martedì 26 ottobre 2010

Taranto

tramite canale alternativo ricevo da Taranto e pubblico per diffusione, senza altro aggiungere
Luca

 
A voi che siete riconosciuti ed apprezzati cittadini senza bavaglio, scrivo questa lettera per rivolgervi due domande e ricevere, per quanto possibile, delle risposte.


La prima domanda è: perché quando si tratta di esprimere solidarietà per il lavoro, l'impegno è avvertito e si traduce quasi automaticamente in un obbligo, mentre quando si tratta di anteporre salute e dignità al lavoro, la risposta è negativa?
Chi ha deciso che in questa nazione la tutela dell'attività produttiva debba venir prima della integrità e della dignità della persona?
Chi ha deciso che l'irrinunciabile Articolo 32 non è più valido ed è subordinato ad altri Articoli? Chi?

Sono il portavoce di una piccolissima associazione, la più piccola di Taranto.

Il motivo di tanta esiguità e fragilità risiede nel fatto che gli ammalati non hanno neppure la forza di scendere in piazza e partecipare alle adunate dei millantalisti. I millantalisti, per intenderci, sono gli ambientalisti  millantatori, quelli cioè che organizzano imponenti marce contro gli inquinatori e mai contro chi sostiene in silenzio e protegge gli inquinatori. Il loro numero è pari a quello degli agenti inquinanti, e loro sono proprio quelli che le industrie inquinanti le vogliono tenere aperte “ab aeternum” anziché chiuderle.

Ecco perché gli ammalati, a differenza di altri fortunati, "partecipano" quasi esclusivamente per telefono e non possiedono rappresentanti alle epiche ed elevate adunate per la salute – si fa per dire - e l'ambiente.
Perché una delle poche cose che possono ancora fare con facilità è parlare al telefono, non uscendo quasi più di casa.
Molti di noi si sono ammalati di patologie ambientali proprio mentre svolgevano una attività onesta e pulita che non ha mai danneggiato o ammazzato nessuno.
Abbiamo perso il lavoro causa l'aggressività di emissioni di cui non eravamo responsabili, e nessuna istituzione o sindacato o associazione ambientalista (salvo rare e preziose eccezioni ) ci ha difesi mai.
Se avessero voluto difenderci realmente, avrebbero chiesto e si sarebbero attivati per la chiusura "senza se e senza ma", di tutte le attività universalmente considerate incompatibili con la salute del genere umano, animale e vegetale.
Tanto è vero che alcune associazioni di Taranto, infiltrate come altre della Puglia e d'Italia dagli uomini dei partiti e dei sindacati, hanno partorito la mostruosa ed ultima ecoballa della "Ambientalizzazione", hanno cioè immaginato, senza pudore, senza vergogna e senza prova oggettiva, che tramite dei filtri che non sono ancora stati inventati sarebbe stato possibile tappare ed arginare i rigurgiti e le eruzioni di un impianto vetusto progettato alla fine degli anni '50, mostruosamente grande e al di fuori di ogni standard, mostruosamente implicato nella produzione di un numero di inquinanti talmente elevato da avere difficoltà a rientrare in un elenco, attiguo a un centro abitato dove sopravvivono di stenti anziani, donne e bambini, per giunta accanto ad altri impianti industriali altrettanto inquinanti.
E molti di questi paladini commensali dei partiti, commensali delle leghe ambientali elettorali, commensali dei sindacati, li conoscete anche voi e li tollerate forse un po' oltre i convenzionali confini dell'educazione, riservandoci un dolore di cui forse non sempre avete avuto contezza e cognizione.

Ieri sera mi ha telefonato un ambientalista vero, nato e vissuto a Taranto e con cui ho affrontato le lotte e i sacrifici di una vita intera, e mi ha ricordato che noi non possiamo vincere e non vinceremo mai la campagna contro gli inquinatori, perché i veri inquinatori sono in mezzo a noi e non solo nelle zone industriali.
E' la società civile tutta ad essere inquinata ma ad inquinare per prima, perché è la società civile che copre e difende l'opera incessante degli imbrattatori. Il motivo autentico per il quale probabilmente non riusciremo a guadagnarci mai il diritto all'esistenza da persone civili e non da agnelli sacrificali quali siamo ora.
Non possiamo vincere contro il dramma e l'aggressione dell'inquinamento perché non possiamo sconfiggere l'ipocrisia e l'ignavia di chi ci sta attorno e millanta ogni giorno la lotta per la salute e l'ambiente.

