeQyFvgq02K8juWnYqCAKieijHern7RqomSiCQSMcNQaYEkszyQ0hsw5BYbnOM-SdqtUksUYt8E/s320/119259695_367462917991047_6560212383308066965_n.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span class="_mh6 _wsc" id="cch_f1b3ecadf6748f2"><span class="_3oh- _58nk">La sentenza di "qesas", cioè la "legge di ritorsione", una condanna di "punizione", è stata eseguita questa mattina nel carcere della città natia di Afkari.
Afkari era stato arrestato con due suoi fratelli, dopo brevi e farraginose indagini, il 17 settembre 2018 dalle autorità iraniane per aver partecipato alle manifestazioni contro il governo nell’agosto dello stesso anno. Accusato di aver ucciso un agente in servizio a Shiraz e di aver fomentanto le proteste, Afkari si era dichiarato più volte innocente. </span></span></p><p style="text-align: justify;"><span class="_mh6 _wsc" id="cch_f1b3ecadf6748f2"><span class="_3oh- _58nk"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYQ7Z4ilka2P1v_kF3hUacDQyEMa5Is2BPlFRpAFJljBIZ8Y2ef-B91-kLkJ2nLbsZmpvFaWE-9-WiQUo6avNlr35U2wJR7QFpUiUE06iS_LA17yH5ibjmJ8yTHcj-1Wcu94SLMUFL1piC/s281/119230138_2711293592520503_8414155029144467375_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="280" data-original-width="281" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYQ7Z4ilka2P1v_kF3hUacDQyEMa5Is2BPlFRpAFJljBIZ8Y2ef-B91-kLkJ2nLbsZmpvFaWE-9-WiQUo6avNlr35U2wJR7QFpUiUE06iS_LA17yH5ibjmJ8yTHcj-1Wcu94SLMUFL1piC/w180-h179/119230138_2711293592520503_8414155029144467375_n.jpg" width="180" /></a></div>Il verdetto è stato emesso sulla base di confessioni arrivate da testimoni che – secondo il suo legale – erano stati sottoposti a torture.
La condanna è stata eseguita anche se la famiglia di Hassan Torkman, accoltellato durante i disordini, aveva accettato di perdonare il lottatore (la sentenza però riporta in modo contraddittorio che l'esecuzione è avvenuta anche per la richiesta dei parenti di avere giustizia) e nonostante la pressione internazionale esercitata: oltre 85mila atleti mondiali hanno chiesto la scarcerazione dell'uomo, che aveva denunciato di essere stato torturato in carcere. <span class="_mh6 _wsc" id="cch_f1b3ecadf6748f2"><span class="_3oh- _58nk">Human Rights Watch e Amnesty International ma anche i<span style="font-style: normal;">l Comitato Olimpico Internazionale e alcuni campioni di wrestling mondiali</span> avevano lanciato appelli accorati. Lo stesso presidente degli Stati Uniti <a href="https://fight.theshieldofwrestling.com/navid-afkari-condannato-a-morte-lappello-di-donald-trump/" target="_blank">Donald Trump, via twitter, aveva chiesto di risparmiare la vita</a> a #NavidAfkari.<br />
<br />Stamane il tragico epilogo. <br />I fratelli di Navid, Vahid e Habib, sono a loro volta stati condannati rispettivamente a 54 anni di carcere e 74 frustate, e a 27 anni di carcere e 74 frustate.</span></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span class="_mh6 _wsc" id="cch_f1b3ecadf6748f2"><span class="_3oh- _58nk"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj50okKFpQ8gJLmmmx_5BNDZEq8PM85t3xJ8cKzwAuBFRmjza3Ttw2Kzl-99je8zyVOhyphenhyphenXmLW2t8_ZChya8sjtTVv_pQT7P-JRWcr7Pmd_cA4Lu8UiMM3QDeTQ25cl_8nLzh9JKhaJdpaw-/s325/119288137_644251806501275_2898953012133749573_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="280" data-original-width="325" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj50okKFpQ8gJLmmmx_5BNDZEq8PM85t3xJ8cKzwAuBFRmjza3Ttw2Kzl-99je8zyVOhyphenhyphenXmLW2t8_ZChya8sjtTVv_pQT7P-JRWcr7Pmd_cA4Lu8UiMM3QDeTQ25cl_8nLzh9JKhaJdpaw-/s320/119288137_644251806501275_2898953012133749573_n.jpg" width="320" /></a></div><br /> <p></p>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0Shiraz, Fars, Iran29.5926119 52.58356461.2823780638211559 17.427314600000003 57.902845736178847 87.7398146tag:blogger.com,1999:blog-2382557023654806594.post-44350190618645944682020-08-29T17:43:00.001+02:002020-09-12T17:50:14.519+02:00[IRAN] Tre al petto, uno al cuore e uno alla testa<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip7P2zhB-rrw2GSRM8fz4NdidovqQGNLm-TZ7QFKJjHKhi0zQDax6FgswMoUS7jrP5TW-i1poMFJmgcv7C-0gCa7iIWiv2nEsRSn7Qj8H9V0YwYQp5OcZYbp61-9GFARxHPyurYd6PWKNn/s843/index.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="841" data-original-width="843" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip7P2zhB-rrw2GSRM8fz4NdidovqQGNLm-TZ7QFKJjHKhi0zQDax6FgswMoUS7jrP5TW-i1poMFJmgcv7C-0gCa7iIWiv2nEsRSn7Qj8H9V0YwYQp5OcZYbp61-9GFARxHPyurYd6PWKNn/s320/index.jpg" width="320" /></a></div><br />Hanno sparato 5 colpi a <a href="https://www.nessunotocchicaino.it/notizia/iran-le-vittime-dei-disordini-superano-le-450-pubblicati-154-nominativi-50313023" target="_blank"><b>Pejman Gholipour</b></a>. <br />Tre al petto, uno al cuore e uno alla testa. <br /><p></p><div dir="auto"><div class="ecm0bbzt hv4rvrfc ihqw7lf3 dati1w0a" data-ad-comet-preview="message" data-ad-preview="message" id="jsc_c_i"><div class="j83agx80 cbu4d94t ew0dbk1b irj2b8pg"><div class="qzhwtbm6 knvmm38d"><span class="oi732d6d ik7dh3pa d2edcug0 hpfvmrgz qv66sw1b c1et5uql a8c37x1j muag1w35 ew0dbk1b jq4qci2q a3bd9o3v knj5qynh oo9gr5id hzawbc8m" dir="auto"><div class="kvgmc6g5 cxmmr5t8 oygrvhab hcukyx3x c1et5uql ii04i59q"><div dir="auto" style="text-align: start;">Ogni volta che piove nella sua città, la sua mamma porta un ombrello sulla tomba del figlio. </div><div dir="auto" style="text-align: start;"> </div><div dir="auto" style="text-align: start;">Se il regime iraniano non avesse sparato a lui lo scorso novembre durante le <a href="http://caratteriliberi.eu/2019/11/29/in-evidenza/lappello-della-resistenza-iraniana/" target="_blank">proteste contro l'aumento del costo della benzina</a>, oggi Ali avrebbe compiuto 19 anni</div><div dir="auto" style="text-align: start;"> </div><div dir="auto" style="text-align: right;"><i><b>JAS </b></i><br /></div></div></span></div></div></div></div>[NSDT] Non Si Deve Tacerehttp://www.blogger.com/profile/02239387695124620763noreply@blogger.com0