Per questo il nostro destino appare segnato: perché chi oggi pretende di difendere il bene comune è spesso colluso e mantiene l'idea malsana, oliata da qualche finanziamento ad hoc concesso dall'assessore compiacente di turno, di poter tutelare la salute ed il lavoro senza però intaccare il polo produttivo responsabile del disastro.
Ma risulta equazione alquanto artata e perversa quella che impedisce di accettare che una attività produttiva anacronistica e pericolosa debba chiudere per far posto ad una nuova impresa che al contrario non invalida o uccide nessuno, per giunta in grado di assicurare ingenti fatturati, poiché tutto ciò che è verde e compatibile concede una ricchezza enorme e senza limiti di tempo. Perché se non si chiude interamente e per sempre una vecchia attività, una vecchia idea, una vecchia concezione, non ci sarà mai posto, bisogno e spinta sociale ad aprirne una nuova.
Tra l'altro molti sono già al corrente del motivo per il quale a Taranto non vengono inaugurate attività produttive di ampio respiro: perché sarebbero alternative e metterebbero in pericolo il ricatto occupazionale e le attività precedenti che servono agli interessi e al gettito fiscale di tutta la nazione e dei partiti fuorché ai residenti, vittime predestinate ed inconsapevoli. Ed una volta chiuse, tali imprese sarebbero forse autorizzate a riaprire in qualsiasi altra città italiana ed europea civile? Quale pazzo esaltato le accoglierebbe mai nell'area in cui vive?

Devo rivolgervi una seconda domanda: perché mai in questa infausta nazione vengono difesi incondizionatamente e per primi anche i diritti di quei lavoratori che provocano attraverso le proprie attività la malattia e il fallimento di altri innocenti cittadini?
Innocenti perché in precedenza impegnati in un lavoro pulito che tutte le persone oneste e perbene dovrebbero desiderare, richiedere e svolgere.
Forse perché la priorità costituisce la migliore e indiretta copertura a protezione di attività che altrimenti sarebbero stoppate e per sempre confinate nel dimenticatoio?
Come sarebbe allora possibile tollerare sindacati che interferiscono impunemente con le iniziative civiche e che per fermare libere e democratiche consultazioni referendarie sono disposti a ricorrere ad ogni concepibile cavillo di legge?
Come potremmo accordare fiducia e solidarietà ai rappresentanti che hanno tradito il fulgido sogno ed infangato per sempre la memoria del pugliese Giuseppe Di Vittorio?
Si continua a soprassedere sulle responsabilità di questi uomini che si sono tramutati in veri campioni del disastro, gli stessi che domandano solidarietà e si lamentano pure di essere stati lasciati soli dal resto della società civile.
Quelli che risultano insopportabili persino nelle loro scelte elettorali “mirate”. Mirate a conservare se stessi e a precipitare tutti quanti nell'oblìo.

Per colpe non nostre siamo diventati disabili nel pieno della nostra giovinezza e nell'inseguimento dei nostri sogni.
Ma i lavoratori che consapevolmente o inconsapevolmente ci hanno ridotto in questo stato, per quanto vittime abituali di una condizione di debolezza e coercizione, non hanno mai compreso le conseguenze di affidarsi al sostegno di rappresentanti che quotidianamente li spingono, tanto non sono mica loro a sporcarsi le mani e a rischiare la pelle, a svolgere una attività contro ogni decenza, ragione e umanità: quella in grado di togliere tutto a se stessi ed anche a noi che non abbiamo mai accettato di correre il rischio e che operai non siamo stati mai, perdendo senza possibilità di reintegro - dal momento che una invalidità è spesso “per sempre” - pure il nostro impiego.
E' questa la principale differenza che intercorre tra operai ancora in attività ed ex lavoratori che, come noi, sono stati colpiti e distrutti dall'inquinamento: scaricare sugli altri il prezzo del proprio lavoro.
Tuttavia la conquista di un diritto non dovrebbe per nessun motivo comportare la perdita di un altro diritto ancora più vitale e irrinunciabile. Perché oggi, per il solo fatto di essere affetti da patologie ambientali, molti cittadini per la sanità italiana non esistono, dal momento che nelle nostre AUSL i presìdi sanitari per le malattie ambientali ed immunitarie non sono mai stati creati. I "nuovi" ammalati non vengono riconosciuti nella loro disabilità e non possiedono alcun sindacato che richieda per loro ammortizzatori sociali. Non hanno riconoscimenti o assistenza sanitaria appropriata, compensazioni, ricollocamento protetto, pensioni di invalidità. Non hanno nulla.

In questa condizione noi manteniamo una consapevolezza ed un rimpianto in più: avremmo preferito non essere mai nati.
Perché se soltanto avessimo presagito che i nostri reali e più subdoli aguzzini sarebbero divenuti tutti quanti, oltre agli imprenditori coperti e tutelati dallo Stato nell'esercizio di attività non compatibili con l'esistenza e la dignità umana, avremmo preferito non nascere mai.
Avremmo preferito non essere mai venuti al mondo anziché avere a che fare e ricevere l'ultima tragica umiliazione dell'essere difesi da un branco di speculatori della società cosiddetta civile, una collettività cieca, sorda, senza più guide, valori e dignità.

Una collettività che non ha rispetto per se stessa e figuriamoci se possa ambire ad avere rispetto per altri che si ritrovano nella condizione di maggiore fragilità e debolezza senza mai averla scelta ma soltanto subìta.

Saverio De Florio 
Associazione Malati Infiammatori Cronici ed Immunitari, Taranto

